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I Limoni - Montale: parafrasi, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "I limoni" di Eugenio Montale: testo, parafrasi, analisi del testo, figure retoriche e commento.

"I limoni" è la poesia che apre la sezione "Movimenti" della raccolta Ossi di Seppia ed è stata scritta tra il 1921 e il 1922; questa poesia è la prima della sezione d'apertura che si intitola con una metafora musicale. Come sappiamo la musica era molto gradita a Montale e molte delle sue poesie ricalcano propriamente delle composizioni musicali. Questa poesia fondamentalmente è un manifesto, in quanto Montale dichiara, attraverso questi versi, il suo modo di scrivere, il suo modo di fare poesia in contrapposizione agli altri poeti e agli altri letterati; è evidente la polemica nei confronti di D'Annunzio.


Testo

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantanoi ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.



Parafrasi

Ascoltami, i poeti laureati si muovono solamente tra le piante dai nomi poco adoperati: bossi, ligustri, acanti; io, da parte mia, invece, amo le strade che sfociano nelle fosse piene d'erba, dove nelle pozzanghere metà seccate i ragazzi acchiappano qualche anguilla isolata; io amo le vie che seguono le sponde delle strade e discendono a impennarsi tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti tra gli alberi i limoni.

Meglio se gli strepiti degli uccelli si fermano all'interno del cielo azzurro; si ascolta più chiaro il fruscio dei rami nostri amici, che sono nell'aria ferma che sembrano muoversi e i sensi di questo profumo che non sa staccarsi da terra, mentre nel nostro petto sentiamo una dolcezza inquietante. Qui, quasi come un miracolo, non c'è la guerra mentre le nostre passioni risultano deviate; qui anche a noi poveri tocca la nostra parte di ricchezza ed è il profumo dei limoni.

Vedi, in questi silenzi nei quali le cose si abbandonano e sembrano vicine quasi a farci conoscere il loro ultimo segreto, talvolta noi ci aspettiamo di trovare un errore che la natura compie per farci capire qualcosa, il punto morto del mondo, e un anello di una catena che si rompe e quindi ci apre un varco; il filo da sbrogliare che finalmente ci mette nel mezzo di una verità; lo sguardo indaga intorno l'ambiente, indaga accorda e scompone nel profumo che si sparpaglia quando il giorno sta per finire e questi sono i silenzi nei quali si vede in ogni ombra di un uomo che si allontana qualche divinità che appare però disturbata.

Ma l’illusione manca e il tempo ci riporta nelle città affollate dove il cielo azzurro è visibile solamente a pezzetti nell'alto tra gli spazi lasciati liberi dagli edifici; la pioggia si riversa sulla terra, la noia dell'inverno aumenta sopra le case, la luce si fa sempre più rara e l'anima sempre più triste. Quando un giorno da un portone che è chiuso male tra gli alberi di un cortile ci si mostrano i limoni di colore giallo, e il gelo del cuore si disfa, allora nel petto irrompono numerose, come in uno scroscio, le canzoni di questi limoni e le trombe d'oro della luce solare.



Analisi del testo

Metrica: il componimento è formato da quattro strofe di versi liberi, molti dei quali sono endecasillabi e settenari; la rima è libera, talvolta vi sono delle rime al mezzo.

Montale afferma nella prima strofa di non essere un poeta laureato, incoronato dalla critica o depositario di un ruolo di maestro. Per spiegare la propria diversità, egli confronta il paesaggio da lui prediletto con quello dei poeti laureati. Mentre costoro preferiscono piante dai nomi ricercati, a lui piace parlare di alberi comuni, come i limoni, nei loro ambienti quotidiani: i fossi, le pozzanghere, le viuzze, i ciglioni.
La seconda strofa e la terza strofa descrivono il paesaggio in cui crescono i limoni e in cui il poeta si sente a proprio agio: un paesaggio silenzioso e deserto, attraversato da viottoli di campagna. Qui all’improvviso, può accadere il miracolo: può apparire una presenza rivelatrice, si può incontrare il segreto dell’Essere.
Allora l’uomo ritorna in una sorta di età felice, quando nel mondo si aggirava qualche disturbata Divinità (v.36).
La quarta strofa evidenzia il carattere passeggero di questa illuminazione: il tedio invernale rende amara l’anima, allontana lo stato di grazia. Eppure non tutto è perduto: il finale della poesia ripropone la possibilità del miracolo, legato all’improvvisa scoperta dei limoni oltre il portone di qualche cortile cittadino.

Il primo verso «Ascoltami, i poeti laureati» è un'invocazione che polemicamente si rifà a D'Annunzio; è chiara infatti l'allusione alla “Pioggia nel pineto” che inizia con «Taci».
Nel verso 22 abbiamo di nuovo un esordio polemico con D'Annunzio, in quanto Montale dice «Vedi», rifacendosi a «Odi» nella “Pioggia nel pineto”.

Nei versi 26-27 e seguenti vi sono alcuni termini interessanti «sbaglio di natura. Punto morto del mondo… anello che non tiene» sono tre termini che costituiscono un esempio di correlativi oggettivi in quanto rimandano a significati nascosti e cioè a quello che la Natura può sbagliare e, quindi, conseguentemente aprire un varco per far comprendere all'uomo qualche verità, qualche segreto.
Anche nel verso 28 «filo da di sbrogliare» c'è un richiamo, se vogliamo, alla classicità, al filo di Arianna, come nel verso 29 «verità», scritto con la v minuscola dà l’idea di una verità non universale.
Il «malchiuso portone» nel verso 43 è di nuovo un correlativo oggettivo.



Figure retoriche

Nel testo ci sono diverse figure retoriche adoperate dal poeta che rimandano a significati nascosti delle parole da lui adoperate.

Assonanza = "laureati / acanti" (vv. 1-3).

Enumerazione = "bossi ligustri o acanti" (v. 3).

Consonanza = piante / acanti (vv. 2-3).

Anastrofe = "agguantano i ragazzi" (v. 6).

Metafora =  "le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall'azzurro" (vv. 11-12).

Assonanza = "gazzarre / azzurro" (vv. 11-12).

Metafora = "piove in petto una dolcezza inquieta" (v. 17).

Ossimoro = "dolcezza inquieta" (v. 17).

Metafora = "tace la guerra" (v. 19).

Anafora = "qui" (vv. 18-20).

Metafora =  "Lo sguardo fruga" (v. 30).

Metafora = «la mente indaga accorda disunisce» (v. 31).

Metafora =  "il giorno più languisce" (v. 33).

Metafora e allitterazione lettera "d" =  "disturbata Divinità" (v. 36).

Iperbato =  "Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo / nelle città rumorose" (vv. 37-38-39).

Metonimia = "l'azzurro si mostra" (v. 39).

Allitterazione in "t" e assonanza in "a" = "il tedio dell'inverno sulle case, la luce si fa amara, amara l'anima»  (vv. 41-42)

Chiasmo  = "amara l’anima" (v. 42).

Metafora = "il gelo del cuore si sfa" (v. 46).



Commento

Siamo d’estate: il poeta è tornato a trascorrere un periodo di vacanze nelle Cinque Terre, il luogo dove passò i momenti più felici dell’infanzia. Questo ritorno gli ispira in primo luogo la presa di distanza dai poeti laureati (Pascoli, Carducci, D'Annunzio), in particolare con D'Annunzio, poeta dal linguaggio altisonante e dal lessico scelto o dai paesaggi classici e dal mito del superuomo. Ad egli Montale contrappone per la semplicità una pianta banale, mai trattata in poesia: il limone. Le parole adoperate dal poeta sono ricavate non dal gergo della retorica ma dal linguaggio comune.
L'altro piano di lettura del testo è quello simbolista: i limoni rappresentano anche una pianta che è in grado di far interagire tutti i sensi: vista, udito, tatto e quindi un qualcosa che permette una conoscenza quasi miracolosa della realtà.
Il paesaggio descritto da Montale è un paesaggio campestre, quasi deserto, silenzioso, attraversato da viottoli che coinvolge tutti nostri i sensi: la vista (il colore azzurro), l'udito (gli uccelli ed il sussurro dei rami), l’olfatto, l'odore (di cui abbiamo diversi espressioni metaforiche). Questo paesaggio che Montale gradisce particolarmente rappresenta il modo di entrare in una qualche conoscenza della realtà; e infatti adopera il termine «frugare indagare accordate disunire» e cioè quasi le quattro regole dettate da Cartesio il quale afferma:
«non accogliere come vero nulla che non sia stato conosciuto con evidenza, suddividere ciascuna difficoltà ed esaminare tutte le parti in cui è possibile necessario dividerla per meglio risolverla; condurre con ordine di pensieri iniziando dagli oggetti più semplice più facili a conoscersi per salire progressivamente, come per gradi fino alla conoscenza di quelli più complessi»; 
quindi questi termini servono proprio a Montale per attuare quella operazione di scomposizione del reale per permettere all'uomo di arrivare a una sorta di sua conoscenza anche se parziale; è un po' l'operazione che abbiamo visto fare a Pirandello per quanto riguarda la prosa “l'arte che scompone il reale” come vediamo nel famoso saggio dell'umorismo.



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