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Paradiso Canto 22 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto ventiduesimo (canto XXII) del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Raffaello Sanzio, La scala di Giacobbe, affresco nella volta della Stanza di Eliodoro, Musei vaticani

San Benedetto racconta la sua vita e la storia dell'ordine benedettino, biasimandone l'attuale decadenza. Dante e Beatrice salgono la scala, che porta al cielo delle stelle fisse, mosso dai Cherubini. Dante arriva nella costellazione dei Gemelli, sotto la quale è nato; sotto di sé vede piccolissimi tutti i cieli e i pianeti.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 22 del Paradiso. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Vinto dallo stupore, mi rivolsi a Beatrice (la mia guida),
come il bambino (parvol) che sempre si
rivolge alla madre, in cui più ha fiducia;
e lei, come una madre che immediatamente
aiuta il figlio pallido e anelante, con quella
voce che è solita rassicurare (ben disporre),
rispose: «Hai dimenticato che sei in Paradiso?
e hai dimenticato che in Paradiso ogni cosa è buona,
e che ciò che qui accade è frutto di ardore per il bene?
Adesso puoi immaginare quanto il canto dei
beati e il mio sorriso ti avrebbero sconvolto (trasmutato),
dopo che questo urlo ti ha tanto colpito;
se tu avessi compreso le parole di preghiera
che erano in esso, conosceresti già la vendetta divina
cui potrai assistere prima di morire.
La spada della giustizia celeste non colpisce
né troppo presto né troppo tardi, se non rispetto a
chi l’attende (ma’ ch’al parer) con desiderio o con paura.
Adesso però guarda di nuovo verso le altre
anime, poiché potrai vedere altri nobili spiriti, se
riporti (redui) il tuo sguardo (l’aspetto) dove io ti indico».
Secondo il suo invito, rigirai gli occhi, e vidi
cento piccole sfere che, nello stare insieme, con
i raggi reciproci si facevano ancora più belle.
Io ero come colui che reprime dentro di sé
il pungolo (punta) del desiderio e non osa (s’attenta)
chiedere, tanto ha paura di esagerare;
la più grande e la più luminosa di quelle
gemme (margherite) si fece avanti,
per soddisfare con le sue parole (far di sé ...contenta) il mio desiderio.
Quindi sentii da dentro quella luce:
«Se tu potessi vedere come me l’ardente carità che ci ispira,
avresti già dichiarato i tuoi pensieri (concetti).
Ma affinché tu non ritardi, esitando, il sublime
scopo del tuo viaggio, io risponderò anche solo
al tuo pensiero, giacché tanto ti trattieni.
Quel monte che ha sul suo versante la città
di Cassino era visitato un tempo sulla sua vetta
da uomini che vivevano nell’errore e ostili;
e io (s. Benedetto) sono colui che per la prima volta portai lassù
il nome di Cristo, lui che portò sulla terra la verità
cristiana che ci innalza tanto;
e su di me rifulse così abbondante grazia che seppi
allontanare (ritrassi) i luoghi circostanti (ville) dal sacrilego
culto pagano che traviò il mondo.
Questi altri spiriti ardenti furono uomini tutti
dediti alla contemplazione, infiammati da quella carità
che genera i buoni sentimenti (fiori) e le opere buone (frutti santi).
Qui c’è s. Macario, qui c’è s. Romualdo,
qui ci sono i miei confratelli che restarono sempre
nei monasteri e mantennero fermi i loro propositi».
E io gli dissi: «La carità che mi manifesti
con le tue parole, e il benigno aspetto che
vedo e osservo di tutti i vostri splendori,
ha tanto ampliato la mia fiducia (fidanza)
quanto il sole fa con la rosa quando
essa diventa aperta quanto più è in suo potere.
Perciò ti chiedo umilmente (ti priego), e tu,
padre, fammi certo se io posso ricevere tanta Grazia,
da vedere te nel tuo puro aspetto».
Per cui egli rispose: «Fratello, il tuo sublime
desiderio si realizzerà nell’ultimo cielo,
dove si realizzano quelli di tutti e anche il mio.
Là ogni desiderio è appagato (perfetta),
giunge alla sua pienezza (matura) ed è totale;
solo in quel cielo ogni luogo è per l’eternità nello stesso posto,
poiché non è dentro uno spazio e non ha poli;
e la scala di questo cielo (nostra) giunge fino
a là, e per questo scompare (s’invola) ai tuoi occhi.
Fino a quel cielo il patriarca Giacobbe vide
questa scala protendere la sua estremità superiore,
quando gli apparve carica di una moltitudine di
angeli. Ma adesso più nessuno stacca (diparte) i
piedi da terra per salire lungo essa, e la mia regola
è rimasta solo uno spreco di carta.
Gli edifici che erano di consueto santi conventi (badia)
son diventati covi di ladroni, e le tonache (cocolle)
sono sacchi ricolmi di farina guasta.
Ma nessuna usura si eleva (si tolle) così grave
contro la volontà di Dio, quanto quelle rendite (frutto)
che fanno impazzire di cupidigia (folle) il cuore dei monaci;
poiché tutto ciò che la Chiesa custodisce appartiene
ai poveri che chiedono l’elemosina in nome di Dio;
non ai parenti o a qualcosa di ancor più turpe (brutto).
La natura umana è così fragile che sulla terra
una cosa iniziata virtuosamente non dura (basta)
quanto dalla nascita di una quercia al suo produrre frutti.
S. Pietro diede inizio alla sua comunità (convento)
senza alcuna ricchezza terrena, io con la
preghiera e l’astinenza, e s. Francesco con l’umiltà;
e se tu prima consideri i nostri inizi, e poi osservi fino
a che punto sono degenerati (trascorso), ti renderai
conto della completa trasformazione.
Ma il Giordano girato all’indietro e il mar Rosso
che si ritrasse per volere di Dio furono miracoli
più grandi a vedersi che il suo intervento di aiuto in questo caso».
Dette queste cose, si riunì alla sua compagnia,
e questa si strinse insieme; quindi, come un turbine,
tutta insieme salì roteando verso l’alto.
La mia santa guida mi sospinse a seguirli
lungo la scala con un semplice gesto, tanto la sua
forza vinse la mia natura corporea; e mai qui sulla
terra, dove si sale e si scende secondo le leggi
naturali, ci fu un movimento così veloce da potersi
uguagliare al mio volo (ala).
Possa io ritornare, o lettore, a quel santo
trionfo celeste per il quale spesso piango i miei
peccati e mi batto il petto; tu non avresti messo e
ritratto un dito nel fuoco in così poco tempo quanto
io impiegai a giungere a vedere la costellazione
dei Gemelli, che viene dopo quella del Toro, e a trovarmi all’interno di essa.
O stelle che date la gloria, o costellazione
ricolma di somme e virtuose influenze, alla quale
io attribuisco tutto il mio ingegno, qualunque esso
sia; in congiunzione con voi sorgeva e tramontava
il sole, che è generatore di tutte le forme di vita
terrene, quando io per la prima volta respirai l’aria
toscana; e poi, quando mi fu concessa la grazia
di salire alla nobile sfera che vi fa ruotare, mi fu
destinata (sortita) la regione in cui vi trovate voi.
Il mio spirito si rivolge adesso con devozione
a voi, per ricevere la forza per il difficile
compito (passo forte) che mi attira a sé.
Beatrice riprese a dirmi: «Tu sei così vicino
alla beatitudine suprema, che devi (dei) ormai
avere ben penetranti e aperti gli occhi;
perciò, prima di entrare più profondamente in essa,
guarda in basso, e osserva quanta parte dell’universo
hai già posto (esser ti fei) sotto di te;
così che il tuo spirito si presenti quanto più può
felice alla schiera trionfante che gioiosa sta per venirti
incontro in questo cielo concavo (etera tondo)».
Riattraversai con lo sguardo tutti i sette
cieli inferiori, e vidi la terra (questo globo) in modo
tale che mi venne da sorridere del suo aspetto meschino;
e approvo come il migliore quel giudizio che
la considera (ha) la cosa meno importante: e chi
si rivolge ad altre cose può davvero considerarsi saggio.
Vidi la luna, figlia di Latona, splendente
senza quelle macchie che mi fecero credere che
fosse in parte rarefatta in parte densa.
L’immagine di tuo figlio il sole, o Iperione,
da qui potei sostenere, e vidi anche in che modo si muovono
circolarmente e vicino al sole i pianeti Mercurio (Maia) e Venere (Dïone).
Da lì mi si mostrò l’opera di attenuazione (il temperar)
di Giove tra il padre Saturno e il figlio Marte;
e da lì capii il loro cambiare di posizione;
e tutti e sette i cieli mi apparvero nella loro
grandezza e nella loro velocità, e in quanta distanza
c’è fra le loro sedi (distante riparo).
La piccola aia che rende così crudeli noi
uomini (ci), mentre giravo insieme alla costellazione
immortale dei Gemelli, io vidi nella sua totalità, dai
monti ai mari; poi voltai lo sguardo agli occhi santi di Beatrice.



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