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La Rivoluzione Scientifica e Illuminismo Riassunto

Per rivoluzione s'intende uno o più avvenimenti che hanno come scopo quello di apportare un cambiamento totale e duraturo per dare una svolta al passato. Quando sentiamo nominare la parola 'rivoluzione' ci vengono in mente eventi storici di grande importanza coma la Rivoluzione Francese; però è anche utilizzato anche per l'avvento di nuove idee o conoscenze, di grande rilievo per la storia del sapere umano. La rivoluzione del progresso prende il nome di rivoluzione scientifica ed indica una serie di scoperte e un cambiamento della mentalità verso gli studi e le ricerche a partire dal Seicento grazie all'opera di numerosi studiosi tra i quali spiccano l'italiano Galileo Galilei e l'inglese Isaac Newton.


Il progresso della Scienza

Progresso così come la rivoluzione sono termini moderni, il primo significa andare avanti, cioè passare da una situazione a un'altra che giudichiamo migliore e più credibile, entrambi si sono pianamente affermati nel Settecento. Un tempo e parliamo dell'epoca medievale non si aveva la mentalità di quello che potesse accadere nel futuro ma si pensava sempre al passato e per questo motivo si nutriva rispetto nella lettura della Bibbia e per Aristotele. Lo sviluppo e il miglioramento delle conoscenze dell'uomo sono concetti che hanno trovato appoggio nell'Umanesimo e nel Rinascimento: l'apertura dell'uomo verso la natura e le sue leggi e la fiducia in se stesso e nella propria capacità di scoprirle.


Galileo e il metodo sperimentale

Nella Firenze dei Medici, che già viveva nel suo periodo di grande fama data la presenza di artisti e studiosi si affermò Galileo Galilei (1564-1642). Era uno studioso di fisica e matematica, ed introdusse il metodo sperimentale cioè tutto cioè sosteneva che tutto ciò che accadesse in natura non si doveva dare per scontato ma doveva essere osservato e verificato attraverso degli esperimenti e che non bisognava solamente limitarsi alla fase descrittiva ma trovare dei calcoli matematici perché il grande libro della natura è scritto in lingua matematica.
Molti riconoscono Galileo come l'inventore del cannocchiale ma invece questi è stato realizzato da artigiani olandesi, lui perfezionò il progetto e fu il primo che lo usò per osservare corpi celesti e da qui trasse come conclusione che la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa, e dimostrò la validità della teoria eliocentrica di Copernico.

Scienza contro Chiesa

Anche se ciò che diceva Galileo era scientificamente provato, la Chiesa che era fermamente convinta a ciò che stava scritto nella Bibbia essendo questi per i popoli di quell'epoca la principale fonte della conoscenza scientifica, non era d'accordo perché in un brano della Bibbia si parlava del condottiero Giosuè che diceva al Sole di fermarsi. Oggi la situazione è diversa, la stessa Chiesa sostiene che la Bibbia è un testo religioso e non scientifico e tutto ciò che c'è scritto anche se è vero va interpretato e non semplicemente letto così per com'è. La situazione di Galileo non era delle migliore anche per via delle restrizioni verso le nuove idee imposte dal Concilio di Trento. Se prima Galileo divulgava le sue scoperte pubblicandole in diverse opere, dopo lo scontro con la Chiesa poteva ugualmente continuare i suoi studi purché li tenesse tutti per sé senza pubblicizzarli. Ma Galileo essendo l'uomo della conoscenza non poteva certamente farsi prevalere dall'ignoranza e così pubblicò le sue scoperte ugualmente. Questo suo atto di ribellione alle leggi imposte gli costò caro, dovette rinnegare tutto quanto aveva scoperto davanti al Tribunale dell'Inquisizione ed a causa della condanna fu costretto a vivere appartato nella sua casa ad Arcetri, vicino Firenze. Qui il granduca Ferdinando II de' Medici gli diede il permesso di continuare i suoi studi davanti a qualche allievo. Galileo si spense nel 1642 e proprio in quell'anno nacqua in Inghilterra Isaac Newton.

Newton e la legge di gravitazione universale

Il matematico e professore all'università di Cambridge Isaac Newton (1642-1727) osservò la rotazione della Luna attorno alla Terra e scoprì che la Luna era attratta dall'orbita della Terra. Approfondendo le sue ricerche scoprì che la caduta di un corpo sulla Terra così come il fenomeno della rotazione della Luna, seppure sono due fenomeno molto diversi, sono entrambi regolati da una stessa legge fisica che prende il nome di legge di gravitazione universale per cui tutti i corpi hanno la proprietà di attirarsi a vicenda; la forza di attrazione (o forza di gravità) cresce quanto più crescono le masse dei corpi, mentre diminuisce con l'aumentare della loro distanza. Quindi gli oggetti cadono perché attratti verso Terra dalla forza di gravità, la stessa che trattiene la Luna nella sua orbita intorno alla Terra e i pianeti intorno al Sole.

L'evoluzione scientifica

Se pensavate che gli unici esponenti della rivoluzione scientifica fossero Galileo e Newton, vi sbagliate di grosso perché vi sono stati migliaia di studiosi che hanno contribuito al progresso della conoscenza. Il filosofo tedesco Leibniz insieme a Newton scoprì il calcolo differenziale. L'astronomo tedesco Giovanni Keplero diede confermà alle teorie di Galileo e quindi che è la Terra a girare intorno al Sole e studiò anche le orbite dei pianeti; il chimico inglese Robert Boyle si occupò dello studio dei gas, i pensatori francesi René Descartes (soprannominato Cartesio) e Blaise Pascal hanno lavorato per un qualcosa che al giorno d'oggi sono i moderni computer, il matematico inglese John Napier inventò i logaritmi, il fisico italiano Evangelista Torricelli, studiò la pressione e inventò il barometro. Questi sono gli studiosi e ricercatori illustri ma molte scoperte sono state fatte da persone ignote, anche perché certe invenzioni si realizzano ma appaiono normali, per esempio il sestante, di cui non si conosce il nome dell'inventore è stato il più importante strumento di navigazione oceanica.


Scoperte Mediche

L'evoluzione scientifica passò anche in campo medico, l'invenzione del microscopio permise di scoprire la presenza di globuli rossi e l'esistenza dei capillari; Marcello Malpighi, inventore italiano dette vita ad una nuova scienza: la microbiologia che si occupava dello studio di piccoli organismi viventi. L'anatomia era l'ambito di cui si occupava il celebre studioso Giovanni Battista Morgagni. L'olandese Antoni van Leeuwenhoek ha trovato la spiegazione della diffusione di molte malattia: i batteri. La vita dipende da altre vita e nulla nasce spontaneamente, questa scoperta è dovuta ad Antonio Vallisneri e Francesco Redi. Vennero sconfitte malattie che sembravano incurabili come il vaiolo grazie alla scoperta del vaccino di Edward Jenner (1749-1823) che ebbe l'idea di introdurre nell'organismo una piccola quantità della malattia in modo da assumerla in forma leggera ed ottenere l'immunità dalle forme più gravi.

L'Illuminismo

Tutto questi cambiamenti, rivoluzioni avvenute tra il Seicento e il Settecento cambiò il modo di pensare e di comportarsi anche nelle diversi discipline come la filosofia, il diritto e l'economia. A partire dalla Francia si sviluppò un nuovo movimento culturale che prese il nome di Illuminismo: ed aveva come obbiettivo quello di portare la luce della ragione nella mente degli uomini per condurli sulla via del progresso e della felicità. Tra i principi degli illuministi vi erano la libertà di critica, la tolleranza delle idee degli altri, l'uguaglianza e la fratellanza tra gli uomini. Sostenevano fermamente che la storia dell'uomo non rimarrà immutata nel corso del tempo e che andando avanti il modo di vivere sarà sempre più giusto e felice.
Gli illuministi scrissero anche una grande enciclopedia di scienze umane ed i fondatori dell'opera furono Jean Baptiste D'Alembert e Denis Diderot. Non si trattava semplicemente di una raccolta d'informazioni ma di un modo per convertire i lettore verso le idee illuministiche e nonostante il governo francese cercò di ostacolarli ebbe un enorme successo. L'Illuminismo piacque così tanto che il Settecento fu chiamato "secolo dei lumi".

Riforma Politica

Illuminismo si basava sulla felicità dei popoli e con questa politica certamente non si poteva garantire il benessere del popolo e la loro soddisfazione. Tre grandi filosofi politici del Settecento (Charles de Montesquieu (1689-1755), Francois Marie Arout, detto Voltaire (1694-1778), e Jean Jacques Rousseau (1712-1778) hanno lasciato un impronta incancellabile nella storia.
Montesquieu con la pubblicazione della sua opera Lo spirito delle leggi esaminava le forme di governo che vi sono state nel passato e sosteneva che il governo doveva adattarsi alle esigenze del popolo perché un modello politico uguale per tutti non esiste. Sosteneva che il potere dello Stato andasse separato in 3 parti, il potere legislativo era quello del fare le leggi, il potere esecutivo nel governare per conto dello Stato, e il potere giudiziario per fare giustizia di colori che vanno contro le leggi stabilite. Solo con la suddivisione dei tre poteri si poteva garantire un giudizio equo in modo che un potere possa controllare il potere dell'altro, e difatti essendo un ragionamento più che giusto viene adoperato in molti Stati democratici.
Voltaire invece sosteneva che ognuno doveva essere libere di credere in qualsiasi cosa e il governo non doveva costringere gli individui a seguire delle idee già prefissate. Era del parere che i monarchi dovevano usare il loro potere per fare del bene al popolo e per difendere gli interessi della borghesia da cui dipendeva l'economia dei popoli.
Rousseau invece basava il suo credo nel principio dell'uguaglianza. Nel suo Contratto sociale aveva delineato ciò che per lui era un vero Stato democratico. Gli uomini nascono liberi e uguali, si riuniscono volontariamente in uno Stato, perché vivere insieme è più conveniente che vivere soli ma la loro libertà ed uguaglianza non devono essere violate. Lo Stato è un patto che si viene a creare con i cittadini e dato che sono loro lo stato il potere politico appartiene a loro ed i governanti rappresentano i funzionati ai quali il popolo ha prestato la sua fiducia e può togliergli il potere in qualsiasi momento. Dato che tutti i cittadini sono uguali lo devono essere anche di fronti alla legge.


Conseguenze Illuministiche

Se oggi possiamo godere di certi diritti e leggi molto lo dobbiamo agli illuministi. Tutti gli uomini nascono liberi e uguali, la libertà di pensare e di esprimere le proprie opinioni, di professare la propria religione, di essere giudicato come gli altri sono grandi idee arrivate sino ai giorni nostri, che un tempo non esistevano perché tali diritti (o per meglio dire privilegi) li possedevano solo i nobili. L'esigenza di essere libero non era solamente sul piano filosofico ma anche lavorativo, gli studiosi affermavano che chiunque doveva essere lasciato libero di svolgere l'attività che voleva, senza aiuti ma anche senza limitazioni. Ciò significava comprare e vendere merci all'interno dello Stato o fra diversi Stati senza il permesso di autorità superiori e senza pagare tasse o dazi per far entrare o uscire merci, che erano presenti anche per scambi da una città e l'altra. Fu successivamente Adam Smith (1723-1790) ha cambiare la situazione con la teoria del liberismo che fu alla base della rivoluzione industriale.
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La Rivoluzione Americana Riassunto



L'America del Settecento

Nei primi anni del Settecento l'America era solo un immenso territorio popolato da poche persone, era dominato da diverse potenze europee e solo in parte era stato colonizzato. La Spagna che aveva occupato l'America meridionale aveva tralasciato il Brasile essendo una colonia portoghese. L'Inghilterra, la Francia e la Spagna si divisero l'America settentrionale. Nella zona dell'oceano Atlantico si erano formate tredici colonie inglesi, fra queste New Amstedam era stata tolta agli olandesi e ribattezzata New York. Alle loro spalle si estendeva la colonia francese della Louisiana, nome derivato dal re Luigi XIV, più a sud si trovavano il Messico e la Florida che erano territori spagnoli.
Nella zona interna, nelle grandi prateria fino al Pacifico vivevano le tribù degli indiani pellerossa, questo nome gli è stato dato dai bianchi per il semplice motivo che si dipingevano il volto di rosso in occasione di guerra. Sioux, Cheyenne, Comanche, Crow, Piedi Neri, Arapaho, Navajo, Apache, Pueblo erano per lo più tribù nomadi che si spostavano frequentemente per la caccia di mandrie e bisonti. Più a nord, il Canada fu scoperto dai Francesi che lo colonizzarono, e poi crearono due città a cui vennero dati il nome di Quebec e Montreal. Nel corso del Settecento i domini spagnoli e francesi in totale erano circa cinquantamila bianchi, mercanti e cacciatori di pellicce, proprio perché a loro non interessava stabilirsi ma solamente sfruttare le risorse del territorio. Nel 1763 i Francesi vennero sconfitti dagli inglesi e così il Canada passò sotto il dominio inglese.

Le Tredici Colonie Inglese

Se da una parte veniva sfruttato il territorio dall'altra parte le tredici colonie inglesi rappresentavano un punto fermo della popolazione intenzionato ad insediarsi stabilmente e che comprendeva verso la metà del Settecento circa 2 milioni e mezzo di bianchi. Virginia, Maryland, Carolina del Nord, Carolina del Sud e la Georgia costituivano le cinque colonie del Sud dove l'economia era basata prevalentemente sull'agricoltura, organizzata con grandi piantagioni di cotone, riso, zucchero, e tabacco e la manodopera erano formata in maggioranza da schiavi dell'Africa.
New York, New Jersey, Pennsylvania e Delaware erano costituivano le quattro colonie del centro ed erano le città più ricche anche grazie alla presenza dei porti, erano popolate principalmente da inglesi ma v erano minoranza di Olandesi, Tedeschi, Irlandesi e Scozzesi, anche qui l'agricoltura era l'attività più fiorente ma le terre erano divise in piccole e medie proprietà, coltivate a conduzione familiare.
Massachussetts, Connecticut, New Hampshie e Rhode island costituivano le quattro colonie del Nord, erano abitate da Inglesi e Scozzesi e costituivano la regione chiamata New England (Nuova Inghilterra). La loro economica si basava sul commercia, anche quello degli schiavi che rivendevano alle colonie del sud. Avevano a loro disposizione una notevole flotta di navi da pesca e possedevano manifatture e fabbriche che vendevano i loro prodotti alle altre colonie.

Chi erano i Coloni

I Coloni, persone che abitavano l'America erano persone decise e disposte a lavorare duramente pur di costruirsi una vita diversa da quella passata. Chi andava a colonizzare era povero ed andava lì in cerca di maggior fortuna. Molti dei coloni erano stati perseguitati per motivi religiosi come i padri pellegrini del Mayflower, altri erano ex condannati o carcerati che il governo inglese aveva mandato a popolare le colonie in cambio della libertà.
Per questo motivo i coloni difendevano ad ogni costi i beni e la libertà che si erano conquistati, e questo individualismo, veniva trasmesso da padre in figlio, come un insegnamento di vitale importanza da tramandare nel tempo. Inoltre l'istruzione era molto diffusa, la media di chi sapeva leggere e scrivere, per quei tempi, era molto alta; non a caso furono fondate le grandi università di Harvard e Yale.

Il Governo delle Colonie e il Commercio con l'Inghilterra

Ogni colonia era amministrata da un governatore inglese affiancato da un'assemblea di rappresentanti dei cittadini dominata dai proprietari più ricchi che comunque davano la possibilità di creare libere discussione e un confronto di idee e data la diversità delle religioni e di nazionalità gli americani divennero molto più tolleranti rispetto agli Europei. Le colonie avevano un proprio piccolo esercito in cui venivano arruolati uomini liberi solo in occasione della guerra e servivano per difendersi dai Francesi o dalle tribù. I coloni erano piuttosto liberi in ambito politico ma non in ambito commerciale dove erano obbligati ad acquistare solo merci inglesi e usare solo navi inglesi per i loro trasporti.

Le Nuove Tasse: Scoppia il Conflitto

L'Inghilterra che vinse le guerre del Settecento si affermò come potenza mondiale ma queste guerre gli costarono molto care, a tal punto che il governo inglese penso di tassare anche le colonie americane. Nel 1774 fu imposta la tassa sul té importato in America che provocò proteste vigorose da parte delle colonie. Fece molto scalpore quello che fecero un gruppo di coloni ribelli nel portodi Boston che gettarono il carico di alcune navi inglesi a mare. E così iniziarono a commerciare con l'estero senza rispettare le regole imposte dal governo inglese. I coloni ritenevano ingiuste le tasse imposte e votate dal Parlamento inglese di cui non ne fanno nemmeno parte, inoltre non si sentivano minacciati dai Francesi e quindi la presenza degli inglesi era diventata un peso inutile. Il governo inglese non ci stava a farsi mettere i piedi in testa dai coloni e nel 1775 a Lexington vi fu uno scontro tra l'esercito del Massachussetts contro i soldati inglesi. L'anno successivo tutti i rappresentati delle colonie si riunirono a Filadelfia dove formarono un parlamento (il Congresso) e affidarono il comando dell'esercito a George Washington, un generale che aveva già combattuto nelle guerre contro i Francesi.

La Proclamazione dell'Indipendenza

Al Congresso potevano far parte delle persone di una certa cultura e di grande importanza come Benjamin Franklin e Thomas Jefferson. I due ispirarono la Dichiarazione d'indipendenza approvata il 4 luglio 1776. Siccome la rottura tra Inghilterra e America fu abbastanza evidente per fare in modo che non accadessero eventi simili la dichiarazione stabiliva un principio fondamentale, che tutti gli uomini crescono uguali e dotati di diritti che nessuno può loro togliere come il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della propria felicità. Non meno importante era un altro principio: quando un governo nega questi diritti il popolo ha diritto di ribellarsi e cambiarlo. La sovranità del popolo nella realtà non apparteneva proprio a tutti dato che inizialmente il diritto di voto venne limitato ai cittadini che possedevano delle proprietà. Gli schiavi non potevano votare e non avevano il diritto alla libertà. Anche se ancora si era distante dalla vera democrazia americana era già stato fatto un grande passo verso una straordinaria conquista.

La Guerra d'indipendenza

La forza degli inglese era senza alcun dubbio maggiore rispetto a quella dei coloni che però erano più motivati a vincerla dato che erano in gioco le loro case e la loro terra. Il presidente Washington cercò di evitare le grandi battaglie e di guadagnare tempo in questo modo l'Inghilterra doveva spendere più soldi per il mantenimento del suo esercito oltre oceano. Nel frattempo il Congresso inviò in Europa diversi ambasciatori, tra i quali Benjamin Franklin, per ottenere l'appoggio di altre nazioni.
Nel 1778 la Francia, da sempre nemico dell'Inghilterra, entro in guerra in aiuto dei coloni e gli inglesi furono sconfitti a Yorktown, nel 1781.
Nel 1783 fu firmato il trattato di Versailles, con il quale l'Inghilterra riconosceva l'indipendenza degli Stati Uniti e cedeva alla Francia alcune isole delle Antille e la colonia africana del Senegal.

Gli Stati Uniti d'America

Nel 1787 fu riunito nuovamente il Congresso che approvò la Costituzione degli Stati Uniti d'America e nel 1789 George Washington venne eletto presidente degli Stati Uniti. Ogni Stato era indipendente e si organizzava da sé con la repubblica federale. Al governo federale spettava il controllo della polizia estera e quello dell'esercito. La Costituzione prevedeva la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.
Il potere esecutivo (il governo) venne affidato al presidente degli Stati Uniti, eletto dal popolo.
Il potere legislativo spettava al Congresso, formato da un Senato e una Camera dei deputati, con membri eletti nei singoli Stati.
Infine il potere giudiziario fu affidato a giudici eletti in ogni Stato e a una Corte suprema federale che doveva far rispettare la Costituzione.

Le Conseguenze dell'Indipendenza

Se pensavate che con la dichiarazione d'indipendenza fossero finiti i problemi vi sbagliavate di grosso, anzi, sorsero contrasti fra gli Stati che col passare del tempo diventarono delle spaccature. Questo perché il sud basato sull'agricoltura non aveva gli stessi interessi del Nord più indirizzato verso l'industria. Ed inoltre il sud voleva mantenere la schiavitù. Per questi motivi nel 1861-65 vi fu una guerra civile fra Nord e Sud chiamata: Guerra di Secessione.

Lo Sviluppo di una Grande Nazione

Lo sviluppo degli Stati uniti affascinava moltissimo gli europei che continuavano ad arrivare insistentemente incoraggiati da una prospettiva di vita e di lavoro migliori. La popolazione americana passo dai 3,9 milioni del 1790 ai 76,3 milioni del 1900. La realtà però era ben diversa dato che questo era quello che si poteva osservare dall'esterno del paese mentre la libertà d'iniziativa, la mancanza di privilegi e di gravi discriminazioni valevano solamente per i bianchi ma comunque molti emigranti europei riuscirono a costruirsi una vita più libera e dignitosa di quella che avevano lasciato nel proprio paese di origine.
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La Rivoluzione Francese - Riassunto


La società

La Francia di fine Settecento non stava attraversando un buon momento sia da un punto di vista politico che sociale. La politica era rimasta quella dei tempi di Luigi XIV, ovvero era ancora presente la monarchia assoluta, cioè vi era un re che possedeva tutto il potere e poteva fare ciò che voleva senza alcuna limitazione, anche ordinare il carcere per un suddito, un nobile o ecclesiastico, borghese o popolano. La società francese era suddivisa in tre classi sociali, chiamati anche ordini, ed erano il clero, la nobiltà e il terzo stato (il termine terzo stato, significa in ordine di importanza rispetto ai primi due si trovava in terza posizione). Il terzo stato comprendeva il 95% della popolazione ed includeva tutti coloro che non erano né aristocratici né ecclesiastici.

I privilegi dei Nobili

Clero e nobiltà, in particolar modo la seconda potevano godere di svariati privilegi. Non pagavano le tasse ed erano protetti da una giustizia che si comportava in modo particolare con loro ad esempio gli appositi tribunali, composti di aristocratici, giudicavano i loro delitti spesso con meno severità e li facevano passare come incidenti. Le cariche più alte dello Stato e dell'esercito erano riservate ai nobili, anche per questo potevano gestire a loro favore la giustizia. Vivevano nella grandissima e lussuosissima corte di Versailles dove venivano organizzate feste e banchetti, dove attendevano i loro stipendi e ricompense, quest'ultime venivano date dal sovrano in base alle sue preferenze. Per quanto riguarda le campagne il controllo dipendeva dai diritti feudali, inoltre i contadini dovevano dare denaro, parte del loro raccolto o dovevano offrirsi per delle giornate di lavoro gratuita ai signori locali.

Il Terzo Stato

Era la classe più insoddisfatta in assoluto perché erano numericamente la maggioranza, erano i più attivi dato che comprendeva la borghesia, gli artigiani, i contadini e gli operai ma non contavano nulla nell'ordinamento politico. Erano solo quelli che dovevano lavorare per sfamare il paese, niente di più. Non solo venivano sfruttati dai ceti superiori, ma non ricevevano nemmeno un minimo riconoscimento, anzi per essere ancor più umiliati gli venivano imposte tasse ed una serie di obbligazioni. Inutili furono i tentativi del terzo stato di chiedere al re di convocare gli Stati generali, l'antica assemblea formata da rappresentanti dei tre ordini per sperare in nuove riforme migliori di quelle attuali.

Lo spreco dello stato

Le pesanti tasse non venivano imposte alla popolazione senza un valido motivo, difatti come già detto la Francia non se la passava benissimo a causa delle guerre sostenute nel corso del Settecento, alle spese folli per mantenere la lussuosa corte di Versailles che comprendeva circa 10.000-15.000 nobili che comportavano uno spesa del 20% dei soldi ottenuti con le tasse, e anche a causa della crisi della produzione agricola del 1788 provocata dal maltempo che provoco l'aumento del costo del pane. Tali eventi che comportavano una spesa eccessiva allo Stato e che avrebbe portato la Francia verso la rovina spinsero il re Luigi XVI (1774-93) a nominare due ministri fidati e capaci per porre rimedio a tale situazione come l'economista Turgot e poi il banchiere Necker. Questi trovarono delle soluzioni partendo dalla riduzione delle spese della corta ma il re non approvava questo tipo riforme radicali e nemmeno la stessa regina Maria Antonietta voleva trattenersi in queste spese.
Il ministro Necker propose di far pagare le tasse anche alla nobiltà e al clero, ma questi non avendo mai pagato tasse e non avendo intenzione di iniziare a pagarlo si opposero a tale proposta e chiesero anch'essi la convocazione degli Stati generali, dove contavano di impedire tale riforma.
Tutte e tre le classi a questo punto erano d'accordo di riunirsi in Assemblea e così Luigi XVI decise di convocarla. Se i nobili e il clero aspettavano l'appoggio del re per per mettere a tacere le pretese del terzo stato, quest'ultimo non si faceva di certo intimidire e continuava nella sua lotta nel chiedere l'abolimento dei privilegi dei nobili e una più sana amministrazione del paese, i contadini invece chiedevano solamente un miglioramento delle condizioni di vita.
Per risolvere questa confusione nell'assemblea ci sarebbe voluto un parere forte ed autorevole come quello del sovrano ma Luigi XVI era tutto l'opposto della persone che serviva per prendere una giusta decisione essendo un tipo poco intelligente, incerto, indeciso e incapace di assumersi alcuna responsabilità.

Gli Stati Generali

Il 5 maggio 1789 furono convocati gli Stati generali, e si ponevano in loro grande fiducia e c'era molta suspance in quanto era da quasi due secoli che non si riunivano.
All'interno della sala di Versailles si riunirono circa 1200 deputati di cui 270 era nobili, 291 erano il clero e 578 il terzo stato. Ancora si doveva iniziare ad affrontare l'argomento che si verificò il primo contrasto e riguardava la modalità di votazione. Se si votava per ordine, come era avvenuto anche nei secoli precedenti avrebbero vinto nobiltà e clero perché avrebbero avuto la maggioranza di due contro uno, e per questo motivo il terzo stato appoggiato da molti parroci eletti nelle campagne e anche alcuni nobili chiedevano la votazione per testa. Il re non poteva andare contro la nobiltà e così decise che si sarebbe votato per ordine e poi sciolse la riunione. E così i rappresentanti del terzo stato ed i loro seguaci decisero di andare avanti ugualmente, si dettero il nome di Assemblea nazionale e si riunirono in una sala dove si praticava il gioco della pallacorda, una specie di tennis. In questa sala, il 20 giugno, giurarono di non dividersi finché la Francia non avesse avuto una costituzione.

La presa della Bastiglia

La nuova Assemblea nazionale credeva che il sovrano avrebbe capito la situazione generale ed avrebbe accettato le condizioni ma invece avvenne l'opposto, fu licenziato il ministro Necker che gli consigliava di accettarle, e fece affluire le truppe a Parigi. Il popolo di Parigi allora si ribellò ed assalì e conquistò la Bastiglia, in questa fortezza venivano rinchiusi i prigionieri politici, che vennero liberati.
Il 14 luglio, che passò alla storia come il giorno della presa della Bastiglia fu considerato come l'inizio della Rivoluzione Francese e tutt'ora festeggiato come festa nazionale.
La rivolta arrivò sino alle campagne, vennero saccheggiati molti castelli e poi vennero incendiati, vennero uccisi anche molti nobili. Dopo neanche un mese, il 4 agosto, l'Assemblea nazionale votò l'abolizione dei privilegi della nobiltà e dei diritti feudali.

La monarchia costituzionale

Il 26 agosto 1789 fu approvata dall'Assemblea una Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino che fu ispirata dai principi della rivoluzione americana e dall'Illuminismo. Questa dichiarazione contiene i principi fondamentali della libertà della persona come l'uguaglianza di tutti i cittadini e la sovranità popolare che stanno alla base anche dei più moderni Stati democratici.
Nonostante il re fosse contrario ad approvare tali decisioni, fu costretto ad accettarle dalla folla che lo costrinse anche a lasciare la reggia di Versailles.
Con le nuove riforme (1789-1791) dell'Assemblea la monarchia divenne costituzionale, tuttavia ancora non si parlava di una vera repubblica in quanto il potere esecutivo venne affidato al re ed ai suoi ministri, il potere legislativo spettava ad un'Assemblea legislativa, i cui deputati venivano eletti dai cittadini con un certo reddito, mentre i poveri non possedevano il diritto al voto; infine il potere giudiziario era affidato ai giudici, anch'essi eletti.
La Chiesa divenne parte dello Stato e così anche gli stipendi dei sacerdoti, e coloro che non erano d'accordo vennero perseguitati.

La Destra e la Sinistra

Dopo aver fatto il suo dovere l'Assemblea nazionale si sciolse e fu sostituita dall'Assemblea legislativa (1791). Era suddivisa in partiti e movimenti politici con idee diverse:
  • Giacobini: repubblicani e favorevoli a delle riforme molto radicali.
  • Foglianti: conservatori e monarchici.
  • Girondini: che sostenevano gli interessi della borghesia mercantile delle province e avevano una posizione vicina a quella dei giacobini ma più moderata.
Questi, quando si riunivano nell'aula dell'Assemblea sedevano in zone precise, i giacobini ed i girondini sedevano a sinistra rispetto al banco della presidenza e i foglianti a destra, da qui i termini politici destra e sinistra, essendo i propri progressisti e democratici ed i secondi conservatori.
Nell'Assemblea si vennero a creare dei personaggi, che fino a quel momento non erano conosciuti come Massimiliano Robespierre appartenente ai giacobini che prese il soprannome di l'"incorrutibile" per la sua rigida moralità e l'avvocato e oratore Georges Jacques Danton, Jean Paul Marat direttore del giornale l'Amico del Popolo.

Contro la Rivoluzione

I paesi europei come la Prussia, la Russia, il regno di Sardegna e l'Austria non videro di buon occhio la rivoluzione che si diffuse in Francia e temevano che questa contagio potesse essere contagioso anche per la loro popolazione e così decisero di attaccare la Francia. Anche se nei primi scontri le truppe francesi ebbero la peggio, contro le aspettative, il pericolo suscitò il senso del patriottismo e difatti furono migliaia e migliaia coloro che si arruolarono nell'esercito come volontari.

Nasce la Repubblica Francese

Il re Luigi XVI che aveva cercato di fuggire da Parigi (1791) per recarsi all'estero venne riconosciuto e arrestato, rimase ugualmente al trono ma essendo considerato sleale e traditore la sua popolarità era ai minimi storici. Il re a questo punto cerco di creare una sorta di amicizia con le potenze nemiche ma fu scoperto ed arrestato insieme alla sua famiglia (1792). Quando l'esercito francese sconfisse a Valmy le truppe prussiane fu creata una nuova assemblea, chiamata la Convenzione nazionale ed essendo in maggioranza persone di sinistra fu abolita la monarchia e proclamata la repubblica. Ed il re fece la fine di chi fa il doppio gioco, venne condannato e decapitato insieme alla regina Maria Antonietta

Il Terrore

Nella nuova costituzione del 1793 venne introdotto il suffragio universale maschile, cioè tutti i maschi potevano votare indipendentemente dal reddito ma ancora una volta vennero escluse le donne.
Le potenze nemiche non mollarono la presa e si fecero nuovamente sotto attaccando la Francia e per fronteggiare la situazione, tutti i poteri dello Stato vennero affidati a un Comitato di salute pubblica, nella quale faceva parte Robespierre. Il comitato impose i prezzi del grano e degli alimenti in generale, poi richiamò alle armi i migliori uomini per fermare ogni tentativo di opposizioni alla Rivoluzione. Tutti quelli che venivano considerati nemici della Rivoluzione, anche quelli sospettati ma senza nessuna prova certa, venivano arrestati e decapitati. Siccome tutti temevano di poter essere considerati complici, questo periodo passo alla storia come il periodo del Terrore (1793-1794). C'era poco da stare sereni dato che in soli 6 mesi furono uccisi 16.000 persone e di questi pochi erano nobili, in gran parte si trattava di gente comune come borghesi, artigiani, operai e contadini.

La Caduta di Robespierre

Con la vittoria dell'esercito francese sui nemici non c'era alcun motivo di permettere a Robespierre di continuare con le uccisioni, e tramite un accordo i deputati decisero di arrestarlo e ucciderlo, e per lo stesso motivo vennero perseguitati anche i giacobini. Il paese era stanco di guerre e processi e prevalsero gli interessi dei gruppi più moderati come gli imprenditori, i borghesi e gli artigiani che acquistarono le terre sequestrate alla Chiesa.

Potere alla Borghesia

Nel 1795 per decisione di moderati e borghesi fu attuata una terza costituzione che garantiva soprattutto le libertà personali, la proprietà privata e la libertà economica. Il governo della repubblica venne affidato a un Direttorio composto da 5 membri. In questi anni si mise in luce un giovane guerriero: Napoleone Bonaparte a cui venne affidato il compito di fermare le rivolte monarchiche e di comandare una spedizione i Italia (campagna d'Italia) contro l'Austria.
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Lenin: Rivoluzione Russa

Le riforme dello zar Alessandro II dal 1861 (abolizione della servitù della gleba, riforma agraria) vennero considerate dai contadini e dai pochi intellettuali russi come il punto di partenza per ottenere altre e più concrete: la proprietà privata e una Costituzione liberale.
Si formò un forte partito socialista, che nel 1903 si spaccò in due: i bolscevichi (la maggioranza rivoluzionari, capeggiati da Lenin e i menscevichi (la minoranza) riformisti.
Seguì una serie di scioperi e di manifestazioni che sebbene repressi dalla polizia nel sangue, prepararono la rivoluzione. Essa poté essere attuata grazie alla 1° guerra mondiale, in quanto le gravi sconfitte subite dalla Russia fecero  esplodere la crisi economica e sociale.
Nel febbraio del 1917 operai e soldati scioperarono insieme e in seguito sorsero i consigli di fabbrica (soviet).
Lo zar Nicola II abdicò a favore del fratello Michele, il quale, però, rinunciò alla corona. La monarchia era in pratica finita e la Russia diventava una repubblica, con un governo provvisorio menscevico. Ma Lenin incitava alla rivolta il proletariato per affidare il potere ai soviet. La rivoluzione scoppiò così nell'ottobre 1917 ed ebbe pieno successo.
Le guardie rosse occuparono la capitale Pietroburgo e venne formato un nuovo governo, con a capo Lenin, il quale nonostante numerose resistenze riuscì a consolidare il suo potere.
Lo zar Nicola II e la sua famiglia vennero fucilati e molti avversari eliminati.
Per risolvere il problema dello sviluppo economico della Russia, Lenin impostò un nuovo programma, la N.E.P (Nuova politica economica), che fu sviluppato tra il 1921 e il 1928, consentendo una certa libertà in agricoltura e ai privati.
Lenin, però, morì nel 1923 e il suo posto successe Stalin, il quale realizzò il socialismo, costruendo uno Stato comunista dove la terra era collettivizzata (cioè di tutti). Stalin non permise a nessuno di opporsi alle sue idee: gli avversari vennero prima allontanati dal partito e poi eliminati (1935-1928).
La Russia si trasformò in un paese industriale, il livello della vita si elevò parecchio, ma libertà e democrazia scomparvero.
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Cause Rivoluzione Russa

Riassunto:
Durante la prima guerra mondiale nel 1917 viene abbattuta la monarchia zarista e scoppiò la prima rivoluzione comunista. I motivi erano tanti. Uno perché la maggioranza della popolazione era contadina e viveva in miseria. C'erano pochi ricchi proprietari terrieri e i Kulaki contadini agiati che possedevano piccole aziende agricole. Le industrie erano poche e sorte per mezzo di capitaliste stranieri.
Le condizioni degli operai erano anch'esse dure, ore prolungate e salari bassi.
La rivoluzione del 1905 unisce molte forze sociali, per opporsi allo zar, come gli aristocratici liberali, i borghesi del partito costituzionaldemocratico, i socialisti rivoluzionari e il Partito socialdemocratico (diviso in due fazioni, la maggioranza che aveva una linea moderata e minoranza bolscevica che aveva una linea rivoluzionaria capeggiata da Lenin).
Negli anni successivi il ministro Stolypin tentò di avviare una riforma agraria per favorire la formazione di un ceto agiato per risolvere questa situazione. Prima le terre appartenevano ai MIR comunità del villaggio, che li distribuivano ai braccianti in certi periodi, prima in Russia non esisteva la proprietà privata.
Con la riforma agraria il capofamiglia poteva comprare un pezzo di terra della comunità.
La riforma però fallì perché le terre le ebbero solo gli aristocratici e i borghesi che se le potevano comprare. I contadini poveri si trasformarono in braccianti o si riversarono in città a cercare lavoro nelle poche fabbriche. Così ci fu disoccupazione.
La Russia si illudeva di risolvere le controversie interne partecipando alla prima guerra mondiale e così vi partecipa anche se impreparata. Quei tre anni costarono alla Russia molte perdite e il peggioramento della situazione, ci furono all'interno scioperi e rivolte.
L'8 marzo 1917 scoppiò a Pietrogrado, la capitale, una rivolta di operai e soldati che provocò l'abdicazione dello zar Nicola II. Così avviene la rivoluzione. Venne diviso il potere nel governo provvisorio guidato dai moderati e il soviet a Pietroburgo cioè consiglio dei rappresentanti degli operai soldati.

I soviet rappresentavano i lavoratori (socialisti) che volevano una pace immediata, mentre il governo provvisorio si opponeva, voleva uno stato liberale come quello francese o inglese. Rientrano dall'esilio i capi rivoluzionari seguiti dalle masse come Lenin che giunto a Pietroburgo fece le tesi d'aprile, programma rivoluzionario, che propose che il potere passasse nelle mani dei soviet e abbattere il capitalismo, esso non ebbe subito adesioni, ma sembrò realizzarsi quando il governo provvisorio in un intervento militare in Galizia si rivelò un disastro.
A Pietrogrado scoppiò un'insurrezione da parte dei bolscevichi, ma furono duramente repressi e Lenin fuggì in Finlandia e i rivoluzionari furono arrestati. Però il crollo del governo provvisorio di Kerenskij era prossimo, che ebbe dei poteri superiori per opporsi al popolo e ai fedeli dello zar.
I tentativi filozaristi furono represse dai soviet e dalla guardia rossa operaia.
Il partito bolscevico all'inizio d'ottobre decise di fare un'insurrezione armata per prendere il potere.Vi parteciparono Lenin ritornato dall'esilio, Lev Trotzki e Stalin.
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Il 1848 in Italia

Riassunto dei moti rivoluzionari
Negli anni prima del 1848 un po' in tutta Italia c'erano state delle riforme. Infatti quando fu eletto Pio IX, concesse un'amnistia per i reati politici e istituì una consulta di stato. In Piemonte e in Toscana i sovrani concessero una limitata libertà di stampa e cambiarono in senso liberale l'ordinamento giudiziario e di polizia. Nel regno delle due Sicilie dove non ci furono le riforme istituzionali scoppiò a Palermo (un mese prima rispetto a Parigi) una rivolta contro Ferdinando di Borbone che fu costretto a concedere la costituzione. Così a Torino Carlo Alberto concede lo Statuto (4 marzo 1848). Mentre il Granducato di Toscana l'aveva concessa il 12 febbraio. Quando si seppe che a Vienna era scoppiata una rivolta e che Metternich fu costretto alla fuga, il popolo veneziano liberò i patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo e così cacciarono gli austriaci e proclamarono la repubblica. La notizia giunse a Milano che il 18 marzo si preparò per cacciare gli austriaci seguirono le cinque giornate di Milano in cui le truppe austriache comandate da Radetzky furono sconfitte, e costretto a rifugiarsi nel quadrilatero (Mantova, Peschiera, Verona e Legnano). A Parma il duca Carlo II concedette la costituzione. A Modena il duca preferì abbandonare la città. I patrioti lombardi chiesero a Carlo Alberto di intervenire contro gli austriaci: così pressato Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria il 23 marzo 1848 così i sovrani di Toscana, Napoli e il papa inviarono delle truppe per aiutarli. Dapprima ma si ebbero delle vittorie poi quando si ritirarono gli aiuti si ebbero le prime sconfitte. A Custoza dove Carlo Alberto lanciò Milano agli austriaci e il 9 agosto, firmato l'armistizio. Nello stesso periodo il re Ferdinando II di Borbone riprese il potere.
I moderati liberati pensarono di aver fatto un grosso sbaglio e pensarono che l'unità nazionale si poteva realizzare se partecipava tutta la popolazione. In Toscana il duca Leopoldo II fu costretto alla fuga e presero il potere i democratici Francesco Guerrieri, Giuseppe Montanelli e Giuseppe Mazzini.
Pio IX pose a capo del Governo Pellegrino Rossi, ma quando fu assassinato, il papà si rifugiò a Gaeta. E' il 29 febbraio 1849 proclamarono la repubblica con un triumvirato composto da G. Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi.


La crisi della rivoluzione in Europa
In Francia era venuto il momento delle elezioni del 1848, nonostante ciò i contadini ancora dovevano pagare ugualmente le tasse (ateliers nationaux) nel 1848 viene eletto dal popolo il presidente della Repubblica Luigi Bonaparte, nipote di Napoleone un anno dopo divenne dittatore e in seguito imperatore assumendo il nome di Napoleone III. Nel giugno del 1848 l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe riprese il potere come i Germania Federico Guglielmo IV.
Sospeso l'armistizio di Salasco riprese il conflitto austro-piemontese, ma il 23 marzo a Novara Carlo Alberto perse e fu costretto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II, questi a Vignale firmò l'armistizio però gli austriaci occuparono Alessandria. Dopo il crollo della repubblica toscana, Venezia, Roma e l'Ungheria resistettero, ma durarono poco. Infatti Napoleone III sconfisse le truppe repubblicane e riportò il papa Pio IX (1849). Pure Venezia assediata dall'Austria si arrende dopo la pestilenza e la fame.


L'Italia dopo la crisi del 1848
L'Italia nel decennio successivo al 1848 ebbe un discreto sviluppo in molti settori soprattutto, in Lombardia, ma l'impero d'Austria sfruttava queste risorse per altri scopi. Nel sud i Borboni facevano poco o nulla per avviare all'industrializzazione. Invece nel regno di Piemonte vi è un grande sviluppo economico (nuove linee ferroviarie, abolizione delle barriere doganali, ampliazioni del porto di Genova, sviluppo dell'industria siderurgica e meccanica, potenziamento dell'agricoltura) dovuto anche alle libertà costituzionali e dall'indipendenza. Intanto nasce un nuovo progetto che guida all'unificazione nazionale. Lo Statista Camillo Benso conte di Cavour, un aristocratico piemontese che oltre ad essere un intellettuale era anche un grande imprenditore e si preoccupò un po' dei problemi dei borghesi. Nel 1850 quando egli era d'accordo di far pagare le tasse di Siccardi cioè di far pagare le tasse e al clero. In seguito divenne capo dei moderati, egli da semplice ministro superò la politica di D'Azeglio, poi si alleò con Urbano Rattazzi e quindi Vittorio Emanuele II dovette farlo diventare capo del governo.
Cavour cercò di avere degli appoggi internazionali all'unificazione. Infatti interviene nella guerra di Crimea e così nel 1856 Cavour si siede al tavolo delle trattative di pace nel congresso di Parigi non ebbe possedimenti ma ebbe la simpatia di Napoleone III (Francia) e dell'Inghilterra che erano favorevoli all'unificazione dell'Italia.
Cavour il 22 giugno 1858 stipulò un accordo con la Francia e Plombieres. La Francia si impegnava a intervenire col Piemonte contro l'Austria se avesse aggredito la Savoia.
In cambio gli davano Nizza e Savoia. Cavour tolse le imposte indirette e mise quelle dirette, cioè secondo la ricchezza della gente. La sua alleanza fu centro-destra / centro-sinistra, fece costruire canali di irrigazione.
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Moti del 1848

Tra il febbraio e l'aprile del 1848 l'Europa è sconvolta da tre rivoluzioni. Infatti in Francia, in Austria e in Germania i governi furono rovesciati, esse scoppiano per motivi diversi.
In Francia la rivoluzione scoppiò perché tra il 1846-47, si manifestò una crisi economica a causa di due cattivi raccolti e la crisi dell'industria e del commercio che provocarono fame e disoccupazione. La piccola borghesia preme per andare al governo e anche di poter votare. Così si fauna rivoluzione sociale nel 24 febbraio 1848 Luigi Filippo d'Orlean è costretto ad abdicare. Così si forma un fragile governo repubblicano socialista moderato con gli ideali di Blanc e Blanqui (venne introdotto il suffragio universale maschile).
La rivoluzione dilaga anche in Germania e il 13 marzo fu costretto a dimettersi e a fuggire in Inghilterra, mentre l'imperatore Ferdinando concedeva la costituzione. Vi furono delle insurrezioni il 15 marzo a Budapest, il 17 marzo nella repubblica veneta e il 18 marzo scoppiano le cinque giornate di Milano.
In Germania il 17 marzo Federico IV, re di Prussia è costretto a concedere la costituzione, la rivoluzione qui mirava a unificare gli staterelli in cui era diviso il territorio tedesco.
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Moti del 1830-1831


Riassunto rivoluzione:
Nel 1830 una seconda fase rivoluzionaria interessò l’Europa. La prima sommossa scoppiò a Parigi il 26 luglio 1830. Infatti la politica di Carlo X con l’avvio dell’industrializzazione aveva arricchito solo i borghesi. Così i borghesi cominciarono ad unificarsi con i popolani. Il re pose il potere nelle mani degli ultras reazionari e tentò la via del colpo di stato. Il 25 luglio 1830 Carlo X abolendo la libertà di stampa e favorendo nella politica gli aristocratici fece seguire tre giorni di combattimenti (Le tre gloriose giornate di Milano) il re fu costretto a dimettersi e a fuggire. Siccome i borghesi non volevano far partecipare al governo il popolo fecero salire al trono il duca Luigi  Filippo d’Orleans che il 31 luglio fu acclamato re dei francesi. Egli appoggiava solo l’alta borghesia.
Il partito borghese era capeggiato dal gen. Lafayette, dello statista Tohiers e dallo storico statista Guiror, quindi le condizioni del popolo peggiorarono, scoppiarono molte rivolte, quella più famosa fu la rivolta di Lione nel 1832 ma fu repressa dalle autorità.
Il 25 luglio 1830 il Belgio con l’appoggio della Francia e dell’Inghilterra riuscì ad ottenere l’indipendenza dall’Olanda. Il 4 ottobre 1830 la Polonia si sollevò contro lo zar per ottenere l’indipendenza. Nel gennaio 1931 ci fu l’indipendenza polacca. Siccome non ebbe appoggio da altri stati a settembre lo zar si riprese la Polonia.
In Italia, a Modena, Parma, Bologna e Romagna esplosero le proteste. A Modena il ricco imprenditore Ciro Menatti era d’accordo con Francesco V di Modena (desideroso di estendere i suoi domini). La rivolta era prevista per il 5 febbraio, ma visto l’esito della sollevazione polacca e l’atteggiamento del re di Francia cambia idea e fa arrestare Ciro Menatti. La rivolta scoppia ugualmente e si propaga in Romagna nelle Marche e a Modena, Reggio e Parma.
Il 26 febbraio viene costituito un governo provvisorio delle province unite con sede a Bologna. Ma nel giro di poche settimane l’Austria reprime le insurrezioni. In Inghilterra invece vi furono scontri tra lavoratori salariati e imprenditori.

I liberali italiani dopo la rivoluzione del 1831
I moti rivoluzionari del 1820-21 e 1830-31 erano falliti, i liberali si domandavano il motivo.
Compresero che non bastava ottenere la costituzione solo in alcuni stati italiani, in tal modo gli austriaci potevano facilmente intervenire. Così si pose il problema dell’unità nazionale. Furono d’accordo i commercianti e gli industriali che così avrebbero potuto commerciare le merci senza dazi doganali.
Per arrivare all’unità d’Italia si formarono due progetti politici: i moderati e i democratici radicali. I moderati volevano l’unità d’Italia e volevano porla sotto il potere del papa o del re di Savoia. Invece i radicali capeggiati da Mazzini non volevano avere alcun aiuto dai sovrani e volevano abbattere lo straniero. Mazzini fonda un movimento democratico (La Giovane Italia, 1831) ex carbonaro, raccolse molti seguaci preferendo gli intellettuali e i giovani di città. La giovane Italia diventa un moto rivoluzionario nel 1833 in Sardegna e in seguito a Genova, ma furono represse. Vi furono molti arresti, condanne ed esili. Mazzini si rifugiò a Londra dove conobbe il pensiero socialista e il problema degli operai e nel 1840 realizza l’unione degli operai italiani. Mazzini si rese conto che era inutile combattere, dopo la tragica fine dei fratelli Gandiera (che falliscono nel tentativo di far insorgere i contadini in Calabria e furono fucilati). I radicali capiscono che bisogna educare alle rivoluzioni anche il popolo campagnolo che non era tenuto in contatto con gli ideali degli intellettuali.

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Conseguenze della Rivoluzione Industriale

In Inghilterra i disoccupati che abbandonarono le campagne e si riversarono in città per cercare lavoro nelle fabbriche. Così la popolazione in breve tempo si concentrò in massa in città. La città mancando di servizi igienici, acquedotti, fogne coperte, da fumo e cattivi odori dalle fabbriche portò le epidemie di tifo, colera e malattie respiratorie. I salari rimasero bassi che a stento una famiglia operaia poteva sfamarsi. Si lavorava fino a sedici ore e bastava un licenziamento per far morire di fame una famiglia. Gli operai vivevano in case malsane e in una stanza vi stavano 15 persone. Nelle fabbriche tessili gli uomini furono sostituiti dalle donne e dai bambini, infatti essi erano pagati meno. Si cominciava a lavorare da 5 anni in poi, si lavorava dalle 8 di mattina sino alle 8 di sera, con brevi intervalli per i pasti. Quando gli affari andavano bene essi lavoravano ancora di più. I contadini che rimasero in campagna ebbero bene o male la situazione degli operai in città. Dopo 50 anni di sofferenza gli operai cominciarono a ribellarsi. Si formarono i trade unior che dal 1815 cominciarono a difendere i diritti dei lavoratori.

Un nuovo sistema economico: Il capitalismo industriale
Dal capitalismo industriale nascono due figure: l’imprenditore capitalista e l’operaio. Gli imprenditori capitalisti erano mercanti, commercianti o proprietari che dopo aver ricavato un capitale lo investivano nelle fabbriche, macchinari e materie prime. Gli operai erano invece i lavoratori che lavoravano con salari bassi. L’imprenditore vendeva le stoffe e quindi aveva un profitto (guadagno) che lo investiva comprando altre macchine o assumendo altri operai. Egli doveva però vendere i prodotti a basso prezzo per fare la concorrenza e per fare ciò licenziava gli operai che volevano aumentata la paga e assumevano quelli che si accontentavano di poco. Nelle industrie avveniva la suddivisione del lavoro, senza la quale le fabbriche non si sarebbe potuto organizzare.
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Rivoluzione industriale Riassunto breve

Riassunto:
L’industria si sviluppò soprattutto nel settore tessile. Infatti prima i manufatti venivano prodotti nelle botteghe artigianali oppure venivano fatti in casa per gli stessi membri del nucleo familiare col telaio a mano o con l’arcolaio. I commercianti che avevano un cospicuo guadagno vendendo i tessuti di lana e cotone avevano bisogno che si aumentasse la produzione.
Così rifornirono i contadini di materie prime ed essi produssero i manufatti che poi i mercanti e gli affaristi compravano ad un prezzo bassissimo e li vendevano con ingenti guadagni. Questo era chiamato lavoro a domicilio. L’industria moderna ebbe impulso dalle invenzioni infatti nel 1713 John Lombe inventò una macchina per lavorare la seta, 20 anni dopo John Kay inventò il telaio a navetta volante. Nel 1765 Hargreaves inventò il primo filatoio meccanico. Queste nuove macchine funzionavano mediante la presenza di corsi d’acqua che mettevano in moto le pale. Queste macchine erano costose ma producevano molto, così il lavoro a domicilio fu messo da parte, perché il costo dei tessuti fatti in fabbrica era più economico. In primo tempo le industrie sorsero in campagna, dal 1780 quando Watt inventò la macchina a vapore che funzionava a legno o carbone, in tutte queste macchine furono trasferite in città vicino le vie di comunicazione. Così le fabbriche tessili aumentarono e diedero lavoro a molti operai.

Lo sviluppo del sistema industriale
Dopo l’industria tessile nacque quella mineraria infatti il carbone fu utilizzato per il funzionamento delle macchine a vapore. Un’industria chiama l’altra infatti nasce l’industria meccanica per fabbricare le macchine a sua volta nasce quella siderurgica che ha bisogno di quella mineraria che per far portare il materiale si serviva di carrelli montati su rotaie (poi l’acque che alleggeriva le miniere veniva aspirata con pompe che funzionavano a vapore).
L’unico ostacolo erano i trasporti lenti. Ma nel 1814 George Stephenson pensò di applicare l’energia a vapore a una macchina simile ai carrelli delle miniere, così dal perfezionamento nacque la ferrovia che era economica e congiungeva punti anche lontani in breve tempo.
In seguito nacque l’industria per la produzione dei treni e rotaie. Robert Fulton nel 1803 applicò le macchine a vapore anche nella navigazione e ciò permise dei percorsi a vapore e ciò permise dei percorsi in breve tempo e favorì lo sviluppo inglese.
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Rivoluzione agraria

Una premessa alla rivoluzione industriale
Nel Settecento nell’Europa ma soprattutto in Inghilterra, l’agricoltura smise di essere la principale attività produttiva e il suo posto fu preso dall’industria, questo rinnovamento fu chiamato rivoluzione industriale. Infatti nel Settecento la popolazione aumentò notevolmente perché non si verificarono più malattie infettive e carestie.
Il fatto era dovuto al miglioramento generale delle condizioni di vita, ma anche ai progressi della scienza medica e al miglioramento delle condizioni d’igiene. Ma la causa principale dell’aumento della popolazione fu l’aumento della produzione alimentare, perché dove si mangiava bene nascevano più persone.
La rivoluzione agricola si verificò soprattutto in Inghilterra. L’aumento agricolo fu dovuto alle nuove tecniche di coltivazione. Infatti prima gli appezzamenti di terreno si utilizzavano secondo la rotazione triennale (cioè, si coltivavano due parti di terra a cereali e la terza era riservata ad un magro pascolo) poi si coltivò secondo la rotazione quadriennale (cioè due parti di terra coltivate a cereali, la terza alla produzione delle leguminose come trifoglio e la quarta riservata al prato). In questo modo aumentò la produzione agricola e l’allevamento bovino e ovino grazie ai foraggi più ricchi e nutrienti.
Nell’agricoltura fu utilizzato anche il mais. Per agricoltura si sfruttarono le nuove macchine : (che prima utilizzavano la forza animale e in seguito quello delle macchine a vapore) trebbiatrici seminatrici, mietitrici ecc. L’Inghilterra poté così esportare i suoi prodotti in abbondanza.

La rivoluzione agraria trasforma la società
Nel Settecento l’aumento della produzione agricola portò bene sia allo sfamarsi dei contadini sia al proprietario terriero che poteva guadagnare molto vendendoli. Le campagne inglesi che per secoli erano state collettive furono recintate diventando proprietà privata dei ricchi, così ai contadini che vi vivevano furono privati del loro cibo e della loro terra e furono costretti o a diventare braccianti o ad emigrare e andare a lavorare in città. Queste emigrazioni furono dovute al fatto che le macchine toglievano lavoro ai contadini.
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Tesina sulla Rivoluzione Cubana

di Fidel Castro
Riassunto:


Una nuova crisi internazionale esplose nel 1962 a Cuba, isola dell’America centrale sotto l’influenza diretta del capitalismo statunitense. Qui la popolazione era insorta nel 1956 contro la dittatura filoamericana di Fulgencio Batista e, dopo diversi tentativi, se ne era liberata definitivamente alla fine del 1958. Il principale artefice del successo della rivoluzione cubana fu il giovane guerrigliero Fidel Castro, che assunse il potere il 1° gennaio 1959. Sulla base di un programma di ispirazione socialista, Castro realizzò una serie di riforme radicali, confiscando le grandi proprietà terriere per poi distribuirle ai contadini, nazionalizzando le raffinerie petrolifere straniere esistenti nell’isola, espropriando dei beni le numerose società straniere. Tali misure danneggiavano fortemente i tradizionali interessi economici degli Stai Uniti, che risposero sospendendo le importazioni (embargo) dello zucchero, che costituiva la principale risorsa dell’isola, e rompendo ogni rapporto diplomatico con Cuba. Inoltre Kennedy, nell’aprile 1961, appoggiò l’operazione di un corpo di spedizione composto da esuli cubani che si proponevano la liberazione di Cuba dal regime castrista. La spedizione si risolse in un pieno insuccesso nella baia dei Porci per il mancato appoggio da parte della popolazione locale e per la decisa reazione dei miliziani cubani. In politica estera Fidel Castro non solo riconobbe il regime comunista dalla Cina popolare, ma iniziò a intrattenere intensi rapporti commerciali con l’Urss: il che rese ancora più teso il clima politico messo già a dura prova dalla costruzione del muro di Berlino. Il 1° dicembre 1961 Castro annuncio ufficialmente di voler intraprendere una via di sviluppo comunista.

Le basi missilistiche sovietiche a Cuba e il rischio della guerra atomica
Fu allora che Krusciov credette di poter sfruttare la situazione, creando nell’isola una base di missili sovietici allo scopo di trattare con gli Stati Uniti da una posizione di forza. Gli Usa avvertirono però subito l’Urss che se qualche missile sarebbe stato lanciato da Cuba sarebbe seguita una rappresagli nucleare contro l’Unione Sovietica. Il mondo si trovò sull’orlo di una catastrofe atomica. Krusciov a questo punto ordinò alle navi sovietiche di tornare indietro e di ritirare le armi atomiche da Cuba. Gli Usa si impegnarono, da parte loro, a rinunciare a ogni intervento sull’isola (ottobre 1962). Cuba poté così da allora giovarsi della cooperazione economica, finanziaria e militare dell’Unione Sovietica, che sostituì gli Stati Uniti anche nell’acquisto dello zucchero.

Gli effetti della crisi di Cuba
Il pericolo di un conflitto nucleare era stato scongiurato e la volontà delle due potenze di mantenere la guerra fredda entro i confini della coesistenza pacifica ne uscì rafforzata. Dopo la crisi di Cuba il presidente Kennedy propose agli Stati del blocco comunista di dare vita a una competizione per la scoperta dello spazio e degli oceani, per la conquista dei deserti, per una completa eliminazione della fame e delle malattie, ma soprattutto per la pace quale unico e insostituibile presupposto per la salvezza dell’umanità. Il 5 agosto 1963, dopo lunghe e complesse trattative, Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna firmarono a Mosca un trattato che prevedeva la messa al bando degli esperimenti nucleari nell’atmosfera, nello spazio e nelle acque, ammettendo solo quelli sotterranei. A questo trattato aderirono in seguito oltre cento Paesi, fatta eccezione per la Francia e per la Cina (quest’ultima compì il suo primo esperimento nel 1964).
Nel giugno 1963 era stata inoltre aperta tra Washington e Mosca la cosiddetta linea calda, vale a dire una linea di telescriventi per lo scambio di informazioni tra i capi di Stato, finalizzata a evitare che scoppiasse una guerra a causa di eventuali errore di interpretazioni. Kennedy e Krusciov si presentavano così come i garanti della pace nel mondo.

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I MOTI RIVOLUZIONARI DEL 1820-1830-1848


La Spagna reclamava la Costituzione che aveva ottenuto da Napoleone (1812) e che era stata soppressa al ritorno della monarchia borbonica.
La Francia voleva abbattere il dispotismo che i Borboni, tornati sul trono, esercitavano di nuovo.
Il Belgio rivendicava l’autonomia dall’Olanda.
La Polonia, che era stata incorporata nei territori della Russia, voleva riconosciuta la sua entità di nazione.
La Grecia, assorbita dall’Impero turco, lottò per la riconquista della sua indipendenza.
In Italia la prima aspirazione dei singoli staterelli in cui la penisola risultò divisa, fu di ottenere la Costituzione; poi le idee mazziniane mossero il popolo a combattere per conquistare l’indipendenza dagli stranieri, e infine si arrivo’ a reclamare l’Unità nazionale.

I primi tentativi di insurrezione si ebbero nel 1820 in Spagna, in Italia e in Russia, ma furono soffocati dall’intervento della Quadruplice Alleanza, un accordo fra Austria, Prussia, Inghilterra e Russia per reprimere ogni tentativo di turbamento all’ordine stabilito dal Congresso di Vienna. Dal resto questi primi moti rivoluzionari non ebbero grande risonanza perché il popolo vi partecipava scarsamente: essi erano preparati fra gli intellettuali e i militari, quindi avevano più la consistenza del colpo di stato che della rivolta popolare. La gente comune era ancora troppo immatura politicamente per aderire alle idee di fondo delle rivoluzioni e prendere coscienza del valore di una Costituzione. Il popolo fu maggiormente coinvolto quando si trattò di lottare per la libertà dallo straniero, come nel caso della Grecia dove i moti rivoluzionari, organizzati dalla società segreta Eteria nel 1820, ebbero successo anche per la partecipazione attiva della popolazione che vedeva nei Turchi gli infedeli invasori. La lotta fu lunga e dura, ma nel 1829 il popolo greco poté reclamare la sua indipendenza dalla Turchia con grande soddisfazione anche di tutti quei paesi europei da cui generosi volontari erano accorsi per combattere a fianco degli insorti greci.
Una più violenta ondata rivoluzionaria scoppiò nel 1830: prima insorse Parigi contro lo sfrenato assolutismo del re Carlo X che fu costretto a fuggire. Il nuovo re, Luigi Filippo d’Orleans, insediato dal Parlamento come <<re dei Francesi per la volontà della nazione>> dette una svolta veramente costituzionale alla monarchia, facendo sperare in un ampio rinnovamento politico.
La scintilla di Parigi provocò incendi rivoluzionari in altri paesi europei; insorsero il Belgio, la Polonia e l’Italia, ma anche questa volta Polonia e Italia senza successo e con molte vittime. Soltanto il Belgio potè ottenere l’indipendenza dall’Olanda alla quale era stato unito, con decisione del Congresso, a formare il Regno dei Paesi Bassi.

La svolta del 1848
Intanto i tempi si evolvevano e mentre molte situazioni politiche ristagnavano nella rigidità dei sistemi assolutistici e dispotici, la coscienza sociale andava maturando. La trasformazione del rapporto città-campagna determinato dall’industrializzazione, la facilità degli spostamenti tramite le ferrovie, l’aumento dei livelli di vita per alcuni strati delle popolazioni determinavano un mutamento dei bisogni e un più ampio diffondersi di idee che si tramutava spesso in tensioni e in moti di insofferenza, mentre si facevano strada anche le idee del socialismo che predicava l’abolizione della proprietà privata, un’equa distribuzione dei beni, una vita passabile per tutti gli strati sociali.
Nel 1848, quando divampò per tutta Europa una nuova ondata rivoluzionaria, accanto alle rivendicazioni politiche che avevano causato le insurrezioni precedenti, si aggiungevano anche queste tensioni sociali che determinarono una maggior adesione popolare. Il popolo, se non capiva i grandi ideali, aveva comunque altre ragioni legittime per aderire alle rivolte che abbero ampia diffusione.
Ancora una volta Parigi dette l’esempio: il 22 febbraio 1848 scoppiò una rivoluzione di operai che rivendicavano, contro l’autoritarismo di Luigi Filippo (anche lui si era lasciato vincere dalla tentazione dell’assolutismo!), una libertà più ampia di stampa, di associazione, di lavoro, di commerci. Il re fu cacciato e fu proclamata la Repubblica. Sembrò un successo della democrazia, ma quando si arrivò alle elezioni, con grande sorpresa, vinsero i moderati perché fu generale il timore dei francesi di ricadere negli eccessi della rivoluzione. Fu eletto presidente un nipote del grande Napoleone, Luigi Napoleone Bonaparte, che con la sua elezione conciliava le aspirazioni di molti:
-dei bonapartisti nostalgici
-dei repubblicani (diventava presidente della Repubblica)
-dei realisti e monarchici (anche se non era re, era pur sempre nipote di imperatore!)
Un’eco immediata degli avvenimenti di Parigi scosse la Prussia e l’Austria. Insorse Berlino che reclamava un governo costituzionale con libere elezioni a suffragio universale, libertà di stampa, uguaglianza religiosa; ma in pochi mesi le truppe prussiane ebbero la meglio sui rivoltosi. Insorse Vienna, per le medesime ragioni, e al suo seguito insorsero Praga e Budapest che speravano nell’indipendenza. Ma il forte esercito austriaco riportò dappertutto la repressione e l’ordine. Insorsero anche alcune città italiane.

I moti in Italia
Il clima italiano era cambiato rispetto ai moti degli anni 20 e 30, la Costituzione era stata concessa in diversi Stati e la predicazione di Giuseppe Mazzini aveva scosso la coscienza del popolo prospettando, accanto alla Costituzione, l’ideale d’indipendenza dagli stranieri e di unità nazionale. Le 5 giornate di Milano (18-23 Marzo 1848), l’insurrezione di Venezia (17 Marzo 1848, 13 giugno 1849) e la proclamazione della Repubblica Romana (1849) furono successi di popolo, purtroppo destinati a fallire rapidamente sotto i colpi dei potenti eserciti stranieri.
Intanto il re di Sardegna che portò aiuto a Milano, con poco successo, in realtà, ma con un vero esercito e quindi con aperta guerra all’Austria, apparve come fattore dell’unità nazionale italiana. Questa prima guerra d’indipendenza, che in due riprese (1848-1849) fu un insuccesso militare, manifestò comunque all’Europa tutta l’immagine di un popolo che realmente rivendicava la sua libertà ed era deciso a ottenerla. Il 1848 fu un anno di forti speranze e di forti delusioni, ma certamente dette una notevole scossa alla situazione politica europea, prospettandone le radicali, future trasformazioni.
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Riassunto: Il Comunismo


Riassunto:
Nel 1918 in Russia era scoppiata una sanguinosa guerra civile fra i rossi, sostenitori del regime comunista dei soviet, e i bianchi, di cui facevano parte sia filo zaristi e borghesi nazionalisti allo scioglimento dell’Assemblea costituente. Temendo la diffusione della rivoluzione, anche le potenze dell’Intesa intervennero in aiuto all’Armata bianca. Volendo impedire un ritorno degli zar, nel 1918 la famiglia imperiale fu trucidata dai bolscevichi, mentre l’anno successivo Lenin istituì la Terza Internazionale, finalizzata a diffondere su scala mondiale la rivoluzione proletaria. La priorità per il governo sovietico era naturalmente di porre fine alla sanguinosa guerra civile: a tale scopo fu creato un esercito, l’Armata rossa, che entro il 1921 riuscì a sconfiggere gli avversari.
Negli anni della guerra Lenin intraprese un programma di controllo forzato su tutta la produzione, specialmente quella agraria, chiamato comunismo di guerra: la proprietà fu abolita, le derrate alimentari confiscate e fu stabilito il controllo operaio sulle fabbriche. All’opposizione dei contadini, colpiti anche dalla crisi agricola e da carestie, il governo comunista rispose con dure repressioni, attuate per mezzo della ceca, polizia di stato utilizzata contro i nemici della rivoluzione.
Di fronte al fallimento del comunismo di guerra, a partire dal 1921 Lenin diede corso alla Nep (Nuova politica economica). Essa prevedeva l’apertura al libero commercio, l’aumento dei prodotti disponibili per il consumo, la prospettiva di profitti privati e una maggiore libertà per i contadini. Nel corso della Nep vene intrapresa la lotta all’analfabetismo, che si accompagnò però alla repressione verso ogni forma di credenza religiosa e a un rigido insegnamento marxista nelle scuole.
Nel 1922 venne creata l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, che venne dotata di una Costituzione (31 gennaio 1924); la direzione dello Stato fu accentrata nella meni del Comitato centrale del Partito comunista, che deteneva il potere sulla base del principio marxista della dittatura del proletariato; il potere giudiziario fu attribuito alla Corte suprema dei soviet.
Lenin cercò di fare uscire l’Unione sovietica dall’isolamento internazionale. Ciò provocò una discussione interna allos schieramento bolscevico, che si concretizzò su due linee opposte: quella della rivoluzione permanente (Trotskij) e quella del socialismo in un Paese solo. A Lenin morto nel 1924, succedette Stalin, che propose di esportare la rivoluzione nei Paesi confinanti con l’Unione Sovietica, diffondendo gradualmente il comunismo su scala mondiale.
Per incentivare lo sviluppo del Paese, Stalin intraprese la via dell’industrializzazione. A tale scopo, promosse dapprima la collettivizzazione forzata della terra, sterminando i kulaki ( i cittadini più abbienti), e in seguito predispose i piani quinquennali, che avevano lo scopo di incrementare ulteriormente la produzione industriale. L’Urss fece straordinari progressi economici, grazie soprattutto a un intenso sfruttamento della forza-lavoro.
Per portare avanti la sua strategia economica Stalin utilizzò l’arma del terrore e della repressione, annullando ogni fermento di democrazia e creando un sistema dittatoriale fondato su un potere personale e tirannico. Il terrore fu inizialmente utilizzato contro operai e contadini, ma ben presto fu esteso anche ai membri dello stesso partito.
Le grandi purghe, infatti, fra il 1936 e il 1938, videro i processi e le condanne a morte della vecchia guardia bolscevica, di molti dirigenti del partito e di altri esponenti dell’esercito. Tra le vittime vi furono nomi eccellenti come Trotskij, Kamenev, Zinov’ev, Rodek, Bucharin, oltre a circa 35.000 ufficiali di alto e medio grado e quasi la metà dei quadri dell’intero esercito, a partire dal maresciallo Michail Tuchacevskij. Milioni di persone accusate di essere nemici del popolo vennero rinchiuse nei gulag, campi di lavoro coatto posti nelle zone più inospitali del Paese (Siberia).
Il regime poté consolidarsi anche attraverso una massiccia opera di propaganda e di esaltazione della figura di Stalin, intorno a cui si costruì un vero e proprio culto della personalità. Buona parte della popolazione accettò il regime anche perché il tenore di vita era generalmente migliorato per tutti. Inoltre il Paese non aveva mai riconosciuto l’esperienza della democrazia ed era passato direttamente dall’oppressivo regime degli zar  a quello di Stalin.
D’altra parte i governi occidentali abbandonarono la diffidenza nei confronti dell’Urss a causa dell’avvento del nazionalsocialismo in Germania e nel timore di una possibile ripresa dell’espansionismo tedesco. Nel 1933 l’Urss venne ammessa nella Società delle Nazioni e riconosciuta dagli Stati Uniti, in cambio dell’accettazione di un’unità di azione fra comunismo e borghesia contro il fascismo.


Gli ultimi anni di Lenin
Dopo la guerra mondiale e anni di drammatico conflitto intestino, all’inizio degli anni Venti la situazione nella neonata Unione Sovietica (Urss) sembra stabilizzarsi e Lenin tenta di intervenire per dare respiro a una situazione economica tragica. I tentativi di liberalizzare la produzione e lo scambio, soprattutto dei prodotti agricoli, passati alla storia come Nuova politica economica (Nep), sembrano ad alcuni osservatori una possibilità di superare la rigida organizzazione dall’alto sperimentata con il consumismo di guerra.

Da Lenin a Stalin
Oggi molte delle iniziative leniniane appaiono dei palliativi, mai applicati con la convinzione di renderli permanenti. In ogni caso, il periodo di questi tentativi di riforma è destinato a durare poco. Nel 1924 Lenin, già da tempo gravemente malato, muore, e dopo una dura lotta per il potere Stalin riesce a prevalere sugli avversari ed ad assumere la guida dello Stato. Il controllo di tutta la società è concentrato nelle mani del Partito comunista, l’istituzione di cui Stalin è segretario generale e che rappresenta lo strumento essenziale della sua influenza politica. L’azione staliniana dà al sistema totalitario sovietico la forma che lo contraddistinguerà nei successivi decenni: l’economia è guidata verso la collettivizzazione delle terre e l’industrializzazione forzata, mentre ogni forma di opposizione, anche interna all’ideologia comunista, è duramente repressa.

Conseguenze sociali dello Stalinismo
Il peso di questa organizzazione sulla società dell’Urss è enorme, all’inizio degli anni Trenta milioni di persone muoiono in una tremenda carestia, provocata dalla scelta di vendere la produzione di grano all’estero in cambio di trattori, macchine utensili e strumenti industriali. Alla fine del decennio, un’altra strage di proporzioni simili avviene con le cosiddette purghe, che provocarono l’eliminazione fisica e la deportazione di tutti i membri del partito anche solo vagamente sospettati di opposizione, e di ogni persona che avesse avito a che fare con loro. Il clima di terrore e di rassegnazione alle persecuzioni che si diffonde in tutto il Paese sarà per lungo tempo un tratto distintivo dell’atteggiamento dei cittadini sovietici verso il loro Stato.

Situazione generale
In seguito alla rivoluzione d’ottobre, in Russia scoppia una guerra civile che vede contrapposte l’Armata rossa, guidata da Lev Trotskij, e l’Armata bianca, costituita dagli oppositori dei bolscevichi.
La prima regione a insorgere contro il potere sovietico è quella intorno al Don, nel dicembre 1917.
Nella seconda metà del 1918 le truppe dell’Intesa sbarcano in diverse zone del Paese, partendo dagli Stati baltici, indipendenti dopo la pace di Brest-Litovsk, e dall’Ucraina.
Nel maggio del 1918 i bianchi conquistano, sotto la guida del generale Kolcac, il controllo di quasi tutta la Siberia.
Il 23 luglio 1918 viene proclamata la Repubblica socialista sovietica, con capitale Mosca. Con la morte di Lenin, la guida del nuovo Stato passa nelle mani di Stalin, il quale, attraverso un rigido controllo del potere politico, economico e militare, avvia al Paese verso una rapida industrializzazione.
La guerra civile ha termine nel 1922 con al vittoria bolscevica; l’ultimo corpo di spedizione straniero riprende il mare dal porto di Vladivostok.

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Sintesi Rivoluzione russa

La partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale impose alla popolazione enormi sacrifici.
Nel 1917 l’impero zarista fu cancellato dalla Rivoluzione.
Guidato da Lenin nacque il nuovo Stato comunista, che eliminò la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Dal 1914, con la morte dei Lenin, Stalin assunse il potere assoluto.

Situazione dell’impero russo
Il grande impero russo aveva raggiunto, alla vigilia della prima guerra mondiale, un’enorme estensione. Era abitato da popoli molto diversi e ben poco integrati fra loro (Russi, Finlandesi, Lettoni, Polacchi, Mongoli, Calmucchi, Georgiani, Armeni, Ucraini ecc.). Occupava una nazione come la Polonia, che ambiva all’indipendenza. Quasi tutti i popoli che lo costituivano chiedevano almeno una maggiore autonomia, che tuttavia fu riconosciuta solo ai Finlandesi.
Dal punto di vista politico l’impero russo era monarchia assoluta, sotto gli zar della dinastia Romanov. Ricordiamo che la parola zar (come del resto il tedesco kaiser) significa imperatore e deriva dal latino Caesar.
L’impero russo era lo Stato più arretrato d’Europa. Nel corso dell’Ottocento, l’unico imperatore che volle realizzare qualche riforma fu Alessandro II (1885-81); egli tuttavia venne ucciso in un attentato terroristico.
Il figlio e successore Alessandro III (1881-94) e il nipote Nicola II (1894-1917) repressero duramente ogni opposizione liberale e democratica. Con la loro politica  di russificazione essi imposero con la forza la lingua, la cultura e gli usi dei Russi alle altre popolazioni. Nicola II si circondò inoltre di personaggi ignoranti e corrotti, come il fanatico monaco Rasputin. Sfruttando con astuzia la debolezza di carattere dei regnanti, costui divenne il vero padrone della corte imperiale negli anni che precedettero la prima guerra mondiale e la Rivoluzione.
Contro la povertà il clima di dura oppressione instaurato dalla polizia zarista, scoppiavano periodicamente delle ribellioni, sia nelle maggiori città russe che nei paesi sottomessi. Alcune ebbero luogo nel 1905, subito dopo la sconfitta subita nella guerra contro il Giappone. In breve, le sollevazioni popolari assunsero il carattere di una vera Rivoluzione, allargandosi a tutto il paese e persino alle forze armate (famoso è rimasto l’ammutinamento dell’equipaggio della corazzata Potemkin). Nicola II allora fu costretto a concedere la costituzione di un parlamento, la Duma. Il numero di elettori ai quali venne riconosciuto il diritto di voto fu tuttavia molto modesto, e tale parlamento ebbe poteri assai scarsi.

Economia russa
L’agricoltura era di gran lunga la risorsa economica più importante in tutto l’impero. Essa veniva tuttavia esercitata con tecniche molto arretrate. Con l’abolizione della servitù della gleba, realizzata da Alessandro II (1867), la proprietà di una parte delle terre (circa il 45% di quelle coltivate) poté essere riscattata da circa 20 milioni di contadini liberi. Dopo questa riforma, e grazie all’enorme estensione dei territori coltivati, la produzione di frumento cominciò lentamente a crescere, nonostante l’assoluta mancanza di attrezzature moderne e di macchinari agricoli. Nel 1910 essa arrivò a raggiungere e superare quella degli Stati Uniti. Insieme all’abbondante produzione, i prezzi molto bassi, a causa dei miseri compensi versati ai contadini, favorirono una forte esportazione di cereali verso l’Europa occidentale. Questo permise alla classe di imprenditori e commercianti che iniziava a formarsi di disporre dei capitali necessari per acquisire i primi macchinari, indispensabili per lo sviluppo dell’industria.
Sorsero così, tra il 1870 circa e il 1910, importanti manifatture tessili (cotone, lana, lino) e complessi industriali, costruiti con il sistema chiavi  in mano da grandi industrie occidentali. Come avviene ancora oggi nei paesi meno sviluppati, la fabbrica veniva consegnata dai costruttori completa di tutto, mentre tecnici ed esperti stranieri assistevano per i primi anni i lavoratori russi.
Le dimensioni del territorio russo e le risorse naturali di cui disponeva erano così vaste che, pur in condizioni di profonda arretratezza, la produzione raggiunse in alcuni settori livelli importanti. Ad esempio si sviluppò fortemente in Russia l’estrazione del petrolio, tanto che nel 1910 un quarto della produzione mondiale proveniva dai territori dell’impero russo.
Intanto la popolazione cresceva notevolmente, passando da 70 milioni di abitanti nel 1850 ad oltre 161 milioni nel 1911. In questo stesso anno circa 5 milioni erano gli addetti alle industrie e alle attività minerarie. Si trattava, in sé, di una percentuale modesta di lavoratori rispetto al totale degli abitanti dell’impero. Tuttavia gran parte delle fabbriche era concentrata in poche grandi città, come Pietrogrado (così era stata ribattezzata l’antica capitale di San Pietroburgo), Mosca, Kiev, Rostov, Odessa, Baku.
Quindi, in quelle particolari città esisteva una forte componente operaia e proletaria.
Inquadrata e sostenuta dai socialisti, fu proprio questa base operaia a dare il sostegno maggiore alla Rivoluzione russa del 1917.

I partiti politici: Menscevichi e Bolscevichi
L’opposizione dei socialisti al regime degli zar era clandestina: organizzazioni sindacali e partiti politici erano vietati perché il governo zarista li riteneva pericolosi e sovversivi, la stampa era sottoposta ad una rigida censura da parte della polizia.
Si è calcolato che nel 1911 solo 40mila circa fossero di nascosto iscritti ai sindacati. Non molti di più, e sempre clandestini, erano gli operai e i proletariati che aderivano al Partito socialdemocratico russo. Nel congresso, tenuto a Londra nel 1903, tale partito si divise in due:
- il Partito menscevico (questa parola, in russo, vuol dire di minoranza);
- il Partito bolscevico (che significava invece di maggioranza).

I menscevichi erano il gruppo più moderato. Essi sostenevano che occorreva tenere una politica di riforme politiche e sociali alleandosi con la borghesia. Questo allo scopo di portare il Partito socialdemocratico ad essere legalmente riconosciuto e poi ad ottenere il successo in libere elezioni politiche.
I bolscevichi invece ritenevano che ciò non sarebbe mai stato possibile in un paese arretrato e quasi privo di una borghesia liberale come la Russia. Quindi, a loro modo di vedere, per realizzare qualsiasi tipo di cambiamento sarebbe stato indispensabile realizzare una rivoluzione e prendere il potere con la forza.
Il contrasto fra i due partiti, in sostanza, riproduceva quello che abbiamo visto nei movimenti socialisti dell’Europa occidentale, fra riformisti (detti anche socialdemocratici, o laburisti in Inghilterra) e massimalisti (detti anche rivoluzionari).
Occorre però aggiungere che c’era un’assoluta diversità di condizioni fra i paesi dell’Europa occidentale e la Russia. In Europa si erano affermati e diffusi il liberalismo e la borghesia: il movimento sindacale e i partiti socialisti, anche se a prezzo di dure lotte, avevano infine ottenuto la libertà di esistere e di agire.
In Russia, invece, il potere era in gran parte in mano alla nobiltà zarista, mentre scarsa per numero e per peso politico era la classe borghese. Tutt’altro che diffusa era l’adesione al liberalismo mentre i divieti contro l’attività politica e sindacale dei lavoratori erano fatti rispettare dalla polizia con spietata durezza. La differenza nelle idee politiche si rispecchiavano nella diversa composizione sociale della base dei due partiti. I menscevichi raccoglievano i loro seguaci fra operai specializzati, i tipografi, i ferrovieri e anche fra i piccoli borghesi; i bolscevichi avevano largo seguito soprattutto fra gli operai meno qualificati e fra i più poveri.

Lenin

Fra i capi del Partito bolscevico c'era un esponente della piccola nobiltà di provincia, Vladimir Ulianov detto Lenin, un rivoluzionario rifugiatosi all'estero che si ispirava alle teorie filosofiche di Karl Marx.. Marx aveva parlato di una rivoluzione realizzata dalla classe operaia, che si sarebbe compiuta nei paesi più industrializzati come conseguenza del crescente sfruttamento della stessa classe operaia da parte della borghesia.
Lenin invece diede una propria interpretazione politica del pensiero di Marx, interpretazione che venne poi chiamata marxismo- leninismo. Egli capovolse l'idea centrale di Marx sostenendo che, in realtà, la rivoluzione sarebbe scoppiata nei paesi più arretrati, proprio perché in tali paesi erano insostenibili le condizioni di vita dei lavoratori. Secondo la sua convinzione, il minuscolo Partito bolscevico (che aveva, prima della Rivoluzione, poco più di 50.000 iscritti, per di più clandestini) avrebbe dovuto rappresentare la guida e l'avanguardia rivoluzionaria di una nuova società comunista.Questa doveva fondarsi sulla dittatura del proletariato, cioè sul dominio di tale classe sociale sulle altre, che avrebbero finito con lo scomparire, e sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione (campi, miniere, fabbriche). Tra i mezzi di produzione da collettivizzare erano comprese quelle terre che non pochi contadini avevano riscattato a caro prezzo e coprendosi di debiti nel 1867. La piccola dimensione del suo partito non costituiva per Lenin un problema; al contrario lo rendeva più determinato ed efficiente nel suo compito, che era quello di guidare le masse, scegliendo per essi metodi da adottare e gli obiettivi da raggiungere anche a costo di imporli con la forza. La nuova organizzazione della società avrebbe dovuto comportare l'abolizione della religione, della proprietà privata e delle distinzioni fra classi e gruppi sociali.Escluso e lontano dall'idea rivoluzionaria bolscevica restava tuttavia il mondo contadino: un mondo disperso in un territorio sterminato, chiuso in piccole realtà separate l'una dall'altra. Nel primo Novecento i viaggi erano ancora difficili e ogni regione della Russia contadina viveva una sua vita tradizionale scandita dal ritmo delle stagioni. Dal punto di vista economico la campagna russa presentava situazioni e figure diverse. Molti erano i braccianti e i contadini poveri,proprietari di minuscoli fazzoletti di terra che li condannavano a una vita di miseria e Stenti. Ma esistevano anche contadini benestanti, se non proprio ricchi: i kulaki.Erano proprietari di appezzamenti un po' più grandi, di piccole fattorie, di stalle con capi di bestiame. I contadini russi erano in gran parte analfabeti e legati a una cultura orale fatta di racconti e di leggende, di favole e di avventure,erano anche fortemente tradizionalisti e molto religiosi.
Fra loro la Rivoluzione di Lenin avrebbe trovato enormi difficoltà.

Rivoluzione di Febbraio

 Coinvolto nella prima guerra mondiale, il grande impero russo aveva dimostrato la fragilità e la debolezza della sua organizzazione politica e militare.In particolare, mentre le numerose sconfitte mettevano a nudo 'impreparazione dell'esercito, la produzione agricola si riduceva sempre di più, anche perché la maggior parte dei soldati proveniva dalle campagne, che restarono alle cure delle donne e dei vecchi. Durante l'inverno 1916-17 vi fu una dura carestia e molte città rimasero addirittura prive di generi alimentari. La fame provocò sollevazioni popolari e disordini. Nel febbraio 1917 violente dimostrazioni operaie contro il governo imperiale scoppiarono a Pietrogrado.

Fu questa la prima fase della rivoluzione, la cosiddetta rivoluzione di Febbraio. L'imperatore Nicola II fu costretto ad abdicare a favore del fratello Michele, il quale tuttavia rifiutò di assumere il potere. Cessò così di esistere l'impero degli zar.Dopo il crollo della monarchia zarista, due furono le forze che spontaneamente si organizzarono per prendere in mano le sorti della Russia: da una parte la borghesia liberale, dall'altra gli operai e, in parte minore, i contadini. Si formò un governo provvisorio, guidato da un principe liberale che aveva l'appoggio della borghesia. Gli operai delle fabbriche, i contadini delle zone prossime alle città e i soldati formarono dei soviet (in russo soviet vuol dire "consiglio") che avrebbero dovuto governare le fabbriche, le città, i villaggi e i reparti dell'esercito.

Quella dei soviet non era un'esperienza nuova: se ne erano formati anche durante la Rivoluzione del 1905 ed erano stati sciolti quando il governo zarista aveva ripreso il controllo della situazione.Il governo borghese e il popolo dei soviet erano divisi da un profondo disaccordo su molti punti, ma in particolare sulla condizione della guerra: il governo infatti intendeva proseguire la guerra a fianco degli alleati dell'Intesa, mentre le classi popolari, quelle che avevano subito le sofferenze più dure, desideravano una pace immediata.

Rivoluzione d'ottobre

A metà del giugno 1917 un'offensiva dell'esercito russo fu fermata dai tedeschi e si risolse in un ennesimo disastro militare. La guarnigione di Pietrogrado si rivoltò contro il governo invitando il soviet della città a prendere tutto il potere. La rivolta fallì e molti esponenti del partito bolscevico furono arrestati. Lenin fuggì in Finlandia. La guida del governo fu affidata al socialista Kerenskij nella speranza che questi potesse riconquistare il consenso popolare. La politica di Kerenskij fu ambigua su un punto che invece era ormai decisivo per il popolo russo: la pace. Egli prese tempo, rimandando ogni decisione. Debole fu inoltre la sua posiziona nei confronti di un colpo di stato tentato dal generale Kornilov, comandante supremo dell' esercito per stabilire una dittatura militare. Il colpo di stato fu sventato dai bolscevichi che organizzarono la resistenza armata contro il generale e decisero di prendere il potere.

Durante la notte fra il 6 e il 7 novembre 1917 formazioni armate bolsceviche occuparono tutti i punti strategici di Pietrogrado. L'8 novembre presero d'assalto e conquistarono il Palazzo d'Inverno, un'antica residenza imperiale dove era riunito il governo Kerenskij. Istituirono poi il nuovo governo rivoluzionario: il soviet dei commissari del popolo. Secondo il calendario allora in uso in Russia la data del 7 novembre corrispondeva al 25 ottobre.

E' per questo che la rivoluzione iniziata in quel giorno è nota come la Rivoluzione d'Ottobre.

Le prime iniziative prese dal governo rivoluzionario furono l'impegno a firmare una pace immediata con la Germania (pace di Brest- Litovsk) e un decreto che confiscava le grandi proprietà terriere. Con un altro decreto fu stabilito il controllo degli operai sulla produzione industriale.



LA GUERRA CIVILE: L'ARMATA ROSSA CONTRO LE ARMATE BIANCHE E L'INTERVENTO STRANIERO
 Dopo la pace con la Germania la situazione continuò ad essere drammatica: in tutto il paese infuriava infatti la guerra civile.Contro il governo rivoluzionario si schierarono i generali rimasti fedeli all'imperatore, con le loro armate che furono dette armate bianche.

La controrivoluzione trovò l'appoggio delle regioni che volevano costituirsi in repubbliche indipendenti come l'Ucraina, la Georgia, il Caucaso e l'Armenia.Le grandi potenze: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone, per evitare che la rivoluzione si allargasse fuori dai confini russi, inviarono truppe a sostegno delle armate bianche. Lenin e Lev Davidovic Trotzkij, suo strettissimo collaboratore, agirono con grande durezza e decisione. Trotzkij in persona organizzò un esercito fedele alla rivoluzione, l'Armata rossa. Lo zar, già imprigionato in una località di campagna, Ekaterinenburg, venne fucilato con tutta la sua famiglia (1918). Lenin istituì una polizia politica, la Ceka, che perseguitò in modo spietato la borghesia, i contadini e perfino gli esponenti socialisti, rivoluzionari e anarchici che non avevano aderito al partito bolscevico.

La guerra civile fu crudele e sanguinosa, tanto che si è parlato di "terrore bianco" e "terrore rosso".Moltissimi pagarono con la vita , fucilati o impiccati, la scelta di sostenere l'una o l'altra parte.

Il 1921 segnò la vittoria dell'Armata rossa: le truppe straniere vennero ritirate, si arresero i generali zaristi, furono sconfitti i governi autonomi che si erano formati in Ucraina, Georgia, Armenia. Nacque un nuovo stato: l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. (URSS).


La nuova politica economica

Problemi enormi attendevano il nuovo governo sovietico, che aveva confiscato tutti i mezzi di produzioni (terre, industrie, macchinari, miniere) e li aveva dichiarati di proprietà collettiva.

La produzione agricola era nel frattempo calata al 55% rispetto a quella degli anni precedenti la guerra, mentre quella industriale era crollata addirittura al 10% e il commercio estero quasi non esisteva più

Lenin stesso si rese conto che non era possibile creare da un giorno all'altro una vera economia comunista. Trovò quindi una soluzione di compromesso che chiamò Nuova Politica Economica (abbreviato in NEP).

In sostanza, restarono in mano ai privati molte proprietà contadine di dimensioni medio-piccole, gran parte del commercio interno, la piccole aziende familiari.

Nonostante i severi limiti posti alle attività private, la NEP diede subito fiato alla disastrata economia sovietica: negli anni 1923-24 solo il 38,5% della produzione totale era frutto del lavoro del settore statale, mentre tutto il resto provenne dalle libere attività dei privati. La percentuale della produzione privata sul totale salì a oltre il 98% nell'agricoltura, grazie soprattutto all'intraprendenza dei Kulàki, i contadini benestanti.

STALIN
Nel 1924, alla morte di Lenin, il potere passò a Stalin, che si sbarazzò con la forza di ogni rivale. Negli anni successivi egli affermò con spietata durezza il suo potere personale.Rivale di Stalin per il potere, ma anche sul piano politico, era stato Trotzkij, l'eroe della difesa contro le armate bianche. Trotzkij avrebbe voluto l'esportazione del modello rivoluzionario sovietico, Stalin invece voleva mantenere il socialismo in Russia senza impegnarsi per il socialismo nel resto del mondo. Trotzkij fu costretto a scappare dalla Russia, ma Stalin lo fece uccidere da un sicario in Messico.

L'ECO DELLA RIVOLUZIONE
In Occidente le notizie provenienti dalla Russia sollevarono grandi preoccupazioni ed emozioni.
I governi e le classi dirigenti ebbero il timore che il contagio rivoluzionario si allargasse. L'invio delle truppe occidentali in aiuto dei generali zaristi e delle armate bianche non fu sufficiente a sconfiggere la Rivoluzione ma la guerra creò enormi difficoltà alla nuova dirigenza bolscevica e al nuovo stato comunista. Anche per questo motivo prevalsero le idee di Stalin sul rafforzamento del comunismo all'interno della Russia e sulla rinuncia da esportare la Rivoluzione nel resto del mondo. Fortissime invece furono le emozione e le speranze che la Rivoluzione fece nascere nelle classi popolari dell'Occidente soprattutto fra gli operai. Per lungo tempo molti pensarono alla russia sovietica come al paradiso dei lavoratori: un paese dove il popolo poteva governarsi da sé, dove si era liberato con le proprie mani dall'oppressione e dallo sfruttamento. Anche se questo, molto più tardi, non si sarebbe rivelato vero, l'idea di "fare come in Russia" divenne per molti , che vi credettero in assoluta buona fede, un ideale traguardo di politica e giustizia sociale.
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Riassunto rivoluzione russa

Riassunto
La partecipazione russa alla prima guerra mondiale aveva messo in evidenza la crisi del regime zarista. In passato vi sono state delle sommosse che avevano costretto lo zar Nicola II a concedere un parlamento, la Duma. Il governo aveva realizzato anche alcune riforme economiche che però non risolsero i gravi problemi del popolo, in particolare dei contadini.
Nel 1914 Nicola II entrò in guerra alleandosi alla Francia e alla Serbia pensando che il conflitto si sarebbe risolto in breve tempo. Ma il paese non poteva sostenere una guerra di queste dimensioni così a lungo ed infatti vi furono numerose perdite di uomini e di mezzi e nel 1915 vi furono scioperi e proteste dovuti alla mancanza di beni di prima necessità e dal rincaro dei prezzi.
Nel 1917 la situazione precipitò e scoppiò a Pietrogrado una sommossa popolare contro la carestia e la fame, ma le truppe incaricate per ripristinare l’ordine si schierarono dalla parte degli insorti. Si formò un governo provvisorio sotto la presidenza del principe George L’vov.
Lo zar Nicola II venne indotto ad abdicare ed indicò come successore il fratello Michele che rifiutò. Subito dopo l’ex zar e i suoi familiari si trasferirono nella residenza di Tsarskoe Selo.
Le forze popolari e socialiste non rimasero a guardare e formarono i soviet, assemblee formate dai rappresentanti degli operai, dei soldati, dei contadini.
La situazione subì una svolta decisiva quando il capo bolscevico Lenin tornò dall’esilio e rientrò a Pietrogrado con la complicità delle autorità tedesche.
Lenin pubblicò le tesi d’aprile che miravano a trasformare la rivoluzione da borghese in rivoluzione proletaria e comunista, voleva concentrare tutto il potere nei soviet e cioè i rappresentanti del popolo, ridare la terra ai contadini e le fabbriche agli operai e voleva una pace immediata.
Ai disastri militari si aggiunsero i disordini interni dovuti agli scioperi e ad atti di corruzione e tutti cercavano un uomo forte che con la propria autorità potesse riportare la disciplina nell’esercito e bloccare le manifestazioni rivoluzionarie. Quest’uomo fu il comandante supremo dell’esercito Kornilov che si impegnò a riportare la Russia alla normalità.
Lenin ritenne che era giunta l’ora per effettuare un colpo di Stato e così la guardia rossa, un corpo armato di operai bolscevichi occupò la sede del governo, fu chiamata rivoluzione d’ottobre che mirava all’allontanamento di tutti gli elementi borghesi alla formazione di un governo rivoluzionario di operai e soldati.
Con Lenin nacque il Consiglio dei commissari del popolo in cui Troski fu commissario degli esteri e Stalin commissario delle nazionalità. Fu elette un assemblea costituente a suffragio Universale dove i bolscevichi vennero sconfitti ma Lenin affermò che il potere dei Soviet era superiore a quella dell’Assemblea e così venne sciolta d’autorità. Le trattative con Austria e Germania con la Pace di Brest-Litovsk imposero alla Russia condizioni durissime come la perdita di territori: Polonia, Lituania e perdite nel settore agricolo e industriale.

Mappa concettuale rivoluzione russa
L’equivoco della rivoluzione liberale
Di fronte a un grande evento storico, spesso i contemporanei ne fraintendono la portata e il significato. E’ il caso degli eventi russi dell’inizio del 1917, quando i gruppi dirigenti e intellettuali liberali costringono lo zar ad abdicare e danno vita a un governo riformatore. L’Europa esulta per la fine del’ultima monarchia assoluta: in generale si pensa che il nuovo governo possa dare a un popolo oppresso da secoli l’unico bene cui esso aspira, la libertà.
In realtà, il consenso verso il nuovo governo si dimostra subito fragile: il popolo russo sente il bisogno più della pace che della libertà, e non intende combattere ancora in un conflitto, la prima guerra mondiale, che non ha voluto, nato dall’ambizione di un monarca delegittimato.

La rivoluzione bolscevica
Con la rivoluzione di febbraio il governo provvisorio crea un vuoto di potere che non riesce a riempire. Tutta questa confusione è il terreno fertile per un gruppo politico determinato, con un programma di azione preciso e con una guida sicura. E’ il caso del partito bolscevico, tornato in grande attività soprattutto dopo il ritorno dall’esilio del suo leader Lenin. Contro ogni teoria marxista, un partito d’ispirazione socialista prende il potere in un Paese ch è solo agli inizi del suo sviluppo industriale, e che dispone di una vera e propria operaia solo in un paio di grande città.

Guerra civile e derive autoritarie
Una delle ragione del successo bolscevico è la proposta di uscita immediata dalla guerra. Tuttavia la pace di Brest-Litovsk non fa altro che trascinare il Paese verso un nuovo conflitto, questa volta una guerra civile. Il neonato regime bolscevico deve infatti affrontare una nobiltà e all’esercito zarista, ma anche e soprattutto truppe straniere, inviate da tutta Europa e dagli Stati Uniti. Lenin e i suoi collaboratori riescono a vincere, ma per sopravvivere il governo deve attuare misure drastiche: l’economia e la produzione sono rigidamente controllate, e ogni forma di opposizione è crudelmente repressa. Negli anni successivi, questi vedranno un ulteriore sviluppo, fino a dare al comunismo l’aspetto autoritario degli anni di Stalin.


Rivoluzione russa schema
Nel 1917, al momento della rivoluzione russa, la situazione del fronte orientale è disastrosa. L’esercito russo è in dissoluzione, i soldati (la maggior parte dei quali contadini) e gli operai dell’industria bellica incoraggiano le diserzioni in nome della pace e nella speranza di ricevere la terra che è stata loro promessa. Ciò consente agli Imperi centrali di concentrare le truppe sul fronte occidentale.

Nel marzo del 1918 il nuovo governo rivoluzionario bolscevico firma nella città bielorussa di Brest-Litovsk la pace con l’Austria e la Germania, che penalizza duramente il suo assetto territoriale ed economico.

La Russia rinuncia sia alla Finlandia, dove i tedeschi inviano truppe in appoggio a una controrivoluzione che rovescia il governo socialdemocratico, sia agli altri territori sul Baltico, in cui i governi dei soviet vengono sostituiti da altri appoggiati direttamente dall’esercito tedesco.
La Russia perde così un accesso al mare importante per il commercio e per il controllo dell’Europa del Nord.

Il governo rivoluzionario cede anche l’Ucraina, un territorio molto importante per la produzione agricola, in particolare di grano. La regione è occupata dall’esercito tedesco, che istalla un governo fantoccio con la funzione di prevalere materie prime e grano da inviare sul fronte occidentale.

La Bessarabia viene annessa alla Romania, mentre l’impero ottomano occupa alcuni territori nella regione transcaucasica.

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