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Purgatorio Canto 21 - Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del ventunesimo canto del Purgatorio (Canto XXI) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Il poeta Publio Papinio Stazio in gara durante le feste in onore di Dafne (dipinto di Frederic Leighton - 1876)

Analisi del canto

I canti di Stazio
Così sono tradizionalmente chiamati i canti XXI e XXII, per la presenza da protagonista del poeta latino. Stazio proseguirà poi il cammino con Dante fino al termine della cantica, ma con un ruolo defilato. Nel canto xxi l'incontro è suddiviso in due momenti distinti e di equivalenti dimensioni:
  • vv. 1-75; è la sequenza più convenzionale e dottrinaria, con la comparsa di Stazio, la consueta presentazione da parte di Virgilio e Dante, e la trattazione da parte di Stazio sulla natura fisico-escatologica del Purgatorio;
  • vv. 76-136; è la parte lirica del canto, con la presentazione della figura storica di Stazio e la dinamica affettiva del riconoscimento di Virgilio.


L'incontro fra poeti
Con Stazio inizia una serie di incontri con anime di poeti, che contraddistingueranno i prossimi canti: Forese Donati nel XXIII, Bonagiunta Orbicciani nel XXIV, Guido Guinizzelli e Arnaldo Daniello nel XXVI. Il dialogo con altri scrittori è un filone narrativo che percorre tutta la Commedia, come momento di affinità elettive e spunto per riflessioni sulla propria arte. Basti pensare ai poeti nel Limbo, o all'incontro con Sordello da Goito qui in Purgatorio. Quello con Stazio è uno dei documenti più intensi di tale percorso, ed è significativo trovare proprio qui una delle più alte lodi dell'arte poetica e del titolo di poeta, il nome che più dura e più onora nel mondo (v. 85).


Il tema strutturale: fisica e metafisica nel purgatorio
La prima funzione svolta da Stazio è di natura didascalica, quando spiega il motivo del terremoto che ha scosso la montagna. La sua esposizione ci pone di fronte a un dato essenziale della scienza scolastica medievale: la congiunzione fra metafisica e fisica. I fenomeni naturali hanno sempre origini e ragioni escatologiche; e questo è tanto più vero negli spazi che appartengono già alla realtà divina, quale è la montagna del Purgatorio. Così il tremito della montagna è da attribuire all'avvenuta purificazione di un'anima, e non a turbamenti atmosferici. Sono considerazioni che diventeranno fondamentali nella poesia teologica del Paradiso.


Il tema psicologico-affettivo: celebrazione e riconoscimento di Virgilio
L'incontro fra Stazio e Vigilio costituisce l'aspetto lirico più significativo del canto. Richiesto di presentarsi, Stazio dichiara il suo debito poetico e il suo amore per Virgilio. Lo fa con un ardore ai limiti del paradosso: per conoscere Virgilio sarebbe disposto a restare ancora un anno in Purgatorio (vv. 100-102), contraddicendo la sacra legge che lui stesso aveva esposto poco prima (vv. 61-66). Dante reagisce istintivamente a tanto fervore e, pur trattenuto da Virgilio, rivela a Stazio la verità; e questi subito cerca l'abbraccio di riverenza a Virgilio, dimentico della loro condizione di spiriti. Il gioco di gesti, sguardi, parole e reticenze che coinvolge i tre poeti è costruito con commovente sensibilità psicologica e costituisce un celebre esempio di agnizione.


La celebrazione di Virgilio
Le parole di lode che Stazio rivolge a Virgilio e alla sua poesia sono ulteriore documento di un culto che è costante nell'opera a partire dal primo canto dell'inferno e che Dante condivide con l'intera cultura medievale. Nel discorso di Stazio la poesia di Virgilio, e soprattutto l'Eneide, diventa il modello di tutti i poeti venuti dopo di lui; e il discorso verrà ampliato nel canto successivo.


L'incipit evangelico
In apertura di canto, per indicare la propria ansia di sapere il motivo del terremoto che ha scosso la montagna e per accentuare la solennità dell'incontro che sta per avvenire, Dante costruisce un discorso intessuto di riferimenti evangelici. La sete di conoscenza è espressa con la citazione della parabola della samaritana (vv. 13), l'apparizione improvvisa dello spirito di Stazio è in similitudine con quella di Cristo risorto ai due discepoli di Emmaus (vv. 79), e il suo saluto a Dante e Virgilio (v. 13) riproduce quello di Gesù ai discepoli di Gerusalemme.


L'agnizione
L'incontro fra i due poeti latini viene espresso con il meccanismo teatrale dell'agnizione, cioè del riconoscimento. Lo possiamo suddividere in tre fasi: Stazio esalta l'opera di Virgilio ed esprime con fervore il suo desiderio di conoscerlo, senza sapere di averlo di fronte (vv. 94-102); Dante è commosso dalla situazione e vorrebbe svelargli la verità, Virgilio lo trattiene per modestia, ma Stazio coglie la sua esitazione e gliene chiede ragione (vv. 103-114). A questo punto Virgilio autorizza Dante a parlare, e subito Stazio si china per abbracciare i piedi del maestro, dimenticando la vanità corporea degli spiriti (vv. 11-5136). L'efficacia della scena è assicurata dal coinvolgimento diretto del lettore-spettatore: anche lui sa la verità, e quindi partecipa psicologicamente all'episodio
col nome che più dura e più onora. Presentandosi a Dante e Virgilio, Stazio ricorda la professione di poeta tramite questa perifrasi (v. 85) che, ancora oggi, è usata da chi crede che la poesia sia il vertice dell'arte, in grado di assicurare eterno prestigio a chi la onora.



Commento

Io sono un poeta
La terra trema e Dante ne rimane stupito. Quand'ecco vede accanto a sé uno spirito che saluta con un augurio di pace. La scena ricorda il Pax vobis dell'incontro col Cristo sulla via di Emmaus e, di quell'episodio, conserva il senso di timore e sorpresa, tipici di un evento misterioso e inaspettato.
La freschezza delle immagini evangeliche è rafforzata attraverso una suggestione subliminale, presente nel ricordo dell'episodio biblico della Samaritana al pozzo: l'acqua (emblema della conoscenza) che la giovane chiede a Gesù, sembra scorrere sui versi, i quali illustrano temi teologici che Dante è assetato di comprendere.
La suspense si scioglie quando lo spirito si presenta come il poeta latino Stazio. Da questo momento inizia un'altra poesia: quella che canta il poeta maestro di vita e di scrittura e il fascino della letteratura. Le osservazioni si svolgono in chiave metapoetica, nel senso che è la poesia che riflette su se stessa e indirettamente si dà una definizione. Un testo letterario di riferimento, l'auctor, l'autore prediletto, è come la madre per il figlio: nutre, educa, dà i primi rudimenti del vivere e, in questo caso, del poetare; accompagna infine il percorso di maturazione poetica e umana. Il libro non è un noioso scorrere di lettere dell'alfabeto, perché dietro c'è un uomo col suo vissuto. Dante recupera l'idea del testo come fruizione personale e creativa, come l'amico da capire e con cui rapportarsi, il compagno nei momenti di difficoltà, il padre nelle incertezze del vivere.
L'analisi metapoetica offre una suggestione in più nell'esemplificazione concreta di questo avanzare in progressione: Dante, infatti, procede verso la conquista della vetta del Purgatorio e cammina con Virgilio e Stazio, con due grandi "mamme". Tutto il canto è giocato sul sottinteso, sul detto e non detto, in un graduale crescere della suggestione e della complicità, poiché Stazio racconta di sé e della sua vita, ma non sa chi ha di fronte.
L'ammiccare di Dante porta al culmine l'effetto di attesa: per Stazio è come intuire che c'è un mistero, in quanto coglie un tacito dialogo tra i suoi compagni di viaggio, del quale è tenuto all'oscuro. Imbarazzo e curiosità accrescono maggiormente l'atmosfera arcana e suggestiva che corre tra i versi. Ma la realtà del Purgatorio non concede spazio all'inganno e la sincerità di Dante, tipica delle anime giuste, anticipa una rivelazione: lì, accanto a Stazio, c'è Virgilio, lo scrittore dell'opera che segnò la vita di lui.
Il climax si scioglie col piacere di una consonanza profonda, di una condivisione di cuore e di mente, oltre che nel gesto spontaneo ed emozionato di Stazio, illustre discepolo di uno dei più prestigiosi auctores dell'età medievale. Egli, dimentico della sua condizione di anima, si slancia ad abbracciare il suo maestro, Virgilio, melanconicamente privo della gioia del Paradiso.
Quel Frate iniziale, però, rende il senso di un'appartenenza comune, la consapevolezza di essere un membro della famiglia dei poeti. "Poeta" è una consacrazione; Dante riflette così l'orgoglio di appartenere alla schiera di coloro che segnano la vita umana e forniscono un contributo fondamentale all'autocoscienza individuale e collettiva.


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