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Poesie dedicate all'Italia più belle e famose

Le più belle e le più celebri poesie per l'anniversario dell'Unità d'Italia e per la festa della Repubblica Italiana.

L'amor di patria è un vero e proprio affetto nei confronti della patria, un profondo attaccamento alla propria terra, un sentimento che porta ad agire per la soddisfazione di sé stessi e della propria nazione. È sempre stato un tema molto caldo nella letteratura, specie quella italiana, che ha portato i più importanti scrittori (Leopardi, Quasimodo, Ungaretti) a realizzare poesie che trattano l'amore per il proprio Paese o il dolore per la condizione in cui questi versa. In questa raccolta trovate poesie d'autore e anche di autori sconosciuti dedicate all'Italia, o meglio all'amore patrio italiano, che spesso vengono rispolverate in occasione dell'anniversario dell'Unità d'Italia (17 marzo) o della Festa della Repubblica (2 giugno).

Ecco le poesie più belle e famose che siamo riusciti a trovare:

(Inno d’Italia - Goffredo Mameli)
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò



(All'Italia - Giacomo Leopardi)
O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l’erme
Torri degli avi nostri,
Ma la la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme
Nuda la fronte e nudo il petto mostri,
Oimè quante ferite,
Che lívidor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formesissima donna!
Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia,
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perchè, perchè? dov’è la forza antica?
Dove l’armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
0 qual tanta possanza,
Valse a spogliarti il manto e l’auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: ío solo
Combatterà, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl’italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli?. Odo suon d’armi
E di carri e di voci e di timballi
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di spade
Come tra nebbia lampi.
Nè ti conforti e i tremebondi lumi
Piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
L’itata gioventude? 0 numi, o numi
Pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e i figli cari, Ma da nemici altrui
Per altra gente, e non può dir morendo
Alma terra natia,
La vita che mi desti ecco ti rendo.
Oh venturose e care e benedette
L’antiche età, che a morte
Per la patria correan le genti a squadre
E voi sempre onorate e gloriose,
0 tessaliche strette,
Dove la Persia e il fato assai men forte
Fu di poch’alme franche e generose!
lo credo che le piante e i sassi e l’onda
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin siccome tutta quella sponda
Coprir le invitte schiere
De’ corpi ch’alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l’Ellesponto si fuggia,
Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
E sul colle d’Antela, ove morendo
Si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l’etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso ambe le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglicasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Ch’offriste il petto alle nemiche lance
Per amor di costei ch’al Sol vi diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira
Nell’armi e ne’ perigli
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell’acerbo fato amor vi trasse?
Come si lieta, o figli,
L’ora estrema vi parve, onde ridenti
Correste al passo lacrimoso e, duro?
Parea ch’a danza e non a morte andasse
Ciascun de’ vostri, o a splendido convito:
Ma v’attendea lo scuro
Tartaro, e l’ond’a morta;
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l’aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza de’ Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
Or questo fianco addenta or quella coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L’ira de’ greci petti e la virtute.
Ve’ cavalli supini e cavalieri;
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
E correr fra’ primieri
Pallido e scapigliato esso tiranno;
ve’ come infusi e tintí
Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d’infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L’un sopra l’altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell’imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un’ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle
Orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro,
0 benedetti, al suolo,
E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall’uno all’altro polo.
Deh foss’io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest’alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch’io per la Grecia i mororibondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,
Così la vereconda
Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,
Tanto durar quanto la, vostra duri.



(Costituzione)
Benvenuti. A voi mi presento
sono il documento,
il monumento dell’Italia unita
da vent’anni di violenze uscita
e dalla guerra lacera e ferita,
che con me ha iniziato una nuova vita.

2 giugno ’46: il popolo italiano
vota per la Repubblica, non vuole più un sovrano,
diritti che vegliano la storia di ognuno
e che preferenze non fanno a nessuno.
Violarli vuol dire tradire davvero
il patto che lega un popolo intero.

Il patto che viene dai nonni-coraggio
che hanno lottato per farcene omaggio.

Anche tu hai il compito di far da guardiano
perché questo bene non ci sfugga di mano.

Diritto alla vita. Diritto al nome.
Diritto ad esprimere la nostra opinione.
Diritto a esser liberi, mai sfruttati.
Diritto al rispetto, mai offesi e umiliati.

La legge è uguale per tutti,
la legge non fa differenza,
la legge non guarda le tasche,
la legge non ha preferiti,
non chiede opinioni o credenze
ci guarda attraverso i vestiti.
Lo Stato siamo noi cittadini
e allora davanti alla legge saremo
più uguali e vicini.

Servono braccia, menti, passione
serve l’impegno di tante persone.
Siamo immigrati, siamo italiani,
siamo buddisti, laici o cristiani,
eppure c’è chi lavoro non trova,
c’è chi lo perde, chi è solo in prova.

Ogni persona, ogni uomo, ogni donna,
quando lavora si sente colonna
di questa grande casa stivale:
tetto sui monti, porte sul mare.

La scuola è aperta a tutte le menti,
anche se tutte son differenti.
La scuola è libera come il sapere
ed è una sorgente, dà a tutti da bere.

Corriamo dal dottore perché ci curi il male,
se questo non basta corriamo all’ospedale.
Sani, malati, deboli, si cambia all’improvviso.
Dobbiamo avere tutti un medico e un sorriso.

Libera carta per libero stato,
l’ha chiesta un popolo che ha tanto lottato.

L’Italia ripudia la guerra, perché la guerra
è un mostro che mangia la libertà degli uomini
e copre i colori di nero inchiostro.
L’Italia vuole la pace. L’Italia ripudia la guerra.
L’Italia vuole aiutare a fare la pace su tutta la terra.
L’Italia vuole la pace perché la pace è un seme
che cresce solo se gli uomini imparano a vivere insieme.



(Viva L'Italia - Francesco De Gregori)
Viva l’Italia, l’Italia liberata,
l’Italia del valzer, l’Italia del caffè.
L’Italia derubata e colpita al cuore,
viva l’Italia, l’Italia che non muore.
Viva l’Italia, presa a tradimento,
l’Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l’Italia, l’Italia che non ha paura.
Viva l’Italia, l’Italia che è in mezzo al mare,
l’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare,
l’Italia metà giardino e metà galera,
viva l’Italia, l’Italia tutta intera.
Viva l’Italia, l’Italia che lavora,
l’Italia che si dispera, l’Italia che si innamora,
l’Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l’Italia, l’Italia sulla luna.
Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre,
l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre,
l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l’Italia, l’Italia che resiste.



(Italia - Renzo Pezzani)
Ricca o povera, Italia,
sei la patria mia.
Sei così bella che somigli alla mia mamma.
Ti vedo nelle città dove si lavora.
Ti vedo negli occhi della gente.
Ti vedo nei colori della bandiera.



(Storia della Bandiera Italiana)
Perchè verde, bianco e rosso a fasce uniformi?
Le fasce ricordavano certamente la bandiera francese.
Occorre premettere che il nostro tricolore nasce a Reggio Emilia nel 1797,
quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, decreta “che si renda
universale la Bandiera Cispadana di Tre Colori verde, bianco e rosso.

Perchè proprio questi tre colori?
Il bianco e il rosso, erano i colori dell’antico stemma comunale di Milano,
mentre il verde deriverebbe dal colore delle uniformi della guardia milanese.

Dopo diverse “versioni” della bandiera dalla Cispadana a quella del
Regno Unito con D.Lgs. del 19 giugno 1946 si stabilì la nuova bandiera,
inserita successivamente nell’articolo 12 della Costituzione:
“La bandiera della Repubblica e’ il tricolore italiano; verde, bianco e rosso,
a tre bande verticali di eguali dimensioni”.



(Il mio paese è l'Italia - Salvatore Quasimodo)
Più i giorni s’allontanano dispersi
e più ritornano nel cuore dei poeti.
Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, là i reticolati
per la quarantena d’Israele,
il sangue tra i rifiuti, l’esantema torrido,
le catene di poveri già morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
là Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; là Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese è l’Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.



Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni

Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra

Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia

E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre.



(Il Tricolore - Alessandro Cancian)
Stille di pioggia
Su declivi bruciati
arsi dal fuoco
di cento battaglie
spazzati dal vento
di mille lamenti
scendono
grondano
scivolano
adagio
adagio
a mescolarsi
scambiarsi
e confondersi
con gocce di sangue
ancora stillante
dalle crepe
di martoriati pendici
e straziati altopiani.
Linfa vermiglia
di giovani cuori
nati già eroi
imporpora l’erba
di verde rigoglio
dall’altra parte del prato
oltre la bianca rena di collina
Di lontano, da quassù
quel lembo di terra
appare ai nostri occhi
velati da un pianto
di dolorosa e fiera memoria
quale immacolato tricolore.



(Nell'Odor di Festa … Giuro alla Patria - Giovanni Lisi)
Prego..un attimo di silenzio
e senti il rumore assordante
tripudio di colori
t’investe, t’acceca
e gioia maestosa illumina i visi
muscoli stracchi di vecchi signori
e il bastone..appoggio morale
incita festa … lento si erge
e disegna un sorriso
Italia, patria di madama repubblica
confida la gente
genuina terra di sani rapporti
e sale il paesaggio
fra campi di frutti ripieni
fra laghi di limpide acque
fra chilometri di sculturea bellezza
fra città vanto d’industria
si ergono le trombe
nei sorrisi di sfilate amor di patria
in parate di omaggi danzerini
Saluta il presidente,
e che repubblica sia
e svolta la storia
fra sogni, ideali e speranze
Italia terra di democrazia.



(Ecco l'Italia - Renzo Pezzani)
Se incontri una donna giovane,
forte, bella, con in braccio il suo
bambino e un pane nella mano,
quella è l’Italia.
Se vedi un contadino arare il
campo, mietere il grano, quello è
l’Italia.
Se vedi un marinaio sollevare
l’àncora dal mare e stendere la
vela, quello è l’Italia.
Se vedi un soldato ubbidire al
comando d’un superiore, quello è
l’Italia.
Se vedi un mutilato di guerra,
quello è l’Italia.
Se vedi una donna piangere
sulla tomba d’un Caduto, quella
è l’Italia.
Se senti una voce che dice:
– Coraggio! Nel lavoro e nella
concordia godremo la libertà e la
pace, – è l’Italia che parla.



(Italia - Cuman Pertile)
Miei cari monti del mio paese
con valli ridenti e pianure estese
con il lago di Iseo e di Como
vi sogna il core.

Superbi fiumi che al mar correte
e cento macchine voi muovete
il Po comminando al fianco del Ticino
Adige, Arno, Tevere divino.

Metauro, Tronto, Volturno chiaro
i vostri nomi con gioia imparo
e tu mi brilli nella memoria
o Piave storico con la tua gloria.

Vorrei cantarvi tante canzoni
o dell’Italia dolci regioni:
Piemonte, Veneto e Lombardia
Liguria, Emilia e Ischia mia,
le Marche e l’Umbria vorrei vedere
l’Abruzzo e il Lazio e le costiere,
della Campania tutto un giardino
ricca di frutta di grano e vino,
Calabria d’oro, Lucania antica,
Sicilia d’oro di frutta e vino
Sardegna bruna al di la del mare,
Vi vorrei tutte ammirare.

Verdi paesetti e città gentili
palazzi artistici e bei campanili
statue superbe e quadri enormi
voi che aveste tanta gloria
io vi saluto con tutto il cuore.



(Fu e Sarà - Giuseppe Rametta)
Guardavo tutto intorno a me,
sentivo il vento sulla mia pelle,
l’erba ondeggiare come
acqua gelida d’inverno,
ascoltavo i rumori perdersi
nel vuoto dei miei pensieri.

Alzai lo sguardo al cielo,
un sole agonizzante rendeva
omaggio alla nostra presenza,
le nuvole sparivano bruciate
dal fuoco del tramonto,
si abituava il mio sguardo
al rosso vivo, al rosso sangue.

Guardai avanti, gridai, e corsi verso
la battaglia stringendo in mano
una fascia tricolore e portando
con me, un sogno,
nel cuore.



(Bandiera - Laura Marchetti)
Ho sempre amato la bandiera.
Come non potrei?
Ci parla la bandiera,
di eroi che hanno combattuto
e che in lei, ci hanno creduto.
È un simbolo che ci accomuna,
che ci fa sentire fieri,
fratelli,
e forse, a pensarci, è per questo
che amo i mondiali di calcio,
perché è una delle poche occasioni
dove ci si sente uniti,
una sola voce,
un solo coro,
un solo inno.
Tengo sempre una bandiera nel cassetto
che alla prima occasione sventola,
dal mio terrazzo,
intrisa di gioia, un grido di vittoria,
un urlo di amore,
o un pianto, quando ad accomunarci
troppo spesso c'è il dolore.
Eppure non amo
chi fa la bandiera,
chi va dove tira il vento,
dove conviene andare,
sarà che io sono come una trota,
vado sempre contro corrente
contro vento,
dove costa più fatica
il pedalare.
Amo la bandiera,
e non le bandiere,
per lei darei la vita,
non so, sarò singolare...
Ma non la amo mai al plurale!



(Italia è la Mia Balia - Jacopo Lupi)
L’Italia è la mia balia
in balia di se stessa;
immensa e precoce;
l’Italia è la mia voce.
Metterti in posa è un impresa.
Contornare le tue linee di matita,
delicato, attento,
lento ed incantato,
mentre plasmo a stento
e sfioro nel passarti addosso con le dita
sul tuo mento tondo,
come un sole rosa spento,
attendo.
Italia perversa, diversa,
un Italia che si riversa
nei guanciali,
immersa nei sui mali.
Passo spesso sugl’occhi grossi,
grandi come archi spessi e tondi,
poi neri,
come un bagno di carbone
nei bicchieri;
i tuoi occhi lucenti,
le stelle, specchi e vetri,
i tuoi palazzi
che domandano i segreti,
i giardini e i suoi topazi
i mille mondi innocenti,
le voci che non senti;
Italia dalle mani incontrate,
alito nella sera delle notti passate,
Italia di sorrisi intrisi
a macchie d’aurore boreali,
sopra i fiori, le notti,
sopra i giorni sempre uguali;
mi chiedono un amore che
a malincuore non ti concedo,
mi chiedono carbone,
acqua, pianti e rimpianti,
me lo chiedono dai pini,
sui pini, supini,
stelle ormai spente
dei miei natali fragranti.



(Sguardo all’Italia - Crescenzio Franciosi)
Signore, disse un angelo piccino:
mi piacerebbe si potesse fare
un bel paese con attorno il mare
e tanti fiori, come un gran giardino.

Vorrei ci fosser monti scabri e grandi
da toccare le nubi con la cresta,
belle cascate ed alberi giganti,
laghi ridenti come di’ di festa.

E vorrei che vi fosse una pianura
e che un gran fiume la tagliasse in due:

tale che offrisse facile pastura
alla pecora all’asino ed al bue.

Che vi fosser soffioni di borace,
monti che fuman come gli incensieri,
luoghi raccolti dove tutto è pace
e grossi centri, ricchi di cantieri.

Che vi fosser dell’isole serene,
colline dolci, prospere di viti,
città ridenti, site in piagge amene,
e bastimenti per lontani liti.

Vorrei ci fosser anche tante chiese,
vecchi castelli su cui fischia il vento,
ed ogni tanto un piccolo paese
raccolto e solo come un gran convento.

E che la gente fosse coraggiosa
un popol di poeti e di pittori,
quieta, solerte, mite, laboriosa,
ricca di santi e di navigatori.

Che l’Alpe coronasse e l’Appennino
spartisse in due con un gran taglio uguale,
che producesse frutta, grano e vino
e che rassomigliasse a uno stivale.

Questo paese c’è, disse il Signore:
ha in mezzo un fiume e una città
che ammàlia;
vola dove più vedi il mio chiarore
e là ti ferma: troverai l’Italia.



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