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Inferno Canto 31: analisi, commento, figure retoriche

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del trentunesimo canto dell'Inferno (Canto XXXI) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
I Giganti, Gustave Doré

In questo canto Dante e Virgilio si trovano nel pozzo dei giganti, puniti per essersi opposti a Dio: essi sono Nembrod, Fialte e Briareo, ma quest'ultimo e troppo distante per risultare visibile ai due.



Analisi del canto

La paura di Dante
In questo canto Dante alterna lo stato di paura, generato dall'avvistamento dei giganti, con quello di consolazione, come quanto Virgilio descrive il gigante Nembrot come uno sciocco. Oppure come quando è spaventato per il terremoto causato dalle convulsioni di Fialte, ma ritorna sereno non appena vede che è legato a delle catene; o come quando per spostarsi viene afferrato dal gigante Anteo, inizialmente è terrorizzato ma poi si rende conto che è un personaggio innocuo e che non correrà alcun rischio.


I giganti
Dei giganti vengono messi in risalto inevitabilmente le loro enormi dimensioni che trasmettono paura a chiunque li veda, che però vanno in contrasto col fatto che tutta questa loro forza è inutile nel luogo in cui si trovano rendendoli di fatto impotenti.
Per il loro peccato d'orgoglio, per l'aspetto pauroso e gigantesco, per l'immobilità e per il ruolo di custodi della zona pia bassa dell'Inferno anticipano l'incontro col sommo ribelle confitto al centro terra, Lucifero. In evidenza è la figura di Anteo: a lui è concessa una maggior libertà di movimento (per non aver partecipato alla rivolta dei giganti contro il Dio Giove), a lui si rivolge con cortesia Virgilio, lui svolge la funzione di trasportare i poeti sul fondo del pozzo infernale.



Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del trentunesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 31 dell'Inferno.


Mi morse = metonimia (v. 1). Il concreto per l'astratto, "mi morse" invece di "mi rimproverò".

Una medesma lingua pria mi morse, sì che mi tinse l’una e l’altra guancia, e poi la medicina mi riporse; così od’io che solea far la lancia d’Achille e del suo padre esser cagione prima di trista e poi di buona mancia = similitudine (vv. 1-6). Cioè: "La stessa voce prima mi rimproverò, facendomi arrossire di vergogna, poi mi consolò; così mi sembra che fosse solita fare la lancia di Achille e suo padre Peleo, che era causa prima di un dannoso e poi di un benefico assalto".

Noi demmo il dosso = sineddoche (v. 7). Il tutto per la parte, il dosso (schiena) anziché le spalle. Cioè: "noi voltammo le spalle".

Ma io senti’ sonare un alto corno, tanto ch’avrebbe ogne tuon fatto fioco = iperbole (vv. 12-13). Cioè: "ma io sentii risuonare un corno, così forte che avrebbe fatto parere debole qualsiasi tuono".

Umbilico = sineddoche (v. 33). La parte per il tutto, l'ombelico anziché la pancia.

Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela ’l vapor che l’aere stipa, così forando l’aura grossa e scura, più e più appressando ver’ la sponda, fuggiemi errore e cresciemi paura = simiitudine (vv. 34-39). Cioè: "Come quando la nebbia si disperde e lo sguardo poco a poco distingue chiaramente ciò che il vapore nasconde nell'aria, così, trapassando con lo sguardo l'aria spessa e oscura, mentre ci avvicinavamo all'orlo del pozzo, svaniva in me l'errore e cresceva il timore".

Però che come su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona, così la proda che ’l pozzo circonda torreggiavan di mezza la persona li orribili giganti = similitudine (vv. 40-44). Cioè: "come il castello di Monteriggioni è cinto di torri disposte lungo il muro circolare, così i mostruosi giganti svettavano come torri sull'argine che circonda il pozzo, emergendo con metà del corpo".

Lunga e grossa come la pina di San Pietro a Roma = similitudine (vv. 58-59). Cioè: "lunga e grossa come la pigna di bronzo a S. Pietro, a Roma".

Sì che la ripa, ch’era perizoma = metafora (v. 61). Cioè: "così che la rocca, che faceva da perizoma".

Fiera bocca... dolci salmi = antitesi (vv. 68-69). Cioè: "bocca feroce... parole dolci".

Più lungo viaggio = anastrofe (v. 82). Cioè: "un percorso più lungo".

Più là è molto = anastrofe (v. 103). Cioè: "è molto più in là".

Non fu tremoto già tanto rubesto, che scotesse una torre così forte, come Fialte a scuotersi fu presto = similitudine (vv. 106-108). Cioè: "Non ci fu mai un terremoto tanto violento che scuotesse una torre con tanta forza come Fialte fu rapido a scuotersi".

Co’ suoi diede le spalle = metonimia (v. 117). L'effetto per la causa, cioè: "insieme al suo esercito diede le spalle" anziché "fuggì".

Qual pare a riguardar la Carisenda sotto ’l chinato, quando un nuvol vada sovr’essa sì, ched ella incontro penda; 138 tal parve Anteo a me che stava a bada di vederlo chinare, e fu tal ora ch’i’ avrei voluto ir per altra strada = similitudine (vv. 136-141). Cioè: "come la torre della Garisenda appare a chi la guarda da sotto, quando una nuvola le passa sopra, così che sembra pendere in avanti; così Anteo apparve a me, che stavo attentamente osservando nel vederlo chinarsi, e fu così spaventoso che avrei preferito procedere per un'altra strada".

E come albero in nave si levò = similitudine (v. 145). Cioè: "e si raddrizzò come l'albero di una nave".



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