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Paradiso Canto 10 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto decimo (canto X) del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Dante incontra San Tommaso d'Aquino, Alberto Magno, Pietro Lombardo e altri, affresco di Philipp Veit

Dante e Beatrice ascendono al quarto cielo, quello del Sole, dove godono l’eterna beatitudine gli spiriti sapienti. Dodici di essi, danzando, si dispongono a corona intorno al Poeta e alla sua guida, mentre il loro gaudio è espresso non solo dalla luce intensissima che irradiano, ma anche dal canto che accompagna ogni loro movimento. È un trionfo di splendore e di amore che colma di estatico rapimento l’anima di Dante, il quale si immerge nella contemplazione di Dio. Da una di quelle luci si alza una voce che si dichiara pronta a soddisfare ogni desiderio del Poeta. È il domenicano San Tommaso d’Aquino, il quale condanna l’attuale corruzione morale dell’ordine di San Domenico. Egli rivela poi i nomi dei suoi dodici compagni, mettendo brevemente in rilievo le caratteristiche dell’opera di ciascuno. La rassegna, incominciata con la figura del grande teologo tedesco, Alberto Magno, si chiude con il nome di Sigieri di Brabante, un pensatore di indirizzo averroistico, il quale in vita fu accusato di eresia. Ma Dante vuole esaltare, in questo canto, tutti coloro che amarono la sapienza e dedicarono ad essa la loro esistenza, anche se talvolta si lasciarono trascinare fuori del terreno dell’ortodossia.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 10 del Paradiso. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Dio Padre, Potenza primigenia e indicibile (primo e ineffabile Valore),
rimirando nel Figlio (Cristo) con l’Amore (lo Spirito Santo)
che entrambi emanano in eterno,
creò (fé) tutto ciò che in spirito e in materia (per mente e per loco)
si muove, con tale armonia che chi la contempla
non può fare a meno di godere di Lui.
Alza dunque, lettore, insieme a me lo sguardo
ai cieli ruotanti verso quel punto dove il moto diurno (dei corpi celesti)
si incontra (si percuote) con il moto annuo (dei pianeti);
e da quel punto (lì) inizia a contemplare con amore (vagheggiar)
l’opera perfetta (l’arte) di quell’Artista che nella sua mente
l’ama talmente che non di stoglie mai lo sguardo da essa.
Osserva come da quel punto si distacca (si dirama)
il cerchio obliquo (lo zodiaco) lungo il quale si muovono i pianeti (che i pianeti porta),
per soddisfare la terra che li chiede in aiuto.
Poiché se il percorso non fosse obliquo, gran parte
della virtù celeste sarebbe inutile, e quasi
ogni potenziale creatura sulla terra priva di vita;
e se l’inclinazione (partire) fosse maggiore o minore
rispetto all’equatore (dritto), deriverebbe grave imperfezione (assai sarebbe manco)
all’ordine terrestre in entrambi gli emisferi (e giù e sù).
Adesso, lettore, soffermati (riman) da solo al tuo
tavolo a meditare (dietro pensando) su quello che si pregusta (si preliba),
se vuoi raggiungere la gioia molto prima di stancarti.
Io ti ho approntato il banchetto: ormai puoi cibarti da solo;
poiché attira a sé con forza tutta la mia attenzione
l’alto argomento di cui io sono diventato scrivano.
Il sole, massimo ministro del creato, che imprime (imprenta)
nel mondo le virtù delle influenze celesti (del ciel)
e con la sua luce ci (ne) scandisce (misura) il tempo,
in congiunzione con quel punto del cielo prima ricordato,
si muoveva lungo quelle spirali del suo corso
per cui sorge (s’appresenta cioè si presenta, compare) ogni giorno più presto;
e io mi trovavo nel suo cielo (con lui); ma non mi
ero accorto della mia salita, come non ci si accorge
del sopraggiungere di un pensiero prima che esso si sia formato.
È Beatrice colei che così guida (scorge) da
un bene a un bene maggiore, così velocemente
che il suo agire non si estende (si sporge) nel tempo.
Quanto dovevano essere di per sé splendenti le anime nel cielo
del sole dove io entrai, che risaltavano (parvente)
non per il colore, ma per l’intensità della loro luce!
Per quanto io faccia appello (chiami) all’ingegno, all’artificio, all’esperienza,
non riuscirei a esprimerlo in modo tale da poterselo immaginare;
tuttavia lo si può credere, e si deve desiderare di vederlo.
E se la nostra immaginazione è insufficiente
per così sublimi realtà, non c’è da stupirsi (non è maraviglia):
poiché mai occhio umano andò oltre il sole.
Così splendente (Tal) si trovava in questo cielo la quarta schiera del Padre sublime,
che sempre la soddisfa, manifestando in che modo
Egli emani lo Spirito Santo e si faccia Figlio.
Beatrice iniziò a dirmi: «Rendi grazie, ringrazia Dio (Sol de li angeli),
che ti ha sollevato per sua bontà
alla sfera del sole materiale (a questo sensibil)».
Mai anima umana fu così ben disposta (sì digesto) all’adorazione
e tanto veloce (cotanto presto) a volgersi fiduciosa (rendersi)
a Dio con tutta la sua gioia e gratitudine,
come io divenni nel sentire le parole di Beatrice;
e il mio sentimento si posò in lui così completamente (sì tutto)
che oscurò Beatrice nella dimenticanza.
Ella non se ne dispiacque, anzi sorrise in modo tale
che il brillare del suo sguardo luminoso divise il mio pensiero,
prima tutto concentrato (mia mente unita), fra più oggetti.
Io vidi molte luci vivide e splendenti disporsi in forma di corona (di sé far corona)
e porre noi al centro, più armoniosi nel canto
di quanto fossero luminose agli occhi:
in modo simile noi a volte vediamo (vedem talvolta) la luna (la figlia di Latona)
circondarsi (di un alone), quando l’aria così densa (pregno)
da fermare i raggi (il fil) che formano la cintura (zona).
Nel regno (corte) dei cieli, da cui io ritorno, ci sono
e si incontrano (si trovan) molte cose talmente preziose e belle
che non è possibile portarle fuori dal Paradiso (trar del regno, cioè riferirle con efficacia);
e il cantare di quei beati era una di quelle;
chi non avrà ali per alzarsi fin lassù, è come
se volesse ricavare notizie (novelle) da un muto.
Dopo che, continuando a cantare, quelle anime sfolgoranti
ebbero ruotato per tre volte intorno a noi,
come gli astri più vicini intorno ai loro immobili poli,
mi sembrarono donne non che terminassero una danza (non da ballo sciolte),
ma che si fermassero in silenzio, in ascolto, fino a quando
risentono (hanno ricolte) la ripresa di una nuova musica (lenove note).
E dall’interno di una di queste luci sentii iniziare
a dire: «Dal momento che (Quando) il lume della grazia divina,
da cui nasce (onde s’accende) il giusto amore
che poi si fa più ardente nell’esercitarlo, molto accresciuto rifulge in te
al punto che ti guida alla scala santa per la quale nessuno
scende senza risalire (trattandosi comunque di angeli e di esseri beati),
colui che si rifiutasse di darti il vino della sua ampolla
per saziare la tua sete (di sapere), non sarebbe (fora) in stato di libertà,
proprio come acqua che non scorra al mare.
Tu desideri conoscere quali anime adornino questa corona (di quai piante s’infiora questa ghirlanda)
che in cerchio guarda con amore (vagheggia) Beatrice,
la santa donna che ti dà la forza di salire (t’avvalora) al cielo.
Io fui uno degli agnelli del santo gregge
che s. Domenico guida lungo la strada per la quale
molto ci si arricchisce spiritualmente (u’ ben s’impingua)
se non ci si perde in cose vane (se non si vaneggia).
Costui che è immediatamente alla mia destra fu mio confratello
e maestro: egli è Alberto Magno di Colonia, io Tommaso d’Aquino.
Se vorrai sapere altrettanto (Se sì … esser vuo’ certo) di tutte le altre anime,
segui (di retro … ten vien) con gli occhi le mie parole,
guardando in cerchio (girando) lungo la ghirlanda (serto) dei beati.
Lo splendore seguente (Quell’altro fiammeggiare) viene dalla luce gioiosa (del riso) di Graziano,
che diede il suo contributo alla legge civile e a quella ecclesiastica (l’uno e l’altro foro)
in modo che piacque a Dio.
La seguente luce che abbellisce la nostra schiera
è il famoso Pietro Lombardo che offrì alla Chiesa
la sua preziosa opera, come la poverella del Vangelo.
Il quinto splendore, che è il più fulgido di noi,
emana un amore talmente alto, che tutti sulla terra
hanno grande desiderio (ne gola) di averne notizie:
dentro quella luce c’è l’eccelsa anima (di Salomone)
nella quale fu infuso un sapere (saver) tanto alto (sì profondo)
che, se la verità è vera, non nacque un secondo dotato di uguale conoscenza (veder).
Di fianco vedi brillare la luce di quel luminare (Dionigi l’Areopagita)
che sulla terra, ancora in vita (in carne), seppe vedere più profondamente
l’essenza (natura) e la funzione (ministero) degli angeli.
Nel piccolo splendore successivo si letizia (ride)
quel famoso difensore dell’epoca cristiana (Paolo Orosio?),
della cui chiara opera (del cui latino) si servì s. Agostino.
Adesso se tu sposti (trani) il tuo intelletto (l’occhio de la mente),
seguendo i miei elogi (dietro a le mie lode), da luce a luce,
senti già il desiderio di sapere (già … con sete rimani) chi c’è nell’ottava.
In essa vive la sua felicità (dentro vi gode), contemplando il bene divino,
lo spirito beato (Severino Boezio) che svela, a chi lo sa ascoltare
rettamente, la vanità dei beni terreni (’l mondo fallace).
Il corpo da cui la sua anima fu con violenza espulsa
riposa in terra (giuso) nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro;
e dalla sofferenza della vita terrena (da martiro e da essilio) giunse alla pace del Paradiso.
A lato vedi fiammeggiare lo spirito caritatevole di Isidoro di Siviglia,
del Venerabile Beda e di Riccardo di San Vittore,
il quale nella contemplazione (a considerar) superò i limiti umani (fu più che viro).
La luce che riporta a me il tuo sguardo, è quella
di uno spirito al quale, immerso in profondi pensieri (’n pensieri gravi),
sembrò che la morte giungesse troppo lentamente (tardo):
è lo splendore immortale di Sigieri di Brabante,
che, insegnando (leggendo) a Parigi nel Vico degli Strami,
dedusse con la logica (silogizzò) alcune verità causa di invidia (invidïosi veri)».
Poi, come un orologio che ci desti all’alba,
nell’ora in cui la Chiesa, sposa di Cristo, si alza
per la preghiera del mattino a Dio (surge a mattinar lo sposo)
per ottenerne l’amore (perché l’ami), il quale orologio trascina (tira)
una parte (delle ruote) e spinge (urge) l’altra parte,
tintinnando con una nota così dolce che infiamma (turge)
d’amore l’anima rivolta al bene (’l ben disposto spirto),
ugualmente io vidi la ghirlanda di spiriti gloriosi ricominciare a girare
e accordarsi nel canto (render voce a voce) con un’armonia (in tempra) e una dolcezza
che non può essere conosciuta se non in quel luogo (in Paradiso)
dove la felicità diventa eterna (s’insempra).



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