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La Befana, poesia di Giovanni Pascoli per l'Epifania

Testo della poesia La Befana di Giovanni Pascoli scritta per l'Epifania e spiegazione rapida e semplice di tutti le tematiche contenute nel testo.
Befana

La Befana è una poesia scritta da Giovanni Pascoli il 5 gennaio 1897 e contenuta nella raccolta "La Befana ed altro". Non è la solita filastrocca o poesia spensierata per il giorno dell'Epifania (6 gennaio) ed è caratterizzata da un significato profondo: il diverso stato d'animo nelle famiglie benestanti e povere. Di seguito potete leggere il testo e subito dopo l'analisi del testo e il commento, per comprendere tutti i temi trattati.





La befana: testo della poesia

Viene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa?
Uno stropiccio leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda...tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
guarda e guarda... ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini.
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda... tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti...
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila...
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sull’aspro monte.




Significato

Questo testo descrive la figura della Befana, un personaggio tipico della tradizione italiana associato alla festività dell'Epifania, celebrata il 6 gennaio. La Befana è spesso rappresentata come una vecchia donna che porta doni ai bambini la notte precedente all'Epifania. L'inizio del testo annuncia l'arrivo della Befana, che nella notte parte dai monti per raggiungere le abitazioni dove vivono i bambini buoni, per consegnare loro un dono. Viene descritta come stanca e questo è un aggettivo insolito per un personaggio creato dalla fantasia, che serve a renderla più umana. Inoltre, attorno a lei vi è neve, gelo e il vento freddo della tramontana, come a dire che sente e soffre anche per le basse temperature tipiche della stagione invernale, cosa che è inusuale dato che lei dovrebbe essere abituata. Ci viene detto che tiene le mani sul petto a forma di croce e questo verso viene ripetuto per due volte, come a volerle dare una simbologia religiosa (Gesù in croce). Inoltre, non è una befana come le altre, sembra più una presenza invisibile che a cavallo della sua scopa vola sopra le case e osserva dall'alto: ciò è confermato dal fatto che la neve viene associata al suo mantello e la sua voce è associata al vento, cioè è un tutt'uno con la natura, non è tangibile (non si può toccare). Non può essere vista e sentita, ma lei vede e sente tutto avvicinandosi lentamente sia nella villa (abitazione di una famiglia benestante) che nel casolare (abitazione di una famiglia povera).
L'espressione "Che c'è dentro questa villa?" adotta la forma interrogativa proprio per sottolineare il fatto che la Befana è curiosa di sapere cosa troverà all'interno dell'abitazione lussuosa. Qui vede una casa calda e serena, buia all'interno perché tutti dormono (incluso i tre bambini "buoni") e solo una madre dal viso sorridente e con un lumino in mano sale e scende le scale per posizionare i doni nelle tre calze che i suoi figli al loro risveglio saranno felici di trovare nel giorno dell'Epifania.
Poi approfittando del vento della tramontana, la Befana riesce a spostarsi un po' più velocemente, per raggiungere un casolare. Anche in questo caso dimostra curiosità attraverso lusso dell'espressione nella forma interrogativa: "E che c'è nel casolare?".
Anche qui vede tre bambini buoni che dormono, sembra che vedremo una scena simile a quella vista in precedenza nell'altra abitazione, ma in questo caso è ciò che è attorno ai bambini che dormono ad essere diverso: cenere, carbone, tre zoccoli vuoti anziché tre calze piene di doni, e una mamma ancora sveglia che cuce e nel frattempo piange singhiozzando. Perché dovrebbe piangere in un giorno lieto come l'Epifania? Semplice, perché l'Epifania non è felice e lieta per tutti, perché i doni si devono comprare e per alcune famiglie è un lusso non solo fare doni ma anche tenere la casa riscaldata e trovare i soldi per il cibo e per i vestiti. La madre è triste perché sa che i suoi bambini, pur essendo stati buoni, non troveranno niente al loro risveglio.
Dopo aver visto e sentito tutto, la Befana sa che non può intervenire per cambiare la situazione in meglio e se ne ritorna sul monte esattamente come era venuta e riflettendo sulle due realtà opposte. Il monte potrebbe essere un riferimento al Monte Calvario, piccola altura presso Gerusalemme dove Gesù fu crocifisso.

Una poesia simile ma più recente e più adatta ai bambini per lo stile semplice e giocoso è "Alla befana" scritta da Gianni Rodari.



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