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S'i fosse foco, arderei 'l mondo: parafrasi e commento di Cecco Angiolieri

Appunto di letteratura sulla poesia Si fosse foco di Cecco Angiolieri contenente il testo, la parafrasi, l'analisi testuale e retorica e il commento.
Mondo

S'i' fosse foco è una poesia del poeta senese Cecco Angiolieri (1260 - 1313) ed è contenuta nella raccolta Rime. Si tratta del sonetto più celebre dell'Angiolieri, che gli ha procurato la fama di beffardo e maledetto poeta. Tra l'altro è una poesia che spesso viene saltata nel programma scolastico di 2° media (per scelta dell'insegnante), sebbene sia presente in ogni libro di letteratura, per il suo tono provocatorio e ironico. Leggendo il testo e la parafrasi non potrete che ridere di gusto anche voi dato che l'autore ammette che se avesse avuto il "potere" o qualche "superpotere" si sarebbe burlato del mondo intero, invece leggendo il commento avrete modo di riflettere sul perché l'abbia scritta così.






S'i fosse foco: scheda poesia

In questa pagina trovate tutto ciò che riguarda il sonetto S'i' fosse foco, arderei 'l mondo di Cecco Angiolieri: testo, parafrasi, analisi del testo e figure retoriche, commento.

Titolo S'i fosse foco
Autore Cecco Angiolieri
Genere Poesia lirica
Raccolta Rime
Corrente letteraria Poesia comico-realistica
Data tra il XIII e XIV secolo
Temi trattati Esprime in modo scherzoso il desiderio di dominare il mondo
Frase celebre «S'i' fosse foco, arderei 'l mondo; s'i' fosse vento, lo tempestarei; s'i' fosse acqua, i' l'annegherei; s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo.»



Testo

S'i' fosse foco, arderei 'l mondo;
s'i' fosse vento, lo tempesterei;
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i' fosse Dio mandereil'en profondo;

S'i' fosse papa, sare' allor giocondo,
tutt'i cristiani imbrigherei;
s'i' fosse imperator, sa' che farei ?
a tutti mozzerei lo capo a tondo.

S'i' fosse morte, andarei da mio padre;
s'i' fosse vita, fuggirei da lui:
similimente faria da mi' madre.

S'i' fosse Cecco come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.



Parafrasi

Brucerei il mondo se fossi stato il fuoco;
lo tempesterei se fossi stato il vento;
l'annegherei se fossi stato acqua;
l'avrei fatto sprofondare se fossi stato Dio.

Se fossi stato un papa sarei lieto e felice,
perché così metterei nei guai tutti i cristiani;
Sai che farei se fossi stato imperatore?
Taglierei la testa a tutti quelli intorno a me.

Se fossi stato la morte andrei da mio padre;
se fossi stato la vita, fuggirei da lui:
nello stesso modo farei con mia madre.

Se fossi stato Cecco, quello che sono adesso e sono stato,
prenderei le donne giovani e belle:
e quelle vecchie e brutte le lascerei per gli altri.



Parafrasi discorsiva alternativa:

Se fossi fuoco, brucerei il mondo; se fossi vento, vi infurierei con le tempeste; se fossi acqua, l'affogherei; se fossi Dio, lo sprofonderei; se fossi papa, allora sì che sarei felice, perché metterei nei guai tutti i cristiani; se fossi imperatore, sai che farei? Taglierei la testa a tutti.
Se fossi morte, andrei da mio padre; se fossi vita, fuggirei da lui: lo stesso farei con mia madre.
Se fossi Cecco, come sono, e sempre sono stato, mi prenderei le donne belle e giovani e lascerei agli altri quelle brutte e vecchie.



Analisi del testo

Schema metrico: sonette composto da due quartine e due terzine con rima ABBA ABA CDC DCD, ovvero rima alternata nelle prime due strofe e incrociata nelle ultime due strofe.

I verbi della poesia sono quasi tutti coniugati al congiuntivo e al condizionale, perché fanno riferimento a desideri paradossali e fantasie impossibili.

Il poeta si serve della "violenza" per sorprendere il lettore e catturare la sua attenzione, ma alla fine sdrammatizza quanto detto in precedenza per strappargli se non un risata quantomeno un sorriso.

Nella prima strofa vi sono l'ipotesi di desideri impossibili e il poeta si paragona alla natura fino a giungere a Dio.
Nella seconda strofa vi è il desiderio del poeta di essere come le due massime autorità della terra.
Nella terza strofa il poeta esprime il suo odio verso il padre che lo tiene a corto di soldi.
Nella quarta strofa rivela chi è davvero.

Lo stile comico realistico adottato in questa poesia si contrappone al Dolce Stil Novo, che adotta un linguaggio raffinato e nel quale la donna è rappresentata come una figura angelica. Difatti il lessico di "Si fosse foco" è poco ricercato, semplice e accessibile a tutti, pieno di esagerazioni, caratterizzato dall'esaltazione dei piaceri terreni. Si tratta di uno sfogo scritto in un clima leggero e scherzoso.



Figure retoriche

Di seguito trovate le figure retoriche contenute nel testo:
  • Anafora = "se fossi" (v. 1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 10, 12);
  • Adynaton = "S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo; s’i’ fosse vento, lo tempesterei; s’i’fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo" (vv. 1-4).
  • Chiasmo: nella strofa "torrei le donne giovani e leggiadre: / e vecchie e laide lasserei altrui" (vv. 13-14).
  • Endiadi = "giovani e leggiadre" (vv. 13-14); "vecchie e laide" (v.14).
  • Antitesi = "s'i' fosse morte (v.9) e "s'i fosse vita" (v.10). Due concetti opposti, la vita e la morte.



Commento

Il poeta Cecco Angiolieri immagina di essere uno dei quattro elementi (fuoco, vento, acqua), oppure Dio (terra), il papa, l'imperatore e in tutte le circostanze scrive che avrebbbe portato morte distruggendo tutto intorno a sè. La sua ribellione poetica è rivolta verso un mondo in cui pare ci sia poco o nulla da salvare, e ai problemi aggiunge anche se stesso, perché pensa solo ed esclusivamente alle donne, non donne qualsiasi, ma quelle giovani e belle.

Da questa poesia emergono vari temi come la paura per le calamità naturali e disastri ambientali (incendi, tempeste, inonandazioni, terremoti), il potere di Dio, il potere del papa e l'imperatore che potevano decidere chi uccidere e chi lasciare in vita, il complicato rapporto coi genitori e il suo vizio.

Pertanto quella che sembra essere una poesia puramente ironica contiene anche un fondo di tristezza, perché descrive un mondo senza speranza in quanto marcio dentro, e tutte le cose e le persone che mette a uno ad uno in scena (il fuoco, il vento, l'acqua, Dio, il papa, l'imperatore, l'autore stesso) sembrano essere parte di uno stesso gioco.

Se l'intera poesia parla di morte e distruzione, seppur con tono scherzoso, gli ultimi tre versi spezzano questo tematica, infatti l'autore preferisce lasciare tutto così com'è, senza fare sfracelli: egli sdrammatizza facendo un po' di autocritica, quasi a dire che ognuno nel suo piccolo ha contribuito alla situazione del mondo attuale. Bisogna tenere a mente quando si parla di Cecco Angiolieri che amava la bella vita, ma il padre non voleva dargli il denaro sapendo che l'avrebbe speso tutto al gioco, nell'alcol o nelle donne. Così il poeta invita tutti a essere un po' come lui, a non soffermarsi troppo sui problemi, che ci sono e ci saranno sempre, ma di imparare a prendere la vita con leggerezza, sdrammatizzando e imparando a godersela.

Cecco è noto per la sua passione per il gioco, il bere e le belle donne, e non è un reato vivere la propria vita in questo modo, ma non è neanche il "migliore dei modi" di vivere la vita. Spendere soldi nel gioco è una malattia chiamata ludopatia, il vizio dell'alcol nuoce la salute ed essere circondato da donne solo perché sono pagate o attratte dagli uomni benestanti non significa essere amati e ci si può sentire soli anche circondati da tante persone. Una vita nello stile di Cecco, per quanto possa esssere invidiabile vista dall'esterno, rimane una vita vuota perché sazia il suo piacere solo con gli eccessi, mentre la chiave per la felicità consiste nel saper apprezzare le cose semplici della vita come le gioie quotidiane, i sorrisi gratuiti, le strette di mano e gli abbracci, la fedeltà nell'amare ecc.



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