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Eneide Libro 7 - Riassunto

Appunto contenente il riassunto del libro VII (settimo) dell'Eneide.
Enea alla corte del re Latino, olio su tela di Ferdinand Bol, 1661-1663 ca, Amsterdam, Rijksmuseum.

Un nuovo lutto rattrista Enea: la morte di Caeta, antica nutrice, che viene sepolta in un luogo che assumerà il suo nome (Gaeta). Durante la navigazione gli Eneadi costeggiano la terra di Circe, dalla quale Nettuno, che li protegge, li tiene lontano; giungono infine alla corrente del Tevere, in un paesaggio luminoso e sereno. Lì vive Latino, che pacificamente regna su molte città, in attesa di far sposare la figlia Lavinia a un giovane principe: nonostante molti, fra cui Turno, la chiedano in moglie, egli esita, poiché alcuni prodigi gli hanno rivelato l'imminente arrivo di un capo straniero, cui è destinata Lavinia, secondo quanto gli è stato profetizzato dal padre Fauno. Latino non ha taciuto questo responso che è noto a tutti.

Nel frattempo Enea e i compagni sono sbarcati e si stanno rifocillando: a un tratto Ascanio, notando che mangiano anche le focacce su cui hanno posto i cibi, osserva scherzosamente che si stanno mangiando le mense. Enea si rallegra perché vede compiuta la profezia, secondo cui quando avessero mangiato le mense sarebbero giunti nella terra loro destinata dal Fato, e offre, grato, un sacrificio a Giove, che manifesta il suo favore con un tuono e altri prodigi.

Alcuni esuli si recano a esplorare i luoghi e vengono a sapere che si trovano presso gli stagni del Numico, che il fiume è il Tevere e la terra è abitata dai Latini. Quindi Enea sceglie alcuni uomini perché si rechino in ambasceria da Latino: essi giungono nel grande e maestoso palazzo a Laurento, dove vengono accolti con onore dal re.

Ilioneo, capo dell'ambasceria, narra la loro partenza da Troia e illustra le richieste di Enea: al re una piccola porzione di terra in quel luogo che è loro destinato dal Fato perché presenta la terra da cui il progenitore Dardano era partito; offre inoltre doni, alla rovina di Troia.
Latino, memore della profezia di Fauno, accoglie i Troiani e risponde che volentieri accoglierà le richieste di Enea, cui promette la mano di Lavinia.

Tuttavia Giunone, offesa dal fatto che ormai gli Eneadi sono felicemente sbarcati in Italia, nonostante sia consapevole che le è impossibile vanificare il disegno del Fato, tenta ugualmente di intralciare gli eventi, cercando almeno di vendicarsi. Infatti chiama a sé la Furia Aletto, figlia della Notte, madre di lutti, discordie, delitti, e le ordina di scatenare la guerra fra i Troiani e i Latini. La Furia si mette ben volentieri all'opera: dapprima lancia in petto ad Amata, moglie di Latino e madre di Lavinia, uno dei serpenti che le spuntano sul capo come capelli: così si scatena in lei l'ira contro il marito, colpevole di sottrarre a Turno la figlia ormai promessagli in sposa; la donna, in preda a una sorta di invasamento, fugge sui boschi come una baccante, recando con sé la figlia Lavinia e trascinando insieme a lei molte donne latine. Quindi Aletto si volge a Turno: gli appare in sogno sotto le spoglie di una sacerdotessa di Giunone, Calibe, e gli riferisce che Latino vuole far sposare a uno straniero Lavinia e lo incita alla guerra: di fronte all'incertezza di Turno, che si prende gioco della vecchia, Aletto gli si rivela nel suo vero aspetto e gli scaglia contro un tizzone ardente, che scatena nel giovane un furioso ardore di guerra. Infine, la Furia aizza gli uni contro gli altri i Troiani e Latini.
Mentre infatti Ascanio va a caccia a cavallo, per volere di Aletto, colpisce il cavallo di Silvia, la figlia del capo dei pastori di Latino: la fanciulla, disperata per l'amata bestia, viene soccorsa da tutti gli uomini latini, che si schierano contro i Troiani.

Compiuta la sua opera, Aletto si vanta presso Giunone, che la congeda; nonostante i Latini invochino la guerra, il re, che sa quanto questa sia contraria al Fato, non la vuole dichiarare: è Giunone stessa che spalanca le porte del tempio di Giano, dando inizio al confitto. Le città latine abbandonano ogni pacifica attività, moltissime popolazioni ed eroi si schierano a fianco di Turno, ovunque si preparano le armi. Primo fra tutti il terribile e crudele tiranno Mezenzio, accompagnato dal figlio Lauso, poi Aventino figlio di Ercole, Carillo e Cora che guidano una schiera fortissima, Ceculo, re di Preneste, Messapo, figlio di Nettuno, Clauso, da cui discenderà la gente Claudia, e moltissimi altri: ultima viene la vergine Camilla, fanciulla di origine volsca, nella quale bellezza e la grazia si uniscono al coraggio in battaglia.


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