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Riassunto vita: Giovanni Gentile

Appunto di letteratura italiana riguardante la biografia, le opere e il pensiero del filosofo e politico italiano Giovanni Gentile.


La vita

Giovanni Gentile è nato nel 1875 a Castelvetrano, in provincia di Trapani.

Dopo aver studiato presso la Scuola normale di Pisa, fu docente di storia della filosofia presso le università di Palermo, di Pisa e di Roma.

È stato, insieme a Benedetto Croce, il maggior esponente della cultura idealistica italiana del primo Novecento. Dopo un periodo di collaborazione (esercitato anche sulle pagine della «Critica»), i due prendono strade diverse per contrasti sempre più profondi sul piano filosofico (nel 1920 Gentile fondò il Giornale critico della filosofia italiana) e, soprattutto, sul piano politico: Croce non solo prese le distanze dal fascismo ma divenne anche il punto di riferimento di tutti gli intellettuali contrari al regime, mentre Gentile vi aderì subito con entusiasmo, divenendo ben presto l'intellettuale più autorevole del regime.

Tra il 1922 e il 1924 è stato Ministro della Pubblica Istruzione e ha realizzato la riforma della scuola che porta il suo nome.

Gentile ha redatto il Manifesto degli intellettuali del fascismo (1925) e ricoprì, negli anni, cariche di prestigio, da quella di presidente dell’Enciclopedia italiana (dal 1925 al 1944) a quella di rettore della Scuola normale di Pisa, da quella di membro del Gran Consiglio del fascismo a quella di senatore del Regno.

L'11 febbraio 1929, con la firma dei Patti lateranensi, l'Italia e la Santa Sede pongono fine al conflitto insorto nel 1870 in seguito all'annessione dei territori dello stato pontificio nello stato italiano. I Patti, che rappresentano per il regime fascista un'importante legittimazione politica, consentono anche alla Chiesa cattolica di acquisire notevoli privilegi economici e diplomatici. In questo documento sonoro, il filosofo Giovanni Gentile difende la scelta del governo fascista. Il discorso viene letto il 25 maggio 1929 nel Campidoglio, a Roma, in occasione dell'inaugurazione del VII Congresso di filosofia.

Aderì nel 1943, dopo il crollo del regime fascista, alla Repubblica sociale italiana governata da Mussolini. Fu ucciso a Firenze per mano dei partigiani il 15 aprile 1944.



Il pensiero

Gentile sviluppa la sua riflessione in direzione di una "riforma della dialettica hegeliana"; ma il suo pensiero è anche influenzato dalla lettura di Marx (La filosofia di Marx, 1899), che egli interpreta come una integrale “filosofia della prassi”, secondo la quale la realtà va concepita come una “produzione soggettiva dell’uomo”; questa, tuttavia, non può essere intesa materialisticamente, come voleva il fondatore del materialismo storico. La riforma dell’idealismo hegeliano perseguita da Gentile consiste nel tentativo di risolvere nell’atto dello spirito (la sua filosofia è detta "attualismo") ogni determinazione dialettica dell’Assoluto, negando la trascendenza dell’Idea e della natura. Per Gentile, reale è solo il pensiero nella sua “attualità”, cioè l’atto puro del pensiero che pensa: ogni aspetto dell’oggettività non sussiste al di fuori dell’atto del pensiero; o meglio, sussiste solo in quanto prodotto dell’attività stessa dell’Io trascendentale, che deve oggettivarsi per potersi nuovamente affermare come soggetto.

L’arte costituisce per Gentile l’esaltazione della pura soggettività, il sentimento che l’Io trascendentale ha nella sua soggettività, mentre la religione rappresenta l’atto mediante cui il soggetto dimentica se stesso in un oggetto assoluto (Dio), giungendo a una negazione della propria libertà.

Particolare rilievo assume, nella filosofia di Gentile, la dottrina del diritto e dello stato. Egli procede a una identificazione della sfera del diritto (e quindi dello stato) con la morale (e quindi con la sfera dell’individuo e della sua interiorità), della sfera pubblica con la sfera privata: ciò significa che l’individuo trova la propria libertà solo nello stato, in quanto incarnazione della morale. Con questa dottrina dello “stato etico” Gentile diede basi filosofiche alla concezione dello stato totalitario, propria del fascismo.

In campo pedagogico Gentile sostenne la dottrina dell’educazione come “autoeducazione” e come unità vivente, nell’atto educativo, di maestro e discepolo. L’educazione consiste nel rapporto spirituale fra maestro e allievo, in cui l’autorità del primo garantisce al secondo “l’attualità dello spirito, che è l’essenza stessa della libertà”. Nel Sommario di pedagogia come scienza filosofica affermava: “l'autorità dell’educatore diventa la libertà dell'alunno”.

Sul piano pedagogico, le innovazioni formulate da Gentile si tradussero nella riforma della scuola italiana varata nel 1923.

Fra le opere principali: Sommario di pedagogia come scienza filosofica (1912), La riforma della dialettica hegeliana (1913), Teoria generale dello spirito come atto puro (1916), Sistema di logica come teoria del conoscere (1917-1922).

Tre le sue opere dedicate più specificamente alla letteratura ricordiamo: Studi vichiani (1915), Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento (1920), Gino Capponi e la cultura toscana del secolo XIX (1922), Dante e Manzoni (1923), Studi sul Rinascimento (1923), L'eredità di Vittorio Alfieri (1926), Vincenzo Cuoco (1927), Manzoni e Leopardi (1928), La profezia di Dante (1933), Poesia e filosofia di Giacomo Leopardi (1939), Il pensiero di Leonardo (1941).



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