Letteratura come vita è un saggio pubblicato da Carlo Bo e apparso nel settembre 1938 sulla rivista «Il Frontespizio» (poi ristampato nel volume Otto studi, Vallecchi, Firenze 1939).
Il saggio è fondamentale per comprendere le motivazioni profonde dell'Ermetismo. Bo rifiuta l'idea di una letteratura vista come pratica abitudinaria o come esercizio professionale nel tempo libero, e la definisce come la strada più completa per la conoscenza di noi stessi e per dare vita alla nostra coscienza. Cade così ogni possibilità di impostare il rapporto arte-vita secondo le regole dell'estetismo decadente, tracciato in Italia da Gabriele D'Annunzio. Rifiutando ogni lusinga esteriore, la letteratura si identifica con l'io profondo del soggetto, risalendo alle origini centrali dell'uomo. La letteratura esprime la purezza dell'esistenza e l'indiscutibilità di valori, si propone come scopo esclusivo la ricerca della verità e per questo è una "missione" e non un mestiere.
Dal momento che la considera un prezioso strumento di conoscenza di sé non vuole che venga ridotta la sua funzione alla semplice descrizione di costumi ed epoche storiche.
La letteratura recupera i significati profondi e primitivi della vita dell'uomo e, pertanto, non può che escludere ogni rapporto con la politica e con la storia.
La letteratura contribuisce alla scoperta di un'identità che si allontana dalla realtà storica della società umana. La letteratura è ricerca continua di noi stessi ed impegno quotidiano dell'uomo.