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Inferno Canto 21: analisi, commento, figure retoriche

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del ventunesimo canto dell'Inferno (Canto XXI) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Illustrazione di Paul Gustave Doré.

In questo canto scontano la loro pena i barattieri, colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi, privilegi. Qui Dante incontra i Malebranche (i diavoli), tra questi il più importante è Malacoda, decisamente inaffidabile e bugiardo. Inoltre un gruppo di diavoli fa da scorta ai due poeti lungo il viaggio.



Analisi del canto

Se la narrazione del canto XX dell'Inferno era maggiormente concentrata sulla compassione verso i dannati e la malinconia per la patria lontana, qui invece ritorna la descrizione vera e propria dell'Inferno con le grida dei dannati, le creature demoniache e l'ironia che andrà a caratterizzare il clima infernale. Quindi il canto precedente rappresentava "la tragedia" e invece questo per contrasto "la commedia". Questo canto insieme al canto XXII e la prima parte del canto XXIII trattano lo stesso argomento che è noto come "la commedia dei diavoli"; è detto "commedia" perché la struttura della narrazione ricorda quella teatrale tipica della cultura medievale ed è suddivisibile in diversi atti:
  • prologo (canto XXI, 1-21): arrivo di Dante e Virgilio nella quinta bolgia, quella dei barattieri, e descrizione dell'ambiente circostante (presenza della pece bollente); 
  • atto I (canto XXI, vv. 22-57): scena che illustra il trattamento che i diavoli riservano ai dannati nella pece;
  • atto II (canto XXI, vv. 58-139 ): Dante e Virgilio credono ingenuamente alle parole dei diavoli riguardo la via da seguire per raggiungere il ponte sulla sesta bolgia;
  • atto III (canto XXII, VV. 16-451): la scena del dannato Ciampolo che si prende gioco dei diavoli;
  • atto IV (canto XXII, vv. 1-57): azzuffamento dei diavoli e condizione favorevole per Dante e Virgilio per allontanarsi e scendere nella sesta bolgia.



La commedia dei diavoli

La commedia vede come protagonisti i diavoli, e gli altri personaggi di questo "teatro" sono i soliti Dante e Virgilio, e Ciampolo di cui se ne parlerà maggiormente nel canto XXII. Si tratta di uno dei canti più movimentati e comici della commedia caratterizzato da un vivace scambio di battute, da un'apparizione dinamica dei personaggi, da situazioni grottesche e da un linguaggio basso infatti i diavoli si esprimono a gesti (digrignamento dei denti, storcersi degli occhi, il nascondersi dietro le rocce, pernacchie, peti ecc.). Si ricorda che i diavoli erano già presenti nel canto IX dell'Inferno e sebbene lì mantennero un comportamento più o meno rispettoso secondo lo schema infernale, qui invece sono volgari e imbroglioni... comportamento tipico dei personaggi presenti nelle novelle popolari (anche i buffi nomi dei diavoli appartengono alla tradizione folklorica, che è quella adattare il nome di un personaggio in base al loro carattere). Virgilio mantiene un atteggiamento forte e sicuro ma viene ingannato e ciò dimostra che la Ragione umana non è sufficiente per avere il controllo della situazione, Dante è preoccupato e si affida al suo maestro, come del resto ha sempre fatto nelle situazioni di paura.
I dannati (i barattieri) rimangono fuori dalla scena in quanto si trovano sotto la pece bollente e ne appare solamente uno nel canto successivo, Ciampolo, la cui presenza non fa altro che risaltare la natura dei diavoli e la comicità di questa bolgia.




Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del ventunesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 21 dell'Inferno.


Altro parlando = anastrofe (v. 1). Cioè: "parlando d'altro".

Così di ponte in ponte...venimmo = iperbato (vv. 1-3).

Fessura / di Malebolge = enjambement (vv. 4-5).

Quale ne l’arzanà de’ Viniziani bolle l’inverno la tenace pece a rimpalmare i legni lor non sani...tal, non per foco, ma per divin’arte, bollia là giuso una pegola spessa, che ’nviscava la ripa d’ogne parte = similitudine (vv. 7-18). Cioè: "Come nell'Arsenale dei Veneziani d'inverno bolle la pece viscosa per riparare le loro navi danneggiate, così laggiù bolliva una pece densa, non per effetto del fuoco ma per arte divina, che invischiava ogni lato delle pareti della Bolgia".

Navicar non ponno = anastrofe (v. 10). Cioè: "non possono navigare".

Non per foco, ma per divin’arte = antitesi (v. 16). Cioè: "non per un fuoco ma per arte divina".

Lo duca mio = anastrofe (v. 23). Cioè: "il mio maestro".

Mi volsi come l’uom cui tarda di veder quel che li convien fuggire e cui paura sùbita sgagliarda, che, per veder, non indugia ’l partire = similitudine (vv. 25-28). Cioè: "mi volsi come fa l’uomo che è impaziente di vedere quello che gli conviene fuggire e a cui la paura toglie subito gagliardia, e che mentre osserva non esita comunque a scappare".

Ne l’aspetto fero = anastrofe (v. 31). Cioè: "feroce nell'aspetto".

L’omero = sineddoche (v. 34). La parte per il tutto, l'omero invece di dire la spalla.

Aguto e superbo = endiadi (v. 34). Cioè: "acuminata e rialzata".

Con quel furore e con quella tempesta ch’escono i cani a dosso al poverello che di sùbito chiede ove s’arresta, 69 usciron quei di sotto al ponticello, e volser contra lui tutt’i runcigli = similitudine (vv. 67-71). Sta a significare "Con lo stesso furore e fragore di latrati con cui i cani si lanciano contro il mendicante che si ferma e chiede la carità da quel punto, i diavoli uscirono da sotto il ponte e rivolsero contro Virgilio tutti i ferri uncinati".

Per ch’io mi mossi, e a lui venni ratto; e i diavoli si fecer tutti avanti, sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto; così vid’io già temer li fanti ch’uscivan patteggiati di Caprona, veggendo sé tra nemici cotanti = similitudine (vv. 91-96). Sta a significare "Perciò mi mossi e lo raggiunsi rapidamente; e i diavoli avanzarono tutti insieme, così che ebbi paura che non rispettassero i patti; allo stesso modo vidi temere i soldati che uscivano dal castello di Caprona dopo le trattative per la resa, vedendosi tra tanti nemici".

Tra nemici cotanti = anastrofe (v. 96). Cioè: "tra tanti nemici".



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