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Dannazione - Ungaretti: parafrasi, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "Dannazione" di Giuseppe Ungaretti: testo, parafrasi, analisi del testo, figure retoriche e commento.

La poesia "Dannazione" è stata scritta da Giuseppe Ungaretti, porta l'indicazione "Mariano del Friuli, il 29 giugno 1916" e fa parte della raccolta L'allegria.


Testo

Chiuso fra cose mortali

(Anche il cielo stellato finirà)

Perché bramo Dio?



Parafrasi

Se sono circondato da cose mortali
(perfino le stelle del cielo un giorno si spegneranno)
perché allora desidero Dio?



Analisi del testo

Nonostante la poesia sia molto breve, può essere suddivisa in due parti: la prima parte (i primi due versi) è caratterizzata dalla rassegnazione, invece la seconda parte è caratterizzata dalla (irraggiungibile) speranza.

Il titolo, come già avrete certamente studiato in altre poesie più celebri (es. Mattina), è la chiave per capire il senso della poesia. Dannazione è intesa come la nostra condanna: vuole esprimere la dolorosa consapevolezza dei limiti dell’uomo, della fragilità di ogni cosa esistente, ma al contempo il profondo desiderio che l'uomo ha di superare questi limiti, di giungere all'assoluto, al perfetto, a Dio, forse.



Figure retoriche

Ellissi = "dato che sono chiuso fra cose mortali" (v. 1). Cioè è assente il verbo essere, che è sottinteso.



Commento

Il primo verso ci dice che il poeta è un individuo mortale (cioè che è soggetto alla morte) e che si trova "chiuso tra le cose mortali". Questo vuol dire che non solo egli stesso morirà prima o poi (la morte è inevitabile per le persone), ma anche tutto ciò che lo circonda è destinato a finire. Questo morire va visto con desolazione e disperazione, come una sensazione claustrofobica, in quanto il poeta si sente accerchiato e impossibilitato ad uscire da questa negatività.

Il secondo verso non solo conferma quanto detto nel primo ma tende anche a rendere più forte il concetto di morte: se prima si stava facendo riferimento alle cose in terra, ora il discorso viene esteso al cielo, in particolare alle stelle. Nel cielo apparentemente infinito vi sono le stelle, che noi vediamo sempre brillare (di luce propria), ma se perfino il loro destino è segnato e un giorno si spegneranno, che speranza possiamo avere noi comuni mortali (egli compreso) sulla Terra? È questa la domanda esistenziale che si pone il poeta. Quindi la morte non fa eccezione fra chi vive in terra o in cielo.

Il terzo verso, invece, quasi ribalta quel senso di pessimismo che hanno caratterizzato i primi due versi. Egli dice "perché perdiamo tempo a cercare Dio se tanto alla fine moriremo in ogni caso?" oppure "perché desideriamo la vita eterna in un mondo dove tutto ciò che ci circonda ha un inizio e una fine?".
Qui Ungaretti esprime drammaticamente tutto il tormento dell'uomo in ricerca di dare un senso alla vita. Egli invoca Dio, l'unico essere che resisterà in eterno, perché noi comuni mortali non possiamo sapere ciò che c'è dopo la vita, cioè abbiamo dei limiti che non siamo in grado di superare da soli, a meno che non facciamo affidamento alla fede. Credere in Dio e riporre in lui le nostre speranze è un modo per sentirci più leggeri in quanto possiamo scaricare nella religione tutte le nostre preoccupazioni più grandi e di cui non siamo in grado di dare una spiegazione (come quello che ci sarà dopo la vita), e chi non è capace di fare affidamento a Dio cade in dannazione (non a caso la poesia si chiama dannazione).



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