Ardengo Soffici nasce sull'Arno (Firenze) nel 1879. È stato uno scrittore, saggista, poeta e pittore italiano.
È uno dei primi intellettuali italiani a recarsi a Parigi, dove soggiorna tra il 1899 e il 1907.
Qui entra in contatto con pittori impressionisti e postimpressionisti e fa conoscere in Italia l'opera dei "nabis" e di Cézanne, e a inizio la sua vocazione pittorica. Ma è attento anche alla produzione poetica postsimbolista e a Rimbaud dedica un saggio nel 1911. Notevoli, in genere, i suoi lavori di critica d'arte, per l'intuito vivace con cui segue e presenta artisti, movimenti, teorie: Il caso Rosso e l'Impressionismo (1909), Cubismo e Futurismo (1914), il saggio sui Primi princìpi di una estetica futurista (1920).
In questo inizio secolo così tumultuoso Soffici collabora a pieno ritmo con riviste francesi ("La Critique Indépendante", "L'Oeuvre") e italiane ("Leonardo", "La Voce") e in un primo momento è portato ad attaccare il Futurismo. In seguito si batte per un'assimilazione del Futurismo al Cubismo, con gli scritti apparsi su "Lacerba", la rivista fondata con Papini e Palazzeschi a Firenze nel 1913, e con alcune opere pittoriche, come Cocomero e liquori del 1914.
L'intensa attività di pittore e teorico dell'arte si riflette anche nell'opera in versi del Soffici poeta. Ecco allora nascere lo sperimentalismo futurista di Bif & zf + 18. Simultaneità e chimismi lirici (1915). In questa movimentata stagione elabora anche una serie di prose liriche e diaristiche, che si trovano nel mezzo fra la descrizione magmatica di un mondo pieno di cose, fatti, passioni, e le illuminazioni frammentarie della memoria: Ignoto toscano (1909), Arlecchino (1914), Giornale di bordo (1915), Kobilek. Giornale di guerra (1918), La ritirata del Friuli (1919), La giostra dei sensi (1919), alle quali si deve aggiungere il romanzo Lemmonio Boreo.
Il successivo ritorno all'ordine e l'adesione entusiasta al fascismo (dopo aver partecipato volontario alla guerra) coincidono con l'esaurirsi della sua vena più felice, accompagnato da una pesante ripresa di modi e forme della tradizione, sia pittorica che letteraria.
Muore a Forte dei Marmi (Lucca) nel 1964.
È uno dei primi intellettuali italiani a recarsi a Parigi, dove soggiorna tra il 1899 e il 1907.
Qui entra in contatto con pittori impressionisti e postimpressionisti e fa conoscere in Italia l'opera dei "nabis" e di Cézanne, e a inizio la sua vocazione pittorica. Ma è attento anche alla produzione poetica postsimbolista e a Rimbaud dedica un saggio nel 1911. Notevoli, in genere, i suoi lavori di critica d'arte, per l'intuito vivace con cui segue e presenta artisti, movimenti, teorie: Il caso Rosso e l'Impressionismo (1909), Cubismo e Futurismo (1914), il saggio sui Primi princìpi di una estetica futurista (1920).
In questo inizio secolo così tumultuoso Soffici collabora a pieno ritmo con riviste francesi ("La Critique Indépendante", "L'Oeuvre") e italiane ("Leonardo", "La Voce") e in un primo momento è portato ad attaccare il Futurismo. In seguito si batte per un'assimilazione del Futurismo al Cubismo, con gli scritti apparsi su "Lacerba", la rivista fondata con Papini e Palazzeschi a Firenze nel 1913, e con alcune opere pittoriche, come Cocomero e liquori del 1914.
L'intensa attività di pittore e teorico dell'arte si riflette anche nell'opera in versi del Soffici poeta. Ecco allora nascere lo sperimentalismo futurista di Bif & zf + 18. Simultaneità e chimismi lirici (1915). In questa movimentata stagione elabora anche una serie di prose liriche e diaristiche, che si trovano nel mezzo fra la descrizione magmatica di un mondo pieno di cose, fatti, passioni, e le illuminazioni frammentarie della memoria: Ignoto toscano (1909), Arlecchino (1914), Giornale di bordo (1915), Kobilek. Giornale di guerra (1918), La ritirata del Friuli (1919), La giostra dei sensi (1919), alle quali si deve aggiungere il romanzo Lemmonio Boreo.
Il successivo ritorno all'ordine e l'adesione entusiasta al fascismo (dopo aver partecipato volontario alla guerra) coincidono con l'esaurirsi della sua vena più felice, accompagnato da una pesante ripresa di modi e forme della tradizione, sia pittorica che letteraria.
Muore a Forte dei Marmi (Lucca) nel 1964.