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La preghiera - Ungaretti: analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "La preghiera" di Giuseppe Ungaretti: testo, analisi, figure retoriche e commento.

La poesia "La preghiera" è stata scritta da Giuseppe Ungaretti nel 1928 e fa parte della raccolta Sentimento del tempo, nella sezione Inni.



Indice




Testo

Come dolce prima dell'uomo
Doveva andare il mondo.

L'uomo ne cavò beffe di demòni,
La sua lussuria disse cielo,
La sua illusione decretò creatice,
Suppose immortale il momento.

La vita gli è di peso enorme
Come liggiù quell'ale d'ape morta
Alla formicola che la trascina.

Da ciò che dura a ciò che passa,
Signore, sogno fermo,
Fa' che torni a correre un patto.

Oh! rasserena questi figli.

Fa' che l'uomo torni a sentire
Che, uomo, fino a te salisti
Per l'infinita sofferenza.

Sii la misura, sii il mistero.

Purificante amore,
Fa' ancora che sia la scala di riscatto
La carne ingannatrice.

Vorrei di nuovo udirti dire
Che in te finalmente annullate
Le anime s'uniranno
E lassù formeranno,
Eterna umanità,
Il tuo sonno felice.




Analisi del testo e commento

Questa poesia è stata scritta nel 1928 e proprio in questo periodo, in seguito a una crisi religiosa, Ungaretti si avvicina alla fede cristiana. L'episodio cruciale che ha segnato la conversione di Ungaretti è avvenuto durante la Pasqua del 1928 quando, il poeta, recandosi all'ordinazione sacerdotale di un suo amico al monte Subasio, avvertì la forte necessità dell'incontro con Dio. Questa è solo una delle tante poesie di Ungaretti a tema religioso.

vv. 1-4
Nei primi versi Ungaretti lascia intendere che l'uomo ha rotto l'armonia del mondo, per il peccato originale, per la guerra, la lussuria, la superbia, per l'essersi atteggiato a Dio creatore dell'eternità. Ungaretti dice che ciò che crea l'uomo pensando di aver creato un qualcosa di perfetto e immortale è solo un'illusione, esse solo di breve durata. E si chiede quanto potesse essere dolce il mondo prima dell'arrivo dell'uomo. Da notare che in questi versi l'uomo usa il tempo passato per trasmettere un senso di nostalgia.

vv. 5-8
La vita per l'uomo è diventata un peso enorme da sostenere e paragona questa scena attraverso la similitudine di una piccola formica che trascina a fatica l'ala di un'ape morta. L'ape rappresenta l'uomo che sognava di volare leggero (un riferimento al mito di Icaro, le cui ali di cera si sciolsero quando egli volò troppo in alto) e succhiava il nettare più prelibato dai fiori del giardino dell'Eden (un riferimento ad Adamo ed Eva che peccarono con la mela). L'ape della poesia è però morta perché l'uomo "suppose immortale il momento", ovvero è andato oltre la propria natura atteggiandosi a Dio e per questo gli spetta adesso la vita faticosa della formica. La formica, a differenza dell'ape, non ha le ali, deve lavorare sempre liggiù (= sulla Terra) per fare provviste e spostare carichi più grandi e pesanti della propria struttura corporea. L'ala che la formica trasporta simboleggia ciò che l'uomo avrebbe potuto avere e beneficiare e, invece, questa ala è diventata adesso il peso da sopportare. Da notare come in questi versi usa il tempo presente per sottolineare che è la condizione dell'uomo in questo momento.

Il verso 9 "Da ciò che dura a ciò che passa" sta a significare che le creazioni di Dio sono eterne, invece i sogni degli uomini non essendo fermi, sono destinati a cadere.

Nel verso 11 (Fa' che torni a correre un patto) Ungaretti adotta il tempo imperativo perché si rivolge a Dio in forma di preghiera, cioè è qui che inizia la preghiera vera e propria, ed esprime desiderio che si possa creare un patto tra l'uomo e Dio.

vv. 12-15
Ungaretti spiega che la sofferenza è il mezzo che l'uomo ha per riscattarsi ed elevarsi a Dio. Invita Dio a ricordare ai suoi figli (= gli uomini) che lui stesso si è fatto uomo per patire l'infinita sofferenza (attraverso crocifissione di Gesù, figlio di Dio). 

Nel verso 16 (Sii la misura, sii il mistero) ritorna il tempo imperativo. Ungaretti chiede a Dio di essere lui stesso a stabilire la misura giusta per l'uomo, perché l'uomo avendo dei limiti umani non può mai arrivare a capire del tutto la natura divina e di conseguenza non potrà mai sapere quale sia la giusta misura (questa parte ricorda Dante nel Paradiso che non comprende tutto ciò che vede). 

vv. 17-19
Il corpo dell'uomo (= la carne), come abbiamo potuto osservare può essere usato per un duplice scopo (= ingannatrice): sia come strumento di dannazione, sia come strumento di salvezza (il sacrificio di Gesù per salvare l'uomo). 
La scala rappresenta l'immagine biblica del collegamento tra la Terra e il Cielo, l'uomo e Dio.

vv. 20-25
Nel verso 20 (Vorrei di nuovo udirti dire) Ungaretti adotta il modo condizionale per sottolineare il desiderio dell'uomo di annullare la sua sofferenza. Inizialmente l'uomo non era stato creato da Dio per morire, ma per vivere in eterno (questo è il sogno felice di Dio) e si augura che in futuro (adotta il tempo futuro) si possa ricreare quell'unità dolce e armoniosa che è stata rotta dall'atteggiamento presuntuoso e arrogante dell'uomo. Ungaretti si augura che per l'uomo ci sia la possibilità di ricominciare con Dio, se non in vita almeno dopo la morte.




Figure retoriche

La sua = anafora (vv. 4-5).

La sua lussuria disse = allitterazione della s (v. 4).

La vita gli è di peso enorme come liggiù quell'ale d'ape morta alla formicola che la trascina = similitudine (vv. 6-8).

Sogno fermo = metafora (v. 10). 

Purificante amore = perifrasi (v. 17). Per indicare Dio.

Carne ingannatrice = personificazione (v. 19).

Sonno felice = personificazione (v. 25).



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