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Inferno Canto 21 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto ventunesimo (canto XXI) dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Illustrazione di Paul Gustave Doré.

Dante e Virgilio sono sul ponte che attraversa la quinta bolgia, colma di pece bollente entro la quale sono immersi, invisibili, i barattieri. Improvvisamente appare sul ponte un diavolo che porta sulla spalla un dannato: gettandolo nella pece, fa sapere ai suoi compagni e ai due spettatori che si tratta di uno degli Anziani di Lucca, città ricca di pubblici amministratori che si arricchiscono vendendo per denaro le prerogative concesse ai loro uffici. Il lucchese cerca di liberarsi dalla pece, emergendo alla superficie, ma i diavoli preposti alla custodia dei dannati minacciano di straziarlo con i loro uncini se non si terrà ben nascosto entro la pece. Dopo aver fatto nascondere Dante, Virgilio arriva sul sesto argine per trattare con i diavoli che nel frattempo sono sbucati dalla loro tana sotto il ponte: dal capo Malacoda ottiene l’assicurazione all’incolumità sua e del suo allievo, che quindi richiama dal nascondiglio. Malacoda offre ai due una scorta di dieci diavoli fino al prossimo passaggio per la bolgia successiva, dato che il sesto ponte è crollato a seguito del terremoto concomitante alla morte di Cristo. Il diavolo mescola verità e menzogna, perché il terremoto ha fatto crollare tutti i ponti e non esiste nessun passaggio praticabile sulla sesta bolgia. Costretti a malincuore ad accettare l’offerta, Dante e Virgilio si incamminano sull’argine in compagnia della minacciosa e tragicomica scorta.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 21 dell'Inferno. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Così di ponte in ponte, parlando di argomenti (altro)
che la mia commedia non cura di cantare,
giungemmo; ed eravamo sulla sommità del ponte, quando
ci fermammo (restammo) per osservare l’altra bolgia (fessura)
di Malebolge e gli altri inutili pianti;
e la vidi straordinariamente (mirabilmente) oscura.
Come nell’arsenale (l’arzanà) dei Veneziani
d’inverno bolle la pece tenace
che serve a ricoprire di nuovo (rimpalmare) le loro imbarcazioni non più in buone condizioni,
poiché essi non possono mettersi per mare – invece di navigare
chi costruisce una nuova barca e chi chiude con la stoppa (ristoppa)
i fianchi a quella che ha fatto più viaggi;
chi lavora per rinsaldare a prua o a poppa;
altri costruiscono remi e altri attorcigliano sartie;
chi riassetta le vele terzeruolo e artimone –:
così, non per effetto del fuoco ma per prodigio (arte) divino,
laggiù ribolliva una pece (pegola) densa
che invischiava la riva da ogni parte.
Io la osservavo, ma dentro non vedevo altro
che (mai che) le bolle che il caldo (bollor) sollevava
e vedevo che si gonfiava tutta, per poi riabbassarsi sgonfiata (compressa).
Mentre io guardavo attentamente (fisamente) in basso,
la mia guida, dicendo: «Presta attenzione, guardati!»,
mi trasse vicino a sé dal luogo dov’ero.
Allor mi volsi come fa l’uomo che è impaziente (tarda)
di vedere quello che gli conviene fuggire
e al quale la paura improvvisa toglie ogni vigore (sgagliarda),
per cui non tergiversa (indugia) a partire, pur cercando di guardare:
e dietro di noi vidi un diavolo nero
venire di corsa verso il ponte (scoglio).
Ahi quant’era feroce nell’aspetto!
e come mi pareva crudele (acerbo) nel contegno (atto),
con le ali spiegate, agile e veloce!
Un peccatore gravava con tutte e due le anche l’omero del diavolo,
che era acuto e rilevato (superbo),
e questi teneva ghermito (con le mani adunche) il tendine (nerbo) del piede.
Dal nostro ponte gridò: «O Malebranche,
ecco uno dei magistrati (anzïan) di Santa Zita (Lucca)!
Immergetelo, poiché io torno di nuovo (per anche)
in quella città (terra) che è ben fornita di costoro (ne):
ogni uomo è barattiere ad eccezione di Bonturo;
qui, per denaro, qualunque no diventa sì (ita)»
Lo buttò in basso, e tornò indietro (si volse) per il ponte in pietra (duro);
e non ci fu mai un mastino sciolto
che inseguisse con tanta prontezza (fretta) il ladro (furo).
Quell’anima si immerse nella pece, e tornò su imbrattata (convolto);
ma i demoni nascosti sotto il ponte, gridarono:
«Qui non avviene l’ostensione del Santo Volto!
qui si nuota diversamente che nel fiume Serchio!
Perciò, se tu non vuoi provare (vuo’ di) i nostri graffi,
non stare a galla (far ... soverchio) sopra la pece (pegola)».
Poi che l’ebbero addentato con più di cento uncini (raffi),
dissero: «Qui è necessario che balli sotto la pece,
in modo tale che, se riesci, tu arraffi (accaffi) di nascosto».
Non diversamente i cuochi ai loro aiutanti
ordinano di immergere (attuffare) la carne nel mezzo della caldaia
tramite uncini, perché non galleggi (galli).
Il buon maestro: «Perché non si scorga la tua presenza»,
mi disse, «acquattati dietro la roccia (scheggio),
in modo da avere un riparo;
e per qualunque offesa che mi venga fatta,
non devi temere, ché io conosco (ho ... conte) le cose,
dal momento che ho già assistito un’altra volta a tale contesa (baratta)».
Poi passò dall’altro capo (co) del ponte;
e come giunse sulla riva della sesta bolgia,
gli fu necessario (mestier li fu) assumere un aspetto (fronte) intrepido.
Con quel medesimo furore e frastuono di latrati (tempesta)
con cui si lanciano i cani addosso al poverello che,
dal punto in cui si ferma, subito chiede l’elemosina,
quei diavoli sbucarono da sotto il ponte,
e gli rivolsero contro tutti i ferri uncinati;
ma egli gridò: «Nessuno di voi sia perfido (fello)!
Prima che il vostro uncino mi colpisca (pigli),
venga avanti uno di voi che m’ascolti,
e poi deciderete se straziarmi coi vostri ferri (arruncigliarmi)».
Gridaron tutti: «Vada Malacoda!»;
perciò uno si mosse – mentre gli altri stettero fermi –
e si avvicinò a Virgilio dicendo: «Che cosa pensa di ottenere (approda)?».
«Credi tu, Malacoda, di potermi vedere
giunto fino qui», disse il mio maestro,
«sicuro già da tutte le vostre opposizioni,
senza il volere di Dio e il destino favorevole (destro)?
Lasciaci passare, poiché s’è deciso nel cielo
che io mostri ad altri (altrui) questo cammino aspro (silvestro)».
A questo punto gli venne meno l’alterigia,
così che si lasciò cadere ai piedi l’uncino
e disse agli altri: «Non sia più (omai) aggredito».
E la mia guida mi disse: «O tu che te ne stai (siedi)
quatto quatto tra le rocce (scheggion) del ponte,
accostati ormai a me con sicurezza».
Perciò mi mossi e velocemente (ratto) lo raggiunsi;
e i diavoli avanzarono tutti insieme,
tanto che temetti non mantenessero la promessa;
ugualmente altra volta (già) ho visto il timore dei soldati (fanti)
che uscivano dal castello assediato di Caprona dopo le trattative per la resa (patteggiati),
vedendosi circondati da tanti nemici.
Io mi accostai con tutta la persona ben
vicino (lungo) alla mia guida, e non toglievo gli occhi
dal loro viso che non era affatto rassicurante (buona).
Essi abbassavano gli uncini (verso di me) e: «Vuoi che lo colpisca»,
si dicevano l’un l’altro, «sul groppone?».
E rispondevano: «Sì, fa’ in modo di assestargli un colpo (accocchi)».
Ma quel demonio che patteggiava
col mio maestro, prontamente (tutto presto) si volse
e disse: «Fermati, fermati, Scarmiglione!».
Poi ci disse: «Non si può più andare oltre
questo ponte, dal momento che è crollato
in pezzi il ponte (arco) sulla sesta bolgia (sesto).
Ma se, nonostante tutto, decidete di procedere,
andate su per questa parete rocciosa (grotta);
nelle vicinanze c’è un altro passaggio che permette (face) il transito (via).
Ieri, cinque ore più tardi (più oltre) di quest’ora (otta),
si compirono milleduecentosessantasei anni
da quando la strada fu interrotta.
Io invio da quella parte alcuni di questi miei
a controllare se qualche dannato tenta di venire fuori (se ne sciorina) (dalla pece);
andate con loro, che non vi faranno malvagità».
«Vieni avanti (Tra’ti avante), Alichino, e Calcabrina»,
cominciò a dir quello, «e tu, Cagnazzo;
e Barbariccia guidi il gruppo.
Venga inoltre Libicocco e Draghignazzo,
Ciriatto fornito di zanne (sannuto), e Graffiacane
e Farfarello e Rubicante pazzo.
Perlustrate intorno alla bollente pece (pane);
costoro siano salvi fino al prossimo ponte
che intatto scavalca le bolge (tane)».
«Ohimè, maestro, cos’è quel che vedo?»,
dissi io, «deh, andiamocene soli senza scorta,
se tu vi sai andare; io, per quanto mi riguarda, non desidero (cheggio) la loro scorta.
Se tu sei davvero previdente (accorto) come sei solito,
non vedi che questi digrignano i denti
e con gli occhi (ciglia) ci minacciano guai (duoli)?».
Ed egli a me: «Non voglio che tu abbia timore;
lasciali pur digrignare a piacimento (senno) (i denti),
poiché essi lo fanno contro quelle anime che bollono con dolore».
Svoltarono per l’argine sinistro,
ma prima ognuno aveva stretto la lingua in mezzo ai denti,
verso il comandante, come segnale;
ed egli dal culo aveva fatto trombetta.



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