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Quadrilatero è formato da un triangolo rettangolo e da uno isoscele

Un quadrilatero è formato da un triangolo rettangolo e da uno isoscele che ha per base l'ipotenusa del triangolo rettangolo sapendo che il lato obliquo del triangolo isoscele è il doppio di uno dei due cateti del triangolo rettangolo, che l'altro cateto è 24 cm e che il perimetro del quadrilatero è 114 cm determina la lunghezza dei lati del quadrilatero.

Svolgimento:
Per trovare i lati del quadrilatero:
- sottraendo il cateto noto (24 cm) dall'intero perimetro (114 cm) si ottiene la somma del cateto ignoto e dei 2 lati obliqui:
114 cm - 24 cm = 90 cm

- poiché ogni lato obliquo è il doppio del cateto ignoto, tale somma (90 cm) è lunga 5 volte esatte il cateto, che quindi misura 18 cm:
90 cm : 5 = 18 cm

- i due lati obliqui misurano ognuno il doppio del cateto appena trovato:
18 cm x 2 = 36 cm

Quindi i lati del quadrilatero misurano: 24 cm, 18 cm, 36 cm, 36 cm.
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Parallelogramma formato da un Rettangolo

Il parallelogramma ABCD é formato da un rettangolo con il perimetro di 32 cm e la base uguale ai 5/3 dell' altezza e da due triangoli rettangoli congruenti aventi in comune con il rettangolo il cateto minore .Calcola il perimetro del parallelogramma sapendo che l'angolo A(B)C è ampio 30°e il cateto maggiore del triangolo misura 10,4 cm.

Svolgimento:

Base + Altezza = 32/2 = 16 cm
Base = (5/3)*Altezza

Sostituisci:
(5/3)*Altezza + Altezza = 16
(8/3)*Altezza = 16
Altezza = (3/8)*16 = 6 cm
Base = (5/3)*6 = 10 cm
Lato Obliquo = 2 * Cateto Minore = 2*6 = 12 cm

Quindi:
Perimetro = 2*12+2*10,4+2*10 = 64,8 cm
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Lato del Parallelogramma che supera il triplo del lato consecutivo

Il perimetro di un parallelogramma è 26,4 dm. Calcola la lunghezza dei lati sapendo che uno di essi supera di 3,2 cm il triplo del suo consecutivo.

Svolgimento:

Troviamo per prima il semiperimetro che è la metà del perimetro del parallelogramma.

26,4 : 2 = 13,2 cm

Imposto un'equazione:

3x + 3,2 + x = 13.2
4x = 10 =
x = 10 : 4 = 2,5 (questo è il lato minore)

13.2 - 2.5 = 10.7dm (questo è il lato triplo)


NOTA BENE: Ho fatto il calcolo supponendo che fosse 3,2 cm credendo che ti fossi dimenticato la virgola.
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Parallelogramma un lato supera il doppio del suo consecutivo

In un parallelogramma un lato supera il doppio del suo consecutivo di 8 cm.Sapendo che il perimetro é 328 cm, calcola la misura dei lati. (risultato 52 cm; 112 cm)

Svolgimento:

328 : 2 = 164 cm (questo è il semiperimetro)

Adesso chiamiamo:
x = 1° lato
164-x = 2° lato

Ricaviamo le misure dei lati con l'equazione, ti ricordo che la X deve stare a sinistra ed i numeri a destra.
164-x = 2x+8
156 = 3x
x=52

Abbiamo trovato il valore della X che è 52 (Sarebbe il lato).
Adesso se sottraiamo dal semiperimetro il primo lato otteniamo anche il secondo lato.

164-52= 112
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Differenza fra due lati consecutivi di un Parallelogramma

La differenza fra due lati consecutivi di un parallelogramma misura 3,5 cm . Calcola la lunghezza dei lati sapendo che il perimetro é 25 cm.(risultato 8 cm; 4,5 cm)

Svolgimento:

Il parallelogramma ha i lati a due a due paralleli e congruenti. quindi la somma di due lati consecutivi è uguale al semiperimetro.

25 : 2 = 12,5 cm (semiperimetro)
(12,5 + 3,5)/2 = 8 cm (primo lato del parallelogramma)
(12,5 - 3,5)/2 = 4,5 cm (secondo lato del parallelogramma)
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Parallelogramma Angolo triplo dell'angolo adiacente

In un parallelogramma la misura di un angolo supera di 27 gradi il triplo della misura dell'angolo adiacente allo stesso lato .Calcola l'ampiezza di ciascun angolo .
Risultato (38° e 15'; 141° e 45')

Svolgimento:

Abbiamo un angolo

|------|

E l'altro che e' 3 volte questo + 27

|------|------|------|27|

La loro somma sara'

|------|------|------|------|27|=180

Quindi

|------|------|------|------|=180-27=153

Quindi un'unita' frazionaria sara'

153:4=38,25

Attenzione perche' 38,25 sono decimi, e devi trasformarli in sessagesimali (unita' di misura dei gradi)

Quindi 0,25 : 100 = x : 60

Da cui

x= 0,25 x 60 : 100 = 0,15

Pertanto l'unita' frazionaria sara' 38°15'

L'altro angolo sara' 3x38°15'+27 = 114,45+27=141°45'

3)Considera il triangolo isoscele.

Un angolo sara' 46, gli altri due saranno uguali.

La somma degli angoli interni di un triangolo e' 180, quindi gli altri due angoli insieme misureranno 180-46=134

E quindi ciascun angolo sara' 134:2=67

Uno e' l'angolo del parallelogramma, l'altro angolo misurera' 67+46=113
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Parallelogramma Angoli Adiacenti uno il quadruplo dell'altro

In un parallelogramma due angoli adiacenti a uno stesso lato sono uno il quadruplo dell' altro .Calcola la misura di ciascun angolo .

Svolgimento:

Ho già svolto un esercizio molto simile, nel caso precedente era il doppio, mentre qui è il quadruplo.

Sappiamo che A è il quadruplo di B, rappresentiamoli con dei segmenti:

|------|------|------|------| A
|------| B
|------|------|------|------|------| A + B = 180°

Se addizioniamo gli angoli A e B otteniamo 5 segmenti.

Adesso dividiamo la somma degli angoli per il numero dei segmenti.

180 : 5 = 36° (Sarebbe B)

A che è il quadruplo di B sarà:

36 x 4 = 144°
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Parallelogramma due angoli Adiacenti


In un parallelogramma la misura di un angolo supera di 15 gradi il doppio della misura dell' angolo adiacente allo stesso lato .Calcola l'ampiezza. di ciascun angolo.

Svolgimento:
La somma degli angoli adiacenti allo stesso lato nel parallelogramma è di 180°; per ipotesi l'angolo a=2b + 25°, dv b è l'angolo supplementare a a;

a = 2b + 25°;

a + b = 180°; possiamo quindi sostituire nella seconda equazione le informazioni che desumiamo dalla prima:

2b + 25° + b = 180° --->

---> 3b = 180° - 25° ---> 3b = 155° ---> b= 155°/3 = 51°40';

a= 25° + 2 * 51°40' = 25° + 103°20' = 128°20' --->

---> a = 128°20'
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Parallelogramma con Angoli Adiacenti uno il doppio dell'altro

In un parallelogramma due angoli adiacenti a uno stesso lato sono uno il doppio dell' altro .Calcola la misura di ciascun angolo.

Svolgimento:
La somma degli angoli interni è 360° i la somma dei due angoli richiesti sarà 180° quindi saranno
uno 120° e l'altro 60°.


Sappiamo che A è il doppio di B, rappresentiamoli con dei segmenti:

|---------|---------| A^
|---------| B^
|---------|---------|---------| A^ + B^ =180°

Se sommiamo A che è fatto di due segmenti, e B che è composto da un segmento otteniamo 3 segmenti.

Se dividiamo la loro somma per il numero dei segmenti otteniamo:

(A + B) : 3 = 180 : 3 = 60° (Sarebbe l'angolo più piccolo, e quindi B)

Per calcolare A dato che sappiamo che è il doppio di B basta semplicemente moltiplicarlo per 2.

A = B x 2 = 60 x 2 = 120°

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Problemi sul Parallelogramma

Questo è un elenco di problemi sul Parallelogramma.
Clicca sui numeri a fianco al problema per trovare l'esercizio già svolto.


GUARDA ANCHE: Formule del Parallelogramma

1. In un parallelogrammo la base è 3/2 dell'altezza e l'area è di 96 cm quadrati. Calcola la misura della base e dell'altezza del parallelogrammo. (RICORDA il parallelogrammo è equivalente a un rettangolo avente le stesse dimensioni)

2. In un parallelogrammo ciascuno dei due angoli acuti misura 45 gradi. Calcola il perimetro del parallelogrammo sapendo che l'altezza misura 46 cm e l'area è 4600 cm al quadrato.

3. In un parallelogramma due angoli adiacenti a uno stesso lato sono uno il doppio dell' altro. Calcola la misura di ciascun angolo.

4. In un parallelogramma la misura di un angolo supera di 15 gradi il doppio della misura dell'angolo adiacente allo stesso lato. Calcola l'ampiezza. di ciascun angolo.

5. In un parallelogramma due angoli adiacenti a uno stesso lato sono uno il quadruplo dell'altro. Calcola la misura di ciascun angolo.

6. In un parallelogramma la misura di un angolo supera di 27 gradi il triplo della misura dell'angolo adiacente allo stesso lato. Calcola l'ampiezza di ciascun angolo.

7. La differenza fra due lati consecutivi di un parallelogramma misura 3,5 cm. Calcola la lunghezza dei lati sapendo che il perimetro è 25 cm.

8. In un parallelogramma un lato supera il doppio del suo consecutivo di 8 cm. Sapendo che il perimetro è 328 cm, calcola la misura dei lati.

9. I due lati di un parallelogramma sono lunghi 3 m e 24 dm. L'altezza relativa al lato minore è lunga 7,5 m. calcola l'area di un quadrato che ha il lato congruente all'altezza relativa al lato maggiore del parallelogramma.

10. Calcola l'altezza di un parallelogrammo avente l'area di 3.6000 mm² e la base di 400 mm.

11. In un parallelogramma avente il perimetro di 864 cm,l'altezza relativa al lato maggiore è di 48 cm e il lato minore è i 5/7 del maggiore. Calcola la misura del lato di un triangolo equilatero isoperimetrico ad un quadrato equivalente ai 7/3 del parallelogramma.

12. In un parallelogramma equivalente ad un quadrato avente il perimetro di 44 cm, la differenza fra le altezze relative ai due lati consecutivi misura 2 cm e una è i 4/5 dell'altra. Calcola il perimetro del parallelogramma.

13. La differenza delle misure della base e dell'altezza relativa di un parallelogramma misura 30 cm. Sapendo che la base è i 3/8 dell'altezza, calcola l'area del parallelogramma.

14. Un parallelogramma ha il perimetro di 584 centimetri. Calcola la lunghezza dei lati sapendo che uno è i 3/7 del suo consecutivo.

15. L'area di un parallelogramma è di 396 cm e la base è i 4/11 dell'altezza relativa. Calcola l'area di un secondo parallelogramma avente le dimensioni rispettivamente congruenti ai 2/3 di quelle del primo.

16. Il perimetro di un parallelogrammo misura 356,4 cm ed un lato e' i 4/7 del suo consecutivo. Sapendo che l altezza relativa al lato maggiore misura 36 cm, calcola l area e la misura dell altezza relativa al lato minore.

17. In un parallelogramma la base misura 25 cm. Calcola la misura dell'altezza relativa sapendo che il parallelogramma è equivalente a un quadrato avente il lato lungo 20 cm.

18. Le altezze di un parallelogrammo misurano rispettivamente 28,5 e 19 cm. Sapendo che il lato relativo all'altezza maggiore misura 26 cm calcola la misura dell altro lato e il perimetro.

19. Calcola l'area di un parallelogrammo sapendo che l'altezza è quattro quinti della base e che la differenza delle misure (base e altezza) è di 18 cm.

20. In un parallelogramma la base lunga 96,3 cm  è i 9/7 dell'altezza ad essa relativa. Calcola l'area del parallelogramma. 
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Rettangolo con dimensioni una i 5/8 dell'altro

In un rettangolo l'area e 360 cm quadrati e le due dimensioni sono una i 5/8 dell'altro. CALCOLA l'area di un quadrato avente il perimetro uguale agli 8/3 di quello del rettangolo.

Svolgimento:
Lato quadratino: √360 : (8 x 5) = √360 : 40 = √9 = 3 cm
Primo lato (base) = 3 x 5= 15 cm
Secondo lato (altezza) = 3 x 8 = 24 cm
Perimetro del rettangolo = b + b + h + h = 15+15+24+24= 78 cm
Perimetro del quadrato = 78 / 3 x 8= 208 cm
Lato quadrato = p / 4 = 208 : 4= 52 cm
Area quadrato = l² = 52 x 52 = 2704 cm²
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Quadrilattero circoscritto ad una circonferenza

In un quadrilatero circoscritto ad una circonferenza, due lati opposti sono uno il triplo dell'altro e la loro differenza misura 64 cm. calcola la misura di ciascun lato e il perimetro sapendo che gli altri due sono congruenti.

Svolgimento:

Devi eseguire la seguente equazione.

3x - x = 64
2x = 64
x = 32

Infatti se sostituisci il 32 all'incognita otterrai:

96 - 32 = 64 cm

Il perimetro dovrebbe essere:

96 + 96 + 32 +32 = 256 cm quadri.
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Tema: Mucca Pazza e Cibi transgenici

Temi Svolti: Articolo di giornale: ambito politica internazionale
Si scriva, per il giornale degli studenti un’attenta riflessione sugli inquietanti problemi posti dalla produzione di alimenti non sicuri per la salute dell’uomo, come i casi dei cibi transgenici e della cosiddetta “mucca pazza” dimostrano. Si dia all'articolo un titolo appropriato.

Cibi transgenici e mucca pazza: mangiar sano è ancora possibile?
Sempre più numerosi ed inquietanti gli interrogativi sulla qualità della nostra alimentazione.

Chi sfoglia le pagine dei quotidiani, da qualche mese a questa parte, trova certamente una buona dose di notizie e commenti relativi alla politica sui cibi transgenici e sulla cosiddetta “mucca pazza”. Facciamo un po’ di chiarezza sull'argomento.
I cibi transgenici sono l’ultimo ritrovato in ordine di tempo dell’ingegneria genetica, conseguenza diretta dalla creazione in laboratorio delle piante transgeniche, cioè vegetali in cui è stato innestato un gene di un animale per rafforzare il loro sistema immunitario. Dall'idea di un biologo italiano, Eugenio Benvenuto, è nato così ad esempio, il “carciotopo”, un particolare esemplare di carciofo in cui è stato inserito un gene di topo per renderlo resistente ai virus e ai batteri. Ed analogamente una gran varietà di piante, ortaggi, verdure e cereali è stata trattata transgenicamente ed ovviamente ha generato frutti e prodotti trangenici (albicocche, fragole, banane, patate, pomodori, carote, soia, riso, melanzana, per ricordarne soltanto alcuni tra i più diffusi.
Quando questi prodotti, ricavati da piante modificate geneticamente, sono stati immessi sul mercato è scoppiata la polemica che ha visto scontrarsi due opposti schieramenti: da una parte i sostenitori di tale pratica, dall'altra gli ambientalisti.
I primi hanno rimarcato i vantaggi derivati dall'applicazione della bioingegneria all'agricoltura  incremento della produzione agricola e conseguente aumento della disponibilità di cibo per tutto il Pianeta; possibilità di prevenire e curare alcune malattia ingerendo cibi contenenti appositi vaccini; riduzione dell’impiego di sostanze chimiche in agricoltura; farmaci più efficaci ed economici in campo sanitario.
Gli ambientalisti invece si sono opposti alla creazione e diffusione di cibi transgenici per i seguenti motivi: pericolo di sconvolgere gli equilibri ambientali; rischio di selezionare insetti resistenti ai pesticidi e germi particolarmente aggressivi; aumento dell’intolleranza alimentare visto che chi è allergico ad un alimento potrà ritrovarselo a sua insaputa nel cibo che sta mangiando; soprattutto compromissione della biodiversità con la progressiva riduzione della varietà all'interno di ogni specie.
La controversia si è poi spostata in ambito europeo da quando, nella riunione del Consiglio dei ministri dell’Unione Europea, tenutasi nel giugno 1999, si è operata una spaccatura tra Italia, Francia, Grecia, Danimarca e Lussemburgo da una parte e Inghilterra, Irlanda, Spagna e Portogallo dall'altra.
Il primo gruppo si è opposto alla produzione di cibi transgenici; il secondo invece ha dato il suo consenso; Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Olanda e Svezia non hanno emesso nessun giudizio definitivo.
A quasi due anni di distanza poco o nulla sembra cambiato. Proseguono le proteste degli ambientalisti, sostenute dagli appelli di numerosi scienziati di tutto il mondo contro un’applicazione irresponsabile delle biotecnologie. Questi ultimi in particolare sono preoccupati dal fatto che l’ingegneria genetica è ancora lontana dalla completa conoscenza del funzionamento del genoma e ciò comporta notevoli rischi sia per l’ambiente sia per la salute dell’uomo, confermati d'altronde dalle verifiche effettuare negli Stati Uniti sulle prime colture transgeniche, dalle quali è emerso anche che queste coltivazioni alla lunga riducono la produttività del suolo ed ancora misteriose rimangono le conseguenze sulla salute dell’uomo. Insomma sembrano non esserci poi tanti vantaggi né per gli agricoltori né per i consumatori, bensì soltanto per le aziende che, sfruttando le attuali leggi vigenti in materia, ne approfittano per privatizzare il patrimonio genetico delle specie viventi.
A chi poi propone di risolvere il problema della fame nel Terzo Mondo con un’intensificazione delle produzioni transgeniche, gli scienziati consapevoli rispondono che la carenza di cibo nei Paesi del Sud del mondo non dipende tanto dalla minore produttività dell’agricoltura antiquata di quei Paesi, bensì dalla scarsa disponibilità di capitali da investire e dallo squilibrio economico tra quei Paesi e l’Occidente industrializzato, il che potrebbe dar vita addirittura ad una nuova forma di colonizzazione basata sulle colture transgeniche. Inoltre c’è da considerare che i settori agricoli delle industrie sono attualmente in crisi per la pessima riuscita dei prodotti (più costosi e per nulla migliori di quelli normali) che vengono rifiutati da sempre più consumatori a causa del forte e spontaneo movimento di dissenso che si sta sollevando in gran parte dell’opinione pubblica.
A dare un ulteriore, forse definitivo colpo alla produzione di cibi transgenici, è infine scoppiato il caso della mucca pazza, a cui è collegato il fenomeno della progressiva distruzione del patrimonio mondiale di razze d’allevamento. Si pensi che nel solo Vecchio Continente quasi il 50% delle specie d’allevamento è andato perduto ed anche la restante percentuale è seriamente a rischio.
L’unica strada percorribile per evitare ulteriori danni è quella indicata anche da alcuni esperti del settore: rivalutare la qualità a discapito della quantità. Sembra infatti che si salveranno soltanto quelle razze legate ad un prodotto qualitativamente elevato: poche ma buone mucche per un latte “a denominazione d’origine controllata”, proprio come il vino.
Questo è lo slogan che va diffuso per salvaguardare un patrimonio che appartiene a tutto il mondo. La polemica relativa ai cibi transgenici conferma la necessità di stabilire delle solide normative giuridiche a cui ancorare il lavoro di ricerca degli scienziati.
In questo caso, il Consiglio dei Ministri del nostro Paese tempo addietro varò un disegno di legge che prevedeva il divieto della clonazione umana, degli esprimenti con uso di embrioni umani e della mutazione dell’informazioni che codificano la specialità di un individuo (identità genetica germinale); non veniva posto alcun limite invece alla creazione di vegetali ed animali in laboratorio nonostante potessero comportare gravi danni alla salute dell’uomo ed all'ambiente.
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Tema: Libertà e dignità dell’uomo

Temi Svolti: 
La libertà è il bene più prezioso che l’uomo possa avere: essa è data dalla possibilità di poter disporre di se stesso senza controlli, coercizioni o costrizioni.

La dignità possiamo definirla come il rispetto e la coscienza di sé in quanto persona umana. I due concetti in questione potrebbero sembrare correlati, ma non è così, perché un individuo può avere dignità, pur senza essere libero, e viceversa.

Nello Stato moderno la libertà ha la giusta considerazione che merita e, per quanto riguarda l’Italia, la Costituzione repubblicana la tutela e la garantisce sotto varie forme. Innanzi tutto viene garantito il diritto alla libertà della persona fisica, in base al quale non è ammessa alcuna forma di detenzione, ispezione o perquisizione e non è permessa qualsiasi altra forma di restrizione della libertà personale, se non dietro atto motivato dell’autorità giudiziaria e solo nei casi e nei modi previsti dalla legge. Sono poi garantite la libertà di domicilio, come pure la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Nello stesso tempo, viene assicurata la libertà di circolazione dentro il territorio dello Stato e fuori di esso, osservando, s’intende, gli obblighi di legge.
Viene ancora protetta ogni forma di libertà di espressione del pensiero e di comunicazione con gli altri cittadini. Ciò può realizzarsi sia con la parola sia con lo scritto e con ogni altra forma di espressione e viene stabilito che la stampa è libera e non può essere sottoposta ad autorizzazioni o censura.
Bisogna ancora ricordare il diritto alla libertà di riunione e di associazione, in base al quale i cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
Ma, oltre alla libertà fisica e a quella di stabilire rapporti con i propri simili, viene garantita anche la libertà di religione, che consente sia di manifestare la propria fede sia di esprimerla con il culto.
L’uomo purtroppo non ha sempre goduto di questo diritto fondamentale. Bisogna ricordare che presso tutti i popoli dell’antichità vi era una netta distinzione tra schiavi e liberi. I primi erano trattati non come esseri umani e con una loro dignità, ma quasi come  bestie: esisteva un loro mercato e chi li comprava poteva disporre di loro come meglio voleva essendo padrone della loro vita.
Ci sono voluti secoli di lotte, guerre e rivoluzioni, perché ogni uomo vedesse riconosciuta, in quasi tutti gli Stati, la propria libertà.
Ma la vera libertà, non dobbiamo nascondercelo, è quella dal bisogno. L’uomo è veramente libero e può esprimere tutta la sua dignità di essere umano quando può dirsi affrancato da ogni forma d’indigenza. Purtroppo questa condizione non è stata raggiunta da tutti: ancora troppi esseri umani sono schiavi della loro povertà, che non riescono a superare. A parte le popolazioni del cosiddetto Terzo Mondo, anche nei Paesi industrializzati e più ricchi si notano tante piaghe sociali e non pochi uomini vi vivono schiavi del bisogno, mancando dei beni più necessari. Questo, però, non vuol dire che essi abbiano rinunciato alla loro dignità. Troppe persone vivono il dramma della miseria con estrema compostezza, senza chiedere aiuto a nessuno e cercando in tutti i modi di nascondere il loro stato d’indigenza.
Vi sono parecchi pensionati che possono contare su un reddito di poche centinaia di euro, ma non per questo abdicano alla loro dignità e cercano di tirare avanti senza chiedere niente a nessuno. Sono, in effetti, quelli che più meritano il nostro rispetto ed il nostro aiuto.
Ma, se tanti casi del genere si possono contare e notare in un Paese come il nostro, che è tra quelli più industrializzati del mondo, quali sono le condizioni di vita dei popoli che abitano il cosiddetto Terzo Mondo, costituito dall'Africa  dall'Asia e dall'America Latina? Vivono nella miseria più squallida, certo in condizioni peggiori e più precarie delle popolazioni delle nostre regioni povere, ma quanti di quegli uomini hanno, pur vivendo nell'indigenza materiale, consapevolezza di sé, dei propri sentimenti, quanti riescono insomma a salvaguardare la loro dignità di esseri umani, la loro statura morale, conservando integro il rispetto di se stessi?
In alcuni Paesi del Terzo Mondo si verifica, purtroppo, che le popolazioni, indigenti dal punto di vista materiale, siano anche sottomesse a poteri politici autoritari e spesso limitativi delle libertà più elementari.
La libertà umana, potremmo dire, è un dono di natura che distingue, insieme con il pensiero, con la ragione, con i sentimenti, l’uomo dalle bestie. Non ci vuole molto, spinti dalle esigenze vitali e dalle necessità della vita, a stendere la mano davanti ai gradini di una chiesa, Ma quanti si astengono dal farlo e vivono dignitosamente nella loro miseria? In questo sta la grandezza dell’essere umano: nel bisogno di libertà e, insieme, nella dignità del suo vivere.
Abbiamo detto che, in tanti Paesi, gli uomini hanno visto riconosciuto il loro diritto di libertà. In linea generale questo è vero, però le eccezioni sono ancora troppe. Sono ancora tanti quei popoli che vedono calpestati i loro diritti. Le stesse guerre non costituiscono altrettante violazioni della libertà, addirittura della libertà di vivere?
Oggi, in un mondo che ha perduto, quasi tutti i valori, che non conosce più sentimenti, dove domina la violenza più brutale, come possiamo vedere quotidianamente sfogliando le pagine di un giornale o guardando le immagini del nostro televisore, ancora troppi sono privati della libertà. E’ tutelata la libertà di stampa e di espressione del pensiero con ogni mezzo di diffusione, ma a questo proposito dobbiamo chiederci quante persone senza scrupoli e senza una deontologia professionale violano, in suo nome, la personale “riservatezza” cui tutti hanno diritto.
Senza dire che molti, dimenticando ogni codice morale, e si avvalgono della libertà di stampa per eccitare e risvegliare quegli istinti più bassi che sussistono nell'uomo  mettendo sotto l’occhio smaliziato dello spettatore o del lettore racconti di fatti e notizie che spingono all'emulazione.
Spesso assistiamo a fenomeni di questo genere. Dopo aver conosciuto, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, avvenimenti raccapriccianti, tanti giovani non solo restano turbati, ma sono portati a compiere gli stessi atti. Questo è uno degli esempi che ci dimostrano come la libertà debba essere usata con raziocinio, in modo da rendere noi e gli altri migliori e non in modo da indurci a compiere gesti inconsulti. In caso contrario, la libertà sarebbe rifiuto e negazione di ogni valore, un classico esempio di libertà esercitata senza dignità. L’uomo, come già detto, si distingue dalle bestie perché è dotato di autodeterminazione, ma accompagnata dal rispetto di sé e degli altri. Saper discernere il bene dal male: questa è la vera libertà che dà dignità all'uomo, quella che non nuoce agli altri.
Qualunque attività umana, dalla più umile alla più impegnativa, da quella di operatore ecologico a quella del professionista, da quella del ciabattino a quella, per esempio, dello stilista di moda e dell’artista, deve essere svolta con dignità, cioè rispettando certi valori, che oggi stanno diventando, purtroppo sempre più rari. L’individuo ha bisogno di provare certe sensazioni, come quella di aver compiuto dovere nei confronti della società, di aver assolto ai suoi compiti, altrimenti la sua vita si trasforma in un succedersi di giorni che, invece di esaltarlo, gli trasmettono un senso d’insoddisfazione, d’inutilità, di vuoto dentro l’anima.
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Il Fu Mattia Pascal - Riassunto


Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904,  è il terzo romanzo di Pirandello.

È la storia paradossale di un piccolo borghese, imprigionato nella trappola di una famiglia insopportabile e  di una misera condizione sociale che, per un caso fortuito, si trova  improvvisamente libero e padrone di sé: diviene economicamente autosufficiente  grazie ad una vincita  e apprende di essere ufficialmente morto, in quanto la moglie e la suocera  lo hanno riconosciuto nel cadavere di un annegato. Mattia si costruisce un’identità nuova e soffre perché la sua identità falsa  lo costringe ad essere escluso dalla vita degli altri.  Decide pertanto di rientrare  nella  sua vecchia identità tornando in famiglia ma scopre  che la moglie si è risposata  ed ha avuto una figlia da un altro. Non gli resta che adattarsi alla sua condizione , consapevole di non avere identità e di non essere più nessuno.


CAPITOLO I /PREMESSA 

Nella prefazione  Mattia Pascal, sostiene di essere stato protagonista di un evento eccezionale e di voler raccontare la sua strana vicenda in un manoscritto  che  potrà essere letto solo 50 anni dopo la sua terza, ultima e definitiva MORTE.

Mattia per 2 anni si è occupato  della Biblioteca che un monsignore  ha lasciato al Comune, con la speranza che il suo lascito possa  accendere nell’animo dei paesani l’amore per lo studio. In realtà, sostiene Mattia, questo non è mai successo. Inizialmente anche Mattia Pascal nutre scarso interesse per i libri  e per la scrittura ma è indotto ad  iniziare  a raccontare la sua vicenda per iscritto  perché  ritiene che il suo caso sia davvero strano e inconsueto : “Io sono morto, sì, già due volte, ma la prima per errore, la seconda…sentirete!”


CAPITOLO II /PREMESSA SECONDA 

Mattia, nel comporre il suo manoscritto, ha seguito il consiglio del suo amico , il Reverendo  don Eligio. Scrive nella chiesa sconsacrata dove si trova il lascito di Monsignore, in attesa che il reverendo cataloghi e riordini  i libri.
Mattia  cita Copernico e lo maledice : la sua scoperta  ha rovinato l’umanità. Da quando l’uomo è consapevole del fatto che la terra è un’invisibile trottolina, un granellino di sabbia impazzito  che gira e gira senza sapere perché , tutto acquista un’importanza relativa, anche le più gravi calamità.
Don Eligio osserva tuttavia che l’uomo si distrae facilmente e  dimentica senza difficoltà la sua fragile natura: Mattia è d’accordo su questo  e sostiene che gli uomini sono capaci di dimenticare rapidamente la loro natura terrena  e  di “azzuffarsi  per un pezzettino di terra “
Mattia vuole dunque raccontare la sua storia: alcuni fatti non gli faranno onore, ma a lui non importa :  EGLI SI PUÒ  GIÀ  CONSIDERARE INFATTI FUORI DALLA VITA, SENZA  OBBLIGHI E SCRUPOLI DI SORTA.


CAPITOLO III:LA CASA E LA TALPA

Mattia ha 4 anni e mezzo quando il padre muore. Questa morte improvvisa è la rovina per i Pascal. La famiglia, che risiede a Miragno, un paese immaginario della Liguria, e composta dalla moglie e da  due figli, Mattia e Roberto.
La moglie, debole ,incapace,  negata per gli affari, affida infatti il patrimonio del marito all'amministratore MALAGNA , che lucra  sulle disgrazie della famiglia per avere il proprio tornaconto.
Mattia e Roberto, una volta cresciuti, non tentano nemmeno  di recuperare gli averi perduti e di contrastare Malagna: conducono una vita oziosa e dissipata, non frequentano la scuola, ma ricevono un’istruzione sommaria da un istitutore di nome  PINZONE.


CAPITOLO IV/FU COSI’

Il capitolo inizia con  l’impietosa descrizione di Malagna : grasso, rozzo,  tozzo, sempre sudato,  dalla voce” molle e miagolante”, in  perenne conflitto con la moglie Guendalina.
Malagna desidererebbe un figlio ma la moglie deperisce di giorno in giorno finché muore,.
Malagna  piange la morte della moglie e la pensa con devozione ma un bel giorno  si prende in casa e sposa una ragazza giovane e robusta, OLIVA, che Mattia aveva conosciuto in precedenza : una ragazza onesta, spigliata, bella, giovane e fresca.
Malagna sperava di avere figli da lei ma , ritenendo la moglie responsabile dell’infertilità,  comincia a maltrattarla.
Roberto e Mattia hanno un amico, POMINO, che ha la caratteristica di “cangiare con meravigliosa facoltà scimmiesca”, a seconda che si trovi con Berto o con Mattia.
Un giorno Pomino  parla a Mattia di una ragazza di nome ROMILDA  che lui ha adocchiato. Romilda , figlia della VEDOVA PESCATORE , è nipote di Malagna; sembra che Malagna abbia messo gli occhi su Romilda e quindi Pomino  prega Mattia di intervenire per salvare la ragazza dalle grinfie del perfido amministratore.
Il giorno dopo Mattia, con la scusa di una cambiale, va a casa della vedova Pescatore e qui trova Malagna e Romilda. Sospetta che ci sia effettivamente  una relazione clandestina fra zio e nipote.
Mattia rimane colpito dalla bellezza e dalla grazia di Romilda (“ occhi cupi, intensi, occhi  notturni…”) e  cerca di convincere Pomino a sposare la ragazza, prospettandogli una felice vita matrimoniale. Gli consiglia di scrivere una lettera.
Perché Mattia si dà tanta pena per Pomino? Solo per il gusto di stordire l’amico , di far restare Malagna con un palmo di naso, per salvare la ragazza. Ma alla fine Romilda si innamora di Mattia. I due iniziano una relazione clandestina. Un giorno Romilda, disperata, getta le braccia al collo di Mattia e lo scongiura di portarla via, lontano.
Nei giorni seguenti Mattia riflette sulla proposta  e sta quasi per annunciare il fidanzamento  alla propria madre quando riceve una lettera da Romilda che gli chiede seccamente di non occuparsi più di lei e di considerare finita la relazione.
Lo stesso giorno  Oliva, disperata, racconta a Mattia che il marito Malagna  ha scoperto che lui può avere figli (Romilda è incinta) e vuole divorziare. Mattia rivela a Oliva che in realtà  lui ha avuto una relazione con  Romilda e quindi lui è il padre e come prova le mostra la lettera di addio che gli ha inviato  Romilda.
Inizia una relazione clandestina con Oliva. Anche Oliva rimane incinta: Malagna, che pensava di ripudiare la moglie perché non riusciva a dargli un erede,  rimane con lei, e costringe Mattia a sposare Romilda.
La madre di  Romilda, la vedova Pescatore, non si dà pace per questo.


CAPITOLO V : LA MATURAZIONE 

Romilda è gelosa del figlio che avrà Oliva, destinato ad una vita comoda e agiata mentre il suo vivrà per sempre nell'incertezza del domani. Quello che rimane delle proprietà di Mattia viene svenduto ed acquistato per “pochi baiocchi” da Malagna . Mattia deve trovare un’occupazione, pur essendo “inetto a tutto” e con una fama alle spalle di scioperato e fannullone, fama che gli rende difficile trovare un lavoro.
L’atmosfera in casa è tesa : la madre di Mattia è chiusa in se stessa, apatica, rassegnata, “non dà fastidio neanche all'aria .Mattia teme che possa essere maltrattata  dalla suocera  e da Romilda. Mattia preoccupato chiede al fratello Berto  di accogliere la madre a casa sua ma Berto sostiene di non avere la possibilità di ospitarla.
La tensione  in famiglia cresce fino al giorno in cui scoppia un litigio particolarmente violento . Mattia interviene e getta a terra la suocera.
Due giorni dopo zia Scolastica porta via con sé la madre di Mattia, non prima di aver avuto un alterco con la vedova Pescatore..
Dopo un ennesimo conflitto con la vedova Pescatore  , durante il quale Mattia viene preso da un accesso di riso isterico (“ ho riso di tutte le mie sciagure ed il mio tormento , mi vidi in quell'attimo  attore di una tragedia che più buffa  non si sarebbe potuta immaginare… io che non avevo più pane per il giorno appresso …”), il ragazzo esce di casa e si imbatte in Pomino, che , commosso  per la triste situazione in cui si trova  Mattia, gli offre un posto di lavoro come bibliotecario ; suo padre infatti, che è assessore  comunale per la Pubblica  Istruzione , gli ha detto che l’attuale bibliotecario non è più in grado  di svolgere il suo lavoro.
E così, 4 giorni dopo, Mattia diventa bibliotecario. Guadagna sessanta lire al mese.
Passa tutto il giorno con il vecchio bibliotecario Romitelli  che  ha affiancato, e non sa cosa fare. Vedendo grossi ratti che si nascondono tra i libri , ha un’idea. Scrive un’elaboratissima istanza all'assessore comunale all'istruzione perché gli invii due gatti che possano fare strage di topi. Dopo un certo tempo Mattia riceve  due gattini  magri e miseri che non si dimostrano all'altezza del loro compito.  Protesta, e dopo un certo tempo  vede arrivare “due bei gattoni lesti e serii” che, senza perder tempo, si mettono a fare il loro dovere.
Mattia avverte un cambiamento nel profondo della sua anima ( Il capitolo si intitola “Maturazione”). Morto  Romitelli, si  ritrova solo e “ pur senza voglia di compagnia”:  può trattenersi solo poche ore in biblioteca, impegnato nella caccia ai topi,  non ha voglia di girare per il paese perché si vergogna dello stato di miseria,  non vuole stare in famiglia.
Decide perciò di cominciare a leggere  di tutto un po’, disordinatamente, ma soprattutto libri di filosofia :” pesano tanto, eppure chi se ne ciba  e se li mette in corpo, vive tra le nuvole.”
Quando è sazio di lettura, Mattia si reca in riva al mare : la vista  delle onde  lo fa cadere in uno “sgomento attonito” , in una “oppressione intollerabile” ;siede sulla spiaggia, sente il fragore delle onde, mentre si lascia scivolare tra le dita la sabbia pesante e mormora :”Così, sempre, fino alla morte,senza alcun mutamento, mai…” L’immobilità e l’inutilità  della sua condizione di vita gli pesano  come un macigno.
Un giorno gli portano la notizia che la moglie ha le doglie e  corre  trafelato  a casa . Vengono alla luce due gemelle :” si sgraffiavano tra di loro con quelle manine così gracili  eppur quasi artigliate da un selvaggio istinto che incuteva  ribrezzo e pietà : misere, misere, misere , più di quei due gattini che ritrovavo ogni mattina dentro le trappole; ed anch'esse non avevano la forza di vagire…”
Ma Mattia sente anche per la prima volta un brivido nuovo , un senso di tenerezza ineffabile.
La prima nata muore pochi giorni dopo, la seconda  muore all'età di un anno, quando Mattia ha ormai avuto tempo di affezionarsi alla piccola , di chiamarla per nome e di sentirsi chiamare papà.
Contemporaneamente, lo stesso giorno  muore anche la mamma di Mattia: il ragazzo rimane come tramortito dal doppio lutto  ed è sull'orlo della follia. Per una notte intera  vaga per il paese e per le campagne.  Viene confortato dal vecchio mugnaio.
Roberto si fa vivo ed invia  500 lire per il funerale, che torneranno utili in seguito a Mattia e diventeranno “ cagione della sua prima morte”


CAPITOLO VI :TAC,TAC,TAC…

Cambio di scena: il capitolo inizia con la descrizione delle evoluzioni capricciose della pallina della roulette, dalle quali dipendono  le sorti di tanti giocatori.
Mattia è capitato a Montecarlo per caso. “Non sapendo più resistere alla noia, anzi allo schifo di vivere in quel modo, miserabile, senza speranza di miglioramento, senza compenso  all'amarezza, allo squallore, all'orribile desolazione ero fuggito dal paese a piedi , con le 500 lire di Berto in tasca.”
Inizialmente Mattia  pensa di andare a Marsiglia e da qui ,con la nave, in America, ma scoraggiato ed avvilito anche per la scarsità di denaro,rinuncia . Sceso a Nizza, incerto sul da farsi, compera un opuscolo sulla roulette  e va al casinò. Per parecchio tempo osserva i giocatori e respira l’atmosfera di grande tensione che caratterizza il gioco :” si faceva silenzio, un silenzio strano, angoscioso, quasi vibrante di frenate violenze…”, “tutti gli occhi si volgevano  alla pallina con varia espressione : d’ansia, di sfida, d’angoscia, di terrore…”
Mattia comincia a giocare , viene preso dalla febbre del gioco  e vive uno stato di lucida ebbrezza.  C’è quasi una forza diabolica in lui che gli suggerisce i numeri  e lo fa vincere in continuazione.
Dopo aver vinto una grossa somma, 11.000 lire, Mattia è incerto sul da farsi : tornare a casa  da una moglie arida e rancorosa verso la quale non prova più alcun affetto  o partire per l’America?
Nei 12 giorni seguenti  torna al casinò e continua a  giocare , vincendo fino al nono giorno, dopodiché  la fortuna sembra abbandonarlo.
Il dodicesimo giorno Mattia viene informato che un giocatore che aveva conosciuto in  precedenza, si è suicidato . Mattia lo vede disteso in mezzo al viale, con la rivoltella ancora in pugno. Prende un fazzoletto e gli copre il volto sfigurato, tra le proteste della gente alla quale viene tolto il meglio dello spettacolo.
Mattia decide di abbandonare il gioco e ritorna a Nizza con 82.000 lire.


CAPITOLO VII . CAMBIO TRENO

Mattia è in treno, diretto verso casa, incerto sul da farsi. Quali prospettive davanti a lui? Riscattare il mulino e fare il mugnaio?
Immagina la scena del ricongiungimento con la moglie e la suocera : entrambe manifestano inizialmente  indifferenza, ma dopo un po’   la suocera ricomincia  a sputar bile e a rinfacciare al genero il posto di bibliotecario perso. Mattia vede se stesso mentre estrae la fortuna guadagnata al casinò, conta le banconote davanti agli occhi esterrefatti delle due donne e poi se ne va.
Mattia pensa a tutti i debiti che dovrà saldare una volta arrivato a casa.
Il treno si ferma, Mattia scende e compera un giornale: rimane allibito quando legge la notizia della …. sua morte. A Miragno il giorno prima è stato ripescato il corpo putrefatto di un uomo che è stato riconosciuto come quello di Mattia Pascal.
Mattia non crede ai suoi occhi : come è possibile che moglie e suocera abbiano riconosciuto rispettivamente marito e genero nel corpo di un estraneo?
Ma improvvisamente Mattia ha  un’illuminazione “ Ero morto, morto, non avevo più debiti , né moglie, né suocera: nessuno! Libero! Libero! Libero!
Mattia rinuncia a risalire sul treno, si procura un altro giornale per rileggere con calma e tranquillità l’articolo.
Si sente “ paurosamente sciolto dalla vita, superstite di se stesso, sperduto, in attesa di vivere oltre la (fittizia) morte, senza intravvedere ancora in quale modo.”
Nell'articolo si parla della “tremenda costernazione e dell’inenarrabile angoscia” che tormenta  moglie e suocera” , della “vedova sconsolata che piange il diletto marito”, della “stima dei concittadini”.
Mattia prende la sua decisione e si sente sollevato.


CAPITOLO VIII :ADRIANO MEIS

Mattia costruisce gradualmente la propria identità, “ non solo esteriormente, ma anche nell'intimo . Mattia ormai  è “ solo, sciolto da ogni legame, nuovo e assolutamente  padrone di sé, senza più il fardello del suo passato , con un paio d’ali”, artefice del suo nuovo destino. Mattia si propone di sfuggire agli aspetti sgradevoli della sua nuova vita, di ricercare “ belle vedute, ameni luoghi tranquilli”, di trasformarsi in modo da poter dire “ non solo di aver vissuto due vite ma di essere stato due uomini”.
Mattia  modifica il suo aspetto fisico ,  accorciandosi  la barba , e sceglie un nuovo nome dopo aver ascoltato casualmente  una conversazione in treno : Adriano Meis.
All'inizio Mattia si sente pervaso  da una fresca letizia infantile  e assapora la gioia della novella libertà.”Oh levità deliziosa dell’anima, serena, ineffabile ebbrezza!!!”.L’idea della libertà sconfinata e unica gli procura un’improvvisa felicità, un beato stupore. L’aria è di una meravigliosa trasparenza e Mattia si sente così inebriato dalla nuova libertà  che teme quasi d’impazzire.
Mattia si libera perfino della fede matrimoniale.
Mattia deve anche  costruirsi nei minimi particolari   un passato. Egli immagina di essere figlio unico, di essere nato  in America, in Argentina, di essere ritornato in Italia in tenerissima età, di aver avuto i genitori morti quando lui era in  tenera età, di avere avuto  perfino un nonno che lo ha cresciuto. Per creare l’immagine del nonno Mattia osserva a lungo   i vari vecchietti incontrati nel suo peregrinare di città in città, coglie di ognuno un aspetto particolare “Oh, di quanti nonnini veri  si compose il nonnino mio!”
Per ricostruire l’infanzia fittizia Mattia  osserva decine di ragazzini dai 5 ai 10 anni, studia le loro mosse, i loro giochi, le loro espressioni.
Mattia vive la sua nuova vita  senza avere quasi relazioni con gli altri  e ,dopo un po’ di tempo, comincia a sentire il peso della sua nuova condizione : è senza documenti, non può lavorare e dunque deve  razionare i suoi risparmi, non ha compagnia.
Un giorno  in particolare  si rende conto di quanto tiranna sia la sua libertà: vorrebbe comperare un cagnolino , ma si rende conto che non può. Dovrebbe pagare una tassa , ma è impossibilitato a farlo perché ufficialmente non esiste.


CAPITOLO IX : UN PO’ DI NEBBIA

Il primo inverno è trascorso ; inizia il secondo  e la magia legata alla ritrovata libertà inizia ad appannarsi.Mattia  comincia a pensare di trovarsi una fissa dimora  ed invidia le persone normali  che non conoscono  quel senso di penosa precarietà che ormai caratterizza la sua vita.
Mattia si deve privare anche degli oggetti, gli oggetti che si caricano di significati particolari per il loro proprietario, che suscitano emozioni e ricordi. Mattia non può possedere nulla, costretto come è ad alloggiare in camere d’albergo, con la valigia  in mano.
Mattia immagina se stesso che torna a casa per Natale, con il panettone sotto il braccio. “Buongiorno, io sarei il defunto marito della signora Pascal,  vengo lesto lesto dall’altro mondo  per passare le feste in famiglia, con licenza dei superiori”
Mattia pensa :”Ci sono altre persone sole al mondo” , ma  è anche vero che  la condizione di queste persone sole può  sempre cambiare mentre la sua no, è destinata a rimanere tale per sempre. Mattia sarà per sempre un forestiero della vita.
Mattia ha fatto amicizia con un signore, vicino di tavolo in trattoria, un certo Cavalier Tito Lenzi. Quando i cavaliere comincia a porre domande a Mattia sul suo passato, questi si sente a disagio, si ritrae. Al termine della  conversazione si rende conto inoltre che il nuovo amico mente e Mattia si sente avvilito : si chiede come mai l’uomo menta, se non è costretto a mentire. Mattia, da parte sua, obbligato ad una vita di finzione , si sente “torcere l’anima dentro “ mentre  è condannato a mentire.
Mattia si rende conto che non potrà mai avere un vero amico , ma solo relazioni superficiali, che dovrà vivere per sempre mascherato. La vita, osservata da spettatore esterno, gli sembra  senza scopo e senza senso.
Il frastuono, il fermento dellaa città in perenne movimento  lo stordiscono:”Perché gli uomini si affannano a rendere più complicato il congegno della loro vita?? Perché tutto questo stordimento di macchine? Che farà l’uomo quando le macchine faranno tutto?” Si accorgerà allora che il progresso non ha nulla a che fare con la felicità?”
Mattia  torna in albergo immerso nei suoi cupi pensieri  e si mette a parlare con un canarino in gabbia, illudendosi che questo gli risponda.
Mattia  è convinto che l’uomo pensi che la natura in qualche modo gli parli, comunichi, trasmetta messaggi . ma forse la natura  non ha la minima percezione di noi e della  nostra esistenza.
La conclusione di Mattia, al termine di queste amare riflessioni :”Io dovevo vivere, vivere, vivere…”


CAPITOLO X . ACQUASANTIERA E PORTACENERE

Mattia decide di stabilirsi a Roma : la città gli piace ed inoltre gli sembra la più adatta ad ospitare, tra tanti forestieri, un forestiero come lui.
Il ragazzo trova una stanza in affitto presso  una famiglia discreta, composta dal signor Paleari, la figlia Adriana, il cognato di Adriana Terenzio, al momento fuori città.
Adriana lo informa che in casa vive un’altra inquilina ,Silvia Caporale, un’insegnante di pianoforte sola, infelice, distrutta dall’alcool, arrabbiata con la vita: viene ospitata gratuitamente in casa poiché in passato ha affidato i suoi risparmi a Terenzio che li  ha investiti in un affare non andato bene.
Adriana è una donna minuta, timida, seria, che sembra portare sulle sue fragili spalle tutto il peso della gestione della famiglia. La sorella è morta sei mesi prima.
Il padre – nota Mattia – appare un tipo eccentrico, “ con il cervello di spuma”, dedito a strane letture  di teosofia , ossessionato dal pensiero della morte, interessato al paranormale : ha scoperto nell’inquilina Silvia straordinarie  facoltà medianiche.
Adriana è molto religiosa e soffre  per le pratiche medianiche del padre.
Sopra il comodino nella camera di Mattia è appesa un’acquasantiera. Una notte Mattia la utilizza distrattamente come portacenere. Il giorno dopo l’acquasantiera non c’è più e sul comodino è appoggiato un portacenere.
Mattia si  rende conto di non essere più entrato in chiesa  per pregare e di non aver riflettuto a lungo sul pensiero della morte : ma l’ossessione di Paleari alla fine contagia anche lui.
Paleari parla sempre e solo di morte e riflette sul concetto di materia.
Se tutto è materia, esistono comunque diversi gradi di materia: “Nel mio stesso corpo  c’è l’unghia, il dente… e c’è il finissimo tessuto oculare!”
La Natura ha faticato migliaia di secoli per far evolvere l’uomo  dallo stadio di verme a quello attuale , per arrivare a “questa bestia che  ruba, questa bestia che uccide, questa bestia bugiarda che pure è capace di scrivere la DIVINA COMMEDIA… e tutt’a un tratto ,paffete, torna zero? Diventerà verme il mio naso, il mio piede, non l’anima mia, perbacco!”
Paleari  osserva che deve pur esserci  un vita oltre la vita:”Se mi provano che , dopo aver faticosamente vissuto per anni , tutto finisce lì, ma io la mia vita la butto via oggi stesso!”
“Sarebbe la cosa più assurda e atroce  se tutto dovesse consistere IN QUESTO MISERABILE SOFFIO CHE E’ LA NOSTRA VITA TERRENA: 50, 60 anni di noia, di miserie, di fatiche: perché?... Non possiamo comprendere la vita se non ci spieghiamo la morte.”
“Se manca la lampadina della fede  ci aggiriamo nella vita come ciechi.”
Paleari non si cura  di  indagare sulla vita di  Mattia. Solo una volte gli chiede perché si trovi a Roma.Non capisce perché il ragazzo abbia scelto una  città triste, morta, chiusa nel sogno del suo maestoso passato , indifferente  al formicolio che si agita intorno a lei. Roma giace con il suo “grande cuore frantumato”: i papi ne avevano fatto un’acquasantiera, gli Italiani l’hanno trasformata in un posacenere.


CAPITOLO XI : DI SERA, GUARDANDO IL FIUME

Man mano che cresce la familiarità con  i padroni di casa, cresce il disagio di Mattia. Egli si sente un intruso, con un nome falso, un’esistenza fittizia e ripete continuamente a se stesso  che non deve accostarsi troppo alla vita altrui.
La sera si affaccia  alla finestra  ad osservare il fiume nero e silente e ad immaginare il suo percorso tortuoso fino alla foce.Spesso vede Adriana intenta ad annaffiare i fiori  e spera che   lei sollevi lo sguardo verso di lui.
Spesso Mattia girovaga di notte  per le vie spettrali  di Roma.Una sera si trova coinvolto in una rissa e riesce a salvare una donna dall'aggressione di 4 uomini. I due poliziotti intervenuti lo invitano a denunciare il fatto alla stazione di polizia ma Mattia si schermisce, poiché non ha documenti. “Eroe non potevo più essere davvero!”
La Signorina Caporale ogni tanto rivolge domande sulla vita privata di Mattia : questi si rassegna e mente in continuazione .Man mano che racconta cose mai avvenute Mattia diventa sempre più abile :”Meravigliavo io stesso  di aver accolto , viaggiando, tante impressioni, che il silenzio  aveva quasi sepolte in me, e che ora,parlando, resuscitavano , mi balzavano vive  dalle labbra.
Mattia, dallo sguardo e dal rapimento con il quale la signorina Caporale lo ascolta, capisce che lei è innamorata di lui.
Ma Mattia prova invece una strana attrazione per Adriana , una “ pura soavissima ebrezza.” “Le anime hanno un loro particolar modo d’intendersi…, mentre le nostre persone sono impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali”.
Una sera Mattia assiste ad una scena che lo turba: sente  una voce di uomo  provenire dal terrazzino di casa dove spesso si trattiene con le due donne a chiacchierare. Si tratta  di Terenzio Papiano, il cognato di Adriana, marito della  sorella morta , che sta parlando in maniera concitata con la signorina Caporale proprio di Mattia . Mattia capisce che i due sono amanti.
Terenzio  intima alla Caporale di andare a chiamare Adriana: quando questa arriva Terenzio riprende  a parlare di Mattia in maniera concitata, al punto che questi decide di  presentarsi . Terenzio cambia tono, diventa mellifluo, si presenta come cognato di Adriana  e dice di essere segretario presso i Borbonici.
Mattia rimane stupito da questo improvviso voltafaccia. Poi i tre vanno a dormire.


CAPITOLO XII : L’OCCHIO E PAPIANO

Terenzio Papiano  è alto e robusto, un po’ calvo,  con un grosso paio di baffi brizzolati, occhi grigi acuti ed irrequieti: vede tutto e tocca tutto. E’ tornato a Roma con il fratello Scipione, che sembra incapace di intendere e volere.
Mattia si accorge che Terenzio fa di tutto per convincerlo a parlare di sé e si sente in trappola e a disagio :”Senza aver commesso cattive azioni , senza aver fatto male a nessuno , dovevo guardarmi così, davanti e dietro , timoroso e sospettoso , come se avessi perduto il diritto di essere lasciato in pace.”
Mattia si rende conto di non poter più ormai andarsene : il sentimento che lo lega ad Adriana, benché rimasto inespresso, è diventato troppo forte.
Un giorno Mattia trova la signorina Caporale in lacrime : lei gli confessa di essere disperata perché colpita da tre disgrazie: “donna, brutta, vecchia”. Desidererebbe morire : non ha prospettive, ha dovuto  anche vendere il pianoforte che per lei era tutto . Ultimamente Terenzio cerca di indurla a convincere Adriana a sposarlo, per questioni opportunistiche . Mattia tenta di consolarla.
Un giorno Terenzio porta a casa un certo  Francesco Meis di Torino che sostiene di essere imparentato con Mattia; quest’ultimo fa di tutto per smentirlo , ma Francesco insiste : vuole essere ad ogni costo suo parente!
Un altro giorno Mattia  sente dalla sua camera la voce di un uomo, un amico che Terenzio aveva portato a casa, e riusce a identificare il proprietario di quella voce : si tratta dello Spagnolo, un personaggio che Mattia ha conosciuto a Montecarlo.
Mattia  è impaurito : tracce del suo passato riemergono e possono minacciare la sua nuova identità.Decide di farsi operare all'occhio  che è leggermente strabico : senza questa caratteristica può darsi che sia più difficilmente identificabile.


CAPITOLO XIII : IL LANTERNINO

Per quaranta giorni Mattia deve rimanere al buio, dopo l’operazione. Dopo alcuni giorni di quella “prigionia cieca” Mattia sente prepotente il bisogno di essere consolato e confortato, ma solo da Adriana.
Un giorno Paleari  vuole iniziare Mattia alle sedute spiritiche e alla lanterninosofia. Introduce  il discorso sostenendo  che l’albero è vivo ma NON SI SENTE , non è consapevole di sé. L’uomo invece ha il triste privilegio  di SENTIRSI  VIVERE: questa consapevolezza è per Paleari  come un lanternino che  ci fa vedere sperduti sulla terra, ci fa vedere il male ed il bene.
Il lanternino  produce un cerchio di luce più o meno ampio al di là del quale  c’è il buio assoluto, la notte perpetua che ci accoglie  quando il lanternino si spegne.
Paleari organizzerà una seduta spiritica alla quale parteciperanno  lui stesso, Terenzio, la nipote del marchese Giglio d’Auletta,un pittore spagnolo, Mattia, Silvia e addirittura Adriana. Silvia comunica con un antico compagno di Accademia, Max, morto di tisi a 18 anni. Quando comunica con Max, la signorina Caporale è in grado di suonare in maniera superlativa.
Viene portato tutto l’occorrente e la seduta inizia.


CAPITOLO XIV : LE PRODEZZE DI MAX

Mattia e Adriana  sono convinti che la seduta spiritica sia una frode. Viene formata una catena ma la signorina Caporale sostiene che non è ben equilibrata e quindi vengono cambiati i posti. Mattia può tenere la mano di Adriana.
Nel corso della seduta si verificano strani fenomeni. Silvia riceve addirittura un violento pugno.(che in realtà proviene da Terenzio)
Nelle sere successive vengono ripetute le sedute  e  si verificano  gli stessi fenomeni, cioè scricchiolii, colpi, levitazione del tavolino, addirittura un pugno formidabile sferrato sul  tavolo. Mattia stenta a prendere sonno : è impaurito e pensa che lo spirito del cadavere trovato a Miragno abbia palesato la sua presenza. Nel corso di una delle sedute Mattia è riuscito a baciare Adriana.


CAPITOLO XV:IO E L’OMBRA MIA

Il capitolo inizia con alcune considerazioni : durante la notte, nel dormiveglia, spesso  riflettiamo su quanto  facciamo  durante il giorno e ci meravigliamo  di quante sciocchezze riusciamo a commettere nella nostra vita quotidiana, forse abbagliati e confusi   dal frastuono della vita :”Com’altro è il giorno, altro è la notte, così forse siamo noi di giorno, altra di notte: miserabilissima cosa, ahimè, così di notte come di giorno.”
Queste considerazioni nascono dal fatto che, dopo 40 giorni, Mattia  toglie le bende e rivede la luce: tutte le considerazioni e le riflessioni che ha fatto durante i 40 giorni di buio svaniscono alla luce del sole, e Mattia si sente invaso da “foschi pensieri”. Si  pente per il bacio dato ad Adriana e per il significato che questo assume per lei , sente di essersi ormai compromesso e ripercorre mentalmente quanto ha sperimentato dalla fuga da Miragno in poi:
inizialmente ha sperimentato  libertà che appariva senza limiti , poi solitudine e noia, in seguito ha tentato  di riallacciare qualche relazione ed infine si è reso conto che la libertà tanto sospirata in realtà si è tramutata in una opprimente prigione.
Mattia si rende conto , assumendo un’identità fittizia, di essere diventato l’ombra di un uomo .Fino a che è rimasto  chiuso in sé e spettatore della vita degli altri ha potuto coltivare l’illusione di vivere un’altra vita , ma nel momento in cui ha baciato Adriana  si è reso conto di averla baciata con le labbra di un morto , di averla  trascinata lei ,  in un gioco più grande di lei, in una sorte di finzione che lei non merita. Alla fine Mattia, pur liberatosi di moglie, suocera, debiti e di una misera esistenza, si sente schiavo  delle finzioni, delle menzogne, del timore di essere scoperto pur senza aver commesso alcun delitto.
Adriana entra nella stanza , gli porta il conto del dottore che ha eseguito l’operazione. Mattia è tormentato da mille dubbi, non sa se distruggere le illusioni di Adriana o meno. Va verso la scrivania per prendere il denaro e si accorge che qualcuno  gli ha sottratto  12ooo lire. Certamente è stato il fratello di Terenzio durante la seduta spiritica, su indicazione del fratello. (Terenzio infatti era assillato dal fatto di dover  restituire a Paleari la dote della moglie defunta, sorella di Adriana)
.Mattia, sconvolto ,   riferisce il fatto ad Adriana che rimane molto turbata  e vuole chiedere spiegazioni a Terenzio e denunciare il  furto. Ma Mattia la ferma “Conoscevo il ladro e non potevo denunciarlo. Che diritto avevo io alla protezione della legge? Io ero fuori d’ogni legge. Chi ero io? Nessuno!!! Non esistevo io, per la legge. E chiunque ormai , poteva rubarmi; e io, zitto!”
Mattia riesce a calmare Adriana e a farle promettere che per il momento non divulgherà la cosa. Rimasto solo Mattia  è preso dallo  sconforto: non è nessuno, non può neppure denunciare un furto. “Mi è sembrata una fortuna l’essere creduto morto? Ebbene, sono morto davvero. Sono vivo per la morte e morto per la vita.”
Mattia  prende in considerazione l’idea di andarsene : con il lutto nel cuore  si sarebbe allontanato da quella casa dove aveva trovato un po’ di requie , in cui si era fatto il nido, e di nuovo per le strade, senza meta, senza scopo, nel vuoto ….solo, diffidente, ombroso. Cosa resta di Mattia Pascal? La sua ombra.


CAPITOLO XVI : IL RITRATTO DI MINERVA

Tornato a casa Mattia trova la famiglia in subbuglio  e  scopre che Adriana ha informato i familiari del furto. Si pensa che il ladro sia il fratello di Terenzio, Scipione, che è infermo  ed incapace di intendere e volere. Mattia, che vuole mettere a tacere la questione, informa tutti che ha ritrovato il denaro che pensava rubato, nel portafoglio. Adriana non crede alla versione e si allontana sconvolta. Terenzio informa i presenti che già prima del supposto furto aveva preso la decisione di far ricoverare il fratello in un istituto, di concludere un affare per poi restituire il denaro al suocero.
La famiglia ha un appuntamento a casa del Marchese Giglio d’Auletta.
Qui  Mattia si avvicina a Pepita e conversa con lei per far dispetto ad Adriana: egli vorrebbe in qualche modo evitare di illudere ancora la ragazza, che non lo merita.
Dopo un po’ di tempo arriva, in ritardo, il pittore Bernaldez che ha l’incarico di eseguire il ritratto di Minerva, la cagnolina di Pepita.
Mattia entra in conflitto con il pittore, ritiene di essere stato offeso e lo vuole sfidare a duello. Va alla ricerca di due padrini  in un gruppo di ufficiali  ma viene preso in giro. Mattia si allontana sconvolto e disperato , con l’anima “frustata da quel dileggio , piena di una plumbea tetraggine angosciosa.” “Tutta la mia vita si spegneva, ammutoliva con quella notte.”
Mattia, camminando, si trova su  Ponte Margherita. Improvvisamente  trova una soluzione alla sua disperazione : decide di far credere di essersi suicidato , lasciando  sul ponte il suo berretto, il suo bastone ed un biglietto con il nome Adriano Meis. Tornerà a Miragno, si vendicherà di moglie e suocera che hanno fatto finta di riconoscerlo nel cadavere di uno sconosciuto e così si libererà per sempre  di quella menzogna che lo sta uccidendo lentamente da due anni, di quel “tristo, odioso fantoccio” che lui stesso ha creato con le sue mani.
Dopo aver lasciato biglietto, cappello, bastone Mattia si allontana furtivamente.


CAPITOLO XVII

Mattia si reca alla stazione e sale sul treno per Pisa, dove ha intenzione di fermarsi un paio di giorni prima di riprendere il treno per Miragno.
Mattia si sente sollevato “Finalmente libero! Non dover più mentire, non dover più temere di essere scoperto ! Come mi ero illuso che potesse vivere un tronco reciso dalle sue radici?” Mattia fa delle congetture su ciò che si potrà dire di Adriano Meis nel momento in cui si saprà del suicidio. Perché Adriano si è suicidato? Per via del duello imminente? Per un furto? A causa di una relazione sentimentale? “Domande, supposizioni, pensieri, sentimenti, tumultuavano in me, mentre il treno rombava nella notte e non mi davano tregua.” E’ soprattutto il pensiero di Adriana che angustia Mattia.
Il giorno dopo  compare sul giornale la notizia del suicidio di Adriano, che ha lo stesso risalto di un normale fatto di cronaca.  Mattia, tranquillizzato, può partire per Oneglia, dove ha intenzione di far visita al fratello Roberto.
Berto rimane stupefatto quando vede il fratello, lo abbraccia e lo informa che la moglie Romilda  si è sposata con Pomino; se Mattia torna a casa il secondo matrimonio verrà annullato per legge .
Mattia decide di partire per Miragno la sera stessa.


CAPITOLO XVIII

Mattia in treno è preso dall'ansia e dalla rabbia.
Arrivato a Miragno, si reca di corsa a casa di Pomino. Alla sua vista Pomino, la suocera e Romilda  sono  terrorizzati e lo guardano  come se vedessero  un fantasma.
Mattia scopre che Romilda ha avuto una bambina da Pomino.
Segue un’accesa discussione al termine della quale Mattia afferma che non intende ritornare a vivere con  la moglie : il matrimonio con Pomino non verrà quindi annullato.
Mattia se ne va.
Si stabilisce presso  la zia Scolastica e riprende il suo lavoro di bibliotecario.
A chi gli domanda come si chiami lui risponde: "IO SONO IL FU MATTIA PASCAL".
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Problema: Triangolo inscritto in una circonferenza

Considera il triangolo ABC inscritto in una circonferenza di raggio 12 cm. Il lato [AB] coincide con un diametro e il lato [AC] è lungo 14,4 cm. Determina la lunghezza del perimetro del triangolo e la sua area. Deve tornare [57,6 cm; area 432 cm]

Soluzione:
Per questo problema, l'angolo in C è 90° gradi perciò, essendo un triangolo rettangolo, il lato incognito sarà deducibile attraverso il teorema di pitagora BC = alla radice quadrata di (24 alla seconda - 14,4 alla seconda) = 19,2
perimetro 2p = 24+14,4 +19,2 = 57,6 (OK)
area A = (19,2 x 14,4) / 2 = 138,24 (DUBBIO)

A me l'area però mi risulta 138 e non 432.
La formula dell'area di un triangolo è base x altezza. Però sinceramente non mi risulta.
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Descrizione personaggi dei I Malavoglia

Può essere considerata protagonista l’intera famiglia dei Malavoglia, presentata direttamente dal narratore all'inizio del romanzo. Come per tutti gli altri personaggi non c’è presentazione fisica, quasi a significare che tutte le persone che vivono in queste pagine possono essere considerati dei tipi. Il narratore non si fa mai portavoce dei pensieri dei personaggi, ma li lascia parlare liberamente .La famiglia viene paragonata alle dita della mano: padron Ntoni era il “patriarca”, sapeva molti proverbi simbolo della saggezza popolare, Bastianazzo definito “ grande e grosso”, La Longa (Maruzza) era la buona massaia e poi seguivano i figli: ‘Ntoni che si ribellerà ai destino dei vinti, Luca più giudizioso, Mena che lavorava e tesseva sempre tanto da essere soprannominata “Sant’Agata”, Alessi che rappresenta la fiducia nel futuro ed infine la piccola Lia. Questi personaggi sono la personificazione tipologica della famiglia di pescatori sconvolta dalle disgrazie ma che cerca sempre di andare avanti a testa alta; il loro spessore psicologico è dato dalle loro stesse parole attraverso il discorso diretto libero.


Personaggi principali


Padron ‘Ntoni: è il capofamiglia, il più anziano. È un uomo caparbio che non rinuncia mai a fare il suo dovere. Amante del mare e quindi del suo mestiere di pescatore. Inizialmente il narratore non descrive in modo dettagliato il personaggio, dice solo che è un vecchi curvo, ma in seguito, quando si ammala, lo descrive con maggiore attenzione, come se attraverso la descrizione fisica emergesse anche il profilo psicologico e affettivo.
Padron ‘Ntoni non si oppone alla società del suo tempo, né la subisce, la rispetta, con tutte le sue credenze e tradizioni.
Il suo animo sereno nel primo capitolo va cambiando attraverso le disgrazie che dovrà affrontare. Negli ultimi capitoli troviamo un uomo stanco della vita, che, ormai giunto ad una età avanzata, non aspetta che la morte.

Bastianazzo: è il figlio di Padron ‘Ntoni, è un uomo di buon cuore e lavoratore. Muore ancora giovane in mare durante una tempesta.

Maruzza (la Longa): è la moglie di Bastianazzo. Si dà da fare per contribuire al bilancio familiare.
La sua serenità svanisce con la morte prematura del marito, e poi del figlio Luca. Il dolore per le numerose perdite la invecchia precocemente. La sua vita viene spezzata da una grave malattia: il colera.

‘Ntoni: è il figlio maggiore di Bastianazzo e Maruzza. È un ragazzo giudizioso, anche se a volte troppo impulsivo. Col passare degli anni, la sua voglia di lavorare diventa sempre minore, si ribella alla sua condizione di miseria e povertà, in un modo insolito: smette di lavorare e va a cercare guai all’osteria. Questa vita lo porterà a scontare cinque anni di galera. Dopo essere stato rilasciato, lascia il paese d’origine.

Mena: è una figlia giudiziosa e riservata. È soprannominata Sant’Agata per il suo assiduo lavoro al telaio. Dopo la morte della madre sa educare la sorella minore Lia e mandare avanti la casa.
Le disgrazie e i dispiaceri la invecchiano assai precocemente: a soli ventisei anni le sembra già di essere vecchia. È molto influenzata dalla società del suo tempo, infatti decide di non sposarsi con Alfio Mosca, di cui era innamorata, perché questo avrebbe riportato sulla bocca di tutti la triste sorte della sorella.

Luca: “un vero Malavoglia”, giudizioso e di buon cuore, come il padre, muore prematuramente in guerra.

Alessi: è un bravo ragazzo, si dà da fare per tirare su la famiglia dopo la morte del nonno, del padre, della madre e la “fuga” di ‘Ntoni . Riesce a riscattare la casa del Nespolo e ricostruisce la famiglia dei Malavoglia. Sposa una brava ragazza, Nunziata.

Lia: La più piccola della famiglia Malavoglia. Finisce sulle bocche di tutti dopo il processo del fratello, e per questo lascia Aci Trezza. Nessuno avrà più sue notizie. Solo Alfio Mosca sa la verità.


ALTRI PERSONAGGI

Il “secondo protagonista” del romanzo è l’intero paese, composto da personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità, tipi che parlano e si confondono tra loro creando un effetto corale che nei primi capitoli quasi disorienta il lettore. La Santuzza, l’ostessa che simboleggia l’inganno, don Michele, il brigadiere corrotto, don Silvestro, il segretario che gestisce come una marionetta il sindaco, Alfio Mosca, il carrettiere rassegnato al suo destino di lavoratore, Campana di Legno, un ricco e avaro signore sono alcuni tra i più importanti. Al contrario di ciò che si può pensare anche l’asino di Alfio Mosca ha un’importanza nell’economia del romanzo. Questo animale è il simbolo dei vinti, dei poveri che devono soltanto lavorare per guadagnare una miseria: “Carne d’asino - borbottava ‘Ntoni - ecco cosa siamo! Carne da lavoro!”.
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Descrizione: Mena dei I Malavoglia

Mena, diminutivo di Filomena, è una delle protagoniste del romanzo. E’ una ragazza giovane, nipote di padron ‘Ntoni e figlia di Bastianazzo e della Longa, che Verga ci descrive con queste parole: "La Mena entrava nei diciassett'anni, e cominciava a far voltare i giovanotti quando andava a messa". Fin dall'inizio del romanzo viene delineato il suo carattere pacifico “Ella era giudiziosa come sua madre” sottomesso alla volontà della famiglia: questa è la prima descrizione che di lei viene data: “Mena soprannominata «Sant’ Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio»”. Dopo la morte della madre, sarà lei a doversi occupare della casa e dell’educazione della sorella minore, Lia. Subisce molto l’influenza della società del suo tempo, tanto che alla fine non sposerà Alfio, pur avendone la possibilità, temendo che si torni a parlare della fuga della sorella Lia. In conclusione possiamo dire che il personaggio, nel corso delle vicende narrate da Verga, mantiene una certa staticità dovuta soprattutto ad un carattere troppo fragile ed alle condizioni in cui si trova la società in cui la protagonista viene collocata.

RAPPORTO CON GLI ALTRI PERSONAGGI
Rapporto con Alfio Mosca: l’amore tra Alfio e Mena, due tipici “vinti” verghiani, si tinge nel corso del romanzo di malinconia e di amarezza. Dapprima la ragazza si sacrifica alla religione della casa e rinuncia all'amore per Alfio, che è solo un povero carrettiere, per seguire la volontà del nonno che vorrebbe sposarla a Brasi Cipolla (figlio di padron Cipolla, il benestante del paese). Poi il matrimonio va a monte, ma intanto Alfio ha lasciato il paese e con molti sacrifici è riuscito a migliorare la propria condizione economica. Segno palese del mutamento, quando dopo otto anni ritorna, è il mulo grosso e lucente con cui ha sostituito l’asino. Il seguente passo, tratto dal capitolo finale del romanzo, sottolinea questo cambiamento: “Giacché tutti si maritavano, Alfio Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, che nessuno la voleva più, dacché la casa dei Malavoglia s’era sfasciata, e compar Alfio avrebbe potuto dirsi un bel partito per lei, col mulo che ci aveva; così la domenica ruminava fra di sé tutte le ragioni per farsi animo, mentre stava accanto a lei, seduto davanti alla casa, colle spalle al muro, a sminuzzare gli sterpolini della siepe per ingannare il tempo. Anche lei guardava la gente che passava, e così facevano festa la domenica: – Se voi mi volete ancora, comare Mena, – disse finalmente; – io per me son qua. La povera Mena non si fece neppur rossa, sentendo che compare Alfio aveva indovinato che ella lo voleva, quando stavano per darla a Brasi Cipolla, tanto le pareva che quel tempo fosse lontano, ed ella stessa non si sentiva più quella. – Ora sono vecchia, compare Alfio, – rispose, – e non mi marito più”.

Rapporto con la Maruzza detta la Longa: il rapporto tra questi due personaggi non è descritto in modo molto approfondito nel corso della narrazione, tuttavia un eventuale elemento di contrasto tra i due protagonisti può essere individuato in questo breve passo che ci descrive l’atteggiamento rispettivamente prima di Mena e poi della Longa di fronte al futuro matrimonio, poi fallito, della prima con Brasi Cipolla: “(Riferito a Mena) Ella sola, poveretta, non sembrava allegra come gli altri, e pareva che il cuore le parlasse e le facesse vedere ogni cosa in nero, mentre i campi erano tutti seminati di stelline d'oro e d'argento, e i ragazzi infilavano le ghirlande per l'Ascensione, ed ella stessa era salita sulla scala per aiutare sua madre ad appendere le ghirlande all'uscio e alle finestre. […] (Riferito alla Longa) La mamma invece, poveretta, si sentiva dentro tutta in festa, perché la sua ragazza andava in una casa dove non le sarebbe mancato nulla, e intanto ella era sempre in faccende a tagliare e cucire”.

Rapporto con Brasi Cipolla: il suo promesso sposo è Brasi di padron Cipolla “Il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano con gli occhi”. Mena non è contenta di questo matrimonio, ma non si oppone alla festa di fidanzamento. Dopo poco tempo le condizioni economiche dei Malavoglia entrano in crisi e padron ‘Ntoni è costretto a vendere la casa del Nespolo allo zio Crocifisso, con conseguente umiliazione ed emarginazione della propria famiglia. Il matrimonio allora va a monte, “Mena però era tranquilla, e s’era rimessa la spadina d’argento nelle trecce da se stessa, senza dir nulla. [...] Sua madre la covava cogli occhi, mentre lavorava accanto a lei, e l’accarezzava col tono della voce, quando le diceva: - Dammi la forbice, o, tiemmi la matassa - che se la sentiva nelle viscere, la sua figliuola, ora che tutti le voltavano le spalle; ma la ragazza cantava come uno stornello, perché aveva diciotto anni, e a quella età se il cielo è azzurro vi ride negli occhi, e gli uccelli vi cantano nel cuore. Per altro il cuore non ce lo aveva mai avuto per quel cristiano, lo disse all’orecchio della mamma, mentre ordinavano la trama”.

Rapporto con Lia: come già detto, dopo la morte della madre, Mena si ritrova a doversi occupare della casa e dell’educazione della sorella minore, Lia. Il problema tra le due sorelle tuttavia comincia a sorgere quando Lia, attratta da don Michele, il brigadiere, comincia ad ignorare gli ordini della sorella maggiore, opponendosi ad essa: “La povera Mena, mentre stava là sulla porta, ad aspettare il fratello che tornava a casa ubriaco, si sentiva così stanca ed avvilita che le cascavano le braccia quando voleva tirare in casa la sorella, perché passava don Michele, e Lia le rispondeva: - Hai paura che mi mangi? Già, nessuno ne vuole di noi altri, ora che non abbiamo più niente. Non lo vedi come è andato a finire mio fratello, che non lo vogliono nemmeno i cani!”. In altre parole, Mena condivide gli ideali di padron ‘Ntoni ed è una ragazza legata alla vita contadina ed onesta mentre Lia invece è una ragazza che vuol crescere in fretta, vestirsi da donna, passando dai fazzoletti (con cui le donne si coprono il capo) da bambina a quelli da ragazza. Quest’ultima non sembra particolarmente legata agli ideali di padron ‘Ntoni tanto che scapperà in città finendo con diventare una prostituta, con lo scopo di voler migliorare la propria condizione, in maniera sbagliata e potremmo dire anche con un po’ di smania.

Rapporto con ‘Ntoni: nemmeno il rapporto tra Mena e ‘Ntoni può essere considerato uno dei migliori, infatti, verso la fine del romanzo possiamo assistere ad una discussione cruda, ma allo stesso tempo fragile che mette in luce le mentalità dei due personaggi: “- Non ti rammenti che tua madre ti ha raccomandato la Mena? gli diceva padron 'Ntoni. - Che aiuto posso darci alla Mena se resto qui? ditelo voi! Mena lo guardò cogli occhi timidi, ma dove ci si vedeva il cuore, tale e quale come sua madre, e non osava proferir parola. Ma una volta, stringendosi allo stipite dell'uscio, si fece coraggio per dirgli: - A me non me ne importa dell'aiuto, purché tu non ci lasci soli. Ora che non c'è più la mamma mi sento come un pesce fuori dell'acqua, e non m'importa più di niente. Ma mi dispiace per quell'orfanella che resta senza nessuno al mondo, se tu vai, come la Nunziata quando l'è partito il padre. - No! diceva 'Ntoni, no! Io non posso aiutarti se non ho nulla. […] La Mena, poiché 'Ntoni voleva andarsene a ogni costo, gli metteva in ordine tutta la roba, come avrebbe fatto la mamma, e pensava che laggiù, in paese forestiero, suo fratello non avrebbe avuto più nessuno che pensasse a lui, come compare Alfio Mosca. E mentre gli cuciva le camicie, e gli rattoppava i panni, la testa correva lontano lontano, a tante cose passate, che il cuore ne era tutto gonfio”.
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Inserire una favicon in un blog Wordpress

Una personalizzazione molto trascurata da chi possiede un blog è quella di inserire una favicon. Per chi non lo sapesse si tratta di una icona di dimensioni 16x16 o 32x32 pixel che appare posizionata in alto nella schede del browser per qualsiasi pagina del blog aperta. E' importante perché stabilisce l'identità del vostro sito web e ne migliora anche l'usabilità e l'esperienza lato utente. Solitamente si inserisco le iniziali del titolo del blog o un marchio, io per il blog Scuolissima ho scelto ad esempio la lettera iniziale S.

La maggior parte degli utenti di solito possiede molte schede aperte nella finestra del browser. In questo modo non riuscirà nemmeno a vedere il titolo del vostro sito per intero. La favicon, invece, aiuta l'utente a identificare il vostro sito e a passare da una scheda ad un'altra più velocemente. Questa immagine vi aiuterà a capire meglio:


Come creare una Favicon

Per creare una favicon dovete utilizzare un programma di fotoritocco che può essere Photoshop, Gimp o favicon.cc o toolset favicon (gli ultimi due utilizzabili online); dovete iniziare da un immagine quadrata. Le dimensioni ideali sono 32×32 pixel o 16×16 pixel. Aprite Photoshop o un altro editor di immagini e iniziare a creare un'immagine quadrata di 128 × 128 pixel in modo da poter lavorare facilmente sull'immagine. Dopo aver creato l'immagine sarà possibile ridimensionarla a 32×32 pixel e salvarla come un file PNG. Anche se la maggior parte dei browser moderni visualizzano una favicon in formato PNG, le vecchie versioni di Internet Explorer non lo faranno. Per assicurarvi che la vostra favicon venga visualizzata nella maggior parte dei browser e dei dispositivi vi consiglio di convertirla nelle dimensioni 16×16 pixel usando il formato ICO. Per convertire un file PNG in. ICO potete usare il generatore di favicon di Dynamic Drive's.

Adesso dovete caricare la vostra favicon nella root principale del vostro sito web tramite FTP (per esempio Filezilla). Poi dovete andare su Aspetto > Editor > Header.php, controllate che non sia già presente un codice simile a quello sottostante che richiama la favicon, se è presente dovete soltanto modificare l'url se invece non è presente potete incollarlo in maniera opportuna:
<link rel="icon" href="URL_FAVICON" type="image/x-icon" />
<link rel="shortcut icon" href="URL_FAVICON" type="image/x-icon" />
Se il vostro tema non dispone di un file header.php e non riuscite a trovarlo, non preoccupatevi perché è presente un codice per lo stesso scopo da copiare ed incollare su functions.php
function ri_wp_favicon() { ?>
    <link rel="shortcut icon" type="image/x-icon" href="URL FAVICON" />
<?php }
add_action('wp_head', 'ri_wp_favicon');
Anche in questo dovete modificare l'url. Per chiarezza l'url della favicon incollato nella root principale dovrà essere di questo tipo:
http://www.nome-sito.it/favicon.ico 

Plugin per la favicon

Se trovate difficoltà ad eseguire tutti questi passaggi potete optare per la scorciatoia, ovvero istallare il plugin All in One Favicon. Per istallarlo bisogna andare nel pannello amministrativo di Wordpress, poi su plugin, carica plugin e attivarlo. Una volta attivato bisognerà inserire il formato della nostra immagine (jpeg, png, gif).
Dopo aver caricato la favicon correttamente aggiornate il vostro blog e se tutto è andato bene l'icona apparirà immediatamente sostituendo così quella standard che c'era precedentemente.
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Trovare base e altezza del parallelogrammo

In un parallelogrammo la base è 3/2 dell'altezza
e l'area è di 96 cm quadrati.
calcola la misura della base e dell'altezza del parallelogrammo.
(RICORDA il parallelogrammo è equivalente a un rettangolo avente
le stesse dimensioni)
sul mio libro di seconda media c'è disegnato un parallelogrammo
con sopra un rettangolo diviso in sei parti. TI PREGO RISPONDI AD
UN POVERO ALUNNO DI SECONDA MEDIA (per stasera)

area = base per altezza

base = 3x
altezza 2x

area = 3x * 2x = 6x^2

x^2 = 96 / 6 = 16

x = √¯ 16 = 4

4 * 3 = 12 cm --- BASE

4 * 2 = 8 cm --- ALTEZZA
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Come inserire un logo su Wordpress

Una volta creato un blog su Wordpress, bisogna personalizzarlo, una modifica importante è quella del logo. Solitamente non è presente un logo già di suo ma vi è una scritta che rappresenta il titolo del blog, poi vi è la descrizione, e poi l'immagine della testata che non è un vero e proprio logo ma che può comunque essere utilizzata per questa funzione.

Nei temi migliori di Wordpress basta andare su Aspetto e trovare un pulsante per caricare l'immagine per il logo che andrà automaticamente a posizionarsi nella posizione assegnata ma molti altri temi di livello minore manca una sezione per il logo ed occorre agire manualmente nel modello del tema.

Come sostituire il titolo del blog con un logo

Prendiamo il caso di uno dei temi standard Twenty Eleven
Da aspetto->editor, selezionate il file header.php (la Testata), quindi cercate il seguente codice:
<h1 id="site-title"><span><a href="<?php echo esc_url( home_url( '/' ) ); ?>" title="<?php echo esc_attr( get_bloginfo( 'name', 'display' ) ); ?>" rel="home"><?php bloginfo( 'name' ); ?></a></span></h1>

Bisogna sostituirlo con questo:
<h1 id="site-title"><span><a href="<?php echo esc_url( home_url( '/' ) ); ?>" title="<?php echo esc_attr( get_bloginfo( 'name', 'display' ) ); ?>" rel="home"><img src="http://indirizzo-immagine" height="100" width="300" /></a></span></h1>


Come cercarlo se si ha un tema diverso

Questa pratica va bene per il tema Twenty Eleven ma non per gli altri temi, anche se comunque il procedimento è sempre lo stesso ma cambia il codice infatti il codice <?php bloginfo( 'name' ); ?> rappresenta il titolo del blog in versione testuale presente in tutti i modelli, il secondo non fa altro che sostituire il testo con un'immagine che dovrete adattare in altezza e larghezza in base lo spazio a disposizione.
Negli altri temi all'interno del file header.php non troverete la parola sitle-title ma potete trovare blog-name o site-namePer scoprire il nome esatto dovete cliccare col pulsante destro del mouse sul titolo del blog e poi selezionare ispeziona elemento, una volta trovata la parola bisogna cercarla nel file header.php.


Come spostare a sinistra, a destra o centrare un logo

Una volta identificato il nome facendo ispeziona elemento, bisogna cercare tale nome nel foglio CSS, e si deve andare su Aspetto->Foglio di Stile Stile.css
Tale parola sarà preceduta da un punto, ad esempio nel tema Twenty Eleven sarà .Site-title, essa sarà seguita da delle parentesi graffe che ne contengono il codice css, cancellate il codice interno e sostituitelo nel seguente modo:
.site-title {margin-left: -50px;} //per spostarlo più a sinistra 
.site-title {margin-left: 50px;} //per spostarlo più a destra

Aumentate o diminuite il valore di esempio "50" per posizionarlo come volete ma soprattutto come si vede al meglio.

Anche voi avete avuto il problema del logo? Sembra facile ma è un grosso problema sostituirlo, motivo per cui molti scelgono temi dove si ha la possibilità di inserirlo semplicemente caricando un immagine.
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Punto Medio di un Segmento

Si definisce punto medio di un segmento quel punto che divide il segmento dato in due segmenti congruenti. Ad esempio disegniamo due segmenti che chiameremo AB e AC.

Il segmento AC è il doppio di AB che di BC. Dato che B divide la metà del segmento questo prende il nome di punto medio del segmento. AC.
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Multipli e Sottomultipli di un Segmento

Se disegniamo una striscia colorata e ne indichiamo il segmento AB osserviamo che gli estremi della striscia coincidono. Se tale striscia la riportiamo più volte otteniamo altri segmenti come in figura:


I segmenti CD, EF, GH si chiamano multipli di AB, cioè:
CD = 2AB
EF = 3AB
GH = 4AB

Il segmento AB si chiama sottomultiplo di CD, EF, GH, cioè:

AB = ½ CD
AB = 1/3 EF
AB = ¼ GH
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Addizione e Sottrazione di Segmenti

Pur non essendo numeri bensì delle rette, con i segmenti si possono eseguire le operazioni di addizione e sottrazione. Prediamo il caso AB e BC, possiamo dire che AC è la somma di AB e BC.



Dunque la somma di due segmenti adiacenti è il segmento che ha per estremi gli estremi non comuni dei due segmenti considerati.

Se invece i segmenti non sono tutti su un'unica retta e quindi non sono adiacenti, dobbiamo riportarli sulla stessa retta e dobbiamo far coincidere un estremo come in figura.
Nel nostro caso l’addizione sarà di questo tipo:
AD = AB + CD

Dunque la somma di due segmenti non adiacenti è ogni segmento che ha per estremi gli estremi non comuni di due segmenti adiacenti congruenti a quelli dati.
Nei segmenti anche applicando la proprietà commutativa (cambiandoli di posizione) e associativa (sommandoli singolarmente) il risultato non cambia.


Adesso invece osserviamo come fare la sottrazione di segmenti. Sottraiamo dal segmento AB il segmento CD. Per fare ciò sovrapponiamo il segmento D al segmento AB, facendo coincidere gli estremi A e C.

Nel nostro caso la sottrazione sarà di questo tipo:
DB = AB – CD

Dunque la differenza di due segmenti è un terzo segmento che addizionato al minore dà come somma il segmento maggiore.
Se due segmenti sono congruenti, la loro differenza è il segmento nullo, cioè il segmento i cui estremi coincidono.
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Segmenti Consecutivi e Adiacenti

Consideriamo i segmenti AB e BC che hanno solamente l’estremo B in comune. Questi due segmenti si dicono consecutivi.
Dunque due segmenti si dicono consecutivi quando hanno solamente un estremo in comune.

Più segmenti consecutivi costituiscono una spezzata.


Vi sono vari tipi di spezzata: aperta semplice, chiusa semplice, aperta intrecciata, chiusa intrecciata.


Disegniamo ora due segmenti AB e BC che appartengono alla stessa retta.


Questi due segmenti si dicono adiacenti.
Dunque due segmenti si dicono adiacenti quando hanno un estremo in comune e appartengono alla stessa retta.

Raffiguriamo ora due punti A e B e congiungiamoli con il segmento AB. Il segmento AB si dice distanza fra A e B.
Dunque la distanza fra due punti è il segmento che ha per estremi i punti considerati.
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