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Purgatorio canto 28 Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del ventottesimo canto del Purgatorio (Canto XXVIII) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Il fiumicello, illustrazione di Gustave Doré

Analisi del canto

Il canto di Matelda
È una tappa decisiva nel progredire di Dante verso la purificazione, verso Beatrice e verso la beatitudine. Ha raggiunto infatti la divina foresta del Paradiso terrestre, luogo della perfezione naturale e vetta del Purgatorio; e qui avviene l'incontro con Matelda, ultimo tramite a Beatrice. II canto, dopo l'introduzione descrittiva del luogo, consiste interamente nell'incontro fra Dante e Matelda, dove si intrecciano valori simbolici e rituali (la stessa Matelda, il fiume Letè, ecc.), dati strutturali sulla natura dell'Eden, ed emozioni liriche (la figura femminile, l'idillio naturalistico, ecc.). Il discorso prende spunto ancora una volta da un dubbio di Dante: la presenza del vento e del fiume nel Paradiso terrestre sembra in contraddizione con la natura del luogo, che dovrebbe essere incontaminato da qualunque perturbazione atmosferica. Da qui deriveranno gli altri motivi intellettuali del canto.


Il paradiso terrestre
La rappresentazione dell'Eden costituisce un tema centrale di mitologia sacra e di tradizione culturale. In ambito religioso significa il recupero della purezza primigenia nel luogo creato da Dio per l'uomo. Dal punto di vista antropologico, riproduce la natura idillica del mito delle origini, della «età dell'oro», tramandato da tutte le culture antiche e ricordato qui dalla stessa Matelda (vv. 139-148). Il Paradiso terrestre di Dante riporta tutti i tratti idillici del naturalismo mistico: il profumo e i colori dei fiori, l'alito dolce e costante della brezza, il delicato fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, l'acqua limpida e fresca, la germinazione spontanea delle piante. Il locus amoenus della cultura classica, il luogo dello stato felice di natura, diventa il luogo eletto / a l'umana natura (vv. 77-78).


La figura di Matelda
Protagonista di questo e del canto successivo, Matelda, è stata prefigurata come immagine e come simbolo dalla Lia del sogno di Dante nel canto precedente; a sua volta, è in qualche modo prefigurazione di Beatrice, alla quale ella accompagnerà il poeta. Molti i significati allegorici a lei attribuiti; il più convincente è quello che rappresenti la vita attiva che conduce l'anima alla santità: vita attiva moralmente e intellettualmente, così da essere in grado di fornire a Dante le spiegazioni richieste, di prepararlo all'avvento di Beatrice e di guidarlo all'immersione purificatrice nel Letè e nell'Eunoè.


Il tema strutturale
La spiegazione di Matelda sulla presenza di fenomeni naturali nel Paradiso terrestre — il vento e i fiumi — ripropone il mito delle origini cristiane e la visione cosmologica dantesca. L'Eden si pone come spazio miracoloso a metà fra il divino e l'umano, prodotto della natura metafisica e fisica della creazione; per la cultura medievale è un luogo realmente esistito, per cui nel costruirlo poeticamente è necessario il rigore logico e teologico che permetta di inserirlo nelle strutture ordinate dell'universo. Matelda imposta infatti il suo discorso secondo i criteri della Scolastica: si parte dall'assioma della creazione divina (vv. 91-93) con la condanna della corruzione umana (vv. 94-96); segue la descrizione della struttura fisica del luogo che spiega il fenomeno del vento e della vegetazione spontanea in rapporto al moto dei cieli (vv. 97-120); quindi svela l'origine metafisica delle sue acque, indicandone le virtù miracolose (vv. 121-133); infine riconduce la realtà dell'Eden alle intuizioni divinatorie della poesia (vv. 134-148).


Dalla selva oscura alla foresta spessa e viva
Nel canto sono presenti tre elementi di forte carica simbolica: la divina foresta spessa e viva (v. 2), il fiume Letè che impedisce di proseguire (vv. 25-27) e l'incontro con Matelda (vv. 37 sgg.). Sono tre oggetti narrativi che segnalano l'arrivo di Dante a una tappa decisiva: si conclude qui il viaggio nei regni del peccato e dell'espiazione — che conservano le tracce della vita terrena —, e inizia il pellegrinaggio nel mondo delle realtà divine. A sottolineare il senso di un'esperienza che si conclude, ci sono i rimandi alle simmetriche situazioni che avevano determinato l'inizio del racconto, nella cantica infernale: la selva oscura in cui Dante si trova smarrito nel primo canto, il fiume Acheronte del terzo canto, e l'incontro con Virgilio .


La raffigurazione di Matelda
Due tipologie stilistiche caratterizzano il canto: nella prima parte quello bucolico di tradizione classica, per descrivere la natura idillica dell'Eden; nella seconda quello razionalistico dell'esposizione teologico - scientifica. Al centro c'è Matelda, raffigurata da Dante con speciale varietà di motivi formali. Tra questi, risaltano la ripresa del modello provenzale della «pastorella» — diffuso anche fra i poeti dello Stil Novo—, e la ricchezza di similitudini per esaltarne la grazia ( vv. 37-41, 49-51, 52-57, 64-66).



Commento

Matelda e la critica 
Il canto si avvia con toni dolci, in un'esultanza della natura, tanto più sentita quanto più sommessa, come si conviene a chi sta per conquistare il sovrumano, ma ha gli occhi e il cuore ancora colmi delle dolcezze terrene. Così Dante, dopo aver provato l'orrore del male (l'Inferno) e aver espiato le proprie colpe (Purgatorio), può ritornare allo stato di purezza dell'uomo prima del peccato originale e aspirare alla piena felicità. Essa è vicina ma ancora irraggiungibile: Matelda è lì viva ma distaccata, poiché tre passi di acqua la separano da Dante. L'apparizione di Matelda è già prefigurata nel sogno di Dante (Purgatorio, XXVII, vv. 94-108) in Lia, simbolo, per gli esegeti della Bibbia, della vita attiva, ossia della felicità che è possibile raggiungere in terra, mentre sua sorella Rachele, bellissima ma sterile, è simbolo della vita contemplativa, ossia della beatitudine eterna, probabile prefigurazione di Beatrice. Matelda è creatura tanto attraente quanto misteriosa, oscillante tra il sogno e la realtà, tra la bellezza e la felicità terrena da una parte e la tensione verso la beatitudine eterna dall'altra, bella donna ma anche simbolo. La sua apparizione in uno scenario che è tutto una festa dei sensi, ne esalta la bellezza (sembianti), l'armonia della voce e la delicatezza dei movimenti, ma, proprio quando il terreno sembra prevalere sul divino, ecco Matelda assumere la funzione che le è propria e diventare guida, svelatrice di misteri, anello di congiunzione tra Virgilio (ragione umana) e Beatrice (rivelazione). È perciò che può essere messa in corrispondenza con San Bernardo, che, alla fine del Paradiso, conduce Dante alla visione di Dio. Bella donna e simbolo, rivelatrice e svelatríce, perfetta consonanza tra apparire e sentire (sembianti che soglion esser testimon del core), Matelda è la figura centrale del canto, il punto di congiunzione fra la prima parte, vivace e armoniosa, e la seconda, concettosa e tecnica, colei che, nella sua duplice realtà, realizza la profonda unità dell'ispirazione dantesca. Matelda può essere identificata col personaggio storico di Matilde di Canossa, come fecero quasi tutti gli antichi commentatori della Commedia ai quali Bruno Nardi, nel suo famoso saggio sul canto XXVIII del Purgatorio, restituì attendibilità; ma essa è anche simbolo della vita attiva, anticipazione della vita contemplativa (Beatrice). In questo senso sembra condurre anche il nome Matelda, che, deriverebbe da mathematica (arte) più Eden (gioia), per cui "gioia nell'arte" o "arte tra la gioia", quindi vita attiva nel Paradiso terrestre. Secondo altri il nome sarebbe un anagramma di ad laetam. Certamente Matelda, creatura ridente e amorosa, può simboleggiare sia la condizione di felicità dell'uomo preesistente al peccato originale, sia la riconquistata felicità dopo il peccato originale attraverso il pentimento e la purificazione. Al di là del suo significato simbolico, resta nella memoria come una figura femminile fascinosa, suggestiva insinuazione della divina piacevolezza dell'Eden.


VEDI ANCHE: Purgatorio canto 28 - Figure retoriche



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