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Paradiso Canto 31 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto trentunesimo (canto XXXI) del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri.
La Madonna, illustrazione di Gustave Doré

Il Poeta osserva con stupore e ammirazione, lo spettacolo tripudiante dell’Empireo. Mentre gli eletti, seduti sui loro seggi, contemplano la luce eterna di Dio, gli angeli volano, con moto incessante, come intermediari d’amore, dai beati a Dio e da Dio ai beati. Percorrendo con lo sguardo i gradini dell’immenso anfiteatro celeste, Dante scorge i volti, luminosi e trasfigurati dalla gioia, dei beati, osserva i loro atteggiamenti dignitosi e improntati alla più profonda serenità. Desideroso di rivolgere a Beatrice alcune domande, il pellegrino si volge verso di lei, ma al posto della donna amata trova un beato, in atteggiamento benevolo e paterno. San Bernardo da Chiaravalle, il più famoso mistico del secolo XII, particolarmente devoto alla Vergine. Egli, quale simbolo della scienza contemplativa, sostituisce Beatrice per guidare Dante alla visione finale di Dio. Poiché il Poeta vuole sapere dove si trova ora Beatrice, il Santo gli spiega che è ritornata al suo seggio, il terzo, a partire dall’alto, dopo quello della Vergine e di Eva, accanto a quello di Rachele. Dopo che Dante ha innalzato alla sua donna una fervida preghiera di ringraziamento per averlo guidato dal peccato alla salvezza eterna e dopo che ha invocato, ancora una volta, il suo aiuto, San Bernardo lo invita a percorrere di nuovo con lo sguardo tutto l’Empireo, per prepararsi alla visione di Dio. Dante - esorta il Santo - deve contemplare anzitutto la regina del cielo. La Vergine appare al pellegrino nel punto più alto della candida rosa, avvolta in una luce intensissima, circondata dal volo festoso di migliaia di angeli.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 31 del Paradiso. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

La santa schiera che Cristo redense (fece sposa)
con la sua passione (sangue) si presentava
dunque in forma di bianca rosa;
ma la schiera degli angeli, che volando contempla
e loda la gloria di Dio, che suscita il suo amore (la ’nnamora),
e la sua carità che la creò tanto sublime,
come uno sciame di api che prima (una fïata) entra
nei fiori (s’infiora) e poi ritorna là dove il frutto
della sua fatica (suo laboro) diventa miele (s’insapora),
così scendeva nel nobile fiore che si adorna
di tanti petali (foglie) e poi risaliva dove
eternamente risiede l’oggetto del suo amore.
I loro volti erano tutti ardenti, le ali d’oro, e
il resto della figura era così bianco, che nessuna
neve può giungere a tal punto (a quel termine) di candore.
Quando scendevano nella rosa dei beati,
di seggio in seggio donavano la pace e la carità che
essi ricevevano volando (ventilando il fianco) a Dio.
E il fatto che un così grande numero di angeli
in volo si interponesse tra Dio (’l disopra) e la rosa dei
beati non ostacolava il vedere Dio e il suo fulgore:
poiché il raggio divino penetra nelle varie parti
dell’universo a seconda di quanto esse lo meritino, così
che nessuna cosa può essergli d’ostacolo (ostante).
Questo eterno e gioioso Paradiso, popolato (frequente)
di beati antichi e nuovi, aveva lo sguardo
e il sentimento di tutti rivolti a un unico punto.
O luce della Trinità che tanto soddisfa i beati (sì li appaga)
brillando ai loro occhi in un’unica stella!
Rivolgiti quaggiù sulla terra alla tempesta umana!
Se i barbari, scendendo da regioni così nordiche (tal plaga)
da essere coperte tutti i giorni dall’Orsa Maggiore (Elice),
che ruota insieme al figlio (l’Orsa Minore) che tanto ama,
restavano stupefatti quando vedevano Roma
e i suoi eccelsi edifici (l’ardüa sua opra), al tempo
in cui il Laterano superò ogni altra cosa terrena;
di quanto stupore dovevo essere ricolmo (compiuto) io,
che ero giunto dal mondo umano a quello divino,
dal mondo temporale (dal tempo) all’eternità,
da Firenze a questa gente giusta e santa!
Certamente fra lo stupore e la gioia mi dava piacere (libito)
non ascoltare e stare in silenzio.
E come il pellegrino che si ristora gioioso,
guardandosi intorno giunto nel tempio oggetto del suo voto,
e pensa già a quando racconterà come esso è fatto,
io, facendo scorrere lo sguardo con calma (passeggiando)
lungo la luce viva, passavo di gradino in gradino,
ora (mo) in alto, ora in basso, e ora tutto intorno.
Vedevo volti informati (süadi) di carità, ornati
di luce divina (altrui lume) e della propria letizia (riso),
e atteggiamenti adorni di sommo decoro.
Il mio sguardo aveva già abbracciato l’aspetto
complessivo di quel Paradiso, senza essersi
soffermato (fiso) su alcun punto particolare;
e mi stavo girando, con rinnovato desiderio di sapere,
per chiedere a Beatrice alcune cose intorno
alle quali il mio pensiero era in dubbio.
Pensavo di rivolgermi (intendëa) a una persona,
e mi rispose un’altra: credevo di vedere Beatrice
e vidi un vecchio (se ne) vestito come (con) le schiere dei beati.
Negli occhi e nel volto (per legene) era
soffuso di amorevole gioia, in atteggiamento
caritatevole proprio di un dolce padre.
Allora subito chiesi: «Dov’è lei?». E quello mi
rispose: «Per completare (terminar) il tuo desiderio,
Beatrice mi ha fatto venire qui dal mio posto;
e se guardi in su al terzo cerchio dal gradino più alto,
tu la potrai nuovamente vedere nel seggio (trono)
che i suoi meriti le hanno destinato».
Senza rispondergli, alzai lo sguardo e vidi
Beatrice che si circondava (si facea corona) di un’aureola
di luce riflettendo in sé i raggi divini.
Da quella zona del cielo in cui più in alto risuonano
i tuoni non è lontana la vista di nessun uomo,
neanche di quello che più si immerge nel mare,
tanto quanto distava la mia da Beatrice in quel luogo;
ma questo non aveva effetto, giacché la sua immagine
non giungeva a me offuscata dal mezzo fisico (per mezzo mista).
«O Beatrice, donna dalla quale prende
forza (vige) la mia speranza, e che hai sopportato
(soffristi) di lasciare le tue sante impronte (vestige)
nell’Inferno per la mia salvezza, di tutte le cose che
io ho visto, riconosco che la Grazia e la forza mi
sono derivate dal tuo potere e dalla tua carità.
Tu mi hai condotto dalla schiavitù del peccato (di servo)
alla libertà dell’anima attraverso tutte le strade
e con tutti i mezzi di cui avevi il potere per realizzare ciò.
Conserva in me il frutto della tua grandezza,
di modo che la mia anima, che hai reso
pura, a te gradita si separi dal corpo».
Così io pregai (orai); e Beatrice, da tanto lontano
quanto mi si mostrava, mi sorrise e mi guardò;
quindi si rivolse a Dio, fonte infinita di Grazia.
E quel vecchio beato mi disse: «Affinché
tu possa completare definitivamente il tuo viaggio,
al cui fine la preghiera e la carità di Beatrice mi ha
mandato a te, trascorri (vola) con lo sguardo questa
rosa beata (giardino), giacché il contemplarla
renderà la tua vista adatta a salire più in alto alla luce di Dio.
E la Vergine, regina del cielo, per cui io
avvampo tutto in amore, ci concederà tutta la grazia
necessaria, poiché io sono il suo devoto Bernardo».
E come il pellegrino che venga forse fin
dalla Croazia per vedere a Roma il sudario della
Veronica, che non si stanca mai di contemplarlo
per il lungo desiderio avutone, ma dentro di sé
ripete, durante tutta l’esposizione del sudario (fin che si mostra):
‘Gesù, mio Signore, vero Dio, proprio così
era il vostro volto?’; così mi sentivo io,
mentre guardavo meravigliato l’intensa carità di colui,
che sulla terra pregustò la gioia di Paradiso nell’atto contemplativo.
Il santo riprese a dire: «O figlio della Grazia,
l’essenza di questo regno beato non ti sarà manifesta
finché guarderai solo a queste parti basse;
contempla invece i gradini di questo anfiteatro fino
al più alto e lontano, così da vedere (veggi) seduta la Madonna,
la regina al quale tutto il Paradiso è suddito e fedele».
Io alzai gli occhi; e come di mattina la parte
verso oriente del cielo supera in luminosità quella
occidentale (dove ’l sol declina), parimenti, come se
alzassi lo sguardo dal fondo di una valle alla cima
dei monti, io vidi un punto all’estremità della rosa
che vinceva in splendore il resto dell’ultimo gradino (l’altra fronte).
E come in terra il punto da cui si attende il
carro del sole (temo) che Fetonte non seppe controllare,
avvampa più intenso mentre ai lati la luce diminuisce (si fascemo),
similmente quello splendente stendardo (oriafiamma)
portatore di pace ardeva nel suo punto centrale,
e ai lati in egual misura la luce diminuiva;
e vidi più di mille angeli che facevano festa
a quel punto centrale (mezzo) con le ali aperte (sparte),
ognuno differenziato dall’altro in splendore e in atteggiamento (arte).
Lì vidi sorridere ai loro voli festosi e ai loro
cori soavi una figura di tanta bellezza, che rifletteva
letizia nello sguardo di tutti gli altri beati;
e se pure possedessi tanta ricchezza (divizia) nell’esprimermi
quanta ne ho nel conservarne l’immagine,
non tenterei comunque di descrivere quella bellezza.
S. Bernardo, non appena vide i miei occhi
fissamente assorti nell’ardente fiamma di carità (caler) (della Vergine),
rivolse a lei anche il suo sguardo con tanto amore,
che rese il mio ancor più fervente nella contemplazione.



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