Scuolissima.com - Logo

Inferno Canto 12 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto dodicesimo (canto XII) dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.
I centauri scorgono i due estranei, illustrazione di Gustave Doré

Siamo nel primo girone del settimo cerchio, custodito dai Centauri. Il primo che incontrano è il Minotauro che, distratto per la rabbia, diventa un facile ostacolo da superare per i due poeti. Qui i violenti contro il prossimo, i tiranni, gli omicidi e i rapinatori giacciono nel Flegetonte, un fiume di sangue bollente. Il centauro Nesso mostra a Dante alcuni dei dannati, tra cui Alessandro Magno, Guido di Montfort, Attila e Pirro.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 12 dell'Inferno. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Il luogo ove giungemmo per discendere la riva
era montagnoso e tale, per quello che vi era inoltre (v’er’ anco),
che ogni sguardo (ogne vista) proverebbe ribrezzo (sarebbe schiva).
Come è quella frana (ruina) che dal lato della riva (nel fianco)
a valle (di qua) di Trento colpì (percosse) la sponda dell’Adige,
a causa di un terremoto (tremoto) oppure per l’erosione del terreno (sostegno manco),
tanto che dalla cima da cui la frana si staccò (si mosse)
fino al piano il monte (la roccia) è molto scosceso
ma permetterebbe (darebbe) una qualche possibilità di passaggio (alcuna via) a chi si trovasse lassù:
tale era la discesa da quel burrone;
e sull’estremità della costa (lacca) franata (rotta)
era distesa l’infamia di Creta (il Minotauro)
che fu concepita (concetta) in una vacca finta;
e quando costui ci vide, morse se stesso,
come quando l’ira consuma (fiacca) dal profondo (dentro) qualcuno.
Il mio maestro (savio) gridò verso di lui: «Forse
tu credi che sia giunto il duca d’Atene (Teseo),
che lassù nel mondo ti causò la morte?
Allontanati (Pàrtiti), bestia, poiché Dante (questi) non viene
ammaestrato dalla tua sorella,
ma se ne va (vassi) per conoscere le vostre pene».
Come fa il toro che si libera dai lacci (si slaccia)
nel momento in cui (in quella) ha già ricevuto il colpo mortale,
incapace ormai di camminare (gir), ma saltella qua e là,
la stessa cosa vidi io fare dal Minotauro;
e Virgilio (quello) attento gridò: «Corri verso il varco;
mentre egli è infuriato, è opportuno (è buon) che tu scenda (cale)».
Così ci dirigemmo in basso verso l’ammasso (scarco)
di quelle pietre, che sovente si muovevano
sotto i miei piedi a causa dell’insolito (novo) peso (carco).
Io camminavo (gia) pensieroso; e quegli mi disse: «Tu pensi
forse a questa frana (ruina), sorvegliata
da quella bestia irata che io ho domato (spensi).
Ora io voglio che tu sappia che l’altra volta (fïata)
quando io sono disceso quaggiù nel basso Inferno,
questa parete di roccia (roccia) non era ancora franata.
Ma certamente poco prima, se ben ricordo,
che giungesse Cristo (colui) che sottrasse a Dite dal cerchio più alto (superno) (il Limbo)
le illustri anime che vi dimoravano (la gran preda),
da ogni parte la profonda (l’alta) valle infernale fetida (feda) tremò così,
che io pensai che l’universo fosse pervaso (sentisse)
da quell’amore per cui qualcuno crede che esso
più volte sia tornato (converso) nel caos (caòsso);
e in quel momento (punto) questa antica parete rocciosa
franò in tal modo (fece riverso), qui e in altri punti.
Ma guarda con attenzione (ficca gli occhi) a valle,
poiché si avvicina (s’approccia) il fiume (riviera) di sangue in cui bolle
chiunque con la violenza provochi danno (noccia) al prossimo».
Oh cieca cupidigia e insensata (folle) ira,
che nella breve vita tanto ci sproni,
e poi nell’eternità con tanto dolore (sì mal) ci sprofondi (c’immolle) (nel sangue)!
Io vidi un ampio fiume (fossa) a forma di arco (in arco torta),
dal momento che circonda tutto il cerchio,
secondo quanto aveva già spiegato la mia guida (scorta);
e tra i piedi del monte e il fiume,
correvano i Centauri in schiera (in traccia), armati di saette,
come facevano nel mondo quando erano soliti andare a caccia.
Vedendoci scendere, si fermarono (ristette) tutti,
ma tre si staccarono (dipartiro) dalla schiera
con archi e frecce (asticciuole) scelte in precedenza (prima elette);
e uno di loro gridò da lontano: «A quale pena (martiro)
venite voi che scendete il pendio (costa)?
Ditelo da dove siete (costinci); altrimenti, tendo l’arco».
Il mio maestro disse: «Risponderemo
a Chirone quando saremo vicino a voi (costà di presso):
per tuo danno il tuo desiderio (voglia) fu sempre troppo impulsivo (tosta)».
Poi mi toccò leggermente (tentò) e disse:«Quello è Nesso,
che morì per la bella Deianira,
e fece da solo (elli stesso) vendetta per se stesso (di sé).
E quello di mezzo, con lo sguardo abbassato al petto (ch’al petto si mira),
è il gran Chirone, che educò (nodrì) Achille;
quell’altro è Folo, che fu così pieno d’ira.
Vanno attorno al fiume in schiere numerose (a mille a mille),
saettando qualsiasi anima emerga (si svelle)
dal sangue più di quanto la sua colpa ha stabilito (sortille)».
Noi ci avvicinammo a quelle fiere veloci (isnelle):
Chirone prese uno strale, e con la cocca
spinse la barba dietro le mascelle.
Quando scoprì la grande bocca, disse ai
compagni: «Vi siete accorti che quello che viene
dietro (Dante) fa muovere ciò che tocca?
Non sono soliti (soglion) fare così i piedi dei morti».
E la mia buona guida, che si era avvicinata al suo (del Centauro) petto,
in cui si congiungono (son consorti) le due nature (umana e bestiale),
rispose: «È proprio (Ben) vivo, e completamente solo,
e io debbo mostrargli la valle infernale (buia);
lo conduce qui (ci) la necessità e non il piacere (diletto).
Un’anima (Tal) (Beatrice) interruppe il canto dell’alleluia
e mi affidò (commise) questo insolito (novo) compito:
egli non è un ladro e neppure io sono un’anima ladra (fuia).
Ma per quella potenza (virtù) grazie alla quale
io percorro (movo li passi miei) questa strada così impervia (selvaggia),
dacci uno dei tuoi Centauri (come guida), a cui noi possiamo stare vicini (a provo),
che ci mostri il punto ove si può guadare il fiume,
e che trasporti costui sulla groppa,
poiché egli non è un’anima che possa volare (per l’aere vada)».
Chirone si volse verso destra (destra poppa),
e disse a Nesso: «Torna indietro e fai loro da guida come desiderano,
e provvedi che quelli che v’incontrano (v’intoppa) si scansino (fa cansar)».
Ci mettemmo allora in moto con la scorta
fidata lungo le sponde del fiume bollente e vermiglio,
in cui i dannati cotti (i bolliti) elevavano alte grida.
Io vidi anime immerse (sotto) fino agli occhi;
e il grande Centauro disse: «Essi sono i tiranni
che sparsero sangue (dier nel sangue ... di piglio) e depredarono (ne l’aver).
Qui si piangono le spietate offese (danni);
qui è Alessandro, e il feroce (fero) Dioniso
che costrinse (fé) la Sicilia (Cecilia) a passare (aver) lunghi anni di dolore.
E quella fronte con la capigliatura tanto nera (’l pel così nero),
è Azzolino; e quell’altro che è biondo
è Obizzo d’Este, il quale davvero
fu ucciso (spento) su nel mondo dal figliastro».
Allora mi volsi al poeta (Virgilio), e quegli disse:
«Il Centauro (Questi) adesso ti stia davanti (primo) come guida, mentre io vengo dietro (secondo)».
Poco più avanti il Centauro si fermò (s’affisse)
vicino (sovr’una) a un gruppo di dannati che
sembravano emergere da quel liquido bollente (bulicame) fino alla gola.
Ci mostrò (Mostrocci) un’ombra sola in disparte (da l’un canto),
dicendo: «Colui (Guido di Montfort) trapassò (fesse) nella chiesa di Dio (in grembo a Dio)
il cuore che sul Tamigi ancora si onora (si cola)».
Poi vidi gente che teneva fuori dal fiume (rio)
la testa e anche tutto il busto (casso),
e in mezzo a costoro riconobbi parecchi.
Così man mano (a più a più) il fiume diventava meno profondo,
e in tal modo bruciava (cocea) i piedi soltanto (pur);
e quivi guadammo il fiume.
«Come da questa parte tu vedi che il fiume
bollente (bulicame) diminuisce di profondità (si scema)»,
disse il Centauro, «voglio che tu sappia
che invece da quest’altra parte il letto del fiume (lo fondo suo) si fa sempre più (a più a più)
profondo (prema), finché si ricongiunge (si raggiunge)
dove è necessario che i tiranni soffrano.
La divina giustizia punisce (punge) in questa parte (di qua)
quell’Attila che fu flagello (di Dio) in terra,
e Pirro e Sesto; e in eterno spreme (munge)
le lacrime, che fa nascere (diserra) a causa del bollore (del Flegetonte),
a Rinieri da Corneto, a Rinieri de’ Pazzi,
che seminarono lungo le strade tanta violenza (guerra)».
Poi si voltò e riattraversò (ripassossi) l’acquitrino (guazzo).



🧞 Continua a leggere su Scuolissima.com
Cerca appunti o informazioni su uno specifico argomento. Il nostro genio li troverà per te.




© Scuolissima.com - appunti di scuola online! © 2012 - 2024, diritti riservati di Andrea Sapuppo
P. IVA 05219230876

Policy Privacy - Cambia Impostazioni Cookies