Riassunto:
Gli strumenti umani pubblicato nel 1965 è il libro più importante di Sereni e uno dei maggiori della poesia italiana contemporanea. Le liriche in esso raccolte, scritte tra il 1945 e il 1965, evidenziano la piena attuazione del processo evolutivo, sia tematico sia stilistico, iniziatosi con Diario d’Algeria: ovvero l’abbandono del lirismo puro ed ermetizzante di Frontiera, la prima raccolta di Sereni, e il confronto con i temi storici e sociali dell’età contemporanea. Lo stesso titolo, gli strumenti umani, vuole riferirsi a una nuova dimensione, non più squisitamente lirica, soggettiva e individuale, come era avvenuto nelle prime raccolte. In diverse poesie (per esempio in versi, in Saba, in La poesia è una passione?) Sereni riflette sulla funzione della poesia nella società odierna, e sui caratteri che essa deve avere. Spiccano inoltre componimenti come La repubblica, Mille Miglia, Al distributori, Metropoli e, soprattutto, come il poemetto Una visita in fabbrica: testi grazie ai quali l’autore s’inserisce nel dibattito, all’epoca molto vivo, sul rapporto tra la letteratura e realtà industriale. A dominare la raccolta rimane un senso che è tipico di un po’ tutto Sereni di disarmonia con il mondo e con il proprio tempo (Non lo amo il mio tempo, non lo amo). Come ha scritto Franco Fortini, si può non sentirsi a proprio agio nelle poesie di Sereni che, d'altronde, non vogliono che ci si senta a proprio agio e anzi introducono di continuo, quasi a ogni parola, un’incertezza angosciosa. Sul piano linguistico e stilistico, versi e componimenti si fanno più lunghi e più mossi; accolgono dialoghi, frammenti prosastici, un ritmo frantumato e mutevole, che tuttavia è anche capace di offrire risultati di rara intensità. Notevole la varietà di registri, da quello quotidiano a quello più letterario. Sono i mezzi attraverso cui l’autore ricerca l’espressione più adatta ed efficace a esprimere quell’attenzione alla realtà, anche sociale, che gli sta particolarmente a cuore.
Gli strumenti umani pubblicato nel 1965 è il libro più importante di Sereni e uno dei maggiori della poesia italiana contemporanea. Le liriche in esso raccolte, scritte tra il 1945 e il 1965, evidenziano la piena attuazione del processo evolutivo, sia tematico sia stilistico, iniziatosi con Diario d’Algeria: ovvero l’abbandono del lirismo puro ed ermetizzante di Frontiera, la prima raccolta di Sereni, e il confronto con i temi storici e sociali dell’età contemporanea. Lo stesso titolo, gli strumenti umani, vuole riferirsi a una nuova dimensione, non più squisitamente lirica, soggettiva e individuale, come era avvenuto nelle prime raccolte. In diverse poesie (per esempio in versi, in Saba, in La poesia è una passione?) Sereni riflette sulla funzione della poesia nella società odierna, e sui caratteri che essa deve avere. Spiccano inoltre componimenti come La repubblica, Mille Miglia, Al distributori, Metropoli e, soprattutto, come il poemetto Una visita in fabbrica: testi grazie ai quali l’autore s’inserisce nel dibattito, all’epoca molto vivo, sul rapporto tra la letteratura e realtà industriale. A dominare la raccolta rimane un senso che è tipico di un po’ tutto Sereni di disarmonia con il mondo e con il proprio tempo (Non lo amo il mio tempo, non lo amo). Come ha scritto Franco Fortini, si può non sentirsi a proprio agio nelle poesie di Sereni che, d'altronde, non vogliono che ci si senta a proprio agio e anzi introducono di continuo, quasi a ogni parola, un’incertezza angosciosa. Sul piano linguistico e stilistico, versi e componimenti si fanno più lunghi e più mossi; accolgono dialoghi, frammenti prosastici, un ritmo frantumato e mutevole, che tuttavia è anche capace di offrire risultati di rara intensità. Notevole la varietà di registri, da quello quotidiano a quello più letterario. Sono i mezzi attraverso cui l’autore ricerca l’espressione più adatta ed efficace a esprimere quell’attenzione alla realtà, anche sociale, che gli sta particolarmente a cuore.
