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Gentile, Gentilissimo, Gentilissima: come si abbreviano?


In una lettera commerciale e ufficiale il destinatario viene indicato con il nome e il cognome che solitamente è preceduto da un titolo o appellativo come signore o signora, oppure dottore o dottoressa, professore o professoressa, avvocato, geometra, ragioniere, direttore, presidente, maestro ecc. e spesso sono scritti in forma abbreviata per risparmiare tempo e spazio. Il titolo o l'appellativo, a sua volta, è di norma preceduto da un aggettivo di cortesia, come per esempio "Gentile", talvolta riportato nella forma al superlativo assoluto: gentilissimo e gentilissima.



Abbreviazione di Gentile

L'abbreviazione di "gentile" è gent. e vale sia per il maschile che per il femminile. Alcuni dizionari riportano anche l'abbreviazione gent.le (forma meno usata)

Per formare il plurale viene abitualmente utilizzato il superlativo assoluto.



Abbreviazione di Gentilissimo

L'abbreviazione di "gentilissimo" è gent.mo oppure gent.issimo (forma meno usata)

Il plurale di gentilissimo è "gentilissimi", la cui forma abbreviata è gent.mi (utilizzabile anche se le persone a cui è rivolto non sono tutte di sesso maschile).



Abbreviazione di Gentilissima

L'abbreviazione di "gentilissima" è gent.ma oppure gent.issima (forma meno usata)

Il plurale di gentilissima è "gentilissime", la cui forma abbreviata è gent.me



Tabella riassuntiva

FORMA INTERA FORMA ABBREVIATA
Gentile gent.
gent.le
Gentilissimo gent.mo
gent.issimo
Gentilissimi gent.mi
gent.issimi
Gentilissima gent.ma
gent.issima
Gentilissime gent.me
gent.issime

Notare che le forme abbreviate di lunghezza maggiore presentano quasi lo stesso numero di caratteri della forma intera ed è per questa ragione che sono meno utilizzate. Il loro utilizzo può essere giustificato solamente se chi le sta utilizzando voglia dare un tocco di eleganza e originalità.



L'uso del maiuscolo

Trattandosi di aggettivi devono essere scritti con la lettera iniziale minuscola, anche se il più delle volte essendo posizionati all'inizio di una frase diventa necessario scriverli la lettera iniziale maiuscola. Un altro caso in cui è possibile ritrovarli con la lettera iniziale maiuscola, anche quando sono posizionati nel mezzo di una frase, si ha quando si vuole accentuare l'importanza di quella specifica persona.



Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi con le abbreviazioni di gentile, gentilissimo e gentilissima:
Gent. Giovanni Mangano, la informiamo che è stato accreditato un bonifico sul suo conto bancario.
Gent. cliente, come già anticipato nella nostra precedente comunicazione le ricordiamo di aggiornare i suoi dati.
Gent.mo Sig. Andrea, ho spedito, come da Lei richiesto, tutta la documentazione per il nuovo contratto telefonico.
Gent.ma Dott.ssa, la ringrazio per essersi presa cura di mia figlia.
Stasera siete tutti invitati alla festa di compleanno del Gent.mo direttore.
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Signore e Signora: come si abbreviano?


Il titolo di Signore (seigneur o sire in francese, Herr in tedesco, Lord in inglese, señor in spagnolo, senhor in portoghese) era un titolo nobiliare molto diffuso nel Medioevo e nel Rinascimento per indicare i feudatari di rango più basso, ovvero quelli senza altro titolo. Tale titolo poteva essere concesso dal Re, da un nobile o da un'autorità religiosa con potere di comando. Col passare del tempo il titolo di Signore è stato abbandonato con l'apparizione di nuovi titoli come quello di barone (in molti paesi signore e barone erano titoli dello stesso valore).

Oggi, invece, chiamiamo "signore" o "signora" tutte le persone che non conosciamo per nome (es. i passanti per strada), ma anche vicini di casa o persone più grandi di noi accompagnando alla voce "signore" o "signora", a seconda se si tratta di un uomo o una donna, anche il loro nome o cognome o entrambi (es. il signor Giancarlo, il signor Tomarchio, il signor Giancarlo Tomarchio, la signora Maria, la signora Rossi, la signora Maria Rossi).

Questi nomi comuni di persona si possono anche scrivere in forma abbreviata e vengono adoperati solitamente per messaggi formali come negli indirizzi o intestazioni di lettere cartacee ed email di fatture come quelle del servizio elettrico, del gas, del telefono, comunicazioni importanti in generale, biglietti da visita, o anche quando si devono compilare dei moduli ecc.



Abbreviazione di Signore

L'abbreviazione di "signore" è sig.

Il plurale maschile di signore è "signori", la cui forma abbreviata è sigg. oppure sign.ri (questa è una forma meno comune)



Abbreviazione di Signora

L'abbreviazione di "signora" è sig.ra

Il plurale femminile di signora è "signore", la cui forma abbreviata è sig.re



Abbreviazione di Signorina

L'abbreviazione di "signorina" è sig.na

Il plurale di signorina è "signorine", la cui forma abbreviata è sig.ne



Tabella riassuntiva

FORMA INTERA FORMA ABBREVIATA
Signore (singolare maschile) sig.
Signori sigg.
sig.ri
Signora sig.ra
Signore (plurale femminile) sig.re
Signorina sig.na
Signorine sig.ne


Le abbreviazioni di cui abbiamo parlato in questo articolo valgono anche per la lingua inglese. Non perderti l'appunto d'inglese riguardante Mr, Mrs, Miss, e Ms, per capire in cosa si differenziano.



L'uso del maiuscolo

Tutti i termini abbreviati di signore e signora sia al singolare che al plurale vanno scritti con la lettera minuscola, perché sono nomi comuni di persona, a meno che non si trovino all'inizio di una frase. Un caso eccezionale in cui vanno scritti con la lettera maiuscola si ha quando si voglia accentuare l'importanza della persona a cui ci si sta rivolgendo.



L'uso del punto

Nel caso del maschile singolare "sig." e nel maschile plurale "sigg." si ha che entrambe le abbreviazioni finiscano con il punto. Se posti alla fine di una frase si può aggiungere un ulteriore punto per concludere la frase (così in totale si avranno due punti vicini tra loro) o si può anche non metterne altri se nella frase successiva si va a capo o si lascia dello spazio che lascia intendere che quella frase sia conclusa.



Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi con le abbreviazioni di signore e signora:
Gentile sig.ra, abbiamo il piacere di informarLa che ha superato il test di ammissione.
Gentile sig., siamo spiacenti ma non è possibile procedere con la prenotazione per la data richiesta.
Egregio sig., in allegato ci sono le condizioni contrattuali dell'offerta da lei appena attivata.
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Obbedire o Ubbidire: come si scrive?


Quando si fa ciò che ci viene ordinato o richiesto sottomettendoci all'altrui volontà, quando si agisce in modo conforme alle norme stabilite, quando si è soggetti a qualcuno, si adoperano i verbi obbedire e ubbidire.



Etimologia

Sia "obbedire" che "ubbidire" derivano dal verbo latino obedire composto da ob (= dinanzi) e audire (= prestare ascolto, ascoltare). Dal punto di vista etimologico è la parola "obbedire" quella più fedele. La parola "ubbidire" che inizia per "U" e che presenta la lettera "I" all'interno di essa, in modo simile al verbo udire, ha conosciuto uno sviluppo di tipo popolare. Sono corrette entrambe le forme e non differiscono di nulla!

Stessa regola vale anche per le parole "obbedienza" e "ubbidienza", "obbediente" e "ubbidiente", che sono tutte corrette. Invece, "obedire" e "ubidire" con una sola B, sono considerate delle varianti arcaiche e quindi non sono più accettate nella lingua italiana dei nostri giorni.



Tabella riassuntiva

Ecco come si coniugano i verbi obbedire e ubbidire al modo indicativo tempo presente.

PRONOME VERBO OBBEDIRE VERBO UBBIDIRE
Io obbedisco ubbidisco
Tu obbedisci ubbidisci
Egli obbedisce ubbidisce
Noi obbediamo ubbidiamo
Voi obbedite ubbidite
Essi obbediscono ubbidiscono




Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi che contengono i verbi obbedire e ubbidire:
Ubbidisci alla mamma!
Il cane del vicino non obbedisce al richiamo del suo padrone.
Giuseppe Garibaldi rispose "Obbedisco" all'ordine del Governo di ritirarsi con le sue truppe.
Devi ubbidire alla legge!
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Installare o Istallare: come si scrive?


Vi sono verbi nella lingua italiana che possono essere scritti in due modi diversi e ciò potrebbe creare un po' di confusione dal momento che ci sarà sempre chi dirà che è più corretta una forma rispetto a un'altra senza dare la giusta spiegazione, affidandosi solo all'istinto o a vaghi ricordi di studio. Per fortuna ci sono siti come il nostro e anche più importanti come l'Accademia della Crusca che fanno chiarezza sui dubbi riguardanti la lingua italiana. È il caso di "installare", che si scrive con la N; ma si può anche scrivere "istallare", senza la N, anche se si tratta di una forma meno comune.


Spiegazione

Il termine "installare" deriva dal francese installer, a sua volta dal latino medievale installare, ovvero mettere in uno stallo della chiesa. Come potete notare tutte le forme utilizzate prima del suo approdo nella lingua italiana contengono la consonante N.

Stessa regola vale anche per le parole derivate da installare, che hanno come forma più utilizzata quella che contiene la N: disinstallare, installarsi, installatore, installazione, reinstallare, installato.

Il verbo "installare" è usato in ambito informatico quando si sta aggiungendo un'applicazione al sistema operativo o un'app sullo smartphone, quando si sta mettendo un impianto in funzione o si sta montando un'attrezzatura, e inteso anche come collocarsi in una sede o sistemarsi in un luogo (IN+STALLARE = insediarsi).

Questo significa che se in futuro dovreste avere un vuoto di memoria, dimenticandovi tutto quanto avete letto fin'ora, potreste adoperare dei sinonimi di installare, che sono: collocare, montare, far funzionare, allacciare, collegare, insediare, sistemare, fare alloggiare. Ovviamente ciascun sinonimo va adoperato nel giusto contesto.



Esempi

Qui di seguito alcune frasi per comprendere in quale contesto si possa usare il verbo "installare".
La posizione migliore per installare un impianto fotovoltaico è il tetto di casa, perché in genere è ben esposto alla luce del sole.
È molto semplice scaricare e installare le applicazioni su Android.
Domani verrà il tecnico per installare un climatizzatore nella mia casa.
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Maiuscolo o Maiuscola, Maiuscole o Maiuscoli: come si scrive?


Attraverso questo appunto di italiano vi faremo ritornare di nuovo bambini, perché il "maiuscolo" è un termine che si inizia a studiare sin dalla prima elementare, quando si impara a scrivere e a distinguere i nomi comuni di cosa che si scrivono con la lettera iniziale piccola (minuscolo) e i nomi propri di persona, animale o cosa che richiedono la lettera iniziale grande (maiuscolo).

Ovviamente chi usa spesso il computer non può non ricordarsi del tasto maiuscolo o maiusc, chiamato anche ⇧ Shift, presente in ogni tastiera di un computer portatile e fisso.

Il dubbio di questo articolo riguarda il modo corretto per scrivere maiuscolo e tutte le sue altre forme: maiuscola, maiuscole, maiuscoli, per sapere se sono forme corrette e quando usare quella giusta al momento giusto. In realtà sono tutte forme corrette, la scelta dipende dal genere (maschile o femminile) e dal numero (singolare o plurale).



Maiuscolo

Il maiuscolo (dal latino maiuscŭlus diminutivo di maius «maggiore») è una grafia delle lettere dell'alfabeto con dimensioni e a volte forma diversa del minuscolo. Il termine "maiuscolo" può essere usato come sostantivo o come aggettivo qualificativo quando è preceduto da un sostantivo maschile singolare.

ESEMPIO:
Non sta funzionando il tasto maiuscolo della tastiera.
Maestra, il titolo lo dobbiamo scrivere tutto in maiuscolo?



Maiuscola

Il termine "maiuscola" è usato come aggettivo qualificativo, quindi è preceduto da un sostantivo femminile singolare.

ESEMPIO:
All'inizio del rigo si scrive con la prima lettera maiuscola.

È anche usato in ambito sportivo.
La nostra difesa è chiamata ad una prova maiuscola contro i fortissimi attaccanti avversari.



Maiuscole

Il termine "maiuscole" è usato come aggettivo qualificativo, quindi è preceduto da un sostantivo femminile plurale.

ESEMPIO:
Nella lingua italiana vi è la tendenza ad evitare le lettere maiuscole non necessarie.



Maiuscoli

Il termine "maiuscoli" è usato come aggettivo qualificativo, quindi è preceduto da un sostantivo maschile plurale.

ESEMPIO:
Qualcuno sa cosa sono i "numeri maiuscoli"?
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Professore e Professoressa: come si abbreviano?


Il titolo di professore o professoressa, a seconda se si è un uomo o una donna, è un titolo usato in ambito scolastico a partire dalla scuola secondaria di primo grado (scuola media) e successivamente nella scuola secondaria di secondo grado (scuola superiore) e nel campo dell'istruzione accademica, che viene assegnato a coloro che esercitano la professione di insegnante oppure verso coloro che posseggono un notevole bagaglio culturale su uno o più campi del sapere.

Quando si deve scrivere una lettera formale o un email formale a un professore o a una professoressa, o si vuole realizzare un biglietto da visita per la propria professione di professore o professoressa, o se si sta lavorando presso uno studio per dare lezioni private e si deve affissare il proprio nome alla porta preceduto dalla propria professione di insegnante, risulta più professionale utilizzare l'abbreviazione delle parole professore e professoressa.

Qui di seguito andremo a vedere come i due termini, professore e professoressa, si abbreviano in modo corretto, sia al singolare sia al plurale.



Abbreviazione di Professore

L'abbreviazione di "professore" è prof. 
Come potete notare alla fine della parola abbreviata viene messo il punto, appunto per fare notare l'abbreviazione della parola.

Il plurale di professore è "professori", la cui forma abbreviata è proff.    
Come potete notare il plurale si forma raddoppiando l'ultima consonante.



Abbreviazione di Professoressa

L'abbreviazione di "professoressa" è prof.ssa 
Come potete notare alla fine della parola abbreviata viene messo il punto, appunto per fare notare l'abbreviazione della parola e inoltre si aggiunge "ssa" alla forma singolare.

Il plurale di professoressa è "professoresse", la cui forma abbreviata è prof.sse (senza il raddoppio della consonante "f").



Tabella riassuntiva

FORMA INTERA FORMA ABBREVIATA
Professore prof.
Professori proff.
Professoressa prof.ssa
Professoresse prof.sse


Da segnalare che fatta eccezione per poche professioni come professoressa e dottoressa che hanno il suffisso in -essa, la regola generale dice di utilizzare la forma maschile anche se riferita a una donna: avvocato (non avvocatessa), giudice (non giudichessa), sindaco (non sindachessa), prefetto (non prefettessa), vigile (non vigilessa).



L'uso del maiuscolo

Le parole professore e professoressa solitamente vanno scritte con la lettera iniziale minuscola perché fanno riferimento a un nome comune di cosa (la professione dell'insegnante) o a un nome comune di persona (l'insegnante stesso). Solo nei casi in cui si voglia esaltare la figura di una persona conosciuta per i suoi studi, si possono usare le parole Professore e Professoressa con la lettera maiuscola e la stessa regola si può applicare anche per le loro rispettive abbreviazioni (Prof. - Prof.ssa).



L'uso del punto

Per quanto riguarda le parole abbreviate che terminano con il punto, come appunto prof., si può aggiungere un ulteriore punto per concludere la frase o si può anche decidere di omettere il secondo punto.



Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi con le abbreviazioni di professore e professoressa:
Il mio prof. di matematica non ci fa usare la calcolatrice durante il test di verifica.
La cattedra della classe 5° è stata assegnata alla prof.ssa Antonella.
Carissime prof.sse e studentesse di questo istituto, Vi porgiamo i nostri migliori auguri per la Festa della donna.
Alla riunione genitori-insegnanti i miei proff. dicono sempre ai miei genitori che sono un alunno intelligente che non si applica.
Nella serie TV La casa di carta uno dei personaggi principali è conosciuto come "Il Professore".
Sono stato sgridato dal prof.
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IL VAR o LA VAR: come si scrive?


In ambito calcistico VAR è l'acronimo di Video Assistant Referee, la cui traduzione italiana è Assistente arbitro al video o Video assistente arbitrale. Questa tecnologia chiamata VAR è entrata in funzione a partire dalla stagione 2017/2018 e viene usata dai due giudici di gara (VAR e AVAR, cioè addetto al var e il suo assistente) che collaborano in costante comunicazione via radio con l'arbitro in campo. Lo scopo del VAR è quello di esaminare le situazioni dubbie durante una partita di calcio tramite la visione di filmati e viene usato principalmente per decretare la validità di un gol, per l'assegnazione di un calcio di rigore, per decretare un'espulsione diretta e per evitare errori d'identità da parte dell'arbitro in campo. L'aiuto del VAR può essere richiesto solamente dall'arbitro o dagli assistenti (non dai calciatori o dalle panchine). Quando all'arbitro viene segnalato un episodio dubbio che richiede l'utilizzo del VAR, egli può a sua volta andare a vedere il video a bordo campo coi propri occhi per riflettere sulla decisione finale da prendere.

Nonostante la tecnologia, nonostante ci siano teoricamente 3 arbitri che sorvegliano la partita, non mancano le polemiche per un rigore dubbio, un gol non valido o un fallo sanzionato in maniera eccessiva o non sanzionato, dal momento che spesso l'arbitro "rifiuta" di andare a vedere le immagini video facendo prevalere la sua decisione o perché le immagini video migliori non sono disponibili in quel momento. Ma questa polemica non ci riguarda perché siamo un sito di scuola, infatti il motivo per cui abbiamo aperto questa discussione è incentrato su un'altra interessante diatriba riguardante il var, ovvero se si debba scrivere IL VAR o LA VAR, ovvero se va considerato al maschile o al femminile. In tv e su internet utilizzano entrambi i modi e in questo articolo andremo a fare chiarezza su questo argomento che tanto interesserà agli appassionati di calcio.



Ecco come si scrive

Nella lingua italiana le sigle derivano il loro genere dalla parola principale e nel nostro caso tra le tre parole in questione: "video, assistant, referee" che corrispondono a "video, assistente, arbitro", la parola principale è "arbitro", che è di genere maschile proprio come le altre due parole. Per questa ragione la forma corretta è IL VAR, al maschile.

Tuttavia una sigla può essere utilizzata anche come aggettivo, quindi se si intende Var come tecnologia può essere utilizzato al femminile: la tecnologia VAR, la strumentazione VAR, la VAR. L'uso del maschile è sempre corretto perché toglie ogni equivoco sia nel caso stiate parlando dell'arbitro che guarda il video (il VAR) sia al video stesso (il VAR).

Ovviamente essendo un termine entrato da poco nella lingua italiana non ci stupiremo affatto se col passare degli anni dovremo ritornare su questo appunto di italiano per apportare alcune correzioni a seguito di nuove novità linguistiche.



Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi con il termine VAR:
Perché l'arbitro non usa sempre il VAR nelle situazioni fortemente dubbie?
Se fossero andati a vedere il VAR questa partita avrebbe avuto un esito ben diverso.
L'arbitro al VAR ha ammesso che la tecnologia VAR non stava registrando al momento del gol.
La Lega Serie A vuole utilizzare la Var non solo per aiutare gli arbitri ma anche per beccare persone che allo stadio si rendono protagonisti di episodi di razzismo.
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Cigli o ciglia: come si scrive?


Nella lingua italiana ci sono parole che hanno più di un significato. Sono dette parole polisemiche. Una parola polisemica è "ciglio", la cui parola al singolare è usata per indicare il singolo pelo ricurvo che nasce sul margine delle palpebre con lo scopo di proteggere l'occhio, oppure il ciglio della strada, cioè il margine esterno della strada.



Il plurale di ciglio

Il plurale del ciglio dell'occhio è ciglia. Si usa il singolare per indicare il ciglio che ogni volta finisce dentro l'occhio, viene usato il plurale per indicare l'insieme delle ciglia di uno o più occhi.

In botanica il termine ciglia è usato per indicare la sottile peluria disposta come le ciglia delle palpebre al margine di una foglia.

In biologia, con il termine ciglia, si fa riferimento all'interno della cellula in cui sono presenti degli organelli corti e sottili raggruppati che si estendono dalla superficie di molte cellule eucariote, come le ciglia vibratili che tappezzano le vie respiratorie e le vie genitali femminili. 

Il plurale del ciglio della strada è cigli: il ciglio stradale e i cigli stradali. Anche se solitamente questo vocabolo è utilizzato al singolare se non altro per praticità.

Quindi...

OCCHIO: ciglio al singolare, ciglia al plurale.

STRADA: ciglio al singolare, cigli al plurale.




Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi che utilizzano il singolare ciglio e il plurale ciglia:
Mi è entrato un ciglio nell'occhio.
È pericoloso camminare sul ciglio di questa strada. Per questo uso l'auto anche per tratti brevi di strada.
Dovrei andare dall'estetista per farmi sistemare le ciglia.
Esiste un metodo per infoltire e rinforzare le ciglia?
Ho trovato di tutto lungo i cigli stradali: materassi, mobili, lavatrici, vetri rotti e persino un pitone.
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Occhio per occhio, dente per dente - Significato


Occhio per occhio, dente per dente, spesso abbreviato in occhio per occhio, è un modo di dire della lingua italiana che si apprende da già bambini perché lo si studia per la prima volta nella materia storia sin dalla scuola elementare.



Significato

L'espressione "Occhio per occhio, dente per dente" sta a significare che se una persona fa del male a un'altra persona, dovrà essere punita allo stesso modo in cui ha fatto del male alla sua vittima. Ovvero se una persona cava un occhio ad un'altra persona, quest'ultima ottiene il diritto di rispondere con lo stesso danno e così entrambi si ritroveranno senza un occhio: in questo modo si cerca di ristabilire un equilibrio, offrendo una giustizia anche per la vittima.

Viene nominato l'occhio perché è una parte importante del corpo umano ed è il più evoluto dei cinque sensi, e il fatto che subito dopo venga nominato il dente (cioè una parte del corpo vicino all'occhio) mi porta a pensare che in uno scontro corpo a corpo innescato da una lite veniva preso di mira il volto di una persona e capitava che qualcuno ci rimettesse un occhio o un dente, o entrambi.

Quello che è importante capire è che occhi e denti vengono nominati solo a titolo di esempio, tale modo di dire può avere anche altri usi all'infuori del danno fisico. Ad esempio se vi trovate insieme a un gruppo di amici e a un certo punto uno di loro racconta un episodio imbarazzante su di voi (es. quando da piccoli bagnavate il letto, o eravate caduti rovinosamente a terra, o avevate paura del buio o di un animale ecc.), applicando la regola del "occhio per occhio, dente per dente" acquisirete il "diritto" di raccontare a vostra volta un episodio imbarazzante verso chi vi ha messo per primo in imbarazzo.

Un modo di dire dal significato simile è: "Ripagare con la stessa moneta".



Origine

L'espressione "Occhio per occhio dente per dente" è stata usata nel corso del tempo in diverse culture o civiltà, alcune ancora esistenti ed altre ormai scomparse.

Come abbiamo già detto, lo si studia a scuola per la prima volta nel programma di storia delle elementari in cui si affronta come argomento il Codice di Hammurabi, risalente al XVIII secolo a.C. e appartenente alla civiltà babilonese. Esso fa larghissimo uso della Legge del taglione, e cioè la pena per i vari reati era spesso identica al torto o al danno provocato, da qui l'espressione "occhio per occhio, dente per dente". 
A quei tempi esisteva la schiavitù, e per gli schiavi, considerati come degli oggetti o degli animali, non era possibile vendicarsi di un torto o danno subito applicando la legge del taglione, ma si otteneva un risarcimento in denaro.

La legge del taglione viene affermata solo nel diritto romano arcaico, quello delle dodici tavole. Infatti nella Tavola VIII riguardante gli illeciti, si dice: 
«Si membrum rupsit, ni cum eo pacit, talio esto.» (in latino)

«Se una persona mutila un'altra e non raggiunge un accordo con essa, sia applicata la legge del taglione.» (in italiano)

Al contrario di quanto si possa pensare, lo scopo della legge "occhio per occhio" era quello di ridurre l'uso della violenza. Se un individuo era conoscenza del fatto che facendo del male a un altro individuo avrebbe subito la stessa sorte, era inevitabile che prima di commettere quell'atto malvagio ci avrebbe pensato più di una volta. Inoltre chi subiva il torto o il danno non poteva d'impulso vendicarsi rispondendo allo stesso modo, ma era necessario rivolgersi prima ai giudici che, una volta appresa la situazione, potevano autorizzare il tipo di pena in modo che non fosse né troppo leggera né troppo dura, per ottenere una pena giusta.


Questa espressione si trova anche nella Bibbia (Antico Testamento):
«Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all'altro.» (Levitico 24, 19-20)
«Occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, scottatura per scottatura, ferita per ferita, contusione per contusione. Se uno colpisce l'occhio del suo schiavo o l'occhio della sua schiava e glielo fa perdere, li lascerà andare liberi in compenso dell'occhio perduto. Se fa cadere un dente al suo schiavo o un dente alla sua schiava, li lascerà andare liberi in compenso del dente perduto..» (Esodo 21,24-27)

E si può trovare anche nel Vangelo secondo Matteo (Nuovo Testamento):
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.» (Mt 7,12)

Inoltre Gesù resosi conto che molti avevano interpretato male la legge "occhio per occhio" cercò di correggere il loro modo di pensare. D'altronde anche quando ci si vendica spesso non si riesce a porre fine all'ostilità perché uno dei due litiganti vuole a sua volta dire la sua, imporre la sua forza infliggendo un danno maggiore all'altro, e perciò per spezzare questa "catena" basata sulla vendetta Gesù disse che ci si può difendere dal proprio aggressore e allo stesso tempo impedire al male (= alla sete di vendetta) di prendere il sopravvento:
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra. (Matteo 5,38-45)



Come si usa

Questo modo di dire viene usato oggigiorno per vendicarsi di un torto o un danno subito.

ESEMPIO:
Se racconti alla mamma che ho rotto il vaso di vetro, le dirò che hai graffiato il retro dell'auto. Occhio per occhio...
So che mio marito mi tradisce con la sua segretaria e per questo lo tradisco con il postino. Occhio per occhio, dente per dente.
- Perché mi hai dato una sberla?
- Ti sto restituendo quella che che mi hai dato la scorsa volta e poi sei scappato via. Te la meriti!!! Occhio per occhio, dente per dente.
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Province o Provincie: come si scrive?

Le provincie dell'Impero Romano (116 d.C.)

La provincia è una suddivisione amministrativa statale formata da comuni confinanti tra loro, quello maggiore per importanza o estensione ne è il capoluogo. In Italia, fatta eccezione per la regione Valle d'Aosta che possiede una sola provincia, le altre regioni ne posseggono almeno due e addirittura la Lombardia ne possiede dodici. 

Finché la parola "provincia" viene usata al singolare, tutti sono d'accordo che debba essere scritta in questo modo, ma per quanto riguarda la sua forma plurale potrebbe venire fuori il dubbio se la parola diventi "province" o "provincie", ovvero se debba terminare in -ce o in -cie.



La regola grammaticale

Se andate a leggere la Costituzione della Repubblica Italiana (datata 27 dicembre 1947) sul sito del Senato o della Corte Costituzionale, troverete che il plurale di provincia è provincie. Ciò è dovuto all'etimologia della parola, infatti "provincie" deriva dal latino provinciae, in cui è presente la "i" al termine della parola.

All'epoca era corretto scrivere "provincie", ma la lingua italiana ha subito numerosi cambiamenti nel corso del tempo e neanche 2 anni dopo la promulgazione della Costituzione Italiana, nel 1949 Bruno Migliorini ha voluto introdurre una regola nel suo articolo sulla rivista Lingua Nostra intitolato "Il plurale dei nomi in cia e gia", nella quale affermava che bisognava mettere da parte i criteri etimologici e di basarsi sulla fonetica, pertanto per tutte quelle parole che al singolare terminavano con il gruppo -cia e -gia si doveva andare a vedere quale lettera dell'alfabeto li precedeva. E ancora oggi viene seguita questa regola!

Se prima di -cia o -gia si trova una vocale, il plurale sarà in -cie o -gie (ciliegia-ciliegie, valigia-valigie).

Se prima di -cia o -gia si trova una consonante, il plurale sarà in -ce o -ge (provincia-province, pronuncia-pronunce).

Ecco perché oggi l'unica forma corretta è PROVINCE.




Esempi

Qui di seguito trovate alcune frasi che utilizzano il plurale di provincia: 
Il Governo ha stanziato 10 milioni di euro per le province alluvionate.
Il presidente della Regione ha suggerito di fondere alcune province italiane.
Roma, Milano, Napoli e Torino sono le province più popolate d'Italia.
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Il Trentino-Alto Adige: riassunto di geografia


Il Trentino-Alto Adige è una regione italiana a statuto speciale di 1.078.746 abitanti. È la regione più settentrionale d'Italia e una delle meno popolate. Questa regione ha due nomi: la zona meridionale è il Trentino che deve il suo nome al capoluogo Trento (dal latino Tridentum – per via dei tre colli), mentre quella settentrionale è l'Alto Adige, chiamata così perché è la terra dove nasce e scorre la parte superiore del fiume Adige.

Confini: il Trentino-Alto Adige si trova nell'Italia nord-orientale, non è bagnato dal mare e confina a est e sud-est con il Veneto, a ovest e sud-ovest con la Lombardia, a nord e a nord-est con l'Austria, a nord-ovest con la Svizzera.



Indice




Territorio

Il territorio del Trentino-Alto Adige è totalmente montuoso.

Le cime più elevate sono il monte Ortles (1905 m), il monte Cevedale (3769 m), le Dolomiti di Brenta (3151 m), il gruppo montuoso della Marmolada (3343 m), il Gruppo del Sella (3152 m).

Tra i valichi più importanti vi sono il Passo del Brennero, che collega Italia e Austria, e il Passo dello Stelvio che collega con la Valtellina (è assai famoso ma rimane chiuso stagionalmente tra novembre e maggio a causa della sua elevata altezza, infatti è il valico automobilistico più alto d'Italia, e perché la strada è poco agevole).

Le valli più importanti della regione sono: valle dell'Adige, val Lagarina, val di Sole, val Venosta, valle Isarco, val Pusteria, la val di Fiemme e di Cembra, val Sugana.

Nella regione si trova il parco naturale Adamello Brenta, un'area naturale protetta istituita nel 1967 ed è la più vasta del Trentino.


Fiumi: I fiumi più importanti della regione sono l'Adige (il secondo fiume più lungo d'Italia dopo il Po), il Brenta, la Drava (affluente del Danubio), il Passirio, l'Isarco, il Noce, l'Avisio, il Sarca (immissario del lago di Garda), il Chiese (affluente del Po).

Laghi: I principali laghi naturali sono il lago di Garda, il lago di Caldonazzo, il lago di Resia.

Superficie: 13.605,5 km²
Montagna: 100%
Collina: 0%
Pianura: 0% 



Clima

Il clima della regione varia a seconda dell'altitudine e della posizione in cui ci si trova. Gli inverni sono rigidi sia nei fondovalle che nelle zone di montagna più elevate, le estati sono calde e afose nei fondovalle (in particolare nella conca di Bolzano) e fresche in alto.



Popolazione

La maggior parte degli abitanti risiedono nei fondovalle dove il clima è mite e il terreno è favorevole alla coltivazione.
Nel corso del tempo popoli di diverse nazionalità sono giunti nella regione e per questo oltre la lingua italiana si parla il tedesco nell'Alto Adige e il ladino in alcuni comuni come in val Badia e val Gardena.

Gli abitanti del Trentino-Alto Adige si chiamano trentini.



Capoluogo e province

Nella Liguria ci sono 2 province e 282 comuni.
  • Trento è il capoluogo della regione. In esso è possibile visitare il Castello del Buonconsiglio, il Museo delle scienze, la cattedrale di San Vigilio, Piazza Duomo e i suoi antichi palazzi affrescati.
  • Bolzano, famosa per le chiese e i musei.


La bandiera e lo stemma

La bandiera del Trentino-Alto Adige

La bandiera della Trentino-Alto Adige è formata da uno stemma, contenente due aquile di San Venceslao (Trentino) e due aquile rosse tirolesi (Alto Adige) simboli storici delle due province, che si stagliano su uno sfondo bianco e azzurro. La forma della bandiera è un rettangolo con sopra uno scudo araldico inquadrato.



Storia

Grazie ai diversi rinvenimenti archeologici si può dedurre che la regione fosse già abitata attorno al 12.000 a.C., ovvero il periodo successivo all'ultimo periodo glaciale.

Verso il I secolo a.C. giunsero i Romani che si liberarono della popolazione dei Reti e compresero l'importanza strategica del territorio di Trento e costruirono due grandi strade. L'impero romano presiedé in questa regione per 5 secoli.

Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 d.C., vi fu un'epoca di instabilità politica e il territorio passo nelle mani del Regno di Odoacre, del Regno degli Ostrogoti, dei Longobardi e dell'Impero Carolingio (di Carlo Magno).

Per la sua collocazione geografica e storico-culturale di città posta nel mezzo tra il mondo italiano e quello germanico, nel 1542 Trento venne scelta come sede per il Concilio di Riforma della Chiesa, noto con il nome "Concilio di Trento" (1545-1563), voluto dalla Chiesa cattolica minacciata dal protestantesimo.

Nel 1796 ebbe inizio l'epoca napoleonica con conseguente sconfitta delle truppe asburgiche e dei loro alleati. Nel 1810 con il Trattato di Parigi tra Francia e Baviera, parte del Trentino e dell'attuale Bolzano vennero annessi al Regno d'Italia napoleonico.

Nel 1814 il territorio, in quanto parte del Tirolo, passò assieme al Trentino all'impero austriaco e nel 1867 all'Impero austro-ungarico. Nel 1920, a seguito della sconfitta dell'impero austro-ungarico dopo la prima guerra mondiale, il territorio venne annesso al Regno d'Italia.

Nel 1946, dopo la seconda guerra mondiale, rimase sotto giurisdizione dello stato italiano grazie all'accordo De Gasperi-Gruber firmato tra Italia e Austria. 

Nel 1948 il Trentino-Alto Adige viene riconosciuto come regione italiana a statuto speciale.



Economia

L'agricoltura è molto sviluppata nei fondovalle, in particolare nel settore della frutticoltura (mele, pere, pesche) e la viticoltura.

Importante per l'economia della regione anche l'allevamento bovino per la produzione di latte.

L'industria è poco sviluppata, da segnalare sono le industrie legate al settore alimentare, alla lavorazione artigianale del legno e all'industria idroelettrica.

L'attività più importante è il turismo, in particolare quello invernale, ma la regione risulta essere molto frequentata anche in estate. È una meta turistica per tutti gli appassionati di montagna grazie anche alla buona organizzazione alberghiera e di tutte le strutture ricettive correlate come rifugi alpini, ristoranti, pub, stazioni sciistiche e strutture sportive.



Piatti tipici

I piatti tipici dell'Umbria sono: tortel di patate, minestra di trippe, minestra d'orzo, bro' brusà, risotto al teroldego, smacafam, spätzle, canederli, carne salada del Trentino, ciuiga, luganega, mortandela, osei scampai, strangolapreti alla trentina, torta di patate, gnocchetti de pujina, tonco de pontesei, crauti, mosa, polenta di patate, verde o verdòle, casolet, puzzone di Moena, grstoli, straboli, strudel, Zelten, Kaiserschmarrn, torta beca.



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Aeroporto, aereoporto, areoporto: come si scrive?

Foto di un aeroporto

L'Accademia della Crusca è un'istituzione italiana che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana, che si prende la responsabilità di stabilire come si scrivono determinate parole sciogliendo ogni dubbio, come quello in questione, fornendo delle spiegazioni molto dettagliate. Ho iniziato con questa premessa perché reputo parecchio interessante la spiegazione fornita dall'Accademia della Crusca riguardante il dubbio se si scrive aeroporto o aereoporto (anche se un po' difficile da ricordare a distanza di tempo).

La forma corretta è AEROPORTO, in quanto la parola è composta dal prefisso "aero-" che sta a indicare l'aria e dalla parola "-porto", che inizialmente era utilizzata esclusivamente per indicare i mezzi di trasporto navali, ma con l'aggiunta del prefisso "-aero" ha la funzione di indicare il luogo di attracco per i mezzi di trasporto aerei, ovvero un'area predisposta per il decollo e l'atterraggio degli aerei, per il loro rifornimento, la manutenzione e il ricovero, e per il movimento dei passeggeri e delle merci.

Ed è la parola "aeroplano", che deriva dal francese aéroplane, ad aver influenzato tutte le altre parole che derivano da essa e che hanno come prefisso aero- (= aria), tra queste vi sono: aeroporto, aeronautica, aerostato, aeromobile, aerobica, aeromodello, aerosol, aerosiluro ecc. Per questo motivo si scrive aeroporto e non aereoporto

Dal momento che "aereo" è la forma sostantivata dell'aggettivo aéreo, non segue la regola precedentemente indicata. Molti sono indotti in errore pensando che basti aggiungere ad "aereo" la seconda parte della parola, -porto, per creare una nuova parola. Quindi la parola aereoporto, così come areoporto (alterazione dovuta alla pronuncia), non esiste nella lingua italiana. In realtà con il termine "aereo", che è più un'abbreviazione di apparecchio o veicolo aereo (e non di aeroplano), si sta ad indicare la CATEGORIA di veicoli di trasporto in grado di volare, mentre l'aeroplano è UNO dei tanti veicoli aerei. C'è una bella differenza anche se nel linguaggio parlato vengono spesso usati i termini aereo e aeroplano come se fossero la stessa cosa.




Esempio

Qui di seguito trovate alcune frasi per capire come e quando usare le parole aeroporto, aereo e aeroplano:

1) L'aeroporto di Catania è stato chiuso nella notte a causa della copiosa ricaduta di cenere vulcanica dell'Etna che ha interessato la città.

2) Cosa dovrei fare se il mio volo aereo viene cancellato o subisce un forte ritardo? (come aggettivo)

3) Un aereo spagnolo con 130 persone a bordo è stato dirottato questa mattina sull'aeroporto di Valencia. (come sostantivo)

4) Sono stati ritrovati parti e pezzi di un aeroplano caduto 33 anni fa.
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