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Purgatorio Canto 2 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto secondo (canto II) del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Arrivo della barca delle anime, Gustave Doré

Dante e Virgilio si trovano ancora sulla riva del mare quando vedono approdare sul lido una piccola imbarcazione a bordo della quale si trovano l'Angelo nocchiero e le anime degli espiandi che in coro intonano il salmo In exitu Israel. Dopo aver ricevuto la benedizione dell'Angelo, gli spiriti scendono sulla spiaggia, e ignari della strada da prendere per raggiungere la montagna del Purgatorio, chiedono informazioni ai due poeti. Virgilio risponde loro confessando di essere anch'egli inesperto del luogo. A quel punto, le anime si rendono conto che Dante è ancora vivo e la loro meraviglia è tale che per guardar lui dimenticano quasi di andarsi a purificare. Una di loro si fa avanti e pochi versi dopo apprendiamo che si tratta di Casella, il musico, amico di Dante. Quest'ultimo si mostra stupito di trovarlo in quel luogo e in quel momento, dato che molto tempo è ormai passato dalla morte di costui. Il dubbio del poeta non sarà sciolto che parzialmente dalle parole di Casella, il quale ricorda che è alle foci del Tevere che si raccolgono le anime destinate al Purgatorio. Dante che prima lo aveva pregato di fermarsi a parlare con lui adesso gli chiede di consolare il suo spirito con il canto, come faceva un tempo. Casella intona allora un testo dello stesso Dante, la canzone Amor che ne la mente mi ragiona, e la dolcezza del suo canto ammalia tutti, Virgilio compreso, distogliendoli dal loro dovere. A scuoterli dall'oblio interviene Catone, riapparso all'improvviso, che rimprovera la loro negligenza e incita le anime all'espiazione: esse allora, simili a colombe spaventate, fuggono verso il pendio del monte. E i due poeti riprendono il cammino.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 2 del Purgatorio. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Il sole aveva già raggiunto l’orizzonte
il cui meridiano sovrasta (coverchia)
col suo punto più alto Gerusalemme;
e la notte, che gira (cerchia) opposta al sole,
spuntava dalle foci (uscia ... fuor) del Gange nella costellazione delle Bilance,
che le cadono di mano quando supera la durata del giorno (soverchia);
in modo che, là dove io mi trovavo, le gote, prima bianche,
poi vermiglie, della leggiadra Aurora,
col passare del tempo (per troppa etade), trascoloravano in dorato (rance).
Noi eravamo ancora presso (lunghesso) la riva del mare,
come coloro che pensano al proprio viaggio
e procedono con il desiderio (cuore) mentre stanno fermi con il corpo.
Ed ecco, come colto dall’alba, Marte,
abbassandosi sulla superficie (suol) del mare,
verso ponente, si colora di rosso, a causa dei vapori densi che lo avvolgono,
così mi apparve, e possa io (s’io) vederla (veggia) ancora,
una luce avanzare sul mare così rapidamente (ratto)
che nessun volo può uguagliare (pareggia) il suo modo di muoversi.
Dopo aver distolto (ritratto) per un attimo
lo sguardo da essa (dal qual) per interrogare (domandar) la mia guida,
la rividi divenuta più luminosa e più grande.
Poi da ogni parte di questa luce mi apparve (appario)
un’indistinta (un non sapeva che) forma bianca, e più in basso
si delineò (uscìo) a poco a poco un’altra forma bianca.
Il mio maestro tacque (non facea motto) ancora,
finché (mentre che) le prime forme bianche non si rivelarono come ali;
appena fu ben certo di riconoscere il nocchiero (galeotto),
gridò: «Presto, piega le ginocchia (le ginocchia cali).
Ecco l’angelo di Dio: congiungi (piega) le mani;
da ora in poi vedrai solo ministri (officiali) come questo.
Vedi che non adopera (sdegna) mezzi (argomenti) umani,
tanto che non necessita (vuol) né di remi né di vele (velo)
che non siano le sue ali, per muoversi da luoghi così lontani.
Vedi come le tiene rivolte (dritte) al cielo,
fendendo (trattando) l’aria con le piume incorruttibili (etterne),
che non si trasformano come il pelo dei mortali».
Poi, a mano a mano che (come) la creatura alata (l’uccel divino)
si avvicinava a noi, appariva sempre più luminosa:
perciò gli occhi non riuscivano a fissarla (nol sostenne) da vicino,
tanto che li chinai verso il basso; intanto essa raggiunse la riva
con una barchetta leggera (vasello),
che non si immergeva nell’acqua neppure in parte.
Il nocchiero celestiale stava a poppa,
in tale atteggiamento che la sola descrizione (pur descripto) darebbe (faria) beatitudine;
e molte anime sedevano dentro.
«In exitu Isräel de Aegypto» («Quando Israele uscì dall’Egitto»)
cantavano tutti in coro,
proseguendo il salmo con quanto è scritto dopo.
Poi li benedisse col segno della santa croce;
allora essi si precipitarono tutti sulla spiaggia;
ed egli se ne andò (el sen gì), velocemente come era venuto.
La moltitudine rimasta lì sembrava inesperta (selvaggia)
del luogo, si guardava intorno,
come colui che sperimenta per la prima volta cose sconosciute (nove).
Il sole lampeggiava (saettava) la luce diurna in tutte le parti del cielo,
dopo avere con le sue saette infallibili (conte)
cacciato il Capricorno dal punto più alto (di mezzo) del cielo,
allorché la gente appena arrivata (nova) alzò lo sguardo
verso di noi, dicendoci: «Se la conoscete,
indicateci la via per raggiungere (gire al) il monte».
E Virgilio rispose: «Voi forse pensate
che siamo pratici (esperti) di questo luogo;
ma noi siamo forestieri (peregrin) come voi.
Giungemmo poco fa, appena prima di voi,
attraverso una strada diversa, che fu talmente penosa e opprimente,
che adesso la salita ci sembrerà un gioco».
Le anime, che si erano accorte,
dal mio respirare, che ero ancora vivo,
impallidirono per la meraviglia (maravigliando).
E come la gente accorre (tragge) intorno a un messaggero
che reca un ramoscello d’ulivo, per sentire notizie (novelle)
e nessuno si sottrae (si mostra schivo) alla calca,
così tutte quelle anime destinate alla salvezza (fortunate)
puntarono su di me i loro sguardi (s’affisar),
quasi scordando (oblïando) di andare a purificarsi (farsi belle).
Io vidi una di loro farsi avanti (trarresi avante)
per abbracciarmi, con tanto affetto
che mi spinse a ricambiare (a far lo somigliante).
Ohi ombre inconsistenti, fuorché nell’aspetto!
Tre volte la strinsi (avvinsi) con le mani in un abbraccio,
e altrettante (tante) volte esse mi tornarono al petto.
Credo di aver mostrato il mio stupore (Di maraviglia … mi dipinsi),
poiché l’ombra sorrise e si tirò indietro,
e io, seguendola, avanzai (oltre mi pinsi).
Con voce soave mi chiese di fermarmi (posasse);
in quel momento lo riconobbi e pregai
che si fermasse un poco per parlarmi.
Egli mi rispose: «Così come io ti amai
quando avevo il corpo mortale, così ti amo ora che ne sono slegato (sciolta):
perciò (però) mi fermo; ma tu perché fai questo cammino?».
«Casella mio, io faccio (fo) questo viaggio
per poter tornare ancora in questo luogo»,
dissi io, «ma come mai a te è stato tolto tanto tempo (ora)?».
Ed egli a me: «Nessun torto (oltraggio) mi è stato fatto,
se colui che preleva (leva) quando e chi (cui) egli preferisce (piace),
ha rifiutato diverse volte di trasportarmi qui (esto passaggio);
perché la sua volontà procede (si face) dalla giustizia (di giusto voler):
tuttavia (veramente) da tre mesi egli ha preso (tolto)
tutti coloro che hanno chiesto di imbarcarsi, senza alcuna difficoltà (con tutta pace).
Per cui io, che ero allora giunto (vòlto) sulla spiaggia (marina)
nel punto in cui l’acqua del Tevere sfocia in mare (s’insala),
fui accolto (ricolto) da lui con benevolenza.
Ora egli (elli) ha diretto le sue ali in direzione di quella foce,
poiché (però che) lì si continuano a raccogliere (si ricoglie)
coloro che non devono scendere (si cala) verso l’Acheronte».
E io: «Se la nuova legge non ti impedisce di ricordare (ti toglie memoria)
o di eseguire (uso) il canto d’amore,
che era solito dar quiete (quetar) a tutti i miei affanni,
ti piaccia con questo consolare un poco
il mio spirito, che, giungendo qui
con il peso del corpo (con la sua persona), è tanto affaticato!».
‘Amor che ne la mente mi ragiona’
egli allora cominciò così dolcemente,
che la dolcezza mi risuona ancora nel cuore (dentro).
Il mio maestro e io e quelle anime
che erano con lui apparivamo così rasserenati,
come se a nessuno altri pensieri (altro) sfiorassero la mente.
Noi eravamo tutti concentrati (fissi) e attenti
al suo canto; quando il venerabile (onesto) vecchio (veglio) giunse
gridando: «Che cosa significa questo, spiriti pigri (lenti)?
Quale negligenza, quale indugio (stare) è questo?
Correte verso il monte per liberarvi (spogliarvi) dalla scorza (scoglio)
che non vi permette di vedere (manifesto) Dio».
Come i colombi radunati per il pasto (pastura),
mentre beccano (cogliendo) semi di biada o di zizzania (loglio),
quieti, senza mostrare la consueta (usato) baldanza (orgoglio),
lasciano improvvisamente (subitamente) il cibo (esca)
se si manifesta qualcosa che li spaventa,
perché sono assaliti da una preoccupazione (cura) maggiore;
così io vidi quella compagnia di anime (masnada) giunta da poco (fresca),
abbandonare il canto, e fuggire verso la salita,
come un uomo che fugge senza sapere dove andrà a finire (rïesca);
né la nostra partenza (partita) fu meno precipitosa (tosta).



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