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Purgatorio Canto 19 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto diciannovesimo (canto XIX) del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri.
L'angelo della sollecitudine, illustrazione di Gustave Doré

Dante sogna una brutta donna, che al suo sguardo diventa sempre più bella; ma interviene Virgilio che ne strappa le vesti rivelando il suo ventre fetido. Dante si sveglia di soprassalto e racconta il sogno a Virgilio; questi lo spiega identificando nella donna il troppo amore per i beni terreni, colpa che viene punita nelle cornici superiori. Si arriva così alla quinta cornice, dove avari e prodighi giacciono proni, legati mani e piedi; tra essi papa Adriano V.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 19 del Purgatorio. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Nell’ora in cui il calore del giorno, vinto dal raffreddamento
naturale della terra, e talora da quello (proverbiale) di Saturno,
non può più riscaldare il freddo irradiato dalla luna
– quando gli indovini (geomanti) vedono la figura
di Maggior Fortuna sorgere in oriente prima dell’alba,
in quella parte che ancora per poco resta oscura –
mi apparve in sogno una femmina balbuziente,
con gli occhi guerci, i piedi storti,
le mani monche, di colorito pallido.
Io la guardavo; e come il sole riscalda (conforta)
le membra intorpidite dal freddo notturno (che la notte aggrava),
così il mio sguardo le rendeva spedita (scorta) la lingua,
e poi drizzava in breve tempo (in poco d’ora) tutta la persona,
e infine coloriva il suo viso scialbo (smarrito)
così come vuole l’amore.
E dopo che ella ebbe la lingua in tal modo sciolta,
cominciava a cantare in modo così dolce,
che con rammarico avrei distolto (rivolto) la mia attenzione da lei.
«Io sono», cantava, «io sono la dolce sirena,
che inebriò i marinai in mezzo al mare; tanto colmo
di piacere chi mi ascolta! Io distolsi Ulisse, benché
fosse desideroso di proseguire il suo cammino, col
mio canto; e chiunque si abitua (ausa) a me,
raramente se ne allontana; tanto io lo appago!».
La bocca sua non aveva ancora smesso di
parlare, quando una donna santa e sollecita apparve
accanto (lunghesso) a me per smascherarla.
«O Virgilio, Virgilio, chi è questa?», diceva
con sdegno (fieramente); ed egli si avvicinava con
gli occhi costantemente (pur) fissi su quella donna onesta.
Poi prendeva la femmina (L’altra) e la scopriva (apria)
sul davanti strappandole le vesti e mi mostrava il ventre;
questo mi risvegliò per il fetore che ne usciva.
Io girai gli occhi, mentre il buon maestro diceva:
«Ti ho chiamato almeno tre volte! Alzati e vieni:
troviamo l’apertura (aperta) della scala attraverso la quale tu possa entrare».
Mi alzai, e vidi che tutti i gironi del Purgatorio
erano già illuminati dal sole ormai alto
e noi camminavamo col sole appena levato alle spalle.
Seguendo lui, chinavo la mia fronte come
colui che l’ha carica di pensieri, che tiene la sua
persona (fa di sé) curvata come una mezza arcata di
ponte; quando io sentii dire (parlare) in modo soave
e benevolo, come non si sente in questo mondo
(marca) terreno: «Venite, qui si trova il passaggio».
Colui che così ci disse, stando con le ali aperte e bianche
come quelle di un cigno, ci indirizzò verso l’alto,
a una scala scavata fra due pareti di dura roccia.
Poi agitò le ali e ci ventilò, affermando che sono beati
‘Coloro che piangono’ (Qui lugent), perché avranno le anime dominate (donne)
dalla consolazione (è la terza beatitudine evangelica).
«Che cos’hai che continui a guardare per terra?»,
incominciò a dirmi Virgilio, dopo che entrambi
avevamo oltrepassato il punto in cui si trovava l’angelo.
E io: «La recente visione che mi assorbe, mi fa
camminare (irmi) con tale timorosa perplessità, tanto
che non posso evitare (partirmi) di pensare a lei».
«Tu vedesti», disse, «quell’antica ammaliatrice,
ormai la sola che si sconta (piagne) nei gironi superiori (sovr’a noi);
vedesti come ci (l’uom) si libera da lei.
Ti basti, e continua con decisione a camminare;
rivolgi lo sguardo al richiamo (logoro) che Dio (rege etterno) esercita lassù,
ruotando con le sfere celesti (rote magne)».
Come il falcone, che dapprima volge lo
sguardo in basso, poi si volge al grido del falconiere
e si slancia verso la preda, per il desiderio del pasto
che lo attira, così mi lanciai io; e così, per tutto il
tratto della scala scavata nella roccia che per mette
la salita a chi va verso l’alto, andai fino al punto in
cui si riprende a camminare in cerchio (’l cerchiar).
Appena uscii all’aperto (fui dischiuso) nel quinto girone,
vidi sul ripiano spiriti che piangevano, stesi a terra bocconi.
‘L’anima mia è attaccata alla terra’ (sono le parole del Salmo 118, 25), sentivo dir loro con così alti sospiri,
che si comprendevano a stento le parole.
«O eletti alla eterna beatitudine, le cui sofferenze
sono rese meno dure dalla coscienza della giustizia
e dalla speranza nella salvezza, indirizzateci verso
la scala (saliri) che porta verso l’alto».
«Se voi venite immuni dalla pena del giacere bocconi,
e desiderate trovare rapidamente il passaggio,
il vostro fianco destro sia sempre dalla parte del precipizio (di fori)».
Così pregò il poeta, e così ci fu risposto
poco davanti a noi; per cui io, seguendo il suono
delle parole (nel parlare), individuai (avvisai) lo
spirito (l’altro) nascosto, e rivolsi lo sguardo al mio
signore: per cui egli con un cenno compiacente
(lieto) acconsentì al desiderio che manifestavano i miei occhi.
Dopo che ebbi il permesso di comportarmi
a mio piacimento, mi avvicinai (trassimi) a quella
creatura le cui parole prima me la fecero (fenno)
notare tra le altre, dicendo: «O anima il cui pianto
fa maturare quella espiazione senza la quale non
si può salire a Dio, sospendi un po’ il tuo maggiore impegno per parlarmi.
Dimmi chi fosti in vita e perché tenete i
dorsi rivolti al cielo, e se desideri che ottenga preghiere
per te sulla terra, da dove sono venuto, pur
essendo ancora vivo». Ed egli a me: «Poi saprai per
qual motivo il cielo tenga le nostre schiene (diretri)
rivolte a sé; ma prima sappi che io (quod ego) fui successore di Pietro (Adriano V).
Tra Sestri Levante e Chiavari discende (s’adima)
un bel torrente (il torrente Lavagna, che confluisce nel fiume Entella), dal cui nome deriva
il più alto fregio (sua cima) della mia stirpe.
Io provai solo un mese e poco più quanto
pesi la maestà pontificia a chi voglia salvaguardarla dalla corruzione,
sì che tutte le al tre cariche sembrano leggere come piume.
Il mio pentimento (convesione), oimè!, fu tardo;
ma, appena fui eletto (fatto) papa (roman pastore),
scoprii che la vita terrena non mantiene le sue promesse.
Vidi che l’anima non si appagava neppure nella suprema carica (lì),
oltre la quale non si può salire nella vita terrena (quella);
perciò l’amore della vita eterna (questa) si accese in me.
Fino a quel momento fui un’anima miserabile e divisa da Dio,
del tutto dominata dalla cupidigia;
ora, come vedi, qui la sto espiando.
Gli effetti prodotti dall’avarizia, si manifestano
qui nel carattere della pena delle anime convertite;
nessuna pena è più mortificante della nostra.
Come il nostro occhio, sempre fisso alle
cose terrene, non seppe innalzarsi (s’aderse) al cielo,
così qui la giustizia divina lo abbassò (il merse)
verso la terra. Come l’avarizia ci tolse l’amore per
ogni cosa buona (bene), per cui il nostro operare
è sprecato (perdési), così qui la giustizia divina ci
tiene immobilizzati, legati e avvinti (presi) nei piedi
e nelle mani; e quanto piacerà a Dio (Sire),
che è giusto, tanto staremo distesi e immobili».
Io mi ero inginocchiato e volevo parlare;
ma appena incominciai ed egli si accorse, sentendo
la mia voce più vicina, del mio atto di riverenza,
disse: «Quale motivo ti ha costretto (torse) a inchinarti?».
E io a lui: «La vostra dignità di pontefice provocò
nella mia coscienza di cristiano il rimorso di stare in piedi».
«Drizza le gambe, alzati in piedi, fratello!»,
mi rispose; «non cadere in errore: sono, insieme
con te e con gli altri, un servo di fronte a una sola
autorità. Se mai hai sentito e compreso quelle sante
parole del Vangelo che dicono ‘Né sposeranno’ (Neque nubent è la risposta di Cristo ai Sadducei, registrata nel Vangelo di Marco),
puoi capire con chiarezza perché io parlo così.
Adesso vattene: non voglio che ti trattenga più;
perché la tua permanenza (stanza) ostacola il mio pianto,
con cui compio (maturo) la purificazione di cui parlasti.
Nel mondo (di là) ho una nipote di nome Alagia,
buona per sua natura (da sé), purché la nostra famiglia (casa)
non la renda malvagia con il cattivo esempio (essempro);
e questa sola mi è rimasta nel mondo».



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