La cavalla storna, anche chiamata "La cavallina storna", dato che è un estratto del testo, è una poesia di Giovanni Pascoli che ha scritto nel 1903 e che è contenuta nella raccolta Canti di Castelvecchio. È dedicata alla scomparsa del padre avvenuta in circostanze misteriose il 10 agosto 1867.
Cavalla storna: scheda poesia
Titolo | La cavalla storna |
Autore | Giovanni Pascoli |
Genere | Poesia |
Raccolta | Canti di Castelvecchio |
Data | 1903 |
Corrente letteraria | Decadentismo |
Temi trattati | Ruggero Pascoli assassinato nel suo carretto |
Personaggi | Mamma di Giovanni Pascoli, la Cavalla e il poeta ancora bambino |
Luogo | Dimora della famiglia Pascoli |
Frase celebre | «O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna» |
Testo
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora,
e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dài retta alla sua piccola mano.
Tu ch'hai nel cuore la marina brulla,
tu dài retta alla sua voce fanciulla".
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu sola e la sua morte.
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l'agonia..."
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
"O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dové pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l'eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole".
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l'abbracciò su la criniera
"O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
A me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome... Sonò alto un nitrito.
Parafrasi
Sulla Torre (stalla della tenuta) era già calata la notte. Si muovevano (per il vento) i Pioppi del Rio Salto (torrente). I cavalli normanni stavano ai loro posti, masticavano la biada facendo rumore. Là in fondo c'era la cavalla, selvaggia, nata fra i pini sulla salata spiaggia; che nella criniera aveva ancora gli spruzzi dell'acqua e i rumori del mare nelle orecchie. Sulla sua schiena mia madre aveva appoggiato il gomito e gli diceva a bassa voce: "O cavallina, cavallina storna che portavi colui che non c'è più (il marito ucciso), tu obbedivi ai suoi gesti e alle sue parole. Egli ha lasciato un figlio piccolo, il primo di otto, e non è mai andato a cavallo. Tu che corri veloce, tu obbedisci alla sua piccola mano. Tu hai nel cuore la vegetazione marina, dai retta alla sua voce bambina. La cavalla volse la sua testa magra verso mia madre che diceva sempre più a bassa voce: O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non c'è più, lo so che lo amavi veramente! Con lui in quell'istante c'eri solo tu e la morte. Tu che sei nata tra i boschi, le onde, il vento, nel tuo cuore spaventato, sentendo il laccio nella bocca che tiene il morso, corresti via. Con calma proseguisti per il tuo percorso perché morisse in pace. La magra lunga testa era accanto al dolce viso di mia madre che piangeva. "O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non c'è più.. Oh! due cose egli avrà detto! E tu le hai capite, ma non le puoi dire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe e negli occhi lo sparo, con negli orecchi l'eco del colpo, proseguivi la tua via tra i pioppi: lo riportavi a casa per il tramonto perché noi sentissimo quello che aveva da dire. Stava ferma con la testa alzata. Mia madre gli abbracciò il collo: "O cavallina, cavallina storna, riporta colui che non c'è più! A me, colui che mai più tornerà! Tu sei stata buona.. ma non sai parlare! Tu non lo sai fare, poverina; altri che potrebbero non osano parlare. Oh! Ma tu devi dirmi una cosa! Tu l'hai visto l'uomo che l'ha ucciso, lui è ancora nei tuoi occhi. Chi è stato! Ti dico un nome. E tu fammi un cenno. Dio T'insegni a farlo. Ora i cavalli non mangiavano: dormivano sognando la strada (il tragitto percorso in giornata), non calpestavano la paglia: dormivano sognando il rumore delle ruote. Mia madre alzò nella notte un dito e disse un nome.. Risuonò un forte nitrito.Analisi del testo
Schema metrico: rime baciate con schema AA BB CC DD.La poesia è costruita sul dialogo tra la madre del poeta e la cavalla storna (dal manto pezzato), l'unica testimone dell'omicidio del marito della donna. Il colloquio, quieto e quasi surreale, aumenta l'attesa per il momento in cui la cavalla svelerà l'identità del colpevole, suscitando nell'autore desideri di giustizia e vendetta.
Il testo sembra semplice, ma è in realtà stratificato su due livelli principali: una voce narrante non identificata introduce e conclude il testo, mentre nel mezzo si sviluppa il dialogo tra la madre e la cavalla.
La madre, disperata, non si rassegna e cerca la verità con tutte le sue forze, anche se sembra impossibile ottenerla. Solo alla fine, mentre i cavalli dormono e sognano, la madre sussurra il nome del colpevole. Questo momento è frutto della pura fantasia poetica.
La poesia è ricca di simboli: la madre rappresenta la terra e la natura, mentre la cavalla è simbolo di libertà e espressione non controllata dall'uomo. Sullo sfondo si intravede la presenza del figlio, su cui gravano le regole della casa e il peso della vendetta.
Il pathos e l'ansia crescono progressivamente, con la ripetizione del verso "O cavallina, cavallina storna, / che portavi colui che non ritorna", che sottolinea l'emozione e la concitazione. Solo nella conclusione, il senso di pace pervade la poesia.
Figure retoriche
- Metafora = "il silenzio era già alto" (v. 1); "Tu ch’hai nel cuore la marina brulla" (v. 19); "con dentro gli occhi il fuoco delle vampe" (v. 42).
- Personificazione = "Sussurravano i pioppi" (v. 2)
- Anafora = "O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna" (vv. 11-12; vv. 23-24; vv. 34-36; vv. 47-48)
- Eufemismo = "che portavi colui che non ritorna" (v. 12).
- Allitterazione della R = "frangean la biada con rumor di croste" (v. 4).
- Anastrofe = "avea del mar gli spruzzi" (v.7).
- Iperbole = "Tu che ti senti ai fianchi l’uragano" (v. 17).
- Enjambement = "alle lor poste / frangean" (vv. 3-4); "gli spruzzi / ancora" (vv. 7-8); "da essa / era mia madre" (vv. 9-10); "testa / verso mia madre" (vv. 21-22); "era daccanto / al dolce viso" (vv. 33-34).
Commento
La cavalla storna è un cavallo dai colori simili a quelli dello storno: dal mantello grigio, dove si mescolano peli e crini bianchi e neri su un fondo nero, con macchie bianche. Ma nella poesia, non è lei il punto centrale, ma un tragico evento che coinvolge la famiglia. I cavalli erano così importanti all'epoca che i dettagli su di loro aiutano a capire meglio il contesto ambientale. Pascoli, nella sua poesia, racconta della sua famiglia e della loro scuderia, facendo distinzione tra cavalli importanti e quelli utilizzati per il lavoro. La cavalla storna era usata per il calesse e, nella poesia, è lei che riporta a casa il padre ucciso in un agguato. La madre di Pascoli si rivolge alla cavalla storna come se fosse un membro della famiglia, e questo dialogo è al centro della poesia. Si ride amaramente nel vedere che l'unica che conosce la verità non è in grado di parlare, essendo un animale, e che nonostante tutto riesce ugualmente a rendersi più utile di una persona. D'altronde regnava l'omertà e nessuno si azzardava di testimoniare contro un assassino, per paura di subire ritorsioni.La vicenda
La poesia "La cavalla storna" di Giovanni Pascoli racconta un evento specifico accaduto il 10 agosto 1867. In quel giorno, il padre di Pascoli, Ruggero, fu ucciso lungo la via Emilia da due sicari. L'omicidio rimase irrisolto e fu archiviato come commesso da sconosciuti. Dopo l'omicidio, la famiglia Pascoli dovette abbandonare la loro casa e trasferirsi altrove. Pochi mesi dopo la morte del marito, la madre di Pascoli, Caterina, morì, seguita dal fratello maggiore Giacomo nel 1876. La poesia rievoca tutti questi eventi, concentrandosi sul dialogo tra la madre di Pascoli e la cavalla storna, l'unica testimone dell'omicidio di Ruggero. La poesia alterna descrizioni della scena e il monologo della madre, che chiede alla cavalla di rivelare il nome del colpevole. Alla fine, la cavalla sembra accettare il nome del presunto assassino con un forte nitrito. Ed è ironico ce La verità sull'omicidio di Ruggero Pascoli rimase un mistero irrisolto. Anche se la polizia indicò gruppi sovversivi come responsabili, la famiglia Pascoli credeva che il vero colpevole fosse Pietro Cacciaguerra, anche se fu assolto. Al termine del processo Giovanni Pascoli si rifiutò di stringere la mano di Cacciaguerra, credendo più alla testimonianza della madre e alla cavalla storna.Curiosità
Un tempo questa poesia era un classico per la scuola primaria, dato che essendo rimata e avendo una struttura a cantilena, gli insegnanti di italiano la assegnavano ai propri studenti come compito per casa da imparare a memoria. Ormai, questa usanza è andata perduta e il tipo di poesie da imparare a memoria hanno tematiche più leggere della morte di un genitore e la voce straziante di una madre disperata che cerca un dialogo con un cavallo.
Non è l'unica poesia che Giovanni Pascoli dedica al caro padre defunto, anzi, la più celebre è adesso X Agosto, spesso riutilizzata anche dai Media perché fa riferimento al fenomeno delle Perseidi, cioè quello che chiamiamo erroneamente "stelle cadenti" che si verifica in occasione della notte di San Lorenzo.