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Paradiso canto 12 Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del dodicesimo canto del Paradiso (Canto XII) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
San Bonaventura, illustrazione di Gustave Doré

Analisi del canto

Il canto di San Domenico
Dedicato alla figura di S. Domenico, il canto presenta una struttura simmetrica al precedente: una parte iniziale con la descrizione della seconda schiera di spiriti sapienti (vv. 1-31), e una seconda parte occupata dal discorso di S. Bonaventura. Questo, a sua volta, si può suddividere in tre sequenze:
  1. panegirico di S. Domenico;
  2. condanna dei francescani corrotti;
  3. presentazione degli spiriti sapienti della seconda corona.


I canti gemelli
I canti di S. Francesco e di S. Domenico sono concepiti come un'unità lirico-narrativa. È dunque possibile individuare le corrispondenze di strutture formali e ideologiche fra i due brani: nell'organizzazione della materia, nell'equilibrio fra le lodi dei santi e le condanne degli ordini monastici, persino nel numero di versi dedicati ai rispettivi temi (a partire dalle indicazioni delle coordinate geografiche dei luoghi di nascita). Indichiamo qui i legami più evidenti:
  1. i due canti sono dedicati al panegirico rispettivamente di S. Francesco e di S. Domenico, i due santi sono presentati sempre insieme come i pilastri su cui si è rifondata la Chiesa del XIII secolo; parallelamente, ma incrociata, viene svolta la polemica contro i due ordini da loro creati; 
  2. i due canti sono «incatenati» narrativamente da una struttura a chiasmo: nel canto XI è S. Tommaso, un domenicano, a tessere l'elogio di S. Francesco e a condannare la degenerazione del proprio ordine; nel canto XII è invece un francescano, S. Bonaventura, a comporre l'agiografia di S. Domenico e a pronunciare la condanna dell'ordine francescano; 
  3. le biografie dei due santi e la polemica finale si sviluppano in modo matematicamente parallelo: una premessa generale (3 terzine), identità d'azione e intenti dei due santi (1 terzina), luogo di nascita (4 e 3 terzine), vita e azioni esemplari (22 e 16 terzine), passaggio dalla biografia alla condanna dell'ordine monastico (4 terzine), monaci fedeli (i terzina); 
  4. i due canti sviluppano in modo complementare lo stesso tema: la provvidenzialità dell'operato congiunto dei due santi per rifondare la Chiesa minacciata da nemici interni (la corruzione ecclesiastica, cui S. Francesco oppone la pratica evangelica della povertà) e nemici esterni (gli eretici, contro cui operò S. Domenico), e il pericolo di una nuova degenerazione; 
  5. la biografia di S. Francesco è costruita intorno alla metafora del suo matrimonio con Madonna Povertà, quella di S. Domenico intorno al matrimonio del santo con la Fede. Lo stretto vincolo fra i due canti è ispirato alla tradizione ecclesiastica del tempo, che prevedeva, nel giorno della festa dei due santi, che fosse un membro dell'altro ordine a rievocarne la vita.


San Domenico, l'agricola di Cristo
La figura di S. Domenico è presentata da Dante soprattutto nel suo aspetto di infaticabile sostenitore della fede cristiana: in lui si uniscono la somma profondità del sapere teologico e l'azione energica per difenderla e diffonderla. Per rappresentare poeticamente la personalità del santo, le immagini più usate sono quella evangelica dell'agricola, di colui che rende fertile il campo della cristianità (vv. 71-72; 86-87; 103-105; ecc.), e quella dell'atleta, cioè il combattente per la Fede (vv. 55-57; 94-102; ecc.). L'esaltazione di S. Domenico procede sempre in contrapposizione con la condanna della degenerazione ecclesiastica del tempo.


Un pantheon della sapienza medievale
Nella parte conclusiva del canto, S. Bonaventura presenta a Dante gli spiriti che compongono la corona di beati che si era aggiunta a quella comparsa nel canto x (là presentata da S. Tommaso, ai vv. 94-138). Il poeta ci propone così, attraverso questo personale «pantheon», un canone della sapienza medievale: nel canto x erano i sapienti teologi, qui i mistici.


Similitudini, sogni, etimologie, metafore
«Per quel che si attiene specificamente al xii canto, si deve osservare che questo, nel complesso, pare assai meno "convinto" del canto francescano. [...] Innegabile pare nel canto xii una certa sovrabbondanza di decorazione letteraria, una certa lentezza nel procedere del discorso» . Gli elementi formali e retorici più evidenti di tale «decorazione letteraria» sono l'elaborata similitudine che apre il canto (vv. 10-21), il ricorso ai suggestivi presagi onirici (vv. 60; 64-66) e alle etimologie (vv. 67-72; 79-81), la sovrabbondanza di metafore (vv. 37-45; 61-63; 70-72; 97-105; 106-114; ecc.).


Il linguaggio militare
Il codice linguistico prevalente nel canto si collega all'interpretazione di S. Domenico come combattente per la Fede. Si tratta infatti di un lessico cavalleresco, che interpreta metaforicamente l'energico operato del santo contro le eresie: duca (v. 31), militano (v. 35), essercito (v. 37), riarmar e insegna (v. 38), imperador (v. 39), campioni (v. 44), drudo (v. 55).



Commento

Il canto dedicato a San Domenico
Il canto XII è costruito in maniera simmetrica rispetto all'XI: all'eroe della cristianità, Francesco, corrisponde Domenico, un altro eroe della cristianità, all'Oriente l'Occidente, alla sposa-Povertà, la sposa-Fede, all'elogio del domenicano San Tommaso quello del francescano San Bonaventura. Francesco e Domenico sono due santi, due paladini della cristianità e Dante li presenta ai lettori affiancati, riproducendo l'archetipo della coppia amica, che tanta parte ebbe nel mondo classico; Gilgamesh ed Enkidu, Achille e Patroclo, Eurialo e Niso sono gli amici indivisibili di cui il mito ha lasciato la memoria. La narrazione della vita di San Domenico corre agile e incalzante, segnata fin dall'inizio dalla Provvidenza. Ancor fanciullo, la nutrice lo sorprende in estasi, e lo stesso nome Domenico significa "appartenente a Dio". La vita del santo conferma che la sua nascita ha radici nella storia dell'umanità: il suo destino, preannunciato da profezie, ha l'impronta arcana di Dio, che lo vuole artefice del ripristino dell'antica virtù della Chiesa primitiva. Domenico e i suoi seguaci, infatti, iniziano un'azione di progressiva conquista delle masse popolari alla fede: dalla repressione del male alla spinta al bene. La figura del santo si definisce per una lucidità mentale che lo porta a diventare un pilastro della teologia cristiana, avviando i suoi seguaci alla predicazione e allo studio della dottrina religiosa e della filosofia. Dotti, abili predicatori, maestri di retorica (non è un caso che il discorso linguistico sia presente come suggestione subliminale per tutto il canto: il padre è Felice di nome e di fatto, la madre è Giovanna, cioè "grazia di Dio"), i domenicani contrastano il paganesimo e l'eresia sul piano del dogma, puntando sull'analisi razionale dei principi religiosi. Diventano così i protagonisti della cultura cristiana e si impongono in campo ecclesiastico come i difensori della fede. Dante ha un inquietante dubbio: ai domenicani è stato affidato il compito di combattere — nel canto sono presenti in larga misura termini del linguaggio militare come essercito, riarmar, milizia, combatter — contro i nemici di Cristo, e la storia registra la loro massiccia presenza nei tribunali dell'inquisizione e nelle crociate contro gli eretici: il messaggio cristiano sarà stato da essi correttamente interpretato? Il sospetto che Cristo vada difeso in altro modo che con la violenza e la costrizione sfiora per un attimo la mente del poeta, desideroso tuttavia di far emergere gli aspetti grandiosi di un santo che segnò la storia della Chiesa. Riappaiono quindi sulla scena i "suoi" francescani, fra cui frate Gioacchino da Fiore, di spirito profetico dotato, ma in odore d'eresia, e quei mistici che insegnarono che Dio è amore. Se la mente di Dante coglie infatti l'importanza di San Domenico, il suo cuore sta con San Francesco. D'altra parte tutto il canto è attraversato da un'ammirazione un po' glaciale per il Santo di Calaroga, da un eros freddo che solo alla fine, in presenza della compagnia dei francescani (scalzi poverelli), si scioglie e recupera il calore che caratterizza Dante quando canta il messaggio cristiano.


VEDI ANCHE: Paradiso Canto 12 - Figure retoriche



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