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L'amica di nonna Speranza, Gozzano

di Guido Gozzano
da I Colloqui:

Già raccolto in La via del rifugio (1907), il poemetto fu riproposto da Gozzano, con qualche variante nel libro successivo, I colloqui (1911). Il poeta osserva una vecchia foto di famiglia, con una dedica alla nonna Speranza (all'epoca diciassettenne) dall'amica Carlotta: riprendono così vita, nel poemetto gli oggetti del salotto (le buone cose di pessimo gusto), gli episodi insignificanti della cronaca familiare, tutto un mondo piccolo borghese ormai lontano e dimenticato, nel suo contesto storico e sociale, l'età risorgimentale.

Temi: attrazione e ripulsa per le buone cose di pessimo gusto, nostalgia ironica verso un passato ormai estinto, fragilità dell'esistenza umana e dell'amore.
Anno: 1907.
Schema metrico: distici (coppie di 2 versi) di novenari e ottonari raddoppiati (novenario + ottonario, ottonario + ottonario, ottonario + novenario, novenario + novenario). La prima parte di un verso rima per lo più con la seconda metà del successivo; schema: ABBA.

Analisi del testo:
Il punto di partenza è una vecchia fotografia, ritrovata in un polveroso album di famiglia. La foto porta la data del 28 giugno 1850 e ha una dedica scritta di pugno da Carlotta, un'amica della nonna del poeta: la nonna Speranza, appunto. A quell'epoca le due donne erano diciassettenni, appena uscite dal collegio. Mentre gli adulti conversano del più e del meno, Speranza e Carlotta giocano al volano e intanto sfogliano margherite per sortilegio sui teneri versi del Prati, scambiandosi confidenze segrete e le loro tenere pene d'amore. Nasce da qui, nel poeta, il sogno, il desiderio di rinascere nel 1850. Con gli strumenti della poesia e della memoria, egli ridà vita per un momento al salotto di nonna Speranza; qui inscena il dialogo tra le due amiche adolescenti, come un sogno sempre sull'orlo di infrangersi.
La scena si ambienta in un interno borghese di mezzo secolo prima, con le sue suppelletti (le buone cose di pessimo gusto), con le chiacchiere da salotto dei giorni della festa ecc.
Qui riprendono vita la mentalità, le abitudini, i protagonisti dell'età risorgimentale: Giuseppe Verdi con i suoi melodrammi (sia tragici, sia comici: rispettivamente l'Ernani e il Rigoletto) e poi i poeti romantici, stranieri (Goethe e Byron) e italiani (Foscolo, Prati).
Protagonista del componimento è Carlotta, l'amica di nonna Speranza: spirito sognante, ama un poeta, un patriota amico di Mazzini e frequentatore del salotto della contessa Maffei. E' lui che le ha donato una copia di I dolori del giovane Werther, il celebre romanzo di Goethe, la cui protagonista si chiama appunto Carlotta. Tutto il fascino del personaggio di Carlotta sta nel suo magico universo di adolescente, accarezzato nelle trepide atmosfere romantiche, dove il sole tramonta nell'oro e la luna nasce vestita d'argento.
Il poeta prova, insieme, attrazione e ripulsa per le buone cose di pessimo gusto. Gozzano sa che il suo sogno è nulla più che un'illusione. Egli ridesta cose, volti, gesti che appartengono a un mondo ormai estinto. Tra l'altro il mondo di oggetti del poemetto non vive di per sé, ma è osservato a partire da una fotografia, che retrocede la realtà a fantasma del passato.
Il dagherottipo rende possibile una magica sospensione del presente, una fuga nel passato che si vela però di ironia. La perplessità corrode il romantico mondo di Carlotta e Speranza; la conclusione (forse) rende esplicita l'inconsistenza di questi esseri solo di carta, su cui pesa un inevitabile destino di morte e cancellazione.
E' il messaggio finale del testo, al di là del suo trono teneramente svagato.
Sul piano stilistico, l'autore ricorre a un'originale poesia di tipo narrativo, che fa spazio sia alle battute di dialogo sia alle descrizioni. Entrano nei versi anche squarci di prosa, di conversazione parlata.
I dialoghi riproducono le esitazioni, le banalità, le frasi lasciate in sospeso del parlare quotidiano (Ma bene... ma bene... ma bene...; mah!).
Espressioni colte e letterarie s'intrecciavano a voci tecniche e scientifiche e alle forme dimesse del parlato d'ogni giorno.
Su tutto aleggia l'ironia del poeta, viva specie nella terza parte (quella centrale) del poemetto. Gozzano parodizza le banalità della chiacchiere da salotto, in cui si mescolano la cronaca mondana, accenni politici, pettegolezzi di moda. L'ironia è, del resto, una delle grandi armi di Gozzano per respingere la tentazione della nostalgia o del patetismo.
La stessa adozione, sul piano metrico, di un ritmo da ballata romantica, da romanza in versi di sapore ottocentesco, è una scelta che conferma l'ironia gozzaniana.
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Guido Gozzano: I Colloqui

Pubblicata nel 1911, I colloqui è la raccolta di versi più matura di Gozzano e il capolavoro della poetica crepuscolare. L'opera si presenta come un libro organico, strutturato in tre parti (Il giovane errore, Alle soglie, il reduce) dedicate ad altrettanti momenti dell'esistenza del giovane poeta.
Nelle nove liriche della sezione Il giovanile errore (il primo componimento è quello eponimo: I colloqui) il poeta tratta episodi di vagabondaggio sentimentale, seguendo l'illusione giovanile, con le sue promesse non mantenute. I sette testi della seconda serie, Alle soglie, illustrano gli impossibili amori che si offrono al poeta quando egli è alle soglie, ovvero sotto la minaccia della morte (quest'ultima è la Signora vestita di nulla).
In questa seconda serie sono compresi i celebri poemetti La signorina Felicità e L'amica di nonna Speranza. Chiude il libro la sezione Il reduce, che canta, nei suoi otto componimenti, la rassegnazione, l'indifferenza, l'accettazione di una vita senza spessore: sono i motivi della prima lirica di questo gruppo, Totò Merùmeni.
Il libro, complessivamente, segna una svolta nella poesia italiana novecentesca: il poeta assume l'ottica del borghese onesto, affettuosamente, ironicamente critico nei confronti della società del suo tempo.
Soprattutto, Gozzano dà vita a una sorta d'ironica parodia nei confronti della poetica dannunziana (invece che farmi Gozzano / un po' scimunitu, ma greggio / fari gabriel-dannunziano: / sarebbe stato ben peggio!), rifacendosi a un linguaggio comune e a un mondo limitatamente provinciale, raffigurato con realismo.
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Biografia: Guido Gozzano

Biografia:
Guido Gustavo Gozzano nacque a Torino, da famiglia agiata, il 19 dicembre 1883. Nel 1903 s'iscrisse a Giurisprudenza, ma non portò a termine gli studi giuridici, preferendo i corsi di Lettere. Negli anni universitari partecipò alla vita culturale torinese e iniziò a scrivere versi, raccolti nel 1907 nel primo libro, La via del rifugio, che gli diede buona fama; si avverte ancora, in questi versi, la presenza dei modelli poetici dannunziani.
Sempre nel 1907 cominciò un'inquieta relazione con la poetessa torinese Amalia Guglielmetti; dopo alterne vicende, il rapporto si trasformò in una calda amicizia, di cui resta testimonianza nel carteggio Lettere d'amore (pubblicato nel 1951). Già nel 1904 si erano manifestati i primi sintomi della tubercolosi; un violento attacco prostrò il poeta nel 1907. La sua vita proseguì tra soggiorni marini, in Liguria, e permanenze più brevi in montagna.
Nel 1911 la malattia gli concesse una pausa; Gozzano soggiornò più a lungo a Torino, collaborando con giornali e riviste (La Gazzetta del popolo, La Stampa, L'Illustrazione italiana). Sempre nel 1911 uscì la raccolta di versi più importante di Gozzano, I colloqui (1911). Per frenare il peggioramento della tubercolosi, nel febbraio del 1912 s'imbarcò con un amico per un viaggio a Ceylon e in India, unica esperienza esotica della sua vita.
Del viaggio rimangono significativi ricordi in una serie di articoli usciti sul quotidiano La Stampa e poi raccolti nel volume Verso la cuna del mondo (pubblicato postumo con prefazione di G.A. Borgese, nel 1917).
Negli ultimi anni, affievolitasi l'ispirazione poetica, Gozzano si dedicò alla narrativa: nel 1914 pubblicò le fiabe per ragazzi di I tre talismani. Altri volumi uscirono postumi: le fiabe di La principessa si sposa (1917), i racconti di L'altare del passato (1918) e L'ultima traccia 1916, lasciando incompiuto un poemetto dal titolo Le farfalle e ispirato ai poeti didascalici del Cinque e Seicento.
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Testo: L'amica di Nonna Speranza

di Guido Gozzano
Testo:


8 giugno 1850
«...alla sua Speranza
la sua Carlotta....»
(dall'album: dedica d'una fotografia)

I.

Loreto impagliato ed il busto d'Alfieri, di Napoleone
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto),

il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,

un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti col monito, salve, ricordo, le noci di cocco,

Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po' scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici,

le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature,
i dagherottipi: figure sognanti in perplessita',

il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,

il cucu dell'ore che canta, le sedie parate a damasco
chermisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!


II.


I fratellini alla sala quest'oggi non possono accedere
che cauti (hanno tolte le fodere ai mobili. E' giorno di gala).

Ma quelli v'irrompono in frotta. E' giunta, e' giunta in vacanza
la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta.

Ha diciassett'anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:
da poco hanno avuto il permesso d'aggiungere un cerchio alla gonna,

il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine.
Piu' snella da la crinoline emerge la vita di vespa.

Entrambe hanno uno scialle ad arancie a fiori a uccelli a ghirlande;
divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance.

Han fatto l'esame piu' egregio di tutta la classe. Che affanno
passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.

Silenzio, bambini! Le amiche - bambini, fate pian piano! -
le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche.

Motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
di Arcangelo del Leuto e d'Alessandro Scarlatti.

Innamorati dispersi, gementi il core e l'augello,
languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:
...
...caro mio ben
credimi almen!
senza di te
languisce il cor!
Il tuo fedel
sospira ognor,
cessa crudel
tanto rigor!
...
Carlotta canta. Speranza suona. Dolce e fiorita
si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.

O musica! Lieve sussurro! E gia' nell'animo ascoso
d'ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,

lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegio
sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!


III.

Giungeva lo Zio, signore virtuoso, di molto riguardo,
ligio al Passato, al Lombardo-Veneto, all'Imperatore;

giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,
ligia al passato, sebbene amante del Re di Sardegna...

«Baciate la mano alli Zii!» - dicevano il Babbo e la Mamma,
e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.

«E questa è l'amica in vacanza: madamigella Carlotta
Capenna: l'alunna più dotta, l'amica più cara a Speranza.»

«Ma bene... ma bene... ma bene...» - diceva gesuitico e tardo
lo Zio di molto riguardo «Ma bene... ma bene... ma bene...

Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna...
Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro...»

«Gradiscono un po' di moscato?» «Signora sorella magari...»
E con un sorriso pacato sedevano in bei conversari.

«...ma la Brambilla non seppe...» - «E' pingue già per l'Ernani...»
«La Scala non ha piu' soprani...» - «Che vena quel Verdi... Giuseppe!...»

«...nel marzo avremo un lavoro alla Fenice, m'han detto,
nuovissimo: il Rigoletto. Si parla d'un capolavoro.»

«...Azzurri si portano o grigi?» - «E questi orecchini? Che bei
rubini! E questi cammei...» - «la gran novita' di Parigi...»

«...Radetzki? Ma che? L'armistizio... la pace, la pace che regna...»
«...quel giovine Re di Sardegna e' uomo di molto giudizio!»

«E' certo uno spirito insonne, e forte e vigile e scaltro...»
«E' bello?» - «Non bello: tutt'altro.» - «Gli piacciono molto le donne...»

«Speranza!» (chinavansi piano, in tono un po' sibillino)
«Carlotta! Scendete in giardino: andate a giocare al volano!»

Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto
inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.


IV.

Oime'! che giocando un volano, troppo respinto all'assalto,
non piu' ridiscese dall'alto dei rami d'un ippocastano!

S'inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago
sognando l'amore presago nei loro bei sogni trilustri.

«Ah! se tu vedessi che bei denti!» - «Quant'anni?...» - «Ventotto.»
«Poeta?» - «Frequenta il salotto della Contessa Maffei!»

Non vuole morire, non langue il giorno. S'accende piu' ancora
di porpora: come un'aurora stigmatizzata di sangue;

si spenge infine, ma lento. I monti s'abbrunano in coro:
il Sole si sveste dell'oro, la Luna si veste d'argento.

Romantica Luna fra un nimbo leggiero, che baci le chiome
dei pioppi, arcata siccome un sopracciglio di bimbo,

il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa:
non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?

Vedesti le case deserte di Parisina la bella?
Non forse non forse sei quella amata dal giovine Werther?

«...mah! Sogni di la' da venire!» - «Il Lago s'e' fatto più denso
di stelle» - «...che pensi?» - «...Non penso.» - «...Ti piacerebbe morire?»

«Si'!» - «Pare che il cielo riveli piu' stelle nell'acqua e piu' lustri.
Inchinati sui balaustri: sognamo cosi', tra due cieli...»

«Son come sospesa! Mi libro nell'alto...» - «Conosce Mazzini...»
- «E l'ami?...» - «Che versi divini!» - «Fu lui a donarmi quel libro,

ricordi? che narra siccome, amando senza fortuna,
un tale si uccida per una, per una che aveva il mio nome.»


V.

Carlotta! nome non fine, ma dolce che come l'essenze
risusciti le diligenze, lo scialle, le crinoline...

Amica di Nonna, conosco le aiuole per ove leggesti
i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.

Ti fisso nell'albo con tanta tristezza, ov'e' di tuo pugno
la data: vent'otto di giugno del mille ottocento cinquanta.

Stai come rapita in un cantico: lo sguardo al cielo profondo
e l'indice al labbro, secondo l'atteggiamento romantico.

Quel giorno - malinconia - vestivi un abito rosa,
per farti - novissima cosa! - ritrarre in fotografia...

Ma te non rivedo nel fiore, amica di Nonna! Ove sei
o sola che, forse, potrei amare, amare d'amore?
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Commento: L'amica di Nonna Speranza

di Guido Gozzano
Commento:


Una fotografia con dedica di un vecchio album di famiglia offre al poeta l'occasione per un ritorno al passato che rivisita con toni di garbata ironia. La fotografia porta la data del 28 giugno 1850, quando la nonna Speranza, che allora aveva diciassette anni, aveva ospitato per alcuni giorni la coetanea amica Carlotta.
Come in una vecchia stampa si animano ambienti colmi di buone cose di pessimo gusto, rivivono persone, conversazioni e atteggiamenti. Con uno sguardo affettuoso, bonariamente ironico, il poeta rappresenta le due collegiali che suonano sognando il Principe Azzurro o parlano in giardino dei loro amori sfogliando le margherite.
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Riassunto vita: Guido Gozzano

Riassunto:
Guido Gozzano (Torino 1883-1916) vive a Torino dove frequenta gli studi liceali e universitari, seguendo corsi di legge senza mai conseguire la laurea. Malato di tubercolosi, si reca per frequenti soggiorni ad Agliè, nel Canavese, dove possiede la villa Il Meleto.
Nel 1912 intraprende un viaggio in India attratto dal fascino dei paesi esotici e nella vana speranza di trovare un rimedio al suo male che lo porta alla morte a soli 33 anni. Di lui ricordiamo le raccolte di versi La via del rifugio (1907) e I colloqui (1911).
Nella sua opera Gozzano descrive un mondo provinciale e aspira a evadere in un mondo remoto nel passato e nel sogno ma, consapevole dell'illusorietà di questo sogno, vela di ironia il suo umanissimo canto.
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