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Paradiso Canto 1 - Figure retoriche

Tutte le figure retoriche presenti nel primo canto del Paradiso (Canto I) della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del primo canto del Paradiso. In questo canto Dante invoca Apollo oltre che le Muse per ottenere una maggiore ispirazione e, accompagnato da Beatrice, ascende verso l'Empireo. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 1 del Paradiso.


Le figure retoriche

Colui che tutto move = perifrasi (v. 1). Per indicare Dio.

Fu’ io = anastrofe (v. 5). Cioè: "io fui".

Al suo disire = perifrasi (v. 7). Cioè: "oggetto del suo desiderio", per indicare Dio.

Fammi del tuo valor sì fatto vaso = metafora (v. 14). Cioè: "riempimi di ispirazione".

Fammi del tuo valor sì fatto vaso, come dimandi a dar l’amato alloro = similitudine (vv. 14-15). Cioè: "riempimi della tua ispirazione poetica per questa ultima Cantica, tanto quanto è richiesto per conquistare l'agognato alloro poetico".

L’un giogo di Parnaso = metonimia (v. 16). Cioè: "una sola cima del monte Parnaso", la sede per le divinità, per indicare l'ispirazione delle Muse.

Assai mi fu = anastrofe (v. 17). Cioè: "mi è stata sufficiente".

Petto mio = anastrofe (v. 19). Cioè: "mio petto".

Spira tue sì come quando Marsia traesti de la vagina de le membra sue = similitudine (vv. 19-21). Cioè: "ispirami tu con quella stessa intensità, proprio come quando tirasti fuori Marsia dal rivestimento della sua pelle".

Traesti / de la vagina = enjambement (vv. 20-21).

Le membra sue = anastrofe (v. 21). Cioè: "le sue membra".

O divina virtù = apostrofe (v. 22).

Al piè del tuo diletto legno / venire = enjambement (vv. 25-26).

Legno = metonimia (v. 25). La materia per l'oggetto, legno anziché albero.

Lieta / delfica deità = enjambement (vv. 31-32).

La fronda / peneia = enjambement (vv. 32-33). Cioè: "la fronda di Peneo, l'alloro".

Con miglior voci / si pregherà = enjambement (vv. 35-36).

Cirra = metonimia (v. 36). La sede per il dio Apollo.

La lucerna del mondo = perifrasi (v. 38). Per indicare il Sole.

Tempera e suggella = endiadi (v. 42).

Fatto avea = anastrofe (v. 43). Cioè: "aveva fatto".

Aguglia sì non li s’affisse unquanco = similitudine (v. 48). Cioè: "un'aquila non lo fissò mai in tal modo".

E sì come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, così de l’atto suo, per li occhi infuso ne l’imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr’uso = similitudine (vv. 49-54). Cioè: "E come un raggio riflesso si allontana sempre dal primo per dirigersi verso l’alto, proprio come il pellegrino che vuole ritornare in patria, così al suo atteggiamento, giunto alla mia mente attraverso gli occhi, io conformai il mio, e fissai lo sguardo al sole più a lungo di quanto lo consentono le capacità umane".

Suole / uscir = enjambement (vv. 49-50).

Tornar vuole = anastrofe (v. 51). Cioè: "vuole tornare".

De l’atto suo = anastrofe (v. 52). Cioè: "dal suo atteggiamento".

Ne l’imagine mia = anastrofe (v. 53). Cioè: "nella mia mente".

L’umana spece = anastrofe (v. 57). Cioè: "specie umana".

Sfavillar dintorno, com’ferro che bogliente esce del foco = similitudine (vv. 59-60). Cioè: "sfavillare tutto intorno, come un ferro incandescente appena uscito dal fuoco".

Parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d’un altro sole addorno = similitudine (vv. 61-63). Cioè: "sembrò che al giorno ne fosse stato aggiunto un altro, come se Dio avesse adornato il cielo di un secondo sole".

Quei che puote = perifrasi (v. 62). Cioè: "colui che può tutto", per indicare Dio.

Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l’erba che ‘l fé consorto in mar de li altri dèi = similitudine (vv. 67-69). Cioè: "Nel guardarla divenni dentro come quando Glauco mangiò l'erba, che lo trasformò in una divinità marina".

Creasti novellamente = enjambement (vv. 73-74).

Temperi e discerni = endiadi (v. 78).

Parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso = similitudine (vv. 79-81). Cioè: "il cielo mi sembrò a tal punto acceso dalla luce del sole che mai la pioggia o un fiume formarono un lago così ampio".

Vedea me sì com’io = similitudine (v. 85). Cioè: "Beatrice, leggeva nella mia mente come me stesso".

Folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch’ad esso riedi = similitudine (vv. 92-93). Cioè: "un fulmine, lasciando il suo luogo d'origine, non fu così veloce come te che torni al luogo che ti è proprio (l'Empireo)".

Li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro = similitudine (vv. 101-102). Cioè: "rivolse verso di me lo sguardo con l'aspetto di una madre che si rivolge al figlio che dice sciocchezze".

Fore / d’intelligenza = enjambement (vv. 118-119).

Vero è che, come forma non s’accorda molte fiate a l’intenzion de l’arte, perch’a risponder la materia è sorda, così da questo corso si diparte talor la creatura, c’ha podere di piegar, così pinta, in altra parte
= similitudine (vv. 127-132). Cioè: "È però vero che, come la molte volte l'opera non corrisponde all'intenzione dell'artista, perché la materia non risponde come dovrebbe, così talvolta la creatura si allontana dalla strada naturale, avendo il potere di deviare in altra direzione, pur così ben indirizzata".

E sì come veder si può cadere foco di nube, sì l’impeto primo l’atterra torto da falso piacere = similitudine (vv. 133-135). Cioè: "e come si può vedere un fulmine che cade da una nuvola, così l'istinto naturale può far tendere l'uomo verso il basso, attirato dal falso piacere dei beni terreni".

Non dei più ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d’un rivo se d’alto monte scende giuso ad imo = similitudine (vv. 136-138). Cioè: "Non devi più stupirti, se penso giusto, non devi più stupirti del tuo salire, se non come di un fiume che dall’alto di un monte scende in giù verso il basso a valle".

Privo / d’impedimento = enjambement (vv. 139-140).

Giù ti fossi assiso, com’a terra quiete in foco vivo = similitudine (vv. 140-141). Cioè: "fossi rimasto giù, proprio come un fuoco che rimanesse fermo e non salisse verso l'alto".

Lo cielo il viso = anastrofe (v. 142). Cioè: "il viso al cielo".



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