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Paradiso canto 3 Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del terzo canto del Paradiso (Canto III) della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Piccarda, illustrazione di Gustave Doré

Analisi del testo

Il canto di Piccarda Donati
Il canto offre il primo esempio di un modello che ritroveremo in tutta la cantica: l'apparizione di una schiera di anime e il colloquio di Dante con una di loro. In questo caso si tratta di Piccarda Donati, la prima delle anime del Paradiso che Dante incontra. La giovane donna fiorentina è la vera protagonista del canto: sul suo carattere è costruita la vicenda e l'atmosfera poetica.


Dottrina e sentimenti
Regola costante del Paradiso è l'alternanza di canti e brani dottrinari — riservati alla trattazione delle questioni religiose e filosofiche — con altri dedicati allo sviluppo della vicenda e all'espressione dei sentimenti e dei pensieri dei protagonisti. Per quanto i due filoni non possano essere nettamente separati, il canto III appartiene al secondo gruppo e ne è anzi il primo esempio.


Piccarda, Francesca, Pia
Fra le corrispondenze più celebri all'interno della Commedia, c'è quella fra le tre figure femminili che Dante incontra all'inizio di ogni cantica: Francesca da Rimini nell'Inferno (canto v), Pia de' Tolomei nel Purgatorio (canto v), e Piccarda in Paradiso: tre donne cortesi, sue contemporanee, che in modo diverso e con opposti destini ripropongono al poeta il tema dell'amore dal punto di vista femminile.


Le costanti strutturali
Riconosciamo nel canto alcuni degli elementi costanti nella costruzione narrativa e poetica del Paradiso:
  1. il procedere del dialogo in base ai dubbi di Dante (vv. 34-41; 64-66; 91-96);
  2. la suddivisione del dialogo in due parti: la prima di carattere dottrinario (vv. 70-87), la seconda di natura personale, con la narrazione della vicenda del personaggio (vv. 97-108);
  3. l'intervento di una seconda figura in finale di canto (qui si tratta di Costanza d'Altavilla: vv. 109-120);
  4. le modalità di apparizione e raffigurazione degli spiriti beati (vv. 10-18); il loro canto (vv. 121-122); l'intensificarsi della loro luminosità in segno di beatitudine e carità (vv. 67-69);
  5. Dante abbagliato dalla crescente luminosità di Beatrice (vv. 124-130).


I TEMI

La questione dottrinaria: la perfetta e giusta felicità dei beati
A Piccarda è affidata la spiegazione di come la perfetta beatitudine delle anime del Paradiso possa accordarsi con la perfetta giustizia divina. Le anime, infatti, sono collocate a seconda dei meriti in cieli di diversa perfezione e grazia, e all'interno dello stesso cielo con diversi gradi di beatitudine. Come può una gradazione diversificata di beatitudine coesistere con una felicità assoluta? Questo avviene grazie allo spirito di carità che presiede al Paradiso, per cui la perfetta beatitudine degli spiriti consiste nell'adeguarsi all'ordine giusto di Dio.


Autobiografismo e stilnovismo
Attraverso la figura di Piccarda Donati, fiorentina sua coetanea, sorella dell'amico Forese, Dante apre subito in Paradiso uno spazio per la sua Firenze terrena e per recenti episodi a lui contemporanei. Prosegue così la descrizione di quella realtà autobiografica che assume nel poema il rilievo simbolico di un'avventura personale, che per il suo carattere di eccezionalità diventa esemplare. L'autobiografismo crea quella «domesticità» di toni che percorre tutta la cantica e che permette di avvicinarci anche a una poesia ardua come quella del Paradiso.


Il volto dei beati
Per la prima volta Dante può vedere in volto i beati: per quanto trasparenti e diafani come perla in bianca fronte, gli spiriti della Luna conservano ancora visibili le loro fattezze. Ma questo è segno di minor grado di beatitudine. Già nel successivo cielo di Mercurio le fattezze umane emergeranno appena dal loro alone di luce. Nei cieli superiori, poi, la loro luce, segno di grazia e felicità, li nasconderà del tutto alle capacità visive umane.


LE FORME

Lo stilnovismo
L'atmosfera dell'incontro con Piccarda e dell'intero canto è costruita sul codice della poesia stilnovista, che qui coinvolge sentimenti tanto terreni quanto religiosi, nelle vicende monacali della giovane e delle sue compagne di beatitudine. Ci riferiamo, per esempio, all'insistenza sul termine dolce (vv. 3, 23, 38, 107), alla cortesia dell'interloquire (grazioso mi fia, v. 40; Frate, v. 70), ai codici dell'amore (con occhi ridenti, v. 42; esser più bella, v. 48; arder parea d'amor nel primo foco, v. 69), alla delicatezza delle allusioni (Iddio si sa qual poi mia vita fusi, v. 108). Anche per questo aspetto l'episodio di Piccarda costituisce un «trittico» con gli episodi di Francesca da Rimini (inferno, v) e di Pia de' Tolomei (purgatorio, v).


Immagini, similitudini, metafore
Beatrice simile al sole (v. 1); l'apparizione dei beati come visi riflessi in specchi tersi o in acque chiare e basse, o come una perla su una fronte bianca (vv. 10-15); la vita e il voto mancato di Piccarda come una tela non portata a compimento (vv. 95-96); lo svanire dei beati come lo sprofondare di un oggetto pesante in un'acqua profonda (v. 123).


Provando e riprovando 
Il "provando e riprovando" (dimostrando il vero e confutando il falso) di Beatrice (v. 3) indica l'essenza della scienza moderna nata con Galileo. La prima accademia scientifica, l'Accademia del Cimento, fondata a Firenze nel 1657, che aveva come obiettivo di verificare con metodo rigorosamente sperimentale i principi della filosofia naturale, fece di questa espressione il suo motto.



Commento

Sotto un cielo lunare
Sotto la tenue luminosità di un cielo lunare, si delinea un gruppo di anime: ombre evanescenti di così esile entità da sembrare immagini riflesse. È naturale che si presentino in tal modo dal momento che, seppure siano fra gli spiriti eletti, il loro grado di beatitudine è minore: infatti non ebbero in vita l'eroismo della fermezza e subirono la violenza altrui senza riuscire a contrastarla; fu così per Piccarda Donati e per Costanza d'Altavilla, la madre di Federico Piccarda compare sulla scena quasi figura emergente da un mondo di sogni, ricordo sepolto nella memoria. L'incontro suscita in Dante l'affollarsi di reminiscenze terrene, di sensazioni, di ricordi piacevoli e grati e, nello stesso tempo, di un amaro vissuto. Piccarda è bella e, dal fratello Forese Donati, si sa già che è buona. Ma Piccarda è anche una giovane donna che Dante conobbe e stimò in vita, cui fu legato da affetto e amicizia e della quale visse indirettamente l'angoscia dei soprusi e delle violenze che subì dal fratello Corso. Dante ritrova ancora il fascino pudico e discreto di Piccarda che, spinta dalla carità che anima tutti i beati del Paradiso, spiega al suo amico di gioventù, ora protagonista di un viaggio escatologico, uno dei problemi teologici che lo turbano. Anche Piccarda partecipa attivamente al percorso di salvezza di Dante, il quale chiede come sia possibile conciliare la beatitudine, cioè la piena felicità dello spirito, con un diverso grado di vicinanza a Dio. Qui, infatti, nel Cielo della Luna, la luce divina sembra arrivare più rarefatta, dilatata nel tempo e nello spazio di una dimensione interiore meno perfetta. Ma nel Paradiso non c'e se non pienezza e totale consonanza al volere di Dio: per queste anime la luminosità tenue della Luna è il massimo a cui possono aspirare; e in questa consapevolezza consiste la loro felicita. Il canto è poeticamente strutturato sulle tonalità perlacee dei riflessi lunari in cui le immagini dei beati s'affacciano e si perdono in un gioco dì dissolvenze. Il primo piano del poeta è per Piccarda Donati: figura narrante il suo violento rapimento dal convento delle Clarisse, flebile voce che si perde nel canto dell'Ave Maria. Sulle distinte note della preghiera si disperde un episodio di violenza che rimanda a un'altra storia di soprusi che ha visto protagonista Costanza d'Altavilla. Ma col canto svaniscono anche le anime del Cielo della Luna, lasciando spazio alla nuova guida di Dante, alla sua Beatrice, che riporta sulla scena della Commedia la luminosità solare dei suoi occhi beati.


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