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A Cesena: parafrasi, analisi, commento - Marino Moretti

Testo, parafrasi, analisi e commento della poesia "A cesena" scritta dal poeta Marino Moretti.

Questa è la più conosciuta poesia di Marino Moretti e fra le più rappresentative del Crepuscolarismo. Fa parte della raccolta Poesie scritte col lapis.


Testo

Piove. È mercoledì. Sono a Cesena,
ospite della mia sorella sposa,
sposa da sei, da sette mesi appena.
Batte la pioggia il grigio borgo, lava
la faccia della casa senza posa,
schiuma a piè delle gronde come bava.

Tu mi sorridi. Io sono triste. E forse
triste è per te la pioggia cittadina,
il nuovo amore che non ti soccorse,

il sogno che non ti avvizzì, sorella
che guardi me con occhio che s’ostina
a dirmi bella la tua vita, bella,

bella! Oh bambina, o sorellina, o nuora,
o sposa, io vedo tuo marito, sento,
oggi, a chi dici mamma, a una signora;

so che quell’uomo è il suocero dabbene
che dopo il lauto pasto è sonnolento,
il babbo che ti vuole un po’ di bene.

«Mamma!» tu chiami, e le sorridi e vuoi
ch’io sia gentile, vuoi ch’io le sorrida,
che le parli dei miei vïaggi, poi...

poi quando siamo soli (oh come piove!)
mi dici rauca di non so che sfida
corsa tra voi; e dici, dici dove,

quando, come, perché; ripeti ancora
quando, come, perché; chiedi consiglio
con un sorriso non più tuo, di nuora.

Parli d’una cognata quasi avara
che viene spesso per casa col figlio
e non sai se temerla o averla cara;

parli del nonno ch’è quasi al tramonto,
il nonno ricco, del tuo Dino, e dici:
«Vedrai, vedrai se lo terrò di conto»;

parli della città, delle signore
che già conosci, di giorni felici,
di libertà, d’amor proprio, d’amore.

Piove. È mercoledì. Sono a Cesena,
sono a Cesena e mia sorella è qui
tutta d’un uomo ch’io conosco appena.

tra nuova gente, nuove cure, nuove
tristezze, e a me parla... così,
senza dolcezza, mentre piove o spiove:

«La mamma nostra t’avrà detto che...
E poi si vede, ora si vede, e come!
sì, sono incinta... Troppo presto, ahimè!

Sai che non voglio balia? che ho speranza
d’allattarlo da me? Cerchiamo un nome...
Ho fortuna, è una buona gravidanza...»

Ancora parli, ancora parli, e guardi
le cose intorno. Piove. S’avvicina
l’ombra grigiastra. Suona l’ora. È tardi.

E l’anno scorso eri così bambina!




Parafrasi

In un mercoledì piovoso vengo invitato da mia sorella, che si è maritata da appena sei-sette mesi.
La pioggia battente sul desolato centro abitato, bagna la facciata della casa ininterrottamente, e ai piedi della grondaia produce schiuma simile alla bava.
Tu mi fai un sorriso, ma io continuo a essere triste. E forse triste è per te la pioggia di città, l'amore del marito che non ti ha portato giovamento.
Il sogno d'amore non ti ha invecchiato sorella, e mi guardi con lo stesso sguardo di chi si ostina a difendere una situazione di cui si è poco convinti.
Sei la mia bambina, la mia sorellina, una nuora e una sposa, io vedo tuo marito e ti sento dire mamma a un'estranea;
So che quell'uomo è un suocere perbene, che dopo l'abbondante pasto si appisola, è il tuo nuovo papà che ti vuole un po' di bene.
Chiami la "mamma" sorridendole e vuoi che io sia gentile con lei e le sorrida, che le racconti dei miei viaggi, poi...
poi quando siamo soli noi due (piove ancora più forte) mi racconti con voce bassa e rauca di un litigio che c'è stato tra di voi, mi racconti dove, quando, come, perché; e una volta finito me lo racconti una seconda volta; mi chiedi consiglio sorridendomi, ma quello non è più il tuo sorriso originale, ma quello di nuora.
Mi dici che la cognata è quasi avara e quando ti viene a far visita con suo figlio non sai se temerla o fartela amica;
parli del nonno a cui resta poco da vivere, il nonno ricco del tuo marito Dino, e dici che ti prenderai cura di lui ma solo per poter mettere le mani sulla sua eredità;
parli della città, delle signore che hai conosciuto, dei giorni felici, di libertà, delle soddisfazioni concesse al tuo amor proprio.
In questo mercoledì di pioggia sono a Cesena e mia sorella è qui, ma appartiene a un uomo che conosco appena,
tra nuova gente, nuovi impegni, nuove tristezze, e a me parla... così, in modo distaccato, mentre piove a tratti e alla fine mi rivela di essere incinta, ma dispiaciuta perché non era "programmato".
Mi dice che non vuole dipendere da nessuno, che spera di poterlo allattare da sola, che sta cercando un nome adatto, e che è certa che la gravidanza sta procedendo nel migliore dei modi.
E continui a parlare, ancora e ancora, e ti guardi intorno. Continua a piovere e si avvicina la sera. È ora di andare, si è fatto tardi.
E pensare che fino all'anno scorso eri ancora una bambina ai miei occhi!



Analisi del testo

METRO: terzine di endecasillabi, con rime ABA, CBC, DED, FEF ecc.

Il primo verso risulta nettamente diviso in tre segmenti, isolati dal punto, che stabiliscono tre informazioni: climatiche («Piove»), cronologiche («È mercoledì»), e ambientali («Sono a Cesena»). Il discorso appare spezzato e ritardato, come se il poeta procedesse lentamente e faticosamente.

Alla tristezza di Moretti fa da contrasto il sorriso della sorella sposata da 6-7 mesi (l'imprecisione è tipica del linguaggio parlato e serve a dare prosaicità allo stile), che cerca di offrire un'immagine tranquilla e felice ma qualche verso dopo scopriamo essere solo apparente. Il poeta, a sua volta, è geloso e offeso per il nuovo cambiamento di vita della sorella e per lei ha solo sguardi sospettosi e addirittura impietosi.

Agli occhi di Moretti la vita familiare di cui si è circondata la sorella è piena di crepe nascoste: il vocativo «Mamma!» (v. 19), da lei attribuito alla suocera, ribadisce l'idea di falsità e finzione, di una recita con cui si cerca in modo forzato di stabilire un reciproco affetto («tu chiami, e le sorridi e vuoi / ch'io sia gentile, voi ch'io le sorrida»).
Da notare che quando si riferisce alla loro vera mamma utilizza l'appellativo «mamma nostra» (v.43) e quando presenta il suocero «il suocero dabbene» lo fa in modo distaccato e quasi volgare («che dopo il lauto pasto è sonnolento»)

Altri aspetti che confermano l'esistenza soffocata e infelice della sorella, come se vivesse in una specie di prigione, sono il suo rapporto indeciso con la cognata (cognata quasi avara... e non sai se temerla o averla cara), la maternità vista come parte di un rituale e non come speranza.

La pioggia che viene usata in molte altre poesie come "La pioggia nel Pineto" di D'Annunzio, è qui battente ma non porta alcuna speranza o possibilità di riscatto, bensì scandisce il grigiore e la crudele monotonia dell'esistenza.

Al verso 36, veniamo riportati al discorso precedente (Piove. È mercoledì. Sono a Cesena...), quasi a indicare una situazione che non ha vie d'uscita. E il poeta già si trascinava da verso a verso, da strofa a strofa ("poi... / poi... v. 21-22").

L'aggettivo qualificativo "bella", viene ripetuto per tre volte nei versi 12-13 e sta ad indicare un affetto verso la sorella che va man mano svanendo.

Il verbo "Parli" usato come anafora sta ad indicare il parlare a vuoto della sorella, che alla lunga diventa ripetitivo e noioso d astare a sentire.



Figure retoriche

Enjambement = lava/la faccia (vv. 4-5).

Enjambement = lava/la faccia (vv. 7-8).

Enjambement = ostina/a dirmi (vv. 11-12).

Enjambement = e vuoi/ch'io sia gentile (vv. 19-20).

Enjambement = nuove/tristezze (vv. 40-41).

Enjambement
= S'avvicina/l'ombra grigiastra (vv. 50-51)

Polisindeto
= e le sorridi e vuoi / c'io sia gentile, vuoi ch'io le sorrida (vv.19-20-21). Uso di numerose congiunzioni che collegano le proposizioni.

Litote = senza dolcezza (v. 42). Ottenuto mediante la negazione del contrario.

Climax = bambina/sorellina/nuora/sposa (vv. 13).

Anafora = parli (vv. 28-31-34).

Anafora = Ancora parli, ancora parli (v. 49).



Commento

Il poeta narra una deludente visita alla sorella, che ora vive a Cesena insieme al marito che ha sposato circa 6-7 mesi prima. Il grigiore della vita che ella conduce, circondata dalla meschinità e dalla evidente litigiosità della famiglia piccolo-borghese del marito sono i temi principali di questa poesia cui fa da sfondo la pioggia, che a volte diventa più forte, a volte si ferma e poi ricomincia di nuovo a rinforzarsi. La pioggia riflette lo stato malinconico dell'autore. La sorella che è uscita dal nido familiare (per dirla alla Pascoli), dapprima sembra scontenta del ruolo che ha assunto nella sua nuova famiglia (nuora-sposa) ma poi emerge in lei un'altra personalità, del tutto nuova al poeta, ed è quella meschina: ella non vede l'ora che il suocero muoia per intascarsi l'eredità (cioè offre il suo aiuto solo in cambio di qualcosa), non parla al fratello con dolcezza e quindi lo tratta da estraneo (come se la fratellanza avesse perso importanza), chiama invece mamma un'estranea (ovvero la suocera, come se si fosse dimenticato di aver avuto già una mamma). Questo mutamento della sorella che lui ha sempre considerato una "bambina", suscita in lui un'angoscia desolata che viene messa in risalto dall'estrema prosaicità dello stile.
Il verso finale racchiude tutto il rimpianto e la nostalgia di Moretti per un passato meraviglioso di cui non se ne ha più alcuna traccia; quando rivede la sorella scopre che non è più come l'aveva lasciata, è diversa nel carattere (in senso negativo). Inoltre, si sente totalmente escluso dal suo nuovo stile vita, avrebbe anche voluto farglielo notare ma vi rinuncia perché questo cambiamento, ormai, è troppo radicato al punto che la ragazza nemmeno si rende conto di essere cambiata, quindi è impossibile da estirpare. O ci si fa l'abitudine o bisogna prenderne le distanze, questo è quello che probabilmente è passato per la testa del poeta... e Moretti ha optato per la seconda opzione.



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