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Conversazione in Sicilia, Vittorini

di Elio Vittorini
Riassunto:

Iniziato nel settembre 1937, il romanzo uscì a puntate sulla rivista fiorentina Letteratura dal n. 6 (aprile 1938) al n. 10 (aprile 1939). Fu pubblicato in volume nel 1941 prima dall'editore Parenti di Firenze con il titolo Nome e lagrime, poi da Bompiani con il titolo originario.
Il racconto è diviso in 49 brevi capitoli. Il protagonista, Silvestro Ferrauto, è una figura in parte autobiografica: è un tipografo che vive lontano dalla sua Sicilia e lavora in un giornale.
Il padre lo avvisa per lettera di avere abbandonato la moglie in Sicilia, per rifarsi una famiglia a Venezia. Silvestro sta per spedire alla madre, ormai sola, una cartolina d'auguri per le feste di Natale; ma alla stazione la pubblicità di un forte sconto sul prezzo del biglietto per Siracusa lo convince a partire, senza neppure avvisare la giovane moglie.
Durante il tragitto, Silvestro ha i primi contatti con la misera gente di Sicilia, quella che viaggia in terza classe; ma è un dialogo difficile, tanto che qualcuno lo scambia per un americano. Nel tratto tra Messina e Siracusa avviene l'unico incontro positivo, quello con il Gran Lombardo, un siciliano forte e ricco, immagine di chi sa vivere in pace con sé e con gli altri. Sceso a Siracusa, il protagonista sale sul trenino diretto ai paesi della montagna. Dopo quindici anni rivede così l'anziana mamma.
Comincia qui la seconda parte: la narrazione perde l'aspetto realistico, per divenire un romanzo della memoria. La conversazione con la madre conduce Silvestro a ritrovare gli odori della cucina e della casa, i gesti della vita quotidiana, a rievocare la giovinezza, i luoghi e i componenti della famiglia: il nonno, il padre, il fratello morto nella guerra di Spagna. Nella terza parte del libro madre e figlio escono in paese: la miseria della gente siciliana viene a incarnare per Silvestro, muto osservatore, la miseria dell'intera umanità. La donna vive tutto ciò con rassegnazione, mentre il figlio giudica la realtà con criteri politico sociali. L'arrotino Calogero e l'uomo Ezechiele occupano le pagine della quarta parte, dove si toccano i nodi problematici del vivere umano: il dolore, le offese del mondo, il loro apparente non significato.
Nell'ultima parte il protagonista insegue lo spirito del fratello Liborio, morto un mese prima; ne nasce la conversazione più drammatica del libro.
Il viaggio è ormai concluso: Silvestro se ne va in pianto, accompagnato dal simbolico corteo dei personaggi che ha incontrato per tre giorni e tre notti. Nell'ultima scena si scorge la madre che lava i piedi a un vecchio demente: è il padre, tornato a casa, piangente, ultima incarnazione della condizione umana.

Analisi Capitolo 1 
L'autore non inquadra con precisione storica le coordinate del racconto, ma da alcuni accenni (come i massacri sui manifesti dei giornali) s'intuisce che è in atto una guerra, la guerra di Spagna del 1936, in cui ha trovato la morte il fratello Liborio. Gli eventi storici, seppure appena accennati, gettano dunque nell'inquietudine il racconto che sta per cominciare.
L'io narrante insiste sulla condizione di torpore, di apatia e di mutismo in cui si è ridotto nella sua vita di emigrante a Milano. Vive in una quiete che, in realtà, equivale a una rinuncia a vivere. Infatti, oppresso dalla violenza incombente, Silvestro non riesce più a provare sentimenti e arriva a negare le azioni più semplici, come cibarsi, avere avuto un'infanzia, amare una donna ecc.



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