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Primo Levi: Hurbinek

Opera tratta da La tregua, romanzo autobiografico.
La tregua inizia esattamente dove Se questo è un uomo ha fine, ovvero dall'ingresso delle avanguardie sovietiche nel campo di Aushiwitz: quattro giovani soldati osservano sconvolti e ammutoliti lo spettacolo del Lager. I sovietici organizzano i soccorsi, poi Levi e i sopravvissuti sono portati al Campo Grande, il Lager centrale di Auschwitz, ormai trasformato in un gigantesco Lazzaretto. Qui lo scrittore vede Hurbinek, il bambino nato nel Lager. E solo dopo, una volta ristabilitosi, cercherà di mettersi in viaggio per tornare a casa.
Il narratore definisce il piccolo Hurbinek un nulla, un figlio della morte, un figlio di Auschwitz. Il bambino incarna l'innocenza devastata, l'orrore della guerra allo stato puro. Il mondo degli adulti lo ha privato di tutto, principalmente di una identità (dimostrava tre anni circa, nessuno sapeva niente di lui, non sapeva parlare e non aveva nome) e, in sostanza, della possibilità di esistere.
La testimonianza di Levi acquista forza e immediatezza, grazie anche al linguaggio asciutto, razionalmente analitico e meditativo. Lo scrittore si sforza di comprendere e di definire, per mantenere vivo il segno della ragione di fronte all'assurdità del male commesso da uomini sopra altri uomini. Il linguaggio è rapido, scarno, essenziale. Di fronte a una degradazione così evidente e così totale, non c'è bisogno di commentare, di esprimere sdegno o indignazione, perché i fatti parlano da soli.
In realtà però emerge da questo brano anche una forte commozione, che si esprime nella ripetizione del nome del bimbo che non aveva nome (Hurbinek, che aveva tre anni... Hurbinek, che aveva combattuto... Hurbinek, il senza-nome... Hurbinek morì): di fronte a quel piccolo essere umano sofferente, si leva un inno all'umanità calpestata e sofferente.
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Primo Levi Riassunto Breve

Riassunto:
Nacque a Torino nel 1919; figlio di un ingegnere assai colto, di origine ebraica; dopo la licenza classica conseguita nel prestigioso liceo D'Azeglio, si laureò nel 1941 in chimica, nonostante le leggi razziali, grazie all'aiuto di un docente. Nel 1943 si unì ai partigiani contro i nazifascisti in Valle d'Aosta; catturato nel dicembre di quell'anno, fu deportato prima a Carpi-Fossoli e poi nel campo di concentramento di Buna-Monowitz, presso Aushwitz. Sopravvissuto, al ritorno in patria scrisse il diario romanzo Se questo è un uomo (1947), cui seguì, anni dopo, La tregua (1963), resoconto della lunga marcia di ritorno attraverso l'Europa.
Rientrato a Torino, LEvi alternò la professione di chimico all'attività letteraria; pubblicò racconti (storie naturali, 1967) e poesie (L'osteria di Brema, 1975); Ad ora incerta, 1984). Lo sforzo di sondare la realtà dal doppio punto di vista scienziato e di letterato emerge nella raccolta di racconti Il sistema periodico (1975) e nel romanzo La chiave a stella (1978), imperniato sui dialoghi tra un operaio e un chimico scrittore (controfigura dell'autore). Il terzo romanzo dedicato alla Shoah è Se non ora, quando? (1982), che narra in forma di documento la storia di un gruppo di ebrei che combattono, da partigiani, accanto ai sovietici.
Levi tornò per la quarta volta sul tema del campo di concentramento nel suo ultimo libro (O sommersi e i salvati, 1987: il titolo riprende un capitolo centrale di Se questo è un uomo).
L'autore è morto suicida a Torino nel 1987.
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Riassunto: Cristo si è fermato a Eboli

di Carlo Levi
Riassunto:

Il romanzo fu scritto in pochi mesi, dal dicembre 1943 al luglio 1944. Si ambienta nel 1935 in uno sperduto paese della Lucania, Gagliano (il vero nome della località è Aliano), dove l'autore fu confinato dal regime fascista per le sue attività sovversive.
L'opera rientra nel filone meridionalistico, inaugurato da Verga e teso a denunciare l'arretratezza del Sud d'Italia. La protesta è resa più vibrante dalla coscienza della ricchezza culturale delle genti meridionali; ma le loro antiche tradizione contadine sono schiacciate da vecchie e nuove prepotenze.
A tale tradizione si richiama il titolo, che allude al totale abbandono di questa umanità primitiva, lasciata sola dagli uomini e anche da Dio: secondo un detto locale, Cristo, cioè la civiltà e l'umanità, si sarebbero fermate a Eboli, popoloso centro alle porte della Lucania.
La trama non disegna una vicenda unitaria, ma una serie di microstorie, con molti episodi e personaggi diversi. Levi, laureato in medicina, assiste i malati come può, dedicandosi anche alla pittura e a lunghe passeggiate con il cane Barone. Intorno a lui procede la vita del paese, con le sue figure:
la strega Giulia, il vecchio arciprete Trajella perseguitato dal podestà fascista, i galantuomini (ricchi) con le loro meschine trame, e altri personaggi, ciascuno con il suo destino di solitudine e d'ignoranza, tra miseria e malaria. La sorellla dell'io-narrante raggiunge il fratello a Gagliano; prima fa tappa a Matera, con l'incarico di acquistare uno stetoscopio; ma in farmacia si sente rispondere: E che cos'è?.
Infine la questura di Matera interviene, su istigazione dei due medici del paese, per proibire a Levi l'esercizio della professione medica. Un'importante disgressione riguarda la magia, in cui i contadini lucani cercano di trovare un rimedio alle sofferenze e una speranza di vita.
Molto interessante appare lo stile dell'opera. La denuncia sociale di Levi sfuma infatti in un tono lirico, adeguato alla rappresentazione di un popolo primitivo, che l'autore vorrebbe conservasse nel tempo la sua cultura arcaica e i suoi valori originari.
Dunque il realismo di Cristo si è fermato a Eboli è molto particolare. L'autore vuole dare sì oggettività al racconto, per documentare dal vero ciò che dice; ma poi trasfigura le cose mediante la memoria o il simbolo. Si riverbera nelle sue pagine quello sguardo magico, incantato, che è tipico delle genti lucane e che costituisce il vero fascino del romanzo.
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Biografia: Carlo Levi

Biografia:
Nacque a Torino nel 1902. Si laureò in medicina, ma nutrì svariati interessi culturali, dalla pittura (nel 1929 fece parte del gruppo dei pittori di Torino) alla letteratura. Nel 1931 aderì al movimento Giustizia e libertà dei fratelli Rosselli.
Venne arrestato per attività antifascista nel 1934. Dopo un secondo arresto, nel 1935 Levi fu confinato in Lucania, nel paese di Aliano. Qui venne a contatto con la realtà del Mezzogiorno d'Italia, a lui del tutto sconosciuta; e qui ambientò il suo romanzo più noto, Cristo si è fermato a Eboli (scritto durante la guerra e pubblicato nel 1945). Nel 1936 venne graziato e poté ritornare a casa. Nel 1939 si rifugiò in Francia; in seguito prese parte alla Resistenza.
Dopo la Liberazione, Levi mantenne le sue numerose collaborazioni giornalistiche; nel 1950 pubblicò L'orologio e nel 1955 Le parole sono pietre, una raccolta di reportages. Non interruppe intanto la sua notevolissima attività di pittore neorealista (nel 1954 espose in una sala alla Biennale di Venezia). Nel 1964 raccolse nel volume Tutto il miele è finito le esperienze nate da una permanenza in Sardegna. Nel 1963 e 1968 venne eletto al Senato come indipendente nelle file del Pci. Morì a Roma nel gennaio 1975.
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Riassunto vita: Primo Levi

Riassunto:
Primo Levi nasce nel 1919 da famiglia ebrea a Torino dove compie gli studi fino alla laurea in chimica.
Nel 1938, in seguito alle leggi razziali, perde l’impiego di chimico e dopo l’8 settembre 1943 si aggrega alle formazioni partigiane in Val d’Aosta.
Arrestato il 13 dicembre di quell’anno è inviato, per la sua condizione di ebreo, al campo di raccolta di Fossoli (Modena) e da qui, nel febbraio del 1944, viene deportato con altri 650 ebrei nel lager di Auschwitz, in Polonia. Salvato dalla camera a gas perché i tedeschi avevano bisogno di chimici, viene liberato nel gennaio del 1945 quando le truppe russe costringono al ritiro quelle tedesche.
Tornato in Italia alla fine del 1945, narra la sua drammatica esperienza nei libri autobiografici Se questo è un uomo (1947) e La tregua (1963).
Continua a lavorae nell’industria fino al 1975 e alterna il suo lavoro di chimico con quello di narratore pubblicando romanzi e raccolte tra cui Le storie naturali (pubblicate con lo pseudonimo di Damiano Malabaila), Il sistema periodico, La chiave a stella, I sommersi e i salvati. Muore suicida l’11 aprile 1987.

Se questo è un uomo
La trama
Se questo è un uomo è una testimonianza autobiografica lucidissima e drammatica del degrado dell’uomo nei lager nazisti.
L’opera racconta, seguendo l’ordine cronologico, le tappe cruciali dell’anno internamento di Primo Levi ad Auschwitz, lasciando che sia la realtà dei fatti a parlare, a mostrare con quale cieca freddezza avvenisse il progressivo annientamento fisico e morale di un uomo da parte del regime nazista.
Dopo un brevissimo internamento nel campo di smistamento di Fossoli e un viaggio infernale su un carro merci, Primo Levi giunge nel campo di lavoro di Auschwitz dove entra in contatto con la realtà inimmaginabile del lager.
I prigionieri, privati in modo disumano dei propri affetti e delle proprie cose, demoliti nella loro identità personale, affrontano condizioni di vita insostenibili e la morte dovuta alla fame, al freddo, alle malattie, alle fatiche e alle selezioni per le camere a gas.
La lotta per la sopravvivenza annienta ogni vincolo di solidarietà e abbrutisce i prigionieri. Non mancano, però episodi di comprensione e di amicizia. Emblematico è l’incontro con Lorenzo Perrone, un operaio civile italiano, che porta a Primo Levi un pezzo di pane e gli avanzi del suo rancio ogni giorno per sei mesi, senza chiedere e accettare alcun compenso, e grazie al quale lo scrittore non dimentica di essere lui stesso un uomo.
Quando nel gennaio del 1945 giungono nel campo di Auschwitz le truppe sovietiche, lo spettacolo che si presenta agli occhi dei liberatori è atroce e indescrivibile.

Perché leggere Se questo è un uomo?
Se questo è un uomo è nato, come afferma l’autore, da un impulso immediato e violento di raccontare agli altri le atrocità che si consumavano all’interno dei lager nazisti e a scopo di liberazione interiore.
Primo Levi, che all’esperienza tragica di deportato ha sovrapposto quella di scrittore testimone, afferma: Vivendo e poi scrivendo e meditando quegli avvenimenti, ho imparato molte cose sugli uomini e sul mondo, e di queste ci rende partecipi.
Con la sua testimonianza ci chiede, soprattutto, di riflettere sul pericolo sempre incombente di un ritorno della barbarie del razzismo con i suoi spietati meccanismi dello sterminio di massa.
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Biografia: Primo Levi

Biografia
Primo Levi nacque a Torino nel 1919 da una famiglia ebraica di agiata borghesia, originaria delle valli cuneesi. Studiò al liceo D’Azeglio di Torino e nel 1941 si laureò in chimica. A causa della sua origine razziale fu costretto a impieghi semiclandestini, prima in una cava di amianto vicino alla sua città, poi alla Wander di Milano; intanto maturava le sue idee politiche affiancandosi alle formazioni partigiane della Valle D’Aosta. Il 13 Dicembre 1943 fu catturato e internato nel campo di Fossoli (Vicino a Modena); nel Febbraio 1944 fu deportato ad Auschwitz in Polonia e assegnato al sottocampo di Monovitz. Vi rimase fino alla liberazione del campo da parte delle truppe russe, gennaio 1945. Il ritorno a casa fu faticoso e Levi rientrò in Italia soltanto nell’ottobre di quello stesso anno, costretto a seguire itinerari assai complicati a causa della ritirata tedesca dai vari Paesi europei. Una volta a casa si impiegò in un’industria di vernici e pubblicò subito il racconto della sua esperienza nei lager Se questo è un uomo, ma senza molto successo. Il successo gli venne nel 1958 con la edizione presso l’Editore Einaudi. Da allora la sua attività letteraria fu abbastanza regolare, con la pubblicazione di opere di vario genere, sia in volume sia su i giornali e riviste. Morì suicida a Torino nel 1987.

Le idee e le tematiche
L’esperienza letteraria di Primo Levi (laureato in chimica!) nasce dal bisogno di raccontare le mie cose come egli stesso dice, quindi di partecipare ad altri, in forma quasi verbale, le sue esperienze. Tutte le sue opere hanno questo fondo di autobiografismo, più o meno evidente, ma nelle prime, più che nelle successive, l’intento autobiografico non è disgiunto da un intento morale, dal bisogno cioè di essere ascoltato perché chi lo ascolta si ponga delle domande e rifletta su certi problemi. Il mettere per scritto l’esperienza del lager è volere indurre tutti a conoscere, a giudicare, a non dimenticare, affinché quelle tristi vicissitudini siano un riscatto pagato per le generazioni future: che non debbano mai fare o subire altrettanto!

Opere 
Le sue opere principali sono:

SE QUESTO E’ UN UOMO (1948): è il racconto dell’esperienza dolorosa del lager scritto, come l’autore confessa, per il bisogno di far sapere agli altri quello che succedeva in quei campi di concentramento nazisti; per la necessità di proporre a tutto il mondo la domanda se questo è un uomo, quando lo si costringe alla più assoluta abiezione, calpestandone ogni senso di dignità. Il libro racconta con misurata pacatezza e con un equilibrio poetico che lo rende una delle più umane testimonianze della disumana vita dei deportati.

LA TREGUA (1963): anche in quest’opera Levi ritorna alla sua esperienza del campo di concentramento. Racconta, infatti, della liberazione del lager e della lunga peregrinazione del ritorno, una sorta di pietosa odissea che è anche tregua, vacanza, periodo di sospensione fra il non vivere di Auschwitz e la paura di vivere del ritorno: dove avremmo attinto la forza per riprendere a vivere?... Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e inermi.

LA CHIAVE A STELLA (1978): romanzo in 14 racconti dei quali è protagonista Faussone, un operaio specializzato in montature metalliche. L’opera è interessante per il suo modo narrativo e per la lingua: Levi ricostruisce con sensibile realismo, la personalità del protagonista soprattutto attraverso il suo parlare ricco di espressioni dialettali e di vocaboli tecnici. Faussone non è una persona colta, ma ha molto viaggiato per lavoro ed è quindi ricco di esperienze da raccontare.

SE NON ORA, QUANDO? (1982): il romanzo più impegnativo di Levi. Vi si narra dell’impegno degli Ebrei dell’Europa orientale che durante la seconda guerra mondiale combatterono a fianco delle brigate partigiane per riscattare la loro dignità e identità. Se non ora, quando avrebbero potuto reagire da protagonisti? È la domanda dell’autore che segue l’epopea dolorosa di uno di questi gruppi di ebrei dalle foreste della Russia fino all’Italia, a Milano, una città finalmente disposta ad accoglierli.
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Capitolo 7 Se questo è un uomo

di Primo Levi
Riassunto:


Levi descrive una giornata più leggera del solito. Il cielo è sereno e a pranzo ricevono una razione in più di zuppa. Però si vedono i fumi dei camini di Birkenau dove sono finiti le donne, i bambini e gli anziani per morire.
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Capitolo 6 Se questo è un uomo

di Primo Levi
Riassunto:
L’autore descrive una giornata-tipo del suo lavoro: trasportare, insieme ad un altro compagno, con molta fatica e difficoltà, delle traversine.
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Capitolo 5 Se questo è un uomo

di Primo Levi
Riassunto:

Lo scrittore, ormai guarito, ritorna nel suo Block, il 45. descrive le notti passate insonni, oppure a sognare la libertà. Però non si dorme mai profondamente anche perché si attende con terrore la sveglia che segna la ripresa della routine quotidiana.
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Capitolo 4 Se questo è un uomo

di Primo Levi
Riassunto:



"E' Null Achtzhen. Non si chiama altrimenti che così, Zero Diciotto, le ultime tre cifre del suo numero di matricola: come se ognuno si fosse reso conto che solo un uomo è degno di avere un nome, e che Null Achtzhen non è più un uomo."
Un altro episodio significativo vede Mischa e il Galiziano, due ebrei compagni di Levi ad Auschwitz, come protagonisti: i due godono di una posizione privilegiata all'interno del lavoro nel campo, in quanto il loro lavoro è il meno faticoso essi infatti incitano ed esortano i compagni al lavoro. Alla fine della giornata lavorativa la scena si sposta al Ka-Be, abbreviazione di Krankenbau, l'infermeria. La presentazione di questo luogo avviene attraverso gli occhi di Primo Levi che, per la prima volta si reca in questo nuovo mondo; a dir la verità la sua "visita" si trasforma in un'ennesima umiliazione per i detenuti che, spogliati e costretti in piedi per oltre dieci ore, vengono contati, classificati e mandati in un determinato "Block". Nel Block 23 sono tenuti i malati meno gravi e qui Levi incontra un detenuto non ebreo, molto più grasso e in buone condizioni di lui: è un polacco. Purtroppo però il trattamento riservato a Levi come a tutti gli ebrei è il peggiore.
La frase è:- Du Jude kaputt. Du schnell Krematorium fertig- (tu ebreo spacciato, tu presto crematorio, finito). Vengono narrati episodi cruenti e violenti dove, in uno stato di indifferente passività, i detenuti del Block23 venivano controllati e selezionati per le camere a gas. Ciò che rende ancora più cruenta l'esperienza del Block è l'ultima parte del capitolo, dove l'autore trae le considerazioni finali: la relativa tranquillità che vige all'interno del Block è occasione per recuperare una minima parte della coscienza persa in precedenza, un luogo dove per i detenuti è possibile meditare obbiettivamente su ciò che stavano realmente subendo.
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Capitolo 3 Se questo è un uomo

di Primo Levi
Riassunto:

Nel terzo capitolo vi è un episodio significativo che fa risaltare gli effetti disastrosi del campo di concentramento: Levi, non per mancanza di igiene, non per la voglia di lasciarsi andare alla deriva, bensì per puro istinto di sopravvivenza smette di lavarsi, accorgendosi che in una tale situazione ha un unico risvolto negativo e cioè il fatto di consumare energie.
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Capitolo 1 Se Questo è un uomo

di Primo Levi
Riassunto:

L'autore fu catturato il 13 dicembre del 1943 quando aveva ventiquattro anni. Levi narra di come in principio sentisse dentro di sè un naturale senso di ribellione davanti ad un tale affronto. Alla fine del gennaio 1944 venne deportato nel campo di Fossoli presso Modena insieme ad altri centocinquanta ebrei italiani. Il campo risulta vivibile fino all'arrivo delle SS che, facendo rilevare la scarsa efficienza del campo, impongono al commissario italiano di cedere alla loro gestione tutti gli ebrei del campo (22 gennaio 1944).
"Soltanto una minoranza di ingenui e di illusi si ostinò nella speranza: noi avevamo parlato a lungo coi profughi polacchi e croati, e sapevamo che cosa voleva dire partire".
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