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Mio fiume anche tu - Ungaretti: spiegazione, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "Mio fiume anche tu" di Giuseppe Ungaretti: testo, spiegazione, analisi del testo, figure retoriche e commento.

La poesia "Mio fiume anche tu" è stata scritta da Giuseppe Ungaretti e fa parte della raccolta Il dolore, nella sezione Roma occupata.



Indice




Testo

1
Mio fiume anche tu, Tevere fatale,
Ora che notte già turbata scorre;
Ora che persistente
E come a stento erotto dalla pietra
Un gemito d'agnelli si propaga
Smarrito per le strade esterrefatte;
Che di male l'attesa senza requie,
Il peggiore dei mali,
Che l'attesa di male imprevedibile
Intralcia animo e passi;
Che singhiozzi infiniti, a lungo rantoli
Agghiacciano le case tane incerte;
Ora che scorre notte già straziata,
Che ogni attimo spariscono di schianto
O temono l'offesa tanti segni
Giunti, quasi divine forme, a splendere
Per ascensione di millenni umani;
Ora che già sconvolta scorre notte,
E quanto un uomo può patire imparo;
Ora ora, mentre schiavo
Il mondo d'abissale pena soffoca;
Ora che insopportabile il tormento
Si sfrena tra i fratelli in ira a morte;
Ora che osano dire
Le mie blasfeme labbra:
«Cristo, pensoso palpito,
Perchè la Tua bontà
S'è tanto allontanata?»

2
Ora che pecorelle cogli agnelli
Si sbandano stupite e, per le strade
Che già furono urbane, si desolano;
Ora che prova un popolo
Dopo gli strappi dell'emigrazione,
La stolta iniquità
Delle deportazioni;
Ora che nelle fosse
Con fantasia ritorta
E mani spudorate
Dalle fattezze umane l'uomo lacera
L'immagine divina
E pietà in grido si contrae di pietra;
Ora che l'innocenza
Reclama almeno un eco,
E geme anche nel cuore più indurito;
Ora che sono vani gli altri gridi;
Vedo ora chiaro nella notte triste.

Vedo ora nella notte triste, imparo,
So che l'inferno s'apre sulla terra
Su misura di quanto
L'uomo si sottrae, folle,
Alla purezza della Tua passione.

3
Fa piaga nel Tuo cuore
La somma del dolore
Che va spargendo sulla terra l'uomo;
Il Tuo cuore è la sede appassionata
Dell'amore non vano.

Cristo, pensoso palpito,
Astro incarnato nell'umane tenebre,
Fratello che t'immoli
Perennemente per riedificare
Umanamente l'uomo,
Santo, Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
Per liberare dalla morte i morti
E sorreggere noi infelici vivi,
D'un pianto solo mio non piango più,
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri.



Analisi del testo e commento

Il titolo della poesia "Mio fiume anche tu" fa riferimento alla più celebre poesia intitolata I fiumi, inclusa nella raccolta L'Allegria, nella quale il poeta elencava i fiumi simbolo della sua vita: il Serchio, il fiume della campagna lucchese, patria della sua famiglia; il Nilo, ove sorge Alessandria, sua città natale; la Senna, fiume di Parigi, dove il poeta si è affacciato alla cultura europea; l'Isonzo, presso cui ha combattuto durante la prima guerra mondiale. A tutti questi fiumi, Ungaretti aggiunge, negli anni del secondo conflitto, il fiume di Roma: il Tevere.

Tevere fatale (v. 1) = l'aggettivo fatale associato al Tevere sta a significare che si tratta di un fiume segnato da un grande destino storico.

È una poesia a tema religioso e i versi che seguono si riferiscono agli orrori – inquisizioni, torture, rappresaglie, rastrellamento e deportazione degli ebrei – avvenuti a Roma durante l’occupazione nazista.

Un gemito d'agnelli si propaga (v. 5) = sono le grida degli innocenti.

O temono... millenni umani (vv. 15-17) = rischiano di essere distrutti tanti segni di civiltà – opere d’arte, ma soprattutto istituzioni del diritto e rapporti civili tra gli uomini – che, attraverso un progresso millenario, sono giunti a splendere come forme che sono quasi la testimonianza della natura divina dell’uomo.

Cristo, pensoso palpito, Perché la Tua bontà S'è tanto allontanata? (vv. 26-28) = L’angosciosa domanda riprende lo stesso effetto di quella di Gesù sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".

Per le strade Che già furono urbane (vv. 30-31) =  Ora, le strade di Roma non si possono più definire urbane: questa parola, infatti, significa "proprio di una città", ma anche civile, in opposizione a "selvaggio", "barbaro".

La stolta iniquità delle deportazioni; Ora che nelle fosse...l'uomo lacera (vv. 35-39) =  Il popolo deportato è chiaramente quello ebreo. Si ricordi che l'8 ottobre 1943 vi fu a Roma un grande rastrellamento nel quartiere ebraico di Roma; i catturati furono condotti nei lager nazisti, dai quali solo pochissimi fecero ritorno.

L'immagine divina (v. 40) = Che nell'uomo ci sia l’immagine divina è insegnamento biblico. Nel libro della Genesi, nel primo racconto della creazione, sta scritto: "E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza ... Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò". (Gen 1, 26-27)



Figure retoriche

Anafora = "Ora che" (vv. 1, 2, 13, 18, 22, 24).

Anafora = "che" (v. 7, 9, 11, 14)

Similitudine = "E come a stento erotto dalla pietra / Un gemito d'agnelli si propaga / Smarrito per le strade esterrefatte" (vv. 4-6).



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