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Paul Verlaine: Arte poetica

Quando il poeta francese Paul Verlaine si trovava nel carcere in Belgio scrisse una celebre lirica intitolata "Arte poetica", il titolo deriva dalla somiglianza nei contenuti e nella forma con quello che scrisse il poeta latino Orazio su quanto riguarda la poesia. Quel componimento di Orazio era stato assunto, nei secoli, come la migliore sintesi della visione classicista del poetare; ora Verlaine riscrive, per così dire, le regole della poesia.


Testo:

De la musique avant toute chose,
Et pour cela préfère l’Impair
Plus vague et plus soluble dans l’air,
Sans rien en lui qui pèse ou qui pose.

Il faut aussi que tu n’ailles point
Choisir tes mots sans quelque méprise :
Rien de plus cher que la chanson grise
Où l’Indécis au Précis se joint.

C’est des beaux yeux derrière des voiles,
C’est le grand jour tremblant de midi,
C’est, par un ciel d’automne attiédi,
Le bleu fouillis des claires étoiles !

Car nous voulons la Nuance encor,
Pas la Couleur, rien que la nuance !
Oh ! la nuance seule fiance
Le rêve au rêve et la flûte au cor !

Fuis du plus loin la Pointe assassine,
L’Esprit cruel et le Rire impur,
Qui font pleurer les yeux de l’Azur,
Et tout cet ail de basse cuisine !

Prends l’éloquence et tords-lui son cou !
Tu feras bien, en train d’énergie,
De rendre un peu la Rime assagie.
Si l’on n’y veille, elle ira jusqu’où ?

O qui dira les torts de la Rime ?
Quel enfant sourd ou quel nègre fou
Nous a forgé ce bijou d’un sou
Qui sonne creux et faux sous la lime ?

De la musique encore et toujours !
Que ton vers soit la chose envolée
Qu’on sent qui fuit d’une âme en allée
Vers d’autres cieux à d’autres amours.

Que ton vers soit la bonne aventure
Eparse au vent crispé du matin
Qui va fleurant la menthe et le thym…
Et tout le reste est littérature.



Traduzione:

La musica prima di ogni altra cosa,
E perciò preferisci il verso dispari
Più vago e più solubile nell'aria,
Senza nulla in esso che pesi o posi...

È anche necessario che tu non scelga
le tue parole senza qualche errore:
nulla è più caro della canzone grigia
in cui l'Incerto al Preciso si unisce.

Sono dei begli occhi dietro i veli,
è la forte luce tremolante del mezzogiorno,
è, in mezzo al cielo tiepido d'autunno,
l'azzurro brulichio di chiare stelle!

Perché noi vogliamo la Sfumatura ancora,
non il Colore ma soltanto sfumatura!
Oh! la sfumatura solamente accoppia
il sogno al sogno e il flauto al corno

Fuggi lontano dall'Arguzia assassina,
dallo Spirito crudele e dal Riso impuro,
che fanno piangere gli occhi dell'Azzurro,
e tutto quest'aglio di bassa cucina

Prendi l'eloquenza e torcile il collo!
E farai bene, in vena d'energia,
a moderare un poco la Rima.
Fin dove andrà, se non la sorvegli?

Oh, chi dirà i torti della Rima?
Quale fanciullo sordo o negro folle
ci ha forgiato questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?

Musica e sempre musica ancora!
Sia il tuo verso la cosa che dilegua
che si sente che fugge da un'anima che va
verso altri cieli ad altri amori.

Che il tuo verso sia la buona avventura
Sparsa al vento increspato del mattino
Che porta odori di menta e di timo...
E tutto il resto è letteratura.




Analisi del testo

La lirica è composta da nove quartine rimate, dai versi in lunghezze differenti secondo lo schema ABBA, CDDC ecc.

La Musica

La ricerca dell’unione tra poesia e musica è un ideale estetico che ha segnato tutta la storia della poesia e che in varie epoche si è concretizzato in forme artistiche importanti, componimenti poetici dedicati al canto o pensati per imitare la musicalità attraverso la sonorità della parola.
Ma è col romanticismo che questa ricerca tocca la sfera dei contenuti spirituali e filosofici più profondi. A partire dalla Germania, la musica entra ben presto nella concezione romantica che vede nell’arte lo strumento di conciliazione del conflitto tra vita terrea e Assoluto spirituale, e questo per via del suo aspetto meno materiale - rispetto ad arti come pittura, scultura e letteratura. Essa diventa la rappresentazione di quell’indistinto che è al centro dell’estetica romantica, inteso come rivelazione dello Spirito.

Sostituendo i concetti tipicamente romantici, per altro molto importanti nella formazione dei simbolisti francesi, con i nuovi temi della ricerca estetica di fine ottocento - l’inconscio, l’ignoto, la lingua dell’anima [vedi Rimbaud ] - non è difficile comprendere come l’idea romantica abbia potuto trasfondersi totalmente nella concezione poetica simbolista. La musica, che per i romantici era lo strumento dell’unione con lo Spirito assoluto, qui - capovolta la prospettiva da un Infinito “esterno” a un infinito “interiore” - rimane la lingua privilegiata attraverso cui l’anima del poeta può comunicare agli uomini ciò che ha colto nella propria profondità, e che le parole del linguaggio “letterario” ufficiale non potrebbero mai esprimere («E il resto è letteratura» - v. 36).


L’Indeciso (unito al Preciso)

Si ripropone qui - espresso però con la chiarezza di un programma poetico esplicito e consapevole - quanto affermavamo in merito alle caratteristiche generali della poetica simbolista: l’essere cioè l’immagine simbolica utilizzata da questi poeti una figura priva di significato preciso ma dotata di grande evidenza e concretezza.
È di grande interesse notare che la stessa posizione sul valore poetico (e filosofico) delle immagini “indeterminate” l’aveva già espressa Giacomo Leopardi, in alcune pagine fondamentali del suo Zibaldone. Questo non fa che confermare il grande debito che la poesia simbolista deve riconoscere nei confronti della cultura romantica.


La Sfumatura

La sfumatura (in francese «nuance») è il termine centrale della poetica simbolista. Esso rappresenta il capovolgimento in senso psicologico ed estetico dell’atteggiamento romantico teso ad esaltare la drammaticità dei contrasti e delle passioni.
Se l’oggetto dell’indagine poetica è l’indistinto e indicibile abisso dell’interiorità pre-cosciente, l’atteggiamento di chi persegue questa indagine - che è soprattutto ascolto - non può che essere quello del silenzioso abbandono semi-cosciente, quel saper cogliere l’immagine che si svela con la “coda dell’occhio” più che con l’eroismo della volontà. Da qui, l’importanza delle sfumature più impercettibili e sottili, la cui fragilità è il correlativo della profondità su cui si aprono, come miraggi passeggeri.
E ancora una volta, l’immagine più adatta a rappresentare l’incantesimo dell’evanescente apparizione della profondità, è di tipo musicale: la sottile differenza tra il timbro dell’oboe e quello del flauto (v. 16).

Il verso è lo strumento del poeta. Esso riassume nella sua forma tutte le intenzioni espressive enunciate dal programma verlainiano:

Dev’essere dispari
e a tal fine fa’ l’abitudine
all’Impari, vago e solubile
nell’aria

cioè composto da un numero dispari di sillabe (la sillaba è l’unità di misura della metrica poetica) poiché ciò favorisce la sensazione di incompletezza e di sospensione del ritmo che crea vaghezza e indeterminatezza.

Non deve contenere troppe rime; meglio l’assonanza, che favorisce la musicalità della parola:
E torci il collo all’Eloquenza;
la Rima, è meglio che lo domi.

E quindi, il verso si faccia musica in parole:
E sempre musica. Il verso
Sia soltanto l’essenza viva
Di un’animo già sulla via
D’altri amori, nel cielo terso


Commento

Paul Verlaine è uno dei cosiddetti “poeti maledetti”, vissuto nella seconda metà dell’ 800, che aderisce alla tendenza del simbolismo, nata da una crisi della ragione e da una profonda sfiducia nella possibilità di descrivere razionalmente la vita e l’uomo.

La poesia “arte poetica” di Verlaine è un vero e proprio manifesto di poetica, nel quale l’autore esprime la propria idea sulla poesia, ispirandosi all’opera di Orazio (ars poetica), della quale mantiene anche la parola “lima”, da “labor limae”.
Il poeta afferma che la poesia dovrebbe essere musicalità, quindi non dal ritmo regolare e cantilenante. Egli cerca la fluidità, l’irregolarità, quindi non ama le consonanze, la assonanze, e le rime, che definisce “quel gioiello da un soldo che suona vuoto e falso sotto la lima”. Inoltre l’autore è convinto che la poesia debba essere allusiva, non oggettiva, matematica e troppo chiara; sebbene usando un lessico scelto e ricercato, non bisognerebbe quindi mai essere mai troppo diretti o espliciti, in modo che ognuno possa interpretare da solo il messaggio che l’autore vuole trasmettere.
La poesia deve essere come una “sfumatura”, nella quale si mescolano le riflessioni e le idee, rendendo gli scritti meno enfatici e quindi più emozionanti e personali.
Il poeta in questa poesia afferma anche che bisognerebbe evitare lo sfoggio di intelligenza (arguzia assassina), la falsità ed il sarcasmo cattivo, per scrivere così testi freschi e frizzanti, che si diversificano dalla “letteratura”.
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Paul Verlaine: Languore

Questa famosa lirica venne pubblicata per la prima volta sulla rivista Il gatto nero nel 1883. Fu subito interpretata come il manifesto del nascente Decadentismo.
Schema metrico: sonetto di 14 versi raggruppati in 2 quartine e 2 terzine.

Spiegazione parola per parola del testo
  1. Sono l'impero: io sono (cioè mi sento) come l'impero romano nella sua fase più tarda, subito prima del disfacimento.
  2. Barbari bianchi: gli invasori germanici erano di carnagione chiara.
  3. Acrostici: giochi di parole, nell'acrostico le lettere iniziali di ogni verso, se lette di seguito, formano parole di senso compiuto. Dunque non compone più vera poesia, perché non ha più niente da dire.
  4. Il languore del sole... d'oro: un tramonto rosso fuoco, bellissimo nei suoi colori. Il poeta lo contempla da lontano, proprio come da lontano osserva l'invasione dei barbari, cioè la vita che avanza.
  5. Batillo: un celebre attore di Alessandria d'Egitto, caro a Mecenate. Più che citare un personaggio storico, il poeta allude a una generica figura di artista dell'antichità.
  6. Tutto è bevuto, tutto è mangiato!: non solo il poeta ha già consumato e sperimentato tutto; più in generale, l'impero improduttivo ha sperperato ogni sua ricchezza, mentre i barbari stanno portando via quanto è rimasto.
  7. Tesdio: in francese ennui, è la noia esistenziale. Richiama il languore del v. 4 e lo spleen di Baudelaire.

Analisi del testo e commento
Languore divenne immediatamente celebre, perché sintetizzava con efficacia il diffuso senso di decadenza che circolava nella cultura dell'epoca. La condizione contemporanea viene paragonata a quella dell'impero romano intorno al IV-V secolo d.C., all'epoca cioè delle invasione barbariche; un'età proverbialmente di crisi e sfinimento. Il senso del declino è sottolineato dal fatto che si parla di fine della decadenza: se Verlaine avesse detto durante la decadenza, sarebbe stato meno efficace.
La sofferenza nasce non da un evento preciso, ma, come dice il titolo, da un indeterminato languore, al quale il poeta non sa come reagire e da cui anzi si sente attratto. Su di lui pesa un'invincibile pigrizia, una specie di paralisi, che però, benché dolorosa, viene percepita come inevitabile: la storia e la vita si svolgono altrove; qui, nel luogo e nel tempo in cui vive il poeta, le cose vanno così e non ci si può far nulla.
Il poeta si sente estenuato anche perché gli pare impossibile fare nuove esperienze: ormai ha provato tutto (Tutto è bevuto, tutto è mangiato!, v. 11), anche in senso intellettuale. Il pensiero, la poesia sono infatti presentati come un gioco (comporre acrostici indolenti, v. 3), raffinato, sì, ma inutile, privo di effetti sull'esistenza comune. Perciò, alla fine, non rimane che lasciarsi andare, abbandonarsi al tedio (v.14).
Il fascino delle poesie di Verlaine dipende anche da una raffinatissima musicalità, che in traduzione purtroppo si perde. Il poeta ha scelto una forma chiusa e classica come il sonetto, per costruire una scena apparentemente oggettiva, in ciò simile alle rappresentazioni dei parnassiani. Ma qui Verlaine usa un quadro esterno per rendere un sentimento interiore, una condizione soggettiva, sentita però come rappresentativa dello stato d'animo della prima generazione decadente.
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Riassunto vita: Paul Verlaine

Nacque a Metz il 30 marzo 1844 da famiglia borghese; il padre (come quello di Rimbaud), era capitano dell’esercito. A Parigi conseguì il diploma liceale nel 1862; poi trovò lavoro come impiegato municipale, ma disprezzava quello stile di vita e intanto frequentava circoli letterari e caffè. Nel 1865 morì il padre. Nel 1866 collaborò al Parnaso contemporaneo e pubblicò i Poemi saturnini, in cui si avverte l’influenza di Baudelaire. Il secondo libro di versi, Le feste galanti (1869), inaugurò la sua poetica musicale, insieme al tema del rimpianto per l’innocenza perduta. Nel 1870 si sposò con la diciassettenne Mathilde Mauté, da cui ebbe un figlio.
Nel 1870 scoppiò la guerra franco prussiana; Verlaine si arruolò nella Guardia nazionale e simpatizzò con la Comune. Quando il governo della sinistra parigina venne abbattuto, perse l’impiego. Nel 1871 accolse in casa sua Rimbaud, l’angelo nero; per lui lasciò la famiglia. I due vagabondarono in Inghilterra e in Belgio. Nel 1873, a Bruxelles, durante un litigio, Verlaine sparò a Rimbaud , ferendolo leggermente. Arrestato, scontò in Belgio diciotto mesi di carcere. Qui apprese che la moglie aveva chiesto e ottenuto la separazione; la notizia lo sconvolse, suscitando in lui pentimento e un inizio di conversione religiosa. In carcere scrisse le Romanze senza parole (pubblicate nel 1874).
Scarcerato nel 1875 (ad attenderlo vi era solo la madre), visse per qualche tempo come insegnante in Inghilterra. Poi si rituffò nella vita irregolare: si legò al giovane contadino Lucien Létinos, che adottò addirittura come figlio, e si diede all'alcol e a comportamenti violenti. Continuò a scrivere versi (oscillanti tra acceso erotismo e delicate visioni simboliche) e collaborò alle riviste d'avanguardia. Nel 1884 pubblicò un decisivo saggio critico sui poeti maledetti (tra questi vi erano Rimbaud e Mallarmé). Nel 1886 morì la madre.
La sua fama di poeta cresceva, mentre la sua vita privata si degradava nei più squallidi ambienti del quartiere latino di Parigi. Si ammalò e venne ricoverato più volte in ospedale, devastato da cirrosi e diabete. Infine morì povero e solo, in una gelida mattina del gennaio 1896. Le sue esequie furono seguite da un'enorme folla di ammiratori.

Poesie
Verlaine fu autore di numerose raccolte poetiche, in cui applicò il principio parnassiano dell'arte per l'arte, cioè il gusto per una poesia priva di intenti civili, morali, politici, raccogliendo al contempo i temi più diffusi nelle avanguardie letterarie dell'epoca: il piacere dell'estetismo, una visione maledetta della vita, frutto di violenze e trasgressioni, l'oscillazione tra pessimismo e buoni propositi, destinati e a rimanere inosservati.
Questi diversi stati esistenziali di Verlaine furono inizialmente affidati ai versi di Poemi Saturnini (1866), La buona canzone (1870, un libro dedicato alla giovane moglie), Romanze senza parole (1874, primo capolavoro di Verlaine), Saggezza (1881, che apre alla crisi spirituale lo spiraglio di un ritorno al cattolicesimo).
L'opposizione tra un forte erotismo e un'incerta tensione religiosa segna le raccolte pubblicate negli anni successivi, in cui si alternano la vena religiosa (Liturgie intime, 1892; Elegie, 1893) e quella crudamente erotica (Amore, 1888, in cui l'autore piange la morte dell'amante/figlio Lucien; Carne, 1896); versi squisitamente spirituali (Felicità, 1891) e altri diabolicamente ambigui (Canzoni per lei, 1891).
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Biografia: Paul Verlaine

Biografia:
Nacque a Metz nel 1844 da un'agiata famiglia borghese, di costumi rigidi e tradizionalisti, a cui cercò sempre di ribellarsi. Specialmente dopo che fu trasferito a Parigi per studiare, condusse una vita sregolata e inquieta, ansioso di liberarsi degli antichi pregiudizi e troppo debole per liberarsene del tutto. Nel 1870, l'anno della sconfitta di Sedan e della comune, si sposò, tentando di cambiar vita, e si arruolò nella guardia nazionale per morire insieme col popolo, ma fu espulso ben presto per ubriachezza. E' di questo periodo la sua amicizia con Rimbaud insieme al quale il rapporto con l'amico divenne sempre più difficile tanto che in una lite Verlaine ferì gravemente Rimbaud e finì in carcere per due anni. Nel 1874, uscito dal carcere e disintossicato dall'alcool, in seguito ad una crisi spirituale che lo riavvicinò al cattolicesimo, ebbe un periodo di intima quiete, purtroppo di breve durata. Nuovamente in preda all'alcool e al vizio, si dibatté, negli ultimi anni della sua vita, in una sempre maggiore abiezione che logorò il suo fisico e il suo spirito sempre ansioso di redenzione. Morì a Parigi nel 1896.

Le idee e la poetica
La poesia di Verlaine, che per l'affinità di idee e di sentimenti si può mettere in relazione con quella di Baudelaire, è caratterizzata dal gusto del vago e del malinconico, dell'inquietudine e del contrasto fra il bene il male. Più che in Baudelaire vi sentiamo l'emozione soggettiva e il potere simbolico del linguaggio che diviene sempre più evocativo e musicale, privo di ogni retorica, con versi brevi e fluidi, nei quali è costante l'impegno di rendere le sensazioni immateriali e trasparenti. Verlaine prelude a molti aspetti del simbolismo e anche se non ebbe la statura di un maestro, certo contribuì non poco all'evoluzione della poesia verso forme nuove.

Ecco le più importanti raccolte delle sue opere:

Poemi saturnini (1866): opera giovanile in cui già sono individuabili i temi fondamentali della sua poesia di sempre: malinconia, tenerezza, intimità.

Romanze senza parole (1874): raccoglie liriche scritte nel periodo del carcere; esse, come esprime il titolo, tendono a manifestare la pura musicalità della poesia che diventa simbolo della profonda intimità delle cose.

Saggezza (1881): frutto di una crisi spirituale; dopo un periodo di dolorose meditazioni, il poeta sembrò ritrovare la pace dell'anima nella appassionata adesione alla religione cattolica, di cui sono testimonianza i versi di questa raccolta.

I poemi maledetti (1884): raccolta di saggi su alcuni poeti del tempo (Rimbaud, Mallarmé, Baudelaire...) in cui Verlaine esprime il suo concetto anticonvenzionale e anticonformista sul poeta, in lotta contro la società mediocre che non lo comprende, spregiudicato sia nella poesia sia nella vita.
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