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Paradiso canto 28 Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del ventottesimo canto del Paradiso (Canto XXVIII) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Spiegazione di Beatrice, illustrazione di Gustave Doré

Analisi del canto

Un trattato di «angelologia»
Il canto costituisce, insieme al successivo, un sintetico trattato di «angelologia», sezione ovviamente importante della teologia medievale; qui in particolare si espongono l'ordine e la gerarchia esistenti tra le diverse schiere di angeli, e il loro rapporto con la realtà fisica.


La prima visione in Dio
Il canto è sicuramente memorabile anche solo per questo particolare: per la prima volta nel poema, e in modo quasi inavvertito, Dante raffigura direttamente Dio (vv. 16-18). La visione è ancora molto lontana, e viene deviata immediatamente sui cerchi angelici, ma ciò che deve colpire è la genialità di tale raffigurazione della divinità: l'essere perfetto e onnipotente è presentato incommensurabile ma nella misura dell'infinitamente piccolo, quella del punto, da cui pure emana la più intensa luce dell'universo.


La questione dottrinaria: gli angeli e i cieli
L'esposizione sulla natura e sull'essenza degli angeli è per Dante questione teologicamente fondamentale, in quanto legata alla teoria delle influenze dei cieli, determinate appunto dalle diverse intelligenze angeliche. Nel canto viene data molta importanza (come risulta evidente dalle parole di Beatrice ai vv. 58-63 e dalla trionfalità dei vv. 79-87 che ne annunciano l'avvenuta soluzione) al dubbio del poeta sull'apparente contraddizione tra la realtà spirituale degli angeli e la realtà fisica dei cieli: tema specifico del Paradiso è infatti proprio la rivelazione della meravigliosa e miracolosa corrispondenza tra universo spirituale e universo fisico, dove il primo è modello del secondo. La risposta è chiara: l'unica differenza tra ordine angelico e ordine celeste è nella dimensione, e ciò dipende dal fatto che, dovendo i cieli operare nel mondo fisico, per ospitare maggiore virtù necessitano di maggiore spazio. Rispetto all'identità degli angeli, riportiamo due considerazioni generali:
  • nella definizione delle gerarchie angeliche, Dante insiste sull'autorevolezza di Dionigi l'Areopagita rispetto a quella di Gregorio Magno, a significare l'esistenza di un reale dibattito nell'ambito della teologia medievale;
  • gli angeli, già incontrati nell'inferno e soprattutto nel Purgatorio con figura antropomorfica, qui si presentano nella loro essenza spirituale e nella rappresentazione tradizionale di questa, cioè la luce. Ancora, di loro si dice che il numero è incalcolabile tanto è alto, sulla scorta delle indicazioni della Bibbia.



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