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Analisi: I Malavoglia, Verga

di Giovanni Verga
Analisi del testo:

Verga cominciò nel 1875 a progettare un bozzetto marinaresco (cioè un abbozzo narrativo ambientato nel mondo dei pescatori) da intitolarsi Padron 'Ntoni; nel maggio di tre anni dopo (1878) annunciò all'amico scrittore Luigi Capuana che il bozzetto si era trasformato in un romanzo, I Malavoglia.
Alla base di questa ambiziosa evoluzione era l'approfondimento della poetica del Verismo, fatta propria da Verga grazie all'amicizia con Capuana e alla comune lettura del romanzo L'assomoir (L'ammazzatoio) di Emile Zola. Fu forse la diffusione (1876) dell'Inchiesta di Franchetti e Sonnino sulle condizioni della Sicilia postunitaria a suggerire a Verga l'ambientazione del racconto tra i miseri  pescatori di Aci Trezza, un borgo vicino a Catania.

I Malavoglia nacque dunque come un romanzo epistolare, secondo la nuova poetica del naturalismo francese. La sperimentazione non riguarda solo la forma e l'impianto narrativo, ma anche i contenuti, i temi sociali, il modo di pensare e di parlare dei personaggi. A tale scopo, Verga consultò gli studi etnografici sul folklore e le tradizioni locali catanesi del medico siciliano Giuseppe  Pitré (1841-1916), studioso di tradizioni popolari e storia locale, per conferire al racconto un'impronta più oggettiva. L'opera dunque assume le caratteristiche di uno studio sociale con la precisione di un'analisi scientifica.

Così com'è ricostruito nei Malavoglia, il mondo arcaico-rurale di Aci Trezza è certamente vero.
  • è realistico, infatti, l'articolarsi del suo tempo etnologico, cioè di un ritmo di vita invariabile, legato a una serie di tradizioni: i proverbi (la tradizione della casa, incarnata in padron 'Ntoni, l'uomo-proverbio), il ciclo delle stagioni e il lavoro dei campi (la tradizione della terra), le liturgie (la tradizione religiosa);
  • anche lo spazio è puntigliosamente vero: i luoghi del romanzo sono quelli tipici di un paese tutto messo in piazza: la farmacia, dove s'incontrano gli intellettuali; il sagrato, dove si ritrovavano i commercianti e gli affaristi; l'osteria di Santuzza, in cui si vedono i proletari e gli sfaccendati; il lavatoio e la fontana, punto di riferimento delle comari.

La ricchezza dei particolari narrativi serve a Verga per mettere in scena una pluralità di piccole storie, individuali e familiari, che s'intrecciano e si sviluppano. Viene così ricostruita il più fedelmente possibile la complessa realtà della vita di un villaggio tipico, colta nella ricchezza anche contraddittoria delle sue relazioni umane. Lo scrittore assume l'ottica del microscopio, teorizzata in Fantasticheria: Bisogna farci piccini anche noi, chiudere tutto l'orizzonte fra due zolle, e guardare col microscopio le piccole cause che fanno battere i piccoli cuori.


Una società arcaica scossa dai primi segni del progresso

Aci Trezza è un mondo povero ma sereno, fedele da sempre alle sue tradizioni. Verga è però consapevole del fatto che anche quella realtà è soggetta a trasformazioni: il suo scopo (dichiarato nella Prefazione del romanzo) è osservare che cosa accade allorché il nuovo, il progresso, penetra nella quiete di una società arcaica, apparentemente immutabile. Poiché secondo la concezione verghiana il mondo è dominato da una logica di tipo economico, il contrasto tra vecchio e nuovo si pone anzitutto a livello economico e produttivo.
Nei Malavoglia questo motivo viene incarnato da due personaggi tra loro opposti:
  1. da una parte c'è padron 'Ntoni, il vecchio patriarca, capo della casa del nespolo, immagine di colui che resta fedele al suo lavoro di pescatore tramandato da generazioni.
  2. dall'altra c'è Zio Crocifisso, simbolo del nuovo modo di lavorare e guadagnare; è lui, scrive Verga, l'usuraio che si pappava il meglio della pesca senza pericolo.
I due personaggi sono portatori di valori molto diversi: padron 'Ntoni difende l'onestà, incondizionata; zio Crocifisso l'utile, a qualsiasi costo.


La trama del racconto s'incentra esattamente sul punto di passaggio dal vecchio al nuovo: ritrae infatti la tentazione di cui persino padron 'Ntoni cade vittima. Anch'egli, infatti, cede alla brama di meglio, al desiderio di migliorare la propria condizione economica: da pescatore vorrebbe farsi piccolo imprenditore della pesca. Per questo motivo s'impegna in un affare (il negozio dei lupini) per il quale ha bisogno di un prestito; lo chiede a zio Crocifisso, ma non sarà più in grado di risarcirlo a causa del naufragio della barca (la Provvidenza) e di tutto il suo carico. La disgrazia manderà in rovina 'Ntoni e la sua famiglia.

Verga non si limita a illustrare il contrasto tra due logiche economiche differenti, ma ritrae il conflitto tra nuovo e vecchio mostrando l'arcaico mondo di Aci Trezza alle prese con novità recenti, che sconvolgono la sua staticità. Si tratta di:
  • novità politiche: l'Italia unita;
  • novità sociali: la leva militare e la scuola elementare obbligatorie;
  • novità economiche: il capitalismo dei proprietari e le tasse;
  • novità tecnologiche: il telegrafo, la nave a vapore.
Di fronte al nuovo che avanza ci sono due risposte possibili:
- da una parte la fedeltà verso la tradizione, personificata dall'anziano padron 'Ntoni;
- dall'altra, all'opposto, la ribellione, incarnata nel romanzo da zio Crocifisso ma anche dal giovane 'Ntoni, nipote di padron 'Ntoni.

Padron 'Ntoni sa che il mondo va così, e non abbiamo il diritto di lagnarcene; sa che bisogna vivere come siamo nati, che più ricco è in terra chi meno desidera. Il suo è l'ideale dell'ostrica, il mollusco che vive fedelmente abbarbicato al proprio scoglio, di cui Verga aveva parlato nella novella Fantasticheria (1879). Tocca al suo antagonista, il giovane 'Ntoni, il compito, nel romanzo, di mettere in discussione il proprio nucleo di appartenenza: è lui a fuggire dal paese in cerca di fortuna e di nuove esperienze. Verga ritrae le sofferenze che questa scelta comporta, ma non lo condanna interamente: sa infatti che lo slancio verso il nuovo è una spinta ineludibile dell'animo umano.


Il significato de I Malavoglia

Il significato generale del romanzo viene anticipato della Prefazione dell'opera, che promette d'illustrare le prime irrequietudini del benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliola vissuta fino allora relativamente felice, la vaga bramosia dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio. L'esito di tutto ciò è tragico, come le immagini apocalittiche della Prefazione sottolineano (i vinti sono travolti e annegati, ciascuno colle stimmate del suo peccato): nel cupo pessimismo verghiano, ogni tentativo di cambiare condizione porta alla sconfitta personale e alla disgregazione del nucleo familiare.
A cedere alla tentazione è il vecchio patriarca, padron 'Ntoni. Nessuno meglio di lui, il custode della casa e delle tradizioni di famiglia, dovrebbe sapere che pigliare il cielo a pugni porta solo alla sconfitta e all'infelicità; eppure, paradossalmente, è proprio lui a impegnarsi nel fatale affare dei lupini. Padron 'Ntoni pagherà il prezzo più alto all'infrazione della norma non scritta che impone di accettare il proprio destino; per il giovane 'Ntoni, invece, sembra prospettarsi un esito diverso, per quanto incerto e appena accennato, nell'ultima pagina del romanzo, in cui si narra la sua partenza all'alba, una specie di ricominciamento, da un'Aci Trezza intorpidita.


Il linguaggio del romanzo

Sul piano narrativo, il romanzo di Verga si segnala anzitutto per la novità del linguaggio. La lingua dei Malavoglia non è il dialetto siciliano, ma una sorta di italiano dialettizzato. E' cioè una lingua che, nella realtà, non esiste e viene così dire ricostruita a tavolino dallo scrittore. Essa diventa l'espressione viva di una cultura popolare, colta in tutte le sue dimensioni: i proverbi, i modi di dire, le credenze religiose e le usanze tradizionali, i riti religiosi e le pratiche mediche, le favole e le consuetudini riguardanti matrimonio, morte, lavoro dei campi in mare.

In particolare, Verga utilizza la struttura dell'erlebte Rede, il discorso rivissuto o discorso indiretto libero. Si tratta di una tecnica narrativa già nota e sfruttata da altri romanzieri ottocenteschi, ma che nessuno aveva mai applicato in maniera così sistematica come fa Verga. Il narratore dei Malavoglia, infatti fa parlare i suoi personaggi in modo diverso da come avviene nel racconto tradizionale: evita di dare loro la parola nel discorso diretto (usando la terza persona) o di usare il discorso indiretto (egli diceva che) per riferire quanto essi dicono. In questo modo, l'autore annulla la distanza che lo separa dai personaggi: fa sue le loro parole e le confonde con le proprie, l'esteriorità del racconto e l'interiorità dei personaggi vengono a sovrapporsi e a rimescolarsi, e si annulla ciò che Verga chiama la lente (sempre deformante) dello scrittore (Lettera-prefazione a L'amante di Gramigna).
Possiamo esemplificare quanto detto con un passo tratto dal capitolo IV:

Compare Cipolla raccontava che sulle acciughe c'era un aumento di due tarì per barile, questo poteva interessargli a padron 'Ntoni, se ci aveva ancora delle acciughe da vendere; lui a buon conto se n'era riserbato un centinaio di barili; e parlavano pure di compare Bastianazzo, buon'anima, che nessuno se lo sarebbe aspettato, un uomo nel fiore dell'età, e che crepava di salute, poveretto!

Le parole di compare Cipolla sono riferite, all'inizio, mediante il discorso indiretto (raccontava che... per barile). Però subito dopo, all'interno di questa stessa costruzione, vengono riprodotte le frasi come escono dalla bocca di chi parla: questo poteva interessargli a padron 'Ntoni.
Il discorso indiretto libero è ancora più evidente nel periodo successivo, che inizia con parlavano pure di compare Bastianazzo e si conclude con l'esclamazione poveretto!, presa dal parlato. Da notare anche l'uso libero del che (corrispondente al siciliano ca), elemento dal valore variabile: in questo caso, che nessuno se lo sarebbe aspettato significa la morte del quale nessuno se se la sarebbe aspettata, e costituisce dunque un richiamo implicito alla morte (in mare) del personaggio.
La prosa verghiana è ricca di allusioni a fatti o aspetti noti ai personaggi ma non al lettore, che quindi deve decifrarli.



La voce del popolo

Utilizzando questa tecnica narrativa, Verga asseconda l'esigenza di oggettività: può dunque rappresentare sulla pagina quel coro dei parlanti che è il vero protagonista-narratore del romanzo. Il narratore ha scelto di raccontare gli avvenimenti come si riflettono nei cervelli e nei cuori dei suoi personaggi (Leo Spitzer). Sono i personaggi del coro ad accollarsi l'iniziativa del racconto, imponendo la loro soggettività. Tuttavia, il narratore non scompare mai del tutto: egli indossa di volta in volta la maschera del personaggio che gli interessa, assume i pensieri e le parole ora dell'uno ora dell'altro dando l'impressione che sia un'intera comunità a parlare, a pensare, ad agire.



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