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Opere più significative di Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo, nato a Siracusa nel 1896 e morto a Napoli nel 1968, ha avuto una consistente esperienza di produzione poetica ermetica, tanto da diventare un autorevole punto di riferimento per la cosiddetta seconda generazione dei poeti ermetici. Le sue prime raccolte di poesie, Acque e terre ed Oboe sommerso seguono infatti i moduli dell'ermetismo (frequenti analogie, rarefazione del lessico, sintassi ellittica, versi pausati).
Ma dopo la raccolta del 1942 Ed è subito sera, si colloca pure nel solco dell'ermetismo, la meditazione di Quasimodo sul dolore dell'uomo si arricchisce, in conseguenza della tragedia della seconda guerra mondiale, di nuovi motivi: Giorno dopo giorno (1947) segna l'evoluzione del suo linguaggio poetico in direzione di un verso più discorsivo e di una sintassi più piana, nonché la storicizzazione del dolore che viene rapportato alla tragedia della guerra. Si compie così il superamento dell'ermetismo. Sempre a questa stagione post ermetica appartengono le ultime raccolte: La vita non è un sogno, La terra impareggiabile, Dare e avere. Da ricordare infine le pregevoli traduzioni dei Lirici greci. A suggello della sua opera, Salvatore Quasimodo è stato insignito nel 1959 del premio Nobel per la letteratura.

Si può parlare di un mito della Sicilia nelle prime raccolte poetiche di Quasimodo perché in Acque e terre ed Oboe sommerso, esprime, secondo i modi dell'ermetismo, i ricordi dell'infanzia e della terra siciliana, entrambe ripensate nostalgicamente come un'età dell'innocenza, un sogno di purezza per sempre perduta. Quasimodo si sente come sradicato: proprio per questo ripensa la sua Sicilia in una dimensione nello stesso tempo dolorosa e mitica.

L'esperienza della guerra e della Resistenza ha portato Quasimodo ad arricchire la meditazione sul dolore umano; nelle poesie di Giorno dopo giorno è evidente la partecipazione al dramma dell'umanità offesa e colpita nei suoi più elementari valori civili. Il dolore viene storicizzato, in quanto messo in diretto rapporto con la tragedia della guerra. Cambia pure il linguaggio poetico che, si distende in una dimensione discorsiva, acquisendo ampiezza narrativa, adatta a comunicare un messaggio di denuncia e di lotta.

Tra i componimenti più significativi della raccolta Giorno dopo giorno meritano una citazione particolare Alle fronde dei salici, una poesia ispirata dalla situazione italiana durante la seconda guerra mondiale: lo strazio, la sofferenza, l'offesa arrecata alla dignità umana rivivono in espressioni cariche di significato, come il piede straniero sul cuore, l'urlo nero della madre, il figlio crocifisso sul palo del telegrafo, espressione quest'ultima che trasferisce su un dato di vita moderna, il palo del telegrafo, l'antico supplizio. Di fronte ai tragici eventi della guerra, ai lutti e alle rovine, un poeta non può far altro che appendere alle fronde dei salici la propria cetra.
Ma anche nella poesia Uomo del mio tempo c'è la denuncia severa della guerra: l'ultimo conflitto mondiale ha determinato in Quasimodo un nuovo impegno etico e civile contro le barbarie ancora presenti tra gli uomini del ventesimo secolo. L'uomo moderno è erede di Caino, è violento e animato dall'odio, sempre capace di uccidere, se mai con l'ausilio della scienza esatta. Non resta altra salvezza alle giovani generazioni che dimenticare i padri e la loro violenza, lasciare che le loro tombe affondino nella cenere degli incendi da loto scatenati nel mondo, nella speranza che il mondo nuovo che deve sorgere sia davvero un mondo di pace.
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Quasimodo: Giorno dopo giorno

di Salvatore Quasimodo
Commento:

Pubblicato nel 1947, con una prefazione di Carlo Bo, il libro di versi Giorno dopo giorno costituì un momento significativo di un nuovo corso dell’attività poetica di Quasimodo che ebbe inizio negli anni del Secondo conflitto mondiale.
La guerra, scrisse l’autore nel Discorso sulla poesia del 1953, richiama con violenza un ordine inedito nel pensiero dell’uomo, un possesso maggiore della verità: le occasioni del reale incidono nella sua storia. La nuova generazione, dal 1945, reagendo alle poetiche esistenti, ha iniziato una condizione letteraria che non potrà che suscitare meraviglia in quanti si interessano della sorte della cultura italiana. La ricerca d’un nuovo linguaggio coincide, questa volta, con una ricerca impetuosa dell’uomo: in sostanza, la ricostruzione dell’uomo fondato dalla guerra.
Queste mutate occasioni del reale alle quali Quasimodo si richiamò nel Discorso suggerirono i nuovi temi e le nuove immagini di giorno dopo giorno (i colpi di moschetto delle ronde / per le vie deserte, le tombe delle lacrime, il fumo degli incendi, la sirena che ulula); oppure la questione meridionale in Lamento per il Sud.
Ai nuovi temi tratti dalla vita e dalla storia contemporanea, si accorda una mutata forma espressiva. Il linguaggio lirico tende, in Giorno dopo giorno, a schiarirsi: pur senza rinunciare alle immagini e ai simboli dell’Ermetismo, esso acquista una sintassi più piana e comprensibile.
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Salvatore Quasimodo: Oboe Sommerso

Commento:
Nella sua prima raccolta, Acque e terre, pubblicata nel 1930, Quasimodo si era abbandonato al ricordo nostalgico del passato, della famiglia e della terra d’origine con un linguaggio vicino a quello di Ungaretti. Più matura e originale risulta questa seconda raccolta, Oboe sommerso, pubblicata nel 1932 e considerata la prima, coerente manifestazione del nostro Ermetismo letterario. I contenuti prevalenti sono l’esilio dalla mitica e sognata terra d’origine, la solitudine, il sentirsi straniero nel mondo, la prefigurazione della morte. Emerge anche, nelle liriche del libro, il tema dell’intensa ricerca di una verità metafisica, pur se non in modo così significativo come in altri ermetici, quale per esempio Luzi.
Il linguaggio delle liriche di Oboe sommerso risulta molto allusivo e simbolico; la grammatica stessa viene forzata, come a rendere il senso di una dissociazione interiore di cui il poeta soffre. Coerentemente con il titolo, sono frequenti nei componimenti del libro le analogie con la musica, fin dalla prima lirica, intitolata a un strumento musicale, l’oboe, appunto.
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Salvatore Quasimodo Riassunto Breve

Riassunto:

Quasimodo nacque nel 1901 in Sicilia, a Modica (Ragusa), da padre ferroviere. Frequentò l’Istituto per geometri a Messina, dove conobbe personalità di spicco quali Elio Vittorini, Giorgio La Pira e Salvatore Pugliatti: con loro fondò, a soli sedici anni, una rivista letteraria (Nuovo Giornale Letterario). Dopo il diploma, si trasferì a Roma, per studiare ingegneria al Politecnico, senza però riuscire a laurearsi. Le precarie condizioni economiche lo spinsero a praticare diversi lavori tecnici.
Sul piano letterario, Quasimodo è un autodidatta, appassionato lettore di poesia, a partire dai lirici greci. La sorella Rosa sposò Elio Vittorini e così nel 1929 Quasimodo soggiornò a Firenze, dove poté avvicinarsi agli scrittori (fra i quali Eugenio Montale) del gruppo di Solaria. Su questa rivista pubblicò, nel 1930, la sua prima raccolta di versi, Acque e terre.
Nel 1932, mentre lavorava al Genio civile di Imperia, pubblicò il suo secondo libro di poesie, Oboe Sommerso. Trasferitosi a Milano nel 1935, cominciò a collaborare con il settimanale Il Tempio. Alle prime due raccolte si aggiunsero nel 1936 Erato e Apollion e le traduzioni dei Lirici greci del 1940. La buona fama ottenuta, grazie a queste opere, sia pure con qualche polemica, dovuta all’oscurità dello stile, contribuì a farlo nominare per chiara fama professore di letteratura italiana presso il Conservatorio di Milano.
Nel 1942 uscì il nuovo libro di versi Ed è subito sera, seguito, dopo la fine della guerra, da Giorno dopo giorno (1947). Quasimodo si avvicinò intanto alla politica, come militante nelle file del Partito comunista italiano. Le sue riflessioni sul ruolo sociale dell’intellettuale vennero raccolte nel volume Il poeta e il politico e altri saggi (1960).
All’instancabile attività di poeta (l’ultima raccolta di versi, Dare e avere, uscirà nel 1966) Quasimodo alternò quella di saggista e di traduttore; tradusse tra l’altro le Georgiche di Virgilio e opere di Shakespeare. Nel 1959 gli venne assegnato il premio Nobel per la letteratura (quarto italiano dopo Carducci nel 1906, 1934). Il riconoscimento fu fonte di molte discussioni, perché numerosi critici lo contestarono, giudicando Quasimodo inferiore a personalità del calibro di Montale o Luzi. Morì nel 1968.
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Riassunto vita: Salvatore Quasimodo

Riassunto:
Salvatore Quasimodo (Modica, Ragusa 1901-Napoli 1968) trascorre l'infanzia e l'adolescenza in diverse città della Sicilia in cui viene trasferito per servizio il padre, capostazione delle ferrovie.
Si iscrive alla facoltà di ingegneria a Roma ma interrompe gli studi e lavora come tecnico in varie regioni italiane. A Firenze viene introdotto dal cognato Elio Vittorini negli ambienti letterari, pubblica la prima raccolta di poesie Acque e terre e viene riconosciuto come uno dei maggiori rappresentati dell'Ermetismo.
Trasferitosi a Milano si dedica a un'intensa attività di traduttore, raggiungendo mirabili risultati nella raccolta Lirici greci (1940). Nell'immediato dopoguerra pubblica una raccolta ispirata alla Resistenza, Con il piede straniero sopra il cuore (1946) a cui seguono altre di forte impegno civile. Nel 1959 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura.
Oltre a quelle già citate, vanno ricordate le raccolte Oboe sommerso (1932), Erato e Apollion (1936), Ed è subito sera (1942), la sua raccolta più importante, Giorno dopo giorno (1947), La vita non è sogno (1949), Il falso e vero verde (1956), La terra impareggiabile (1958).

Quasimodo e l'uomo del suo tempo
Accanto alla rievocazione del mondo mediterraneo, della sua infanzia ormai irraggiungibile per il poeta che si è distaccato dalla terra natale, la poesia di Quasimodo rispecchia molta parte delle inquietudini, dei drammi, delle contraddizioni dell'uomo moderno.
Da versi brevi e intensi, ricchi di analogie e di metafore e impreziositi dai simboli del periodo ermetico, Quasimodo passa a una poesia più comunicativa e discorsiva, più adatta all'impegno civile di "rifare l'uomo" assunto durante la guerra.


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Biografia: Salvatore Quasimodo

Biografia:
Nacque a Modica (Ragusa) nel 1901 e trascorse la sua infanzia in vari paesi della Sicilia dove via via s’era trasferito il padre che faceva il capostazione. Dal 1919 al 1926 visse a Roma per frequentare il Politecnico e laurearsi in ingegnerie, ma le ristrettezze economiche egli interessi per le lingue latina e greca lo dissuasero presto da quel tipo di studi. Nel 1926 si impiegò presso il Genio Civile di Reggio Calabria e nel 1929, trasferito a Firenze, fu introdotto da suo cognato Elio Vittorini, nell'ambiente letterario della rivista Solaria dove conobbe Montale, La Pira, Loria… e cominciò le sue pubblicazioni poetiche. Nel 1930 pubblicò la sua prima raccolta di versi Acque e Terre e nel ’32, trasferito a Genova, pubblicò Oboe Sommerso. Nel ’34 il poeta era a Milano, accolto nell'ambiente culturale milanese, e lasciato l’impiego al Genio civile si dedicò completamente alla poesia. Nel 1940 pubblicò la sua mirabile traduzione dei Lirici Greci ottenendo tali consensi che nel 1941 per chiara fama fu chiamato a insegnare letteratura italiana al Conservatorio. Intanto, scoppiata la seconda guerra mondiale, il poeta ne fu profondamente sconvolto e maturò l’idea che la poesia dovesse uscire dalla sfera aristocratica del privato per interessarsi alle problematiche sociali e civili, intenta a rifare l’uomo abbrutito dagli orrori della guerra. Questo impegno si riscontra in tutte le successive raccolte poetiche di Quasimodo: Giorno dopo giorno (1947), La vita non è sogno (1949), La terra impareggiabile (1958). Nel 1959 gli fu attribuito il premio Nobel per la letteratura. Morì a Napoli nel 1968.

Le idee e la poetica
L’esperienza poetica di Quasimodo si può suddividere in tre tappe essenziali.

La prima è rappresentata dalle poesie improntate ai modelli più illustri del tempo, dal Pascoli ai simbolisti, dal D’Annunzio ai crepuscolari.
Temi salienti:
- l’amore per la terra siciliana
- la malinconia
- il ricordo dell’infanzia
Sono sentimenti che il poeta lascia sgorgare dall'animo con sincera effusione, ma con linguaggio sobrio.

La seconda ha come esperienza essenziale l’ermetismo; nelle liriche di questo periodo prevale la scelta formale (lo studio della parola porta ad una poesia pura e intensa). Siamo negli anni dell’appassionato studio dei lirici greci e l’esercizio sulle lingue classiche permette a Quasimodo di conciliare le esigenze della nuova poetica con il costante impegno di chiarezza.

La terza tappa si può considerare quella che scaturisce dalla dolorosa esperienza della guerra. In quello sconquasso la poesia non può rimanere nel suo idillico isolamento, ma deve farsi interprete dell’uomo, acquistare concretezza e coscienza. Quasimodo si impegna in una poesia nuova che manifesta l’aberrazione per la guerra e l’ansia di rifare l’uomo, ridandogli le sue illusioni e la fiducia nel futuro.
Purtroppo, in questa ultima fase, la poesia di Quasimodo, nell'impegno di diventare incisiva, decade spesso in una certa magniloquenza declamatoria.
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Salvatore Quasimodo: Uomo del mio tempo

Testo: Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda.

Parafrasi: Uomo del mio tempo
Uomo moderno, non sei molto diverso dall'uomo passato.

Analisi del testo: Uomo del mio tempo
Salvatore Quasimodo lancia un appello perché un futuro di pace, di umana fratellanza possa prospettarsi 

Commento: Uomo del mio tempo
Secoli e millenni di civiltà e di progresso.

Figure retoriche: Uomo del mio tempo
con le ali maligne: metafora;
le meridiane di morte: metafora;
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Figure retoriche: Uomo del mio tempo, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Figure retoriche:


La poesia si riferisce a un uomo generico, a una qualsiasi persona "Del suo tempo" appunto...
la poesia si può dividere in due parti principali, l'accusa e la sollecitazione che Quasimodo rivolge all' UOMO. gli dice di essere ancora l'uomo preistorico della pietra e della fionda, l'uomo che portava il male e la morte a bordo degli aerei di guerra, l'uomo che giustiziava i colpevoli alle forche, tordurandoli davanti alla gente. Altra accusa che rivolge è quella di non saper usare la sua intelligenza e la scienza se non per provocare distruzione e sofferenza.
"hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali" cioè con il loro stesso istinto. Poi viene riportata l'immagine biblica di Caino e Abele, per dimostrare a questo generico uomo che la sua cattiveria va oltre alla semplice guerra, e arriva a usare come vittima il sangue del suo sangue.
Ora comincia la sollecitazione a coloro che verrano, ai figli della persona a cui si è rivolto fin'ora e dice loro di DIMENTICARE il padre, cioè le loro origini con "gli uccelli neri" simbolo di morte e "il vento" che spazza tutto via. E qui apro una piccola parentesi facendo il confronto con "ricordate che questo è stato" di Primo Levi. Uno che vuol far dimenticare, l'altro che vuole che il dolore sia ricordato da tutti perchè la sofferenza non abbia mai fine.

  • con le ali maligne: metafora;
  • le meridiane di morte: metafora;
  • dentro il carro di fuoco: metafora;
  • senza Cristo: metafora;
  • E questo sangue odora come il giorno quando il fratello disse all'altro fratello: andiamo ai campi: analogia;
  • nuvole di sangue: metafora;
  • gli uccelli neri, il vento, coprono i loro cuori: metafora
  • eco fredda: sinestesia.


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Commento: Uomo del mio tempo, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Commento:


Secoli e millenni di civiltà e di progresso non sono riusciti a mutare l'uomo e i suoi brutali; egli è ancora simile all'uomo delle caverne: la stessa violenza insana e omicida guida le sue azioni; ha solo inventato più efficaci e rapidi strumenti di rovina e di morte. Il poeta, con un linguaggio accalorato e vibrante di immagini crude e realistiche, condanna duramente chi persiste ancora nella follia che ha disseminato la storia del mondo di guerra e di stragi; ma l'accalorato invito ai giovani a dimenticare gli errori dei loro padri per costruire un mondo nuovo su basi d'amore, è indice della sua fede nel futuro e in uomini migliori.
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Analisi: Uomo del mio tempo, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Analisi del testo:


Salvatore Quasimodo lancia un appello perché un futuro di pace, di umana fratellanza possa prospettarsi alle giovani generazioni. L’uomo di oggi - egli dice - nella sua antica abitudine all’odio e alla violenza, è ancora quello dell’epoca delle pietra, e della fionda. Anzi, gli strumenti di morte di cui oggi si avvale, grazie ai progressi della scienza e della tecnica, sono molto più efficaci. L’uomo di oggi uccide ancora, come sempre; il suo cuore è rimasto duro e feroce come quello di Caino quando uccise il fratello Abele. Ma se i figli, cioè i giovani di oggi, riusciranno a dimenticare il sangue fatto scorrere dai loro padri, a cancellare l’odio verso i loro fratelli lasciato loro in eredità, rinasceranno tempi nuovi, di serenità e di pace. L’uomo a cui si rivolge il poeta nel titolo della poesia, è un uomo delle generazioni passate, che hanno portato morte, distruzione e barbarie; infatti, il poeta che compone questa poesia ha sotto gli occhi gli orrori della seconda guerra mondiale, che hanno sconvolto il suo animo. Nella poesia, l’argomento principale (e di cui vuole renderci partecipi il poeta) è quello di superare l’odio, le barbarie e la distruzione dell’uomo del passato e creare un futuro di pace e fratellanza. Il testo poetico è stato scritto dopo la fine Seconda guerra mondiale, infatti il poeta fa riferimento alle terribili armi che sono state utilizzate in questo conflitto e alla scienza che è stata piegata allo sterminio. La lirica è facilmente divisibile in due parti: la prima dal verso uno al verso tredici, mentre la seconda da questo punto alla fine. Nella prima parte il poeta rivolge la poesia a tutti gli uomini del passato, partendo da Caino, il primo uomo ad uccidere, ed arrivando fino alla Seconda grande guerra. I tempi qui utilizzati sono il presente indicativo, l’imperfetto indicativo, il passato prossimo e il passato remoto. Nella seconda parte, invece, la poesia è scritta per noi uomini di oggi. Il poeta esorta vivamente noi giovani a dimenticare i nostri padri e riesce a fare ciò attraverso l’uso dell’imperativo presente. Anche gli scienziati, secondo il poeta, sono degli uomini da dimenticare nei loro sepolcri, il quanto hanno piegato la scienza, creandone una loro, attua allo sterminio. La poesia si rivolge a tutti gli uomini del nostro tempo, chiedendoci di dimenticare gli scempi, per creare una società migliore, serena e pacifica. Nelle strofe quattro e cinque abbiamo la ripetizione delle parole: t’ho visto, questo serve per dare più forza alla sua affermazione. Anche nei versi sette e otto viene ripetuto il verbo: uccidere; l’effetto che ne riceviamo è quello della gravità e della frequenza con cui l’uomo ha portato morte sulla faccia della terra.nella poesia ci sono diverse metafore che hanno i seguenti significati.
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Parafrasi: Uomo del mio tempo, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Parafrasi:

Uomo moderno, non sei molto diverso dall'uomo passato, quello rozzo che cacciava con la fionda e con le pietre. Ti ho visto, eri nella cabina di pilotaggio, con le ali cariche di bombe, nel carro armato, al patibolo e alle ruote di tortura. Si eri tu, con il tuo credo perfetto, usato solo per distruggere, senza orgoglio e senza religione. Tu hai ucciso ancora una volta, come fecero i nostri predecessori e gli animali. Le stragi di oggi hanno la stessa brutalità del sangue del tradimento di Caino e Abele, quando l'uno uccise l'altro nei campi. E quelle parole ingannatrici, "Andiamo nei campi", giunge fino a te, fino alla quotidianità della tua giornata. Dimenticate o giovani del nostro tempo, le battaglie, le guerre combattute dai nostri padri. Le loro tombe ormai sono abbandonate e disperse nella cenere dell'oblio (i vostri padri sono ormai cenere; anche le loro tombe scompaiono a poco a poco), e gli uccelli neri ed il vento oscurano il loro cuore di rammarico e dolore.
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Testo: Uomo del Mio Tempo, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Testo poesia:

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

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Salvatore Quasimodo: Alla notte



Testo
Dalla tua matrice
io salgo immemore
e piango

Camminando angeli, muti
Con me; non hanno respiro le cose;
in pietra mutata ogni voce,
silenzio di cieli sepolti

Il primo tuo uomo
non sa, ma dolora.


Parafrasi
Anno: 1932
Temi: la contemplazione dell'infinito silenzio della notte - le mute presenze della mente - l'evocazione del dolore universale
Leggiamo un'importante poesia di Oboe sommerso, dedicata a un dialogo con la notte. Si tratta di un tema lirico tradizionale nella nostra letteratura (si ricordano i notturni lunari di Leopardi), ma Quasimodo lo reinterpreta in chiave del tutto nuova, bruciando ogni riferimento paesaggistico e preferendo un'evocazione scarnificata, dolente, abitata da presenze nude e inquietanti. Alla fine, il pianto del poeta risuona nel creato come un'eco protatta, che unifoca ogni altra esistenza, gli angeli del v.4, le cose del v.5, ogni voce del v.6: tutte presenze appena evocate e subito diridatate, nell'assenza di un qualunque discorso o ragionamento poetico.


SCHEMA METRICO: versi liberi

Analisi del testo
La prima strofa delinea un rapporto tra il poeta e la notte (quest'ultima viene nominata solo nel titolo). Il poeta afferma tre cose:
- di provenire (dalla tua matrice / io salgo) dalla notte stessa;
- di non avere memoria di altro (immemore);
- di soffrire (e piango).

La seconda strofa, la più sviluppata, mette in scena una serie di elementi che arricchiscono il quadro:
- il poeta afferma di essere accompagnato, nel suo percorso, da strani messaggeri (angeli) che però appaiono muti;
- ritrae un paesaggio inanimato, desertico, abitato da cose senza respiro, da voci mutatesi in pietra, da cieli sepolti e silenziosi.

La terza strofa, brevissima, cita il primo uomo della notte, forse il primo abitatore dell'universo. DI lui si dice che è inconsapevole (non sa) ma che, in ogni caso, soffre (dolora).

Il significato del testo + commento
Il tema della lirica è il Weltshmertz (il soffrire universale) già cantato dai romantici: ma ormai, nella poesia novecentesca, questo motivo si è liberato da ogni residuo di patetismo, di commozione. Il breve componimento di Quasimodo sembra calarsi nel magma, nell'antipasto primordiale della notte originaria. Dalla matrice di questa notte sale, cioè proviene e parla, il poeta. La poesia prende dunque voce dall'inizio di tutto, dal Caos da cui tutto deriva. Questo inizio è la notte, solo allusa nel titolo e mai più nominata: la notte che è il buio ed è il dolore. Il poeta ritrae questo dolore come pietrificato ai quattro angoli dell'universo (in pietra mutata ogni voce). E' il centro del componimento.
L'esperienza del dolore toccò già al primo uomo (nella tradizione cristiana l'espressione si riferisce ad Adamo; ma qui si allarga al poeta e a tutti). Quest'uomo originario, pur nell'innocenza adamitica (non sa), ha già però un'ampia esperienza della fragilità e del dolore, e ha almeno una certezza che esistere significa soffrire. Perciò egli se ne duole, dolora.
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Commento: Già la pioggia è con noi

di Salvatore Quasimodo
Commento:

L'aria è immobile e silenziosa: ed ecco la pioggia che la fa vibrare. L'hanno annunciata le rondini con il loro guizzo veloce, simile al volo radente dei gabbiani quando gherniscono i piccoli pesci. Tutt'intorno si spande l'odore del fieno lasciato a seccare.
E' volato un altro anno senza lasciare alcun segno, dice il poeta con rimpianto e infinita malinconia: un anno scialbo, senza gioie e senza dolori.
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Analisi: Già la pioggia è con noi

di Salvatore Quasimodo
Analisi del testo:


La breve lirica è divisa in due parti:
La prima descrittiva, in cui dominano vivide e intense sensazioni: la pioggia che scuote l'immobilità silenziosa dell'aria, il volo basso delle rondini, i laghetti lombardi, l'odore di fieno all'intorno.
La seconda tutta interiore e riflessiva: vi dominano la malinconia e il rimpianto del poeta per il dissolversi del tempo inutile e monotono.

LA METRICA: libera alternanza di settenari, ottonari e endecasillabi.

SPENTE: grigie, per il cielo che incombe bigio, e immobili perchè non c'è alito di vento.
BRUCIATO: passato veloce come un lampo.
SENZA...UN GIORNO: senza che la sofferenza (lamento) o il dolore (grido) sia riuscito a distinguere (vincere) un giorno dagli altri.
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Parafrasi: Già la Pioggia è con Noi, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Parafrasi:

Scende la pioggia, ormai giunta,
e l'aria silenziosa fa vibrare.
Le rondini si buttano in picchiata e sfiorano le acque
dei laghetti alpini
volano come fanno i gabbiani sui pesci
che si gettano su di loro e li catturano
il fieno manda il suo profumo che oltrepassa
i recinti del fienile.
Ancora un giorno è passato veloce
senza un lamento, senza nessuno grido
levato nel tentativo di fermare la sera che scende
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Testo: Già la Pioggia è con Noi, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Testo:

Già la pioggia è con noi
scuote l’aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti.
Ancora un giorno è bruciato,
senza un lamento, senza un grido
levato a vincere d’improvviso un giorno.


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Salvatore Quasimodo: Specchio

Testo: Specchio
Ed ecco sul tronco si rompono gemme.

Parafrasi: Specchio
Ed ecco sul tronco si aprono i germogli.

Analisi del testo: Specchio
LA METRICA: versi liberi.

Commento: Specchio
Quando l'uomo sente ritornare in sé la gioia di vivere è come un tronco che rifiorisce.
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Commento: Specchio, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Commento:

Quando l'uomo sente ritornare in sé la gioia di vivere è come un tronco che rifiorisce, come un lembo sereno di cielo primaverile. In questa lirica, sia la musicalità dei versi, sia l'immagine dell'uomo che si identifica con le altre forze vitali della natura, ci riportano alle suggestioni poetiche del simbolismo e a una idillica serenità pascoliana.
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Analisi: Specchio, Quasimodo

di Salvatore Quasimodo
Analisi del testo:


LA METRICA: versi liberi

ED ECCO: un inizio che... continua un'ampia contemplazione dello sguardo e un lungo raccoglimento del pensiero
SI ROMPONO GEMME: si aprono germogli
SUL BOTRO: sul fossato
E SONO: il poeta si confonde con le meraviglie della natura e spacca la scorza dell'agoscia per affermare la vittoria della vita e della speranza.
CHE PURE C'ERA: tutto è cambiato in poco tempo: il festoso colorirsi della natura che sboccia, il fiorire della speranza nel cuore del poeta. Ecco perchè tutto s° di miracolo.
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