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Banksy: riassunto vita, tecnica e opere più famose


Si può essere un artista conosciuto in tutto il mondo e allo stesso tempo restare nell'anonimato? Sì, ed è quello che Banksy sta facendo. Di seguito potete trovare una breve descrizione dell'artista, la tecnica utilizzata nelle sue opere e le sue opere più famose.






Chi è Banksy?

Banksy è un artista e writer ed considerato uno dei maggiori esponenti della street art. Si mantiene anonimo e nessuno ha ancora rivelato la sua identità, anche se molti concordano che possa essere nato nel 1974 a Bristol, in Inghilterra. La sua particolarità risiede nelle tematiche trattate nelle sue opere, ovvero la critica sociale dei problemi e delle assurdità della società occidentale contemporanea. Ha dipinto e dipinge ancora temi politici, culturali ed etici, come il razzismo, la guerra, il consumismo eccessivo, il maltrattamento degli animali, la commercializzazione dell'arte, la migrazione e, naturalmente, l'inquinamento. I personaggi più presenti nelle sue opere sono: topi, scimmie, poliziotti, membri della famiglia reale e bambini. Altri segni inconfondibili delle opere di Banksy sono l'ironia e il sarcasmo, spesso inclusi nei dipinti, insieme al loro impatto visivo.

Le opere pubbliche di Banksy sono da considerarsi tutte illegali, perché realizzate sui muri delle città senza alcuna autorizzazione. Per questo non è raro che vengano cancellate o deturpate, nonostante abbiano lo stesso valore dei suoi dipinti venduti all'asta anche per decine di milioni di euro.

Sebbene l'identità di Banksy rimane sconosciuta, non mancano le speculazioni su chi possa esserci dietro e c'è chi sostiene che il suo nome reale possa essere Robert Banks, chi addirittura sa chi possa essere: uno tra Robin Gunningham (un appassionato di disegno) e Robert del Naja (uno dei membri fondatori dei Massive Attack).



Che tecnica usa Banksy?

Banksy adopera la tecniche dello stencil, probabilmente perché è il modo più veloce per raffigurare la sua arte. Banksy non dipinge direttamente sui muri, ma prepara il lavoro in studio con stencil disegnati a mano o stampati su fogli di acetato o cartoncino, che poi ritaglia e posiziona tutti assieme. Ha anche bisogno di colori con dei tempi di asciugatura quasi immediati, nessun pennello ma solo bombolette spray. Riesce a realizzare i suoi lavori in meno di 15 minuti.



Quali sono le sue opere più importanti?

Queste sono le opere più importanti di Banksy:

Balloon Girl = è il murales una bambina che perde il suo palloncino rosso a forma di cuore a causa dell'improvvisa folata di vento che l'ha colta di sorpresa e le ha fatto perdere la presa.

Love is in the bin = è più o meno la stessa raffigurazione di Ballon Girl, ma in formato dipinto. Quando è stato venduto all'asta, qualcuno ha avviato a distanza un tritacarte nascosto nel quadro che ha danneggiato l'opera, nonostante ciò l'opera non ha perso valore o interesse nei confronti di chi si era aggiudicato l'asta.

Season’s greetings = quest'altro murales è un augurio amaro di buone feste, dove al posto della neve che cade in un giorno natalizio vi è il fumo e la cenere della spazzatura di un cassonetto in fiamme.

Show me the Monet = ispirandosi all'opera "Lo stagno delle ninfee, armonia verde" del pittore francese Claude Monete, Banksy ha aggiunto alcuni dettagli a un'opera simile: carrelli e cono stradale gettati nello stagno, come fosse una discarica, simbolo dell'inquinamento e del consumismo.



Altre opere di Banksy sono:
  1. Armoured Dove of Peace
  2. Art Buff
  3. Ballerina with Action Man Parts
  4. Better Out Than In
  5. Bomb Hugger
  6. Bombing Middle England
  7. Cardinal Sin
  8. Crayon Boy
  9. Devolved Parliament
  10. The Drinker
  11. Exit Through the Gift Shop
  12. Forgive Us Our Trespassing
  13. Flower Thrower
  14. Fragile Silence
  15. Glory
  16. Gorilla in a Pink Mask
  17. Keep Ou...
  18. Kissing Coppers
  19. Madonna with a Pistol
  20. Migrant Child
  21. One Nation Under CCTV
  22. Painting for Saints
  23. Parachuting Rat
  24. Pulp Fiction
  25. Self Portrait
  26. Slave Labour
  27. Sniper
  28. Space Girl and Bird
  29. Spike
  30. Spy Booth
  31. The Mild Mild West
  32. The Son of a Migrant from Syria
  33. Think Tank
  34. Umbrella Girl
  35. Valentine's Banksy
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Season’s greetings, Banksy: significato dell'opera


Season's greetings, la cui traduzione letterale è "Auguri di buone feste", è un'opera di street painting del 2018 di Banksy.






Season's greetings: descrizione

Si tratta di graffito su due lati delle pareti di un garage a Port Talbot realizzato nel dicembre del 2018. Un lato raffigura un bambino con abiti invernali che gioca con la neve, provando anche a mangiarla, e vicino a sé ha una slitta che lascia intuire che è pronto a salirci sopra per farsi un giro. Davvero una bella immagine se non fosse per il fatto che il bambino è circondato da una nebbia scura, e la risposta a questo insolito colore accostato al bianco della neve, ci viene data dall'altro lato della parete rivela la triste realtà: non è neve bensì fumo e cenere del contenuto di un cassonetto dell'immondizia a cui qualcuno ha dato fuoco.

È ora è più chiaro il perché della scelta di realizzare l'opera in un luogo pubblico e ad altezza d'uomo invece che in classica tela o su una singola parete. Si tratta di una scelta ben studiata per creare un'effetto sorpresa allo spettatore. Una persona che camminava poteva vedere prima la parete con il bambino e solo dopo la parte con il cassonetto dell'immondizia in fiamme. Lo spettatore passava dal vedere una situazione rassicurante e dolce a un vero incubo. Anche la posizione del bambino a braccia aperte assume ora un significato inquietante: potrebbe simboleggiare una croce, quindi una vittima.

Banksy ha sempre selezionato con precisione i colori delle sue opere. L'opera Season's greetings è stata realizzata quasi interamente in bianco e nero, fatta eccezione per due elementi centrali: il fuoco di colore rosso a sinistra e la lingua rosa del bambino. L'artista probabilmente ha pensato di evideniare da un lato l'origine e dall'altro la spiacevole destinazione.



Tecnica utilizzata

La tecnica è quella standard di Banksy, ovvero lo stencil. L'artista prepara le sagome nel suo studio, prendendosi tutto il tempo necessario. Poi, in pochi minuti, generalmente di notte, posiziona le sagome su una parete appositamente scelta e dipinge con bombolette spray.



Storia

Avendo vissuto a Port Talbot per la maggior parte della sua vita, l'ex operaio siderurgico Gary Owen, conosce bene la città. Crede anche che i bambini corrano rischi per la salute giocando con la polvere che secondo lui proviene dalle acciaierie locali. Quindi, Gary, ha deciso di fare qualcosa al riguardo e ad agosto 2018 ha inviato un messaggio all'artista di strada Banksy per chiedergli di mettere in risalto questa problematica.

"Puoi fare un po' d'arte a Port Talbot, le acciaierie generano molte polveri ogni giorno e la gente del posto è stanca di tutto questo inquinamento. Magari potresti mettere i gabbiani con le maschere antigas. LOL", gli ha scritto il 15 agosto.

Gary non pensava che Banksy avrebbe effettivamente fatto qualcosa, fino a quando un'opera d'arte è apparsa sulla parete di un garage.

Molti fan dell'artista sono andati a vedere il dipinto e il consigliere di Aberavon, Nigel Thomas Hunt, ha affermato che in città si mormorava che il lavoro potesse essere stato realizzato da Banksy. Banksy ha poi rivelato che è stato davvero lui a realizzare l'opera tramite un video su Instagram con la colonna sonora della festosa canzone per bambini "Little Snowflake". Il proprietario del garage, Ian Lewis, ha ammesso di non aver fatto sonni tranquilli per paura che l'opera sarebbe stata vandalizzata nella notte. Uno schermo di plastica, parzialmente finanziato da Michael Sheen, è stato installato per proteggere il murale, ma è stato preso di mira da un "idiota ubriaco". Successivamente, per l'aumentare dei visitatori (circa 20.0000), è stato necessario un servizio di sicurezza aggiuntivo per proteggere l'opera, fino a quando nel maggio 2019 è stata spostata in una galleria, nell'edificio Ty'r Orsaf della città, dopo che John Brandler, un gallerista, l'ha acquistata per una grossa somma di denaro.

Nel febbraio 2022 Brandler ha rimosso l'opera Season's greetings dalla città gallese per trasferirla in un luogo sconosciuto (molto probabilmente all'Università di Suffolk).



Commento

Lo scopo di Season's Greetings è quello di far riflettere tutti sul grave problema dell'inquinamento.

Il significato dell'opera è chiaro: l'inquinamento ambientale si può nascondere ovunque, anche dietro l'angolo, cioè può essere già molto vicino a noi e, spesso, nemmeno ce ne rendiamo conto. Tutti possono essere la vittima (anche e in particolare i bambini) e tutti possono essere colpevoli. Da notare che vicino al cassonetto non c'è nessuno, perché non importa chi gli ha dato fuoco, ciò che davvero importante è il risultato orribile che ha generato.

Il titolo stesso dell'opera è ironico, è il tipico augurio di Natale che le persone scrivono sulle cartoline. Al contrario, l'amarezza lasciata dal dipinto è un saluto drammatico. In conclusione non esiste un altro pianeta in cui vivere, e quello che abbiamo dobbiamo trattarlo meglio di come stiamo facendo.
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Show me the Monet, Banksy: significato dell'opera


Show me the Monet, la cui traduzione letterale è "Mostrami il Monet", è un dipinto olio su tela del 2005 di Banksy. Fa parte di una serie di dipinti di Banksy basati su opere di altri artisti chiamati Crude Oil.



Descrizione e significato

Nel 1899 il pittore francese Claude Monet dipinse "Lo stagno delle ninfee, armonia verde". Il soggetto è ispirato al giardino acquatico in stile Giapponese che Monet aveva creato presso Giverny.

Banksy ispirandosi all'opera di Monet, un po' per realizzare una parodia della società attuale caratterizzata dal consumismo e dall'inquinamento delle grandi aziende, un po' (forse) per prendersi simpaticamente la rivincita verso coloro che snobbano la sua arte non ritenendolo un vero artista, ha realizzato questo dipinto come a dire "hey, e che ci vuole a fare il Monet, tra l'altro il mio è anche più attuale".

Nel dipinto di Banksy riappare "Lo stagno delle Ninfee", ovviamente non identico a quello di Monet ma ma molto simile, con gli alberi verdi che riempiono lo sfondo al punto che non si vede nemmeno il cielo, il ponte sullo stagno, la vegetazione alta che fuoriesce dall'acqua e i fiori acquatici chiamati "ninfee". Oltre a questo ha aggiunto un tocco di modernità all'opera, ovvero due carrelli della spesa e un cono stradale. Questi due elementi sono raffigurati come se qualcuno li avesse gettati nell'acqua per liberarsene, così facendo ha messo in luce il disprezzo della società per l'ambiente a favore degli eccessi dispendiosi del consumismo.

Un'altro interessante significato è che i carrelli della spesa si siano scontrati tra loro e sono caduti in acqua, come una metafora della folle corsa agli acquisti, che avrebbe dovuto essere evitata dal cono stradale. Il titolo dell'opera "Show me the Monet" (Mostrami il Monet) è molto simile a "Show me the money" (Mostrami i soldi), espressione molto usata nella lingua inglese e che è diventata popolare con il film "Jerry Maguire" del 1996, con Tom Cruis come attore protagonista.

Durante l'evento realizzato per la vendita dell'opera si è scatenata una vera e propria battaglia a suon di offerte durata nove minuti, tra cinque potenziali acquirenti disposti a spendere cifre incredibili pur di aggiudicarsi il lavoro di Banksy. Il dipinto è stato venduto nella casa d'aste Sotheby's nell'ottobre 2020 per 7,5 milioni di sterline.
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Love is in the Bin, Banksy: descrizione e spiegazione


Love is in the Bin, che letteralmente in italiano vuol dire "L'amore è nel cestino", è un'opera di Banksy realizzata nel 2018 in modo del tutto originale e che ha suscitato molto scalpore.



Storia

Inizialmente l'opera era un dipinto del murales Balloon Girl, ovvero la bambina con il palloncino rosso, realizzato nel 2002 con la tecnica graffiti stencil nelle scale del Waterloo Bridge. Si possono dare diverse interpretazioni dell'opera iniziale ma quella più accreditata è quella che il palloncino le sfugge di mano a causa dell'improvviso vento, da qui messaggio di speranza di poterlo ritrovare.

Il dipinto Balloon Girl è stato venduto all'asta di Sotheby's di Londra per 1.042.000 sterline (1.184.360 €), ma pochi secondi dopo l'aggiudicazione dell'asta, il dipinto ha iniziato inaspettatamente ad autodistruggersi. L'acquirente ha voluto acquistarlo ugualmente allo stesso prezzo. A quanto pare Banksy, o chi per lui, aveva inserito un meccanismo di autodistruzione (un distruggi documenti) nella parte inferiore della cornice. L'artista aveva pubblicato un video su Instagram (poi cancellato), che mostrava la costruzione del meccanismo di autodistruzione e che avrebbe dovuto distruggere totalmente il dipinto, invece, l'autodistruzione è rimasta incompleta perché il meccanismo si era inceppato. Nel video si sente Banksy dire: "Durante le prove ha funzionato ogni volta". A seguito di questo birbante "incidente", Banksy ha voluto cambiare il nome alla sua opera in: Love is in the Bin.

Secondo Sotheby's, si tratta della "prima opera d'arte nella storia ad essere stata creata dal vivo durante un'asta". Da marzo 2019 il dipinto è rimasto esposto alla Staatsgalerie Stuttgart. Nell'ottobre 2021 è stato venduto all'asta per 18,5 milioni di sterline a un collezionista privato di Hong Kong: un record per l'artista.

La casa d'aste Sotheby's, ha ammesso che se la distruzione del dipinto fosse stata completa, non avrebbe avuto lo stesso successo, invece la distruzione parziale è riuscita perfino ad aggiungere una particolarità all'opera.



Significato

La spiegazione del dipinto intatto l'abbiamo già data nell'appunto di arte riguardante Balloon Girl, ma il significato di questa nuova versione del dipinto che ha attraversato per metà il tritacarte è diversa.

Innanzitutto non si vede né il volto né il braccio della bambina, ecco perché sparisce la parola "girl" dal titolo. Non si vede più l'effetto del vento sui capelli della bambina, che era importante nella versione originale perché era proprio esso che aveva fatto perderle la del filo del palloncino, ecco perché sparisce anche la parola "balloon" dal titolo. Si vede solamente un corpo di colore nero (quello della bambina, ma che ora non è più disegnata come una bambina, ma come una figura umana generica) che sta sparendo verso il basso, come se stesse per essere risucchiata, e anche il cuore (stavolta è un cuore e non un palloncino) posto in alto che sembra stia per fare presto la stessa fine della bambina, ovvero cadere verso il fondo. E chi c'è nel fondo? Il cestino, in quanto il dipinto va visto come se l'azione dell'autodistruzione sia in corso, ovvero che la parte ancora integra del dipinto sia ancora a rischio. Quindi tutto quello che rimane è un cuore e la paura che possa finire triturato del distruggi documenti: da qui il nome "Love is in the bin", ovvero "L'amore è nel cestino".

Ragion per cui non posso che essere d'accordo con le speculazioni riguardanti il fatto che l'autodistruzione parziale fosse voluta e non casuale.



Speculazioni

Sembra che un uomo "sospetto" sia stato avvistato durante le riprese dell'autodistruzione del dipinto e che costui potesse essere Banksy o qualcuno legato a lui.
Poco dopo l'asta, Josh Gilbert, artista specializzato in sculture in metallo, ha notato quelle che pensava fossero una serie di incongruenze con l'opera che si distruggeva da sola e il presunto video della sua costruzione pubblicato da Banksy su Instagram. In particolare, il video mostrava lame da taglio poste lateralmente che non sarebbero in grado di tagliare la tela. Inoltre ha aggiunto che le lame "non erano affatto vicine a dove si trovasse il dipinto". Ha invece ipotizzato che il dipinto originale si trovasse semplicemente arrotolato verso uno scomparto nascosto sul retro, mentre una copia già tagliuzzata veniva fatta scorrere sul fondo della cornice.
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Balloon Girl (Bambina con palloncino), Banksy: descrizione e spiegazione


Bambina con palloncino è la traduzione italiana del nome dato all'opera "Girl with Balloon", nota anche coi nomi "Balloon Girl oppure Girl and Balloon". È stata realizzata nel 2002 dall'artista di strada Banksy usando la tecnica graffiti stencil e si trova nelle scale del Waterloo Bridge sul lato di South Bank, Londra.



Indice




Descrizione

In questa opera è raffigurata una bambina che sta giocando all'aperto con il suo palloncino rosso a forma di cuore, ma una forte e improvvisa folata di vento che soffia dietro di lei (visibile dallo spostamento in avanti della sua gonna e dei suoi capelli) le fa perdere la presa del filo del palloncino e lei allunga la mano per riprenderlo ma non ci arriva. E proprio come in una sequenza, prima si vede la bambina, poi il palloncino rosso che le sfugge di mano e infine la scritta "There is always Hope" che in italiano sta a significare "C'è sempre speranza". Tale detto ricorda moltissimo un altro detto italiano: "Finché c'è vita c'è speranza".



Tecnica utilizzata

Girl with Balloon è una delle opere più importanti di Banksy, che mette in mostra la tecnica dello stencil graffiti per cui Banksy è diventato famoso in tutto il mondo. Gli consente di eseguire lavori sui muri o su tela con grande rapidità di esecuzione (15 minuti al massimo). Lo stencil prevede l'uso di mascherine, generalmente di cartone, ritagliate in modo da ottenere, in negativo, forme, simboli o lettere.



Storia

Usando come base di disegno la bambina e il suo palloncino, Banksy ha realizzato una serie di opere simili per supportare campagne sociali: nel 2005 sulla barriera della Cisgiordania, nel 2014 per sostenere le vittime del conflitto siriano (in questa circostanza la bambina indossava un velo) e anche durante le elezioni britanniche del 2017 (in questo caso venne avvertito dalla Commissione elettorale che influenzare l'elettorato in cambio di una stampa di Girl with Balloon, questa volta con il palloncino colorato coi colori della bandiera Union Jack, avrebbe violato le leggi sulla corruzione elettorale).

Nel 2018 realizzò un dipinto con la medesima raffigurazione che poi venne messo all'asta. Durante l'asta di Sotheby's l'opera ha iniziato improvvisamente ad autodistruggersi in quanto nella parte inferiore della cornice si trovava nascosto un distruggi documenti che lo stesso Banky ha ammesso di aver azionato tramite un dispositivo meccanico. Il vincitore dell'asta ha comunque portato a termine l'acquisto e l'opera è stata ribattezzata Love is in the Bin (L'amore è nel cestino). Si tratta della prima opera in assoluto ad essere stata creata nel corso di un'asta, tra l'altro è anche l'opera di Banksy con il più alto valore venduta all'asta grazie all'incredibile cifra di 18.582.000 di sterline.



Commento

Qualcuno di voi da piccolo ha avuto la "fortuna" di ricevere un palloncino, magari durante una giornata di festa in paese, e sicuramente non sarà mancata la raccomandazione dei genitori: "tieni stretto il filo altrimenti vola via e non torna più". E quanti ne avrete visti bambini dapprima felici di possedere quel giocattolo che come per magia "aveva la capacità di volare", piangere per aver perso quel palloncino che volava sempre più in alto fino a sparire nel cielo? Subito dopo prendevano parola genitori e parenti per confortare il piccolo per la sua "perdita", dicendogli che magari sarebbe sceso e che l'avrebbe ritrovato e altre frasi consolatorie di questo tipo.

Quindi la scritta sul muro è il modo in cui Banksy, quasi come genitore, conforta in tempo la bambina, che infatti non la vediamo piangere. Pertanto si può dire che questa opera è simbolo di innocenza, amore e speranza.

Senza voler andare troppo fuori tema vorrei segnalarvi una frase stupenda tratta dal film "Le ali della liberta" del 1994, che riassume perfettamente il concetto di speranza di quest'opera:
La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose, e le cose buone non muoiono mai.

Il palloncino rosso a forma di cuore potrebbe anche sparire nel cielo, cadere in un luogo introvabile, deformarsi con il passare del tempo fino a diventare solo plastica sporca e inquinante, MA il ricordo bellisimo della piacevole emozione provata dalla bambina di possedere un palloncino così carino, seppur durata troppo poco, resterà vivo nel suo cuore per sempre. Quindi, secondo me, la speranza non è solo quella di ritrovare il palloncino, ma di tenere duro e non abbattersi perché nel suo futuro le aspettano altre emozioni forti come e anche superiori a questa. La gioia per il palloncino, e l'infelicità per averlo perso sono solo l'inizio del suo percorso di crescita. D'altronde la vita è fatta così: a volte capitano momenti positivi e altre volte quelli negativi: la bambina sicuramente ha recepito il messaggio di Banksy e non può che uscirne più forte dopo quanto accaduto.


Si potrebbe dare anche un'altro significato a quest'opera, che potrebbe ribaltare quanto detto prima. La speranza in questo caso non è rivolta alla bambina bensì al palloncino stesso. Il palloncino vorrebbe volare verso alto, ma si trova in una condizione di "prigionia" in quanto legato a un filo e trattenuto dal suo "padrone" verso il basso. La folata di vento che gli consente di liberarsi è dettata dal fatto che "la speranza ci rende liberi". Da notare che per la bambina ha usato il colore nero, per il palloncino il colore rosso (fatta eccezione per il filo che era tenuto dalla bambina): questo potrebbe essere inteso che il palloncino ha preso vitalità e colore solo dopo esserle sfuggito e che (forse) quando lo aveva con sé fosse di colore nero.

Un'altra spiegazione ancora potrebbe essere quella che sia la ragazza stessa a lasciare andare il palloncino. Questo gesto potrebbe essere interpretato come la perdita dell'innocenza, nel senso che non è più una bambina ma una ragazza che sta crescendo. La ritengo la meno plausibile delle tre spiegazioni perché altrimenti l'autore non avrebbe inserito l'effetto del vento che, a quanto pare, è di rilevante importanza nell'opera.
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Reggia di Caserta: descrizione e storia


La Reggia di Caserta è una residenza reale, storicamente appartenuta ai Borbone delle Due Sicilie, che si trova a Caserta (capoluogo di provincia della regione Campania, Italia). È una delle più celebri e importanti costruzioni monumentali d'Europa.



Indice




Descrizione

La Reggia di Caserta ha una pianta rettangolare articolata su corpi di fabbrica affacciati su quattro grandi cortili interni e si estende su una superficie di circa 47.000 metri quadrati, che la rende di gran lunga la residenza reale più estesa del mondo: la sua lunghezza è di 247 metri, la sua larghezza è di 190 metri ed è alta 41 metri. È un edificio a cinque piani: terreno, mezzanino, piano nobile, secondo piano e attico, oltre a un piano sotterraneo (usato per cantine, cucine, officine). Comprende 1200 locali destinati ad ospitare ogni comodità del sovrano e la sua corte, anche se solo 134 erano occupate dalla famiglia reale; inoltre ci sono 34 scale e 1742 finestre.

Tra gli ambienti più suggestivi ed eleganti vi sono i due vestiboli d'ingresso: il vestibolo inferiore e il vestibolo superiore. Poco dopo il portone d’entrata ci si trova di fronte al vestibolo inferiore, in cui si trova la galleria interna, e da uno dei cortili si accede al teatrino di corte. Quest'ultimo è costruito in modo che il palcoscenico abbia come fondale la straordinaria prospettiva offerta dai giardini: questi infatti si sviluppano per 3,3 chilometri con una serie di vasche, cascate e fontane decorate con statue raffinatamente costruite, molte delle quali rappresentano personaggi della mitologia classica (eroi e divinità). Salendo le grandi scalinate d'onore parallele si giunge al vestibolo superiore che dà l'accesso alla grandiosa ed elegantissima Cappella Palatina (per le funzioni religiose), agli sfarzosi appartamenti reali e all'immensa sala del trono riccamente decorata. Il complesso termina con una spettacolare fontana, con una grande cascata da cui l'acqua scorre ad alimentare tutti i giochi d'acqua del giardino e da cui gode una vista eccezionale dell'insieme, chiuso dalla maestosa facciata del palazzo reale.

Scalone d'onore - Reggia di Caserta


Sala del trono - Reggia di Caserta. Di Tango7174 - Opera propria, CC BY-SA 4.0 - Wikimedia 


Il parco reale - Reggia di Caserta


Fontana di Diana e Atteone - Reggia di Caserta




Storia

Nel 1751 re Carlo di Borbone acquistò una villa vicino al centro abitato di Caserta: il palazzo era completamente in rovina e abbandonato così come gli estesi giardini, ma i dipinti e le statue lasciavano intendere che era una splendida dimora. La sua idea era quella di istituire in questo luogo il nuovo centro amministrativo del regno, a distanza di sicurezza dalle eruzioni del Vesuvio e dagli attacchi dei pirati. Era destinata a rivaleggiare con le altre residenze reali europee e voleva che venisse presa a modello per imponenza e ispirazione la Reggia di Versailles di Luigi XIV di Borbone, detto il Re Sole o Luigi il Grande.

Affidò il progetto della Reggia all'architetto e pittore Luigi Vanvitelli, figlio del pittore olandese Gaspar van Wittel.

I lavori ebbero inizio il 20 gennaio 1752, al quale presero parte oltre 2000 uomini, tra cui operai e schiavi. I materiali adoperati per la costruzione (come il tufo, la calce, il marmo grigio, la pozzolana e il travertino) venivano presi nelle zone circostanti di Caserta, fanno eccezione il marmo bianco di Carrara (Toscana) e il ferro di Follonica (Toscana).

Nel 1759 re Carlo lasciò Napoli e si ritornò in Spagna, a egli succedette Ferdinando IV. Nonostante il cambio di reggenza i lavori proseguirono senza intoppi sino a quando nel 1764 e nel 1765 non si verificarono casi di epidemia di colera e una carestia.

Quando nel 1773 morì l'architetto Luigi Vanvitelli l'opera non era ancora terminata, e il suo posto venne preso dal figlio Carlo Vanvitelli.

Nel 1789 cominciò ad essere abitata.

Nel 1821 morì anche Carlo Vanvitelli e a lui succedettero altri architetti.

La Reggia di Caserta venne completata nel 1845. Tuttavia, a causa degli già elevati costi di costruzione (8.711.000 ducati) si è deciso di semplificare il progetto originario eliminando le torri angolari, la cupola centrale e gli alloggi per le guardie. Durante la seconda guerra mondiale subì diversi danni ai marmi, ai dipinti e a gli arredi a causa dei bombardamenti: nel 1943 divenne quartier generale degli alleati e il 29 aprile 1945 nella Reggia di Caserta si riunirono tutti i protagonisti della 2° Guerra Mondiale per firmare l'atto con cui, per sempre, si dichiarò concluso il più grande dramma della storia umana. Quell'atto fu chiamato "la resa di Caserta" e sancì, definitivamente, la sconfitta delle forze nazifasciste nella penisola e la fine delle ostilità in Italia.

Nel 1997 la Reggia di Caserta è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.



Curiosità

- Luigi Vanvitelli è noto soprattutto per l'imponente Reggia di Caserta, capolavoro dell'architettura settecentesca nel quale risaltano tutte le qualità dell'autore, ma ha anche progettato l'Acquedotto Carolino (noto anche come acquedotto di Vanvitelli). Si tratta di un acquedotto lungo 41 km e nato per alimentare il complesso di San Leucio e per fornisce anche l'apporto idrico alla Reggia di Caserta (le piscine, le fontane ed il palazzo).

- L'orologio al centro della facciata sud della Reggia, di forma circolare, presenta un quadrante con numeri romani per indicare le ore e numeri arabi per indicare i minuti.

- La stazione ferroviaria di Caserta venne collocata nel 1843 proprio dinanzi alla Reggia di Caserta, per consentire ai sovrani borbonici di raggiungere più velocemente il palazzo direttamente in treno. Una comodità che utilizzarono per poco meno di vent'anni, dal momento che nel 1861 Caserta, come del resto tutto il meridione, fu annessa al Regno d'Italia e, di conseguenza, ebbe fine il dominio borbonico.

- Quando, nel 1861, i funzionari sabaudi censirono gli elementi presenti nella Reggia di Caserta, dopo la nascita del Regno d'Italia, si imbatterono in un bidet (che la regina di Napoli Maria Carolina d'Asburgo-Lorena si era fatta sistemare nel suo bagno privato all'interno della Reggia di Caserta), e lo aggiunsero all'inventario con le seguenti parole "uno strano oggetto a forma di chitarra".
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La persistenza della memoria, Salvador Dalí - Analisi


La persistenza della memoria (La persistencia de la memoria) è un dipinto a olio su tela (24x33) realizzato da Salvador Dalí nel 1931, che si trova conservato al Museum of Modern Art di New York.


Spiegazione

Sullo sfondo di un paesaggio marino deserto, Dalì ha collocato orologi molli, immagine surreale che è diventata celebre come il suo autore.
Questo quadro rappresenta un paesaggio costiero della costa Brava, nei pressi di Port Lligat visto da Dalì in un sogno un po' inquietante, e i ricordi emergono con l'inconscio, per questo il paesaggio e gli oggetti del quadro appaiono deformati.

Infatti l'idea che i surrealisti vogliono esprimere è di cancellare tutte le regole fisse che scandiscono la vita di tutti i giorni come ad esempio le regole del tempo scandite dall'orologio: ore di 60 minuti, minuti di 60 secondi... mentre in questo dipinto gli orologi simboleggiano il tempo della memoria, che ha una percezione ben diversa, e per questo hanno una forma poco definita, quasi sembrano fluidi, per dimostrare l'opposto delle ferree regole del tempo, ossia l'elasticità del tempo della memoria. Il tempo scorre secondo metri assolutamente personali, veloce quando si è felici, lento e pesante nella tristezza.

Dalì associa e deforma liberamente gli orologi: tre orologi ricordano che la durata di un evento può essere dilatata nella memoria, l’unico orologio non deformato è ricoperto di formiche nere brulicanti, che sembrano divorarlo, quasi ad indicare l’annullamento di un tempo cronologico. Dal momento che il tempo è inafferrabile, non può essere scandito da un oggetto fisico come un orologio.

Da notare che anche l'orologio mollo sul parallelepipedo ha un mosca sopra di esso.

La figura di colore bianco presente a terra al centro del dipinto è un volto con l'occhio chiuso e con lunghe ciglia.

Gli orologi da taschino sono molli perché sono fatti della stessa materia di cui è fatto il formaggio che aveva mangiato per cena. Se lasciaste dei formaggi al sole, si scioglierebbero fino a diventare liquidi e poi diventerebbero cibo per mosche e formiche. La scelta di introdurre degli insetti, potrebbe essere rafforzata dal fatto che l'artista catalano nutre una certa fobia sin dall'infanzia, quando rimase traumatizzato nel vederli divorare un coleottero.



Analisi pittorica

La cosa che più colpisce l'osservatore guardando quest'opera è l'impianto composito fortemente asimmetrico. Gli elementi del quadro sono distribuiti in maniera disorganica nello spazio aperto, e si trovano adagiati su di un paesaggio che l'artista decide di ritrarre dall'alto.

La luce, come si può notare, è frontale e genera ombre profonde sulla superficie degli oggetti e sulle rocce distanti.

I colori, infine, sono accostati in maniera bizzarra nello schema compositivo dell'opera: notiamo, infatti, la presenza di colori sia caldi, che freddi, che scuri.

Nel dipinto non vi è traccia di presenza umana e tutto intorno è immobile e silenzioso.



Curiosità

Il giorno in cui Dalì realizzò l'opera "La persistenza della memoria", sarebbe dovuto andare al cinema insieme alla moglie Gala e alcuni amici, ma la stanchezza accompagnata da un leggero mal di testa glielo impedì e così decise proprio all'ultimo di restarsene a casa. Quella sera avevano mangiato tutti insieme un camembert (un formaggio francese a pasta molle) e quando gli altri se ne erano andati a divertirsi e lui rimase solo, si mise a meditare sul problema filosofico dell'ipermollezza posto da quel formaggio.
Dopo un po' si alzò e andò nel suo laboratorio per dare uno sguardo a un dipinto su cui stava lavorando, che rappresentava una veduta di Port Lligat: gli scogli giacevano in una luce alborea, trasparente, malinconica e, in primo piano, si vedeva un ulivo dai rami tagliati e privi di foglie; era a conoscenza che questo sfondo sarebbe potuto servirgli per idee artistiche future più importanti ma non non sapeva ancora come poterlo sfruttare al meglio. Stava per spegnere la luce e andare a dormire, quando d'un tratto vide la soluzione: due orologi molli che pendevano dal ramo dell'ulivo. Nonostante il mal di testa fosse diventato più intenso e si sentiva ancora più debole, prese la tavolozza e iniziò a dipingere quello che ora è conosciuto come "La persistenza della memoria".

Qualche anno dopo Dalì realizza "La disintegrazione della persistenza della memoria".



Commento

La bellezza di quest'opera non risiede nel paesaggio o nel soggetto raffigurato e nemmeno nel pensiero che nasconde, che comunque è importante, ma nello stato di shock che suscita nell'osservatore che la vede per la prima volta. Gli orologi molli vengono prepotentemente impressi nella nostra memoria e non c'è possibilità di dimenticarsene.
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L'enigma dell'ora, Giorgio De Chirico - Analisi


L'enigma dell'ora (L'enigme de l'heure) è un dipinto a olio su tela realizzato da Giorgio De Chirico nel 1911. Dal momento che l'artista è italiano ma il titolo originale del dipinto è francese, possiamo dedurre che lo abbia realizzato durante il suo soggiorno parigino, quando il pittore, in disparte rispetto alle avanguardie storiche (ed in particolare rispetto al cubismo) propose un'arte del tutto inedita e magica, ma non abbastanza per potersi mantenere economicamente. L'enigma dell'ora è una della prime opere dedicate alla famosa serie di quadri detti «Piazze d’Italia».
Le dimensioni del dipinto sono 71 cm d'altezza x 55 cm di base; appartiene alla Collezione Mattioli e si trova conservato a Milano.


Spiegazione

Un porticato, sovrastato da una loggia, occupa quasi l'intero spazio della tela. Nella sua ombra densa una figura umana immobile aspetta nella seconda arcata a destra. In basso i raggi del sole pomeridiano sfiorano appena una vasca con uno zampillo d'acqua, mentre investono la donna di spalle vestita di bianco che le sta di fianco. Il portico reca suggestioni di architetture fiorentine: lo Spedale degli Innocenti e il Corridoio Vasariano.


Gli elementi ricorrenti di queste tele sono spazi vuoti delimitati da edifici urbani, in cui è quasi sempre assente la figura umana; per lo più vengono inserite nelle piazze delle statue che spesso hanno una forma ironicamente classicheggiante, inoltre sono caratterizzate da uno sfondo che presenta densità atmosferica.
In questo quadro, invece, non ci sono statue, bensì tre figure umane: la prima è una donna di spalle in primo piano che sembra stia fotografando l'orologio, la seconda un uomo quasi nascosto nell'ombra densa della seconda arcata a destra e la terza quasi assente nel dipinto si trova al di sopra delle altre due nel piano superiore.
Dalle aperture del portico e della loggia traspare un colore uniforme e un cielo limpido che contribuiscono a definire la geometria dell'architettura resa in modo essenziale e con una prospettiva approssimativa.

Il titolo del quadro è altamente evocativo e nasce probabilmente dall'intenzione di De Chirico di rappresentare un orologio fermo e immobile come le due persone in figura: l'orologio che indica un'ora pomeridiana (lo si può dedurre dalla luce del giorno) stabilisce con l'osservatore un rapporto di attesa, attesa di un evento sconosciuto che sta per compiersi. Anche il tempo si è fermato e aspetta nel silenzio di una piazza disabitata.

Appare tuttavia logico che, non è possibile rappresentare su un quadro un qualcosa in movimento come le lancette dell'orologio. E così, non possiamo stabilire se orologio illustrato sia funzionante o meno. Tuttavia, è proprio la fermezza e l'immobilità di tutta l’immagine a suggerirci che anche l'orologio sia fermo, anche se non lo sapremo mai con assoluta certezza. Perché, in fondo, esso potrebbe anche essere l'unica cosa che continua a muoversi, segnando un tempo senza senso, che non produce più modificazioni nel corso delle cose.



Analisi pittorica

Nel quadro la prospettiva apparentemente centrale è in realtà completamente falsata, come se la fontana venisse vista dal centro e l'edificio da sinistra. C’è quindi solo l’illusione di ritornare alla perfezione rinascimentale ed il risultato consiste nella non voluta applicazione di una regola conosciuta che, ironicamente viene contraddetta per arrecare inquietudine e disagio, approdando all'atteggiamento medievale di raffigurare lo spazio.

La scena appare come congelata da campiture cromatiche che non lasciano spazio a chiaroscuri ed altri virtuosismi che ne rendano identificabile l'appartenenza stilistica. Queste architetture dipinte di De Chirico sembrano cogliere uno spirito di classicità senza tempo. Sono delle forme pure che però conservano tutto ciò che il classico deve avere: armonia, ritmo, proporzione, equilibrio. E questi saranno anche i contenuti di quell'architettura classicista che, nel ventennio, divenne lo stile fascista in campo architettonico. E come luogo costruito, metafisico per eccellenza, ci rimane proprio l'Eur che, progettato per la grande Esposizione Universale di Roma del 1942, è la testimonianza più famosa dei gusti architettonici classicheggianti e "metafisici" del fascismo.



Curiosità

In un famoso scritto redatto in francese intorno al 1912-13, il pittore racconta in maniera chiara e affascinante di come l'idea di questo quadro gli fosse venuta proprio durante un caldo pomeriggio d'autunno mentre sedeva, convalescente per una "lunga dolorosa malattia", su una panchina nella Piazza Santa Croce a Firenze.



Commento

Al primo sguardo non si direbbe che dietro un dipinto apparentemente semplice, possa nascondersi un elemento di così grande mistero.
Oltre al mistero dell'orologio, vi è un interrogativo nascosto: "È possibile fermare il tempo?"
È questo quello che probabilmente si sarà chiesto De Chirico prima di realizzarlo ed è questo quello che chiunque veda il dipinto possa chiedersi fra sé. Ovvio che questo nella realtà non si possa fare, ma in un dipinto (o una foto) è possibile immortalare l'attimo e tutto quello che appare illustrato perché rimane immobile e immutato nel tempo.
Inoltre se si potesse fermare il tempo, si potrebbe anche vivere eternamente; ma dato che ciò non è possibile, a quelli come De Chirico non resta altro da fare che immortalare il momento nella propria memoria e poi raffigurarlo sulla tela per tramandare ad altri quegli attimi, ora tristi ora felici, già vissuti.
L'autore non poteva scegliere un titolo più adatto di questo.
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Bronzi di Riace: descrizione e analisi


Autore: Sconosciuto

Titolo dell’opera: Bronzi di Riace

Data: V secolo a.C.

Tecnica e materiali: Fusione cava a cera persa; lega di rame e stagno

Dimensioni: Alti due metri circa

Collocazione attuale: Museo della Magna Grecia, Reggio Calabria


Descrizione

I Bronzi di Riace sono una coppia di statue bronzee, di provenienza greca o magnogreca, realizzati intorno al V secolo a.C. e pervenuti fino alla nostra epoca in ottimo stato.
Le due statue, rinvenute nel 1972 vicino Riace in provincia di Reggio Calabria, oltre ad essere considerate tra le opere d’arte più importanti del periodo ellenico, sono tra le pochissime testimonianze di quell'epoca, e da questa loro rarità traggono la loro importanza. I Bronzi di Riace raffigurano due guerrieri nudi che si mostrano in un momento di evidente elasticità muscolare, soprattutto per la loro posizione, detta a "chiasmo".

Le due statue presentano anche delle lievi differenze espressive; infatti il "bronzo A" appare più nervoso e vitale, mentre il "bronzo B" sembra più calmo e rilassato. Le due statue, mediante anche la loro postura e la loro posizione delle braccia, trasmettono una sensazione di forza e potenza. È evidente, vista la posizione degli arti superiori, che le due statue impugnassero con un braccio uno scudo, con l’altro un’arma. Sempre per quanto riguarda le ipotesi di armamenti, il bronzo B ha la testa scolpita in maniera leggermente differente, e si ipotizza che sia stata fatta così per far entrare perfettamente in essa un elmo a quanto pare di stile corinzio.

Mediante lo studio dei materiali e delle tecniche si suppone che le due statue potrebbero essere attribuite ad artisti differenti o realizzate in epoche distinte oppure da uno stesso artista in luoghi differenti. Dopo oltre trent’anni dal loro ritrovamento, le due statue non hanno ancora trovato un’identificazione, in quanto le notizie su di loro sono pressappoco nulle. Ad oggi infatti risultano ancora controverse l'attribuzione dell'artista (o artisti), l'ambiente culturale/stilistico in cui le due statue furono concepite e la loro datazione.


Contesto storico-culturale

Le due statue furono con probabilità realizzate ad Atene e da lì furono rimosse per essere portate a Roma, forse destinate alla casa di qualche ricco patrizio. Ma il battello che le trasportava affondò e il prezioso carico finì sommerso dalla sabbia a circa otto metri di profondità. Non è da escludere che all'epoca fu già fatto un tentativo di recupero, andato infruttuoso così che le statue sono rimaste incastrate nel fondale per circa duemila anni, prima che ritornassero a mostrarsi in tutto il loro splendore. Dopo anni di ipotesi e di ricerche i due guerrieri di bronzo sembrano aver ritrovato la loro identità. Gli autori dei bronzi sembrerebbero infatti essere Agelada di Argo e Alcamene di Lemno, e si è arrivati a tale tesi mediante lo studio del famoso tempio di Olimpia. I due bronzi quindi, secondo questa tesi, farebbero parte di un gruppo statuario dedicato a celebrare la leggenda dei "Sette a Tebe". Secondo questa tesi, i bronzi non avrebbero solo un nome, ma anche una leggenda alle spalle, che spiegherebbe al meglio la loro postura e le loro espressioni, ma in ogni caso, al momento, è solo una delle tante tesi da avvalorare, ma sta godendo di un buon seguito.
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Riassunto: Neoclassicismo (arte)


Con questa nuova corrente si assiste ad un radicale mutamento nella concezione dell’arte antica, già presa in considerazione nel periodo rinascimentale ma con la differenza che mentre nel Rinascimento si assiste ad una interpretazione libera dell’arte classica, con il neoclassismo l’arte soprattutto quella dei Greci viene sottoposta ad uno studio altamente razionale e analitico delle opere ed anche archeologico grazie ai ritrovamenti durante gli scavi di Pompei ed Ercolano compiuti da Winckelmann. Da qui è possibile riscontrare il paragone con l’illuminismo che fonda le sue basi sulla ragione, come il Neoclassicismo, che non mira ad individuare una perfezione classica limitatamente al carattere estetico ma anche a quello etico e civile degli antichi greci fondato sulla razionalità e sulla libertà di elaborazione delle opere. Pertanto alla pittura o all’archeologia non vengono più assegnate finalità metafisiche o di celebrazione di un culto religioso, bensì lo scopo principale è dare quanto più risalto possibile all’evento storico. Inoltre le opere in base alle teorie di Winckelmann devono essere cariche di tranquillità e mai rappresentare un sentimento o un evento significativo semmai l’attimo prima o quello successivo all’evento.


MAGGIORI ESPONENTI
I maggiori esponenti sono Antonio Canova e Jacques-Louis David.

Nel primo vengono rispettati tutti i canoni della pittura espressi da Winckelmann, in quanto Canova mira a raggiungere quella bellezza ideale che non è possibile ottenere in natura, ma che si ottiene dalla composizione di un corpo prendendo i caratteri più belli di più persone con la scelta di raffigurare personaggi in un momento di massima tranquillità in cui le forti passione potrebbero alterare quella bellezza ideale tanto agognata. Alcuni esempi sono: Amore e Psiche, Ebe, Paolina Borghese, Teseo sul Minotauro.

Per quanto riguarda David la pittura neoclassica viene anche utilizzata per sottolineare il carattere non solo estetico ma anche morale ed etico dei personaggi dell’antichità rappresentato attraverso l’esaltazione della forza e del rigore che conferiscono alle sue opere la finalità di una celebrazione epico-narrativa di eroi ricordati per i loro valori come avviene nel Giuramento degli Orazi, La morte di Marat, Le Sabine, dove viene sempre ripreso il momento successivo o precedente all’evento di forte emozione. Anche per quanto riguarda l’architettura neoclassica si assiste ad un ritorno agli stili, alle simmetrie architettoniche degli edifici classici greci, il tutto inserito nella semplicità delle opere stesse.
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Riassunto: Edgar Degas


Edgar Degas nacque a Parigi nel 1834 da un ricco banchiere. Seguì dei corsi di pittura, frequentò la scuola di Belle Arti e viaggiò molto in Italia. Fu un pittore impressionista che, tra tutti i pittori di quella corrente, è quello che conserva la maggiore originalità e distanza dagli altri.
Nel 1862 realizzò il suo primo quadro che lo rese famoso: «La famiglia Bellelli». In esso raffigura la famiglia della sorella sposata ad un fiorentino di nome Bellelli. Nel quadro compaiono il marito, la moglie e due figlie. L’inedito taglio compositivo, insieme ad una precisa riflessione psicologica dei personaggi, ne fanno un’opera di un realismo e di una modernità eccezionali.
Negli anni successivi iniziò ad uscire dal suo ambiente borghese per frequentare un café dove strinse amicizia con Manet e gli altri pittori che avrebbero formato il gruppo degli impressionisti. Fu tra i fondatori del gruppo e fu proprio egli ad organizzare la mostra presso il fotografo Nadar; partecipò a quasi tutte le otto successive mostre impressioniste.

Le sue differenze con gli altri impressionisti sono legate soprattutto alla costruzione disegnata e prospettica dei suoi quadri generalmente impostata su linee oblique. Le forme non si dissolvono e non si confondono con la luce. Sono invece rese plastiche con la luce e non con il chiaroscuro. Ciò che contraddistingue i suoi quadri sono sempre dei squarci prospettici molto originali. Per questi scorci si è molto parlato dell’influenza delle stampe giapponesi, anche se è evidente che i suoi quadri hanno una inquadratura tipicamente fotografica. Edgar Degas va ricordato come un grande pittore di figura, che realizzò quasi sempre negli interni. A differenza degli altri impressionisti egli non eseguirà mai un quadro all'aperto.

I suoi soggetti preferiti furono le figure in movimento e si dedicò molto allo studio diretto delle danzatrici del balletto classico.
Le esercitazioni delle ballerine del Teatro dell'Opera di Parigi furono l'occasione per osservare il corpo umano in ogni forma di movimento. Anche in questo, Degas coincide con l’impressionismo: la scelta poetica di dar immagine alla vita urbana, con i suoi riti e i suoi miti.

Degas realizzò anche delle sculture, soprattutto figure femminili e danzatrici, modellandole in creta o in cera.

La sua vista poi cominciò ad indebolirsi e morì quasi cieco nel 1917.


GUARDA ANCHE: La classe di danza, Degas
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La classe di danza, Degas - Analisi


Il dipinto "Classe di danza" (La classe de danse in francese) è un'opera di Edgar Degas (olio su tela 85x75 cm, 1873-1875) che si trova conservata al Museo d'Orsay di Parigi. Questo non è l'unico nome del dipinto che è noto anche coi titoli: Lezione di danza, Lezione di ballo o Classe di danza.
Si tratta di uno dei primi grandi dipinti appartenenti alla serie delle ballerine, contiene in se già tutti i temi della maturità artistica di Degas.
Edgar Degas iniziò a sviluppare diversi quadri sul tema delle ballerine dopo il 1874, periodo nel quale la morte del padre coincise con le sue difficoltà economiche, così per vivere dovette vendere i suoi quadri. Degas era un assiduo frequentatore di opere, balletti e spettacoli teatrali, per sua fortuna non era l'unico ad avere questa passione dal momento che si trattava di un tema particolarmente gradito ai collezioni e al suo pubblico abituale. Bisogna precisare, però, che non era attratto tanto dalla grazia del ballo, quanto dalle pose faticose e forzate dei corpi, dai loro equilibri instabili, dalla varietà di gesti e di movenze delle ballerine.



Spiegazione

In esso l'artista rappresenta il momento in cui una ballerina sta provando dei passi di danza sotto l'occhio vigile dell'anziano maestro Jules Perrot (famoso ballerino e coreografo francese, e amico di Degas) che dà il tempo battendo il bastone a terra, mentre le altre ragazze attendono il proprio turno, oppure si rilassano.
Degas dà un taglio fotografico al dipinto e, come un istantanea, le figure risultano fuoriuscire dall'inquadratura e ciò suggerisce una pittura a getto atta a cogliere l'impressione di un momento, in realtà l'opera è frutto di un lunghissimo studio in atelier, infatti i gesti delle ballerine sono indagati con attenzione quasi ossessiva. Quella con il fiocco giallo seduta sul pianoforte sta grattandosi la schiena (notare la smorfia di fastidio); quella di spalle con un fiocco rosso nei capelli si sta facendo aria con un ventaglio, poi vi è quella che si accomoda l'orecchino, quella che si sistema l'acconciatura, quella che ride e quella che parla con la compagna, come in una classe scolastica quando sul finire della lezione l'atmosfera diventa più rilassata. Nessuno dei personaggi è in posa, cogliere questi aspetti reali del quotidiano è una scelta precisa dell'artista (come egli stesso diceva "è come se venissero guardati dal buco della serratura").



Analisi pittorica

Come di consueto, Degas sceglie un angolo decentrato per inquadrare la scena e il forte scorcio è accentuato dalle linee oblique delle tavole del parquet.

La scena è costruita secondo una prospettiva diagonale tipica di molti quadri di Degas; l’inquadratura è decentrata, le linee oblique del parquet allungano lo spazio e guidano lo sguardo dello spettatore in profondità. La naturalezza del quadro è suscitata dal taglio fotografico dell'immagine ripresa dal basso verso l'alto.

Degas ricostruisce l'atmosfera della sala con garbo e raffinatezza, inserendo le sue fanciulle in una luce morbida e pallida (proviene in parte da destra dove immaginiamo ci sia una grande finestra e in parte dal fondo dall'altra finestra della stanza affianco) che ne ingentilisce ulteriormente le già eleganti movenze, illuminando la pelle bianchissima delle allieve, i tutù e l'evanescenza dei tessuti di raso. I passaggi cromatici dal bianco dei costumi al rosa della pelle sono tratteggiati con estrema delicatezza. Sia il disegno prospettico del pavimento sia il tono neutro del parquet e delle pareti, sul quale meglio risaltano gli abiti delle ballerine, contribuiscono a dare all'insieme un senso di quieto realismo.

Il colore, steso con zone ampie e pennellate sintetiche, non descrive ma evoca materie e volumi. Un altro particolare di questo quadro risulta essere la sensazione di estensione oltre i margini della tela; questo effetto suggerisce la transitorietà del momento immortalato dal pittore e la volontà dell'autore di superare la pittura accademica immobile. Ad esempio le figure a destra e a sinistra non sono tutte all'interno della "foto", alcuni stanno fuori come rappresentato dalla ragazzina con la gamba destra verso l'esterno.

Il vecchio maestro, probabilmente Jules Perrot, è situato al centro del semicerchio, ma non al centro del dipinto. L’uomo emerge per il colore grigio – contrapposto ai colori tenui ma più allegri delle giovani – e rappresenta così un elemento fisso e stabile, una figura guida.



Curiosità

- La ballerina che si gratta la schiena è Marie van Goethem, una ragazza di 14 anni che è stata anche il soggetto dell'unica scultura esposta volontariamente da Degas. Rappresentava uno dei "ratti della danza", termine utilizzato per indicare le ballerina di fila, ovvero quelle che non hanno parti da solista. Sia negli schizzi che nei modelli di studio la ritraeva nella scomoda posizione del capo, inclinata come nella scultura di cera. La sua storia è molto triste perché venne costretta dalla madre a diventare una prostituta minorenne.

- La base di partenza di questo quadro sono degli schizzi che lui realizza dal vivo, impiegandoci 3 anni nella realizzazione completa di questa opera.

- Degas si sente affine alla poetica degli impressionisti ma intraprende scelte autonome e non adotta il metodo di pittura all'aria aperta tipico del gruppo. Inoltre contrariamente alla tecnica impressionista usa sia il nero (per esempio nel nastro della bambina in primo piano) e il bianco (nel tutù di tutte le ballerine).

- Oltre l'apertura sulla parete sinistra si può notare una finestra attraverso la quale si intravede appena un paesaggio urbano.

- È un quadro dipinto in plein air, poiché non dipinge nel suo studio, ma in una classe di danza , infatti la tela è piccola, facile da trasportare.

- Degas si recava spesso nell'Opéra di Parigi non soltanto in veste di spettatore ma intrufolandosi anche dietro le quinte, nel foyer di danza, dove era stato introdotto da un suo amico musicista d'orchestra.

- Sempre in questi anni Degas condurrà significativi studi sul colore, usando sempre di più la pratica dell'accostamento di un colore all'altro per averne più luminosità possibile ed evitando di mischiarli. Userà sempre di più quindi i colori puri, come si può vedere nel fiocco rosso della ragazza che sventola il ventaglio.
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Differenza tra murales e graffiti


Quante volte avete visto sui muri della vostra città delle raffigurazioni, alcune belle altre meno e, non essere stati in grado di capire se si trattassero di murales o graffiti?
I due termini non sono affatto sinonimi, anche se nel linguaggio comune è facile incappare in questo genere di errore. In questa pagina andremo a vedere le principale differenze e la loro storia.

Murales

Murales è la forma plurale di "murale", erroneamente utilizzata anche al singolare; esso deriva dalla parola spagnola "mural". La scelta di questa vocabolo è divenuta sempre più comune con il "muralismo", un movimento artistico messicano. Va utilizzato per fare riferimento a un dipinto che può essere realizzato su una larga superficie (parete, soffitto, pavimento), con varie tecniche, come l'affresco, che si ottiene dipingendo con pigmenti stemperati in acqua su intonaco fresco.

Essendo nati da movimenti di protesta sono da considerarsi come libere espressioni creative della popolazione contro il potere. Nel tempo le cose sono cambiate perché hanno assunto valore estetico e sociale, pertanto gli stessi enti pubblici cercano artisti per rianimare le aree povere di colori.

I soggetti dei murales sono per lo più raffigurazioni allegoriche ispirate a motivi e ideali politici.


Graffiti

I graffiti sono la raffigurazione e lo studio di lettere che poi si sviluppano ingrandendosi e presentandosi in diversificate realizzazioni prospettiche (più spesse, con riempimenti e contorni). Derivano dal "graffitismo" una manifestazione sociale e culturale sviluppatosi a New York sul finire degli anni Settanta, basata sull'espressione della propria creatività tramite disegni, composti più da scritte e da parole in origine, ad esempio il proprio nome d'arte (tag) diffondendolo come fosse una firma o un marchio.
Si è soliti trovarli nei muri, nelle saracinesche, sulla superficie esterna dei treni... per questa ragione vengono considerati atti di vandalismo punibili per legge. Talvolta nelle periferie degradate si lascia ai graffitisti ampia libertà di esporre la propria creatività attraverso l'uso delle bombolette spray.
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Partita di calcio, Carlo Carrà - Analisi


Il dipinto "Partita di calcio" è un'opera di Carlo Carrà (olio su tela, 90x70 cm - 1934) che si trova conservata presso la Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma. Venne esposto per la prima volta nel 1935 in occasione della seconda esposizione Quadriennale Romana, dove Carrà partecipò con alcune opere e, questa è certamente fra le sue opere più famose. È evidente che il calcio fosse una grande passione e la raffigurazione di un'azione concitata della partita è in grado di suscitare emozioni al pari di opere più famose.


Analisi del dipinto

Un'esplosione di vitalità e di colore, dove tutto concorre a rendere lo spirito di leale competizione agonistica che anima i protagonisti.

Colore: gli azzurri rappresentano la nazionale di calcio italiana. La squadra avversaria non si conosce, in quanto nel gioco del calcio, la maglia del portiere è diversa da quella che indossano i suoi stessi compagni di squadra. Probabilmente è stato usato il colore rosso non tanto per identificare la squadra, quanto invece per dargli un ruolo da protagonista: è chiaro che essendo l'ultimo uomo a proteggere la porta, tutto dipenderà da lui.

Luce: il campo di calcio non è verde ma di un colore surreale per dare risalto alla metà superiore del dipinto dove si ha maggior luce.



Spiegazione

I calciatori con la maglia azzurra rappresentano un chiaro omaggio alla vittoria dei Mondiali di Calcio del 1934 della nazionale italiana guidata da Vittorio Pozzo. L'artista coglie l'azione in un momento concitato: si tratta di una mischia in area, con il pallone che finisce vicinissimo alla porta mentre gli attaccanti saltano per colpire di testa e il portiere si slancia nel tentativo di arrivare per primo sulla sfera. Le emozioni sarebbero di gioia in caso di gol oppure di rabbia e frustrazione in caso di gol mancato (stando dalla parte degli azzurri), ma la palla rimane in aria e quindi non sappiamo se a vincere sarà il portiere o saranno invece gli attaccanti.
Inoltre non è chiaro se il portiere abbia già respinto il pallone o se stia cercando di smanacciarlo altrove; la sua postura non è ben equilibrata e, quindi potrebbe anche mancare l'impatto col pallone.
Anche la posizione degli azzurri è anomala: sono in tre che saltano insieme al portiere, accerchiandolo, senza nemmeno essere marcati da un difensore avversario: chi prova a prenderla di mano (calciatore a sinistra), chi addirittura si posiziona proprio dietro (calciatore centrale) e chi invece spera che gli arrivi in testa per provare a segnare (calciatore a destra). Alla fine potrebbero anche aver commesso fallo sul portiere, infatti uno dei difensore alza la mano come a segnalare un'irregolarità, oppure potrebbe semplicemente essersi rassegnato...



Commento

Ci ricorda che, al di là delle sfide impegnative e drammatiche, ne esistono anche di modeste e quotidiane, sfide che animano la vita di ognuno di noi e alle quali gli artisti hanno rivolto uno sguardo affettuoso e divertito come nel caso della "Partita di calcio".
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La città ideale (dipinto): descrizione e analisi dell'opera

Città ideale

La città ideale è un dipinto tempera su tavola, le cui dimensioni sono 70 cm di altezza per quasi 2,40 m di lunghezza. L'opera è stata realizzata tra il 1480 e il 1490, ed è tenuta conservata nella Galleria Nazionale delle Marche, ad Urbino.





La città ideale: scheda del dipinto

Autore Sconosciuto
Data tra il 1480 e il 1490
Tecnica Tempera su tavola
Dimensioni 67,7×239,4 cm
Dove si trova Galleria Nazionale delle Marche, Urbino




Autore dell'opera

L'autore dell'opera, simbolo del Rinascimento italiano, è ignoto. Si pensa che possa essere uno tra: Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini. Ma secondo alcuni studiosi, propensi ad attribuire l'opera all'ambiente della Firenze laurenziana, credono che sia stato uno fra Giuliano da Sangallo (con la collaborazione di Botticelli) e Leon Battista Alberti. Un’ipotesi, quest’ultima, che sembra trovare elementi di riscontro negli esami strumentali cui è stata sottoposta la tavola che, con le riflettografie, hanno rivelato la presenza di un accuratissimo disegno architettonico. Basandoci solo sul periodo storico potrebbe anche essere stata realizzata da Leonardo da Vinci.



Periodo storico

Secondo Federico Zeri, critico d'arte italiano, quest'opera è stata eseguita intorno al 1490 perché è riuscito a decifrare su un edificio il numero "149". A Zeri va anche il merito di aver ricomposto il gruppo delle tre tavole delle Città ideali, di cui la più famosa è certamente quella di Urbino, cui si aggiungono gli esemplari di Baltimora e Berlino, un gruppo unitario nonostante le visibili varianti riscontrabili nei dettagli.



Analisi del quadro

Il dipinto è impostato su una rigorosa prospettiva centrale che permette di vedere i palazzi rinascimentali intorno a una piazza, in cui domina un tempio circolare. L'unico punto di fuga è posto nell'ingresso del tempio.

Il pavimento delle strade, con l'intersecarsi di marmi policromi, amplifica la struttura della città e gli edifici sono posizionati con una concezione "a scacchiera", sembrano i pezzi di una scacchiera che è considerata il modello assoluto di perfezione della città rinascimentale. Sono presenti anche due pozzi a base ottogonali con gradinate e sono posizionati in modo perfettamente simmetrico alle due estremità laterali in primo piano.

A prima vista il dipinto dà l'idea di un paesaggio abbandonato, non c'è anima viva in strada, ma le piante ai davanzali servono proprio a negare questa impressione. Dove ci sono piante significa che c'è qualcuno che si sta prendendo cura di loro, tra l'altro nella terza casa a sinistra sembra proprio che ci sia un piccolo giardino interno alla casa. La natura è poco presente in strada, non ci sono alberi, siepi o fiori ma molto in lontananza si vede una collina.

Colori: il colore dominante è il bianco, presente in diverse sfumature, dall'azzurro al blu verdastro del marmo serpentino, con l'aggiunta del colore bruno (marrone) nelle decorazioni in pietra di alcuni edifici. Il cielo è azzurro ma, come nell'arte nordica, digrada in toni sempre più chiari per evidenziare la parte centrale del dipinto.

Curiosità: sul primo piano dell'edificio a destra sono state raffigurate due colombe (vedere la figura sotto).



La città ideale può essere considerata una delle icone e degli emblemi più rappresentativi del Rinascimento italiano, e deve il suo successo per la presenza di innumerevoli misteri.
Quale funzione aveva? Dove era collocata in origine? Si tratta di una scenografia teatrale o di una rappresentazione pittorica delle correnti filosofiche di quel periodo come hanno ipotizzato alcuni studiosi? Chi ne fu il committente? E l’autore?
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Differenza astrattismo lirico e geometrico


L'Astrattismo nasce quando nei quadri non vi è più alcun riferimento alla realtà. Il concetto di "astrazione" è molto generale: esprime un procedimento mediante il quale l’intelletto umano descrive la realtà solo in alcune sue caratteristiche. Nel campo delle immagini, i segni, intesi come simboli che rimandano a cose o idee, sono già un modo astratto di rappresentare la realtà.

Astrattismo Lirico: L’Astrattismo lirico lascia ampio spazio alla fantasia e all'universo personale dell’artista. Il termine "lirico" fa riferimento ad un atteggiamento poetico del pittore che trapela anche dai segni e colori stesi sulla tela, suggerito dalla relazione tra l’uomo e le forme. Esponenti di questa corrente sono Paul Klee, Vassily Kandinskij e Osvaldo Licini (1894-1958). La meravigliosa liricità delle opere del pittore russo Kandinsky nasce dal legame che melodie o accordi musicali si legano al colore e che, come la musica molto amata dall'artista produce emozioni e stati d'animo. La tela è il pentagramma ed i colori sono le note.

Astrattismo Geometrico: L’Astrattismo geometrico è dominato da un rigore e da un controllo razionale dell’espressione assoluti. La matematica e la geometria, intesa come indagine dei rapporti numerici e lo studio delle proporzioni e delle misure tra sagome e colori, sono punti di riferimento centrali e irrinunciabili per i pittori che seguono questa strada. Piet Mondrian è il pittore più rappresentativo dell'Astrattismo Geometrico. Nel suo lavoro porta alle estreme conseguenze il processo di riduzione e di decomposizione dell'immagine cubista, realizzando un'arte in cui gli elementi strutturali si limitano a linee verticali e orizzontali, ai colori primari giallo, rosso e blu, al bianco della tela e al nero della griglia di linee. Altri esponenti di questa corrente sono Kazimir Malevic, Theo Von Doesburg. Un interessante e sempre più importante esponente dell'Astrattismo Italiano è la pittrice Carla Accardi.

I principi dell'astrattismo geometrico sono:
  1. Abolizione della terza dimensione;
  2. Indipendenza dai valori emotivi, al contrario di quanto afferma Vasilij Kandinskij, la pittura non deve esprimere sentimenti;
  3. I mezzi espressivi sono la linea e il colore;
  4. La forma ideale è il rettangolo perché in esso la linea è retta senza l'ambiguità della curva;
  5. Uso dei colori primari: giallo, blu, rosso

Quindi, è un ritorno alla linea geometrica primaria e fondamentale, anche l'uso dei colori primari riporta a questa concezione: la pittura rappresentata astrattamente attraverso ciò che è basilare, di base, primario, senza aggiunta di riccioli o di rappresentazioni di paesaggi o ritratto.


Differenza
La differenza è che l'astrattismo geometrico fa uso della "geometria per ridursi e per arrivare all'astrattismo, il lirico esprime liberamente ciò che un artista vuole: in questo caso per esempio ci sono molti pittori che disegnano scarabocchi perché sostengono che, essendo la prima figura disegnata da un bambino, sia la massima espressione dell'astratto..
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Riassunto breve: L'Astrattismo


L'astrattismo fu una corrente artistica nata nei primi anni del '900. La pittura astratta è libera e non vi è nessuna figura ben definita infatti la rappresentazione della stessa figura viene abbandonata. Uno dei primi ad aprire la strada verso l'astrattismo fu Vassilij Kandinskij con il suo "Primo acquerello astratto". Nel dopoguerra la pittura Astratta mise a fuoco due correnti che presero due vie completamente diverse: l'astrattismo lirico e l'astrattismo geometrico. Nell'Astrattismo lirico prevale la funzione espressiva e simbolica del colore, mettendo l’accento sull’emotività e si possono trovare le sue radici dal Fauvismo e dall’Espressionismo. Nell'Astrattismo geometrico, definita anche Arte Concreta, prevale l'aspetto geometrica delle forme applicato come un ritorno alla linea geometrica fondamentale, all’uso dei colori primari: giallo, blu e rosso e deriva dal Cubismo, fu fondato da un gruppo di pittori olandesi un movimento artistico astratto-geometrico chiamato De Stijl (Lo Stile).

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Riassunto vita: Franz Peter Schubert

Franz Peter Schubert nacque a Lichtental, piccolo sobborgo di Vienna, nel 1797. Sebbene sia venuto a mancare alla prematura età di 31 anni, egli può essere considerato il primo musicista Romantico, originale sia nelle composizioni musicali sia in quelle vocali. Nonostante la sua breve vita, scrisse circa 600 Lieder. Compose anche 10 sinfonie con il pianoforte, ma una di queste, la n°8 rimase incompiuta. Venne così chiamata "Incompiuta" ed è una delle sinfonie più celebri di tutti i tempi. Schubert studiò con il maestro di cappella della chiese di Vienna. Dal 1808 al 1813 frequentò lo Stadtkonvikt, dove studiò con Wenzel Ruzicka e, successivamente, con Antonio Salieri. Sotto la guida del maestro di cappella, Schubert fu in grado di comporre le prime ouverture e sinfonie. Nel comporre sinfonie e Lieder non usò il pianoforte, ma compose la musica come se stesse scrivendo parole, apportando pochissime correzioni. Nel maggio 1814 Schubert scrisse un canto “Messa” che fu suonata nella parrocchia di Lichtental. Nel 1815 portò a termine 4 Opere, 150 Lieder per voce e pianoforte, 2 Sinfonie, 2 Sonate pianistiche, 2 Messe, un Quartetto per Archi, e, soltanto l'anno dopo, compì altri 100 Lieder, le Sinfonie n° 4 e n° 5 e la “Messa n° 4“. Nel 1827 Franz Schubert pubblicò 24 Lieder e nel 1828, scrisse l'opera intitolata “Improvvisi”, senza, però, riuscire a pubblicarla. Franz Peter Schubert morì a soli 31 anni, di febbre tifoide, il 19 novembre del 1828. Egli riposa nel cimitero viennese di Wharing, a pochi metri di distanza da dove è sepolto Beethoven, che in vita tanto ammirò, ma che mai ebbe l'occasione di incontrare.
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Riassunto: Picasso e il Cubismo

Pablo Picasso è riconosciuto come il più importante e noto artista del Novecento. Picasso, in giovane età, fu, come del resto tutti gli altri artisti, molto povero. Nonostante la condizione precaria che conseguiva il "vivere d'arte", egli stimò coloro che compirono la sua stessa scelta. Fu Picasso, nel 1907, a dar inizio a una nuova corrente pittorica definita, successivamente, “Cubismo”. Lo stesso anno, infatti, Picasso presentò la più importante delle sue opere intitolata “Les demoiselles d’avignon” (Le signorine d’Avignon). Il pubblico, in un contesto socio-culturale conservativo (siamo agli inizi del XX secolo) restò deluso dal suo dipinto, poichè nessuno, prima d'allora, aveva osato stravolgere la visione artistica del mondo come fece egli stesso. Il termine “Cubismo” (Cubismo primitivo 1907-1909) deriva dal termine francese “cube” (cubo) e nasce nel 1906 a Parigi. Fu coniato da Georges Braque, in relazione al dipinto del 1908 denominato “Case l’Estaque”, in cui l’artista raffigurò il paesaggio in forme cubiche. L'origine del Cubismo si deve, quindi, a 2 importanti artisti: Pablo Picasso e Georges Braque. Essi videro la realtà in modo plastico, facendo uso di una pittura monocolore e dai toni spenti. A seguire troviamo il Cubismo Analitico (1909-1912), dove le forme solidificate, vennero viste senza prospetto. Si ha poi il Cubismo Sintetico (1912-1916), dove venne abolito l’effetto di rilievo. Successivamente si passa al Cubismo Orifico (1921-1925), dove i dipinti cominciarono ad essere completamente creati dal pittore e non più tratti dalla realtà. In quest'ultimo il colore tornò ad essere parte essenziale del dipinto.
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Vergine delle Rocce, Leonardo da Vinci - Analisi


di Leonardo Da Vinci
Spiegazione e analisi del dipinto:

La Vergine delle rocce (Madonna col Bambino, San Giovannino e un angelo) è un dipinto ad olio su tavola (di cm 199 x 122) realizzato tra il 1483 ed il 1486 dal pittore Leonardo da Vinci.

La prima Vergine delle rocce era stata commissionata a Leonardo dalla Confraternita dell'Immacolata. Questa, dopo che la tavola fu completata, non acconsentì a una maggior richiesta di denaro da parte di Leonardo e inoltre non concordava molto sull'iconografia. Pertanto la tavola venne venduta. Con la collaborazione di allievi, Leonardo ne realizzò una seconda versione (leggermente diversa dalla prima) che oggi è conservata alla National Gallery di Londra.

Personaggi

Le espressioni dei volti sono molto studiate e rese abilmente grazie all'uso di luci ed ombre e all'effetto sfumato; permane la tendenza tipica di Leonardo a rappresentare profili mascolini e spigolosi. Al centro della tavola si trova la Madonna, in una posizione leggermente sopraelevata rispetto a San Giovanni bambino, che ella ricopre con il mantello in segno di protezione. La mano sinistra è tesa sopra al capo di Gesù bambino, in segno di benedizione, mentre egli è trattenuto dal cadere da un angelo (forse Uriel), sedutogli a fianco. Le quattro figure sono disposte a croce e sono collegate tra loro da sguardi e gesti: San Giovannino prega Gesù, che lo benedice, mentre l'angelo lo indica, creando così una visuale "circolare". Nell'opera si può notare l'accenno ad un modulo fondamentale della composizione cinquecentesca, cioè la struttura piramidale dei personaggi.

Analisi pittorica

La figura umana, non è circoscritta e isolata, bensì si fonde armonicamente con il paesaggio circostante. Sopra alle teste delle figure, fin sullo sfondo, si apre una grotta. Nonostante questa sia vicina, l'effetto tridimensionale è molto efficace perché legato all'apertura delle rocce sullo sfondo. Il paesaggio in lontananza si perde nella foschia, le figure non sono più nitide e definite, e cambia anche il gradiente del colore; l'effetto tridimensionale non è più un fattore mentale bensì dipende dall'effetto atmosferico, in quanto la presenza dell'aria  (la nebbiolina per intenderci) costituisce un velo che offusca la visione. Su questo fondale ombroso Leonardo ha potuto realizzare il chiaroscuro sfumato che assorbe i contorni e addolcisce i volti.

Differenze tra le due vergine delle rocce

1)
Madonna col Bambino, san Giovannino e un angelo (La Vergine delle rocce)
Datato 1483-1486
Olio su tavola, cm 199 x 122
Collocato Parigi, Musée du Louvre

La scena si svolge in un paesaggio roccioso, orchestrato architettonicamente, in cui dominano fiori e piante acquatiche (di una grande precisione botanica); da lontano si intravede un corso d' acqua.
L'angelo guarda verso l'osservatore con un lieve sorriso e indica verso san Giovannino; questo particolare molto suggestivo è assente nella versione di Londra. La fortuna di questa composizione fu enorme, si conoscono infatti innumerevoli copie di mani di artisti italiani e stranieri.

2)
Madonna col Bambino,san Giovannino e un angelo (La Vergine delle rocce, seconda versione)
Datato 1495-1508
Olio su tavola, cm 189,5 x 120
Collocato Londra, National Gallery

Versione concepita e voluta da Leonardo stesso con molte differenze rispetto alla tavola parigina.
Le figure più grandi, dai panni semplificati che conferiscono maggiore monumentalità. Nel riformulare l' angelo l' artista ha scelto di sopprimere il gesto della mano che indica e di caricare il suo sguardo di una maggiore forza espressiva, concentrato com'è su se stesso; il Bambino non ha la stessa carica morale, anche il san Giovannino e la Vergine, che pur conservano una simile posizione, sono investiti da una più alta concentrazione di ombre che li rendono forse meno lirici. Il conglomerato di rocce è pressoché identico nelle due tavole, mentre differisce il chiarore del cielo nel fondo e le piante acquatiche che nella versione di Londra sono di tutt'altra specie. La tavola fu dipinta per sostituire il dipinto originario; dunque i due esemplari provengono dallo stesso altare anche se in tempi diversi. Rispetto alla versione parigina, questa presenta come una semplificazione dei concetti iconografici e simbolici, figure con un più marcato chiaroscuro e una più fredda tonalità cromatica.

GUARDA ANCHE: Mappa concettuale 1 e Mappa concettuale 2 della Vergine delle rocce.
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