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Eneide Libro IV - Analisi temi e personaggi

Analisi dei temi trattati, il tempo, lo spazio, il narratore e descrizione dei personaggi del quarto libro dell'Eneide.
Mercurio ordina ad Enea di lasciare Cartagine, affresco di Giambattista Tiepolo, 1757, Villa Valmarana "Ai Nani", Vicenza.


I temi

L'amore di Didone è il tema dominante: causato da un inganno divino, quindi incontrollabile, divampa come fuoco e divora le forze di Didone, che viene paragonata alla cerva ferita, sofferente, incapace di lottare, in preda a un destino ormai segnato. La passione, cui la donna oppone illusorie resistenze, progressivamente la divora. La regina è nobile e generosa, e preda del Fato, come Enea, anche se proprio di Enea e dell'amore per lui è vittima: il Fato è superiore agli eventi, ignora emozioni e sentimenti, impone le sue regole e la sua volontà. Grazie al tema amoroso Virgilio ribadisce il conflitto fra il piano delle scelte e delle volontà individuali e quello del Fato: quando la volontà dell'individuo si scontra con i disegni del Fato, quest'ultimo è destinato a vincere, travolgendo chi vi si oppone, anche se onesto e mosso da nobili sentimenti. Il libro si chiude con il suicidio, unica via d'uscita rimasta alla donna, segnata da un destino senza soluzione: si tratta di una scelta drammatica, ma nobile, una scelta eroica.



La struttura del libro

Anche il quarto libro si articola in tre sequenze:
  • la prima (vv. 1-172) narra l'amore di Enea e Didone; 
  • la seconda, posta al centro del libro e quindi in una posizione di rilievo (vv. 173-392), il drammatico colloquio fra i due amanti; 
  • la terza si chiude con il suicidio di Didone e con la funesta profezia che essa pronuncia morendo (vv. 393-705). La terza sequenza è ben più estesa delle altre due e presenta una tecnica compositiva più varia, in quanto è interrotta dai preparativi di partenza di Enea, da una serie di eventi secondari che però preparano l'evento chiave, il suicidio di Didone: di fatto, l'ampiezza dell'ultima parte conferisce rilievo tragico al personaggio di Didone, che domina tutto il libro.



Le fonti

I modelli che Virgilio tenne presenti nella rappresentazione della passione sono Apollonio Rodio, che nelle sue Argonautiche narra l'amore di Medea e Giasone, ed Euripide, che scrive la tragedia Medea. È però probabile che egli si sia ispirato anche a fonti latine, per noi perdute, che risalivano alla maledizione di Didone per giustificare l'odio di Annibale, protagonista temutissimo della seconda guerra punica (218-201 a.C.).



Il narratore

Finito il racconto delle vicende precedenti l'arrivo a Cartagine, il poeta riprende la narrazione; tuttavia egli, pur mantenendosi generalmente fuori della narrazione (narratore esterno), vi interviene in alcuni casi accentuando in modo patetico il profilo del personaggio; l'inserimento delle similitudini e soprattutto quello della cerva ferita è un segno di questo intervento indiretto, ma significativo.



Lo spazio

Il quarto libro è caratterizzato da un mutamento continuo di spazi che lo rende molto vario: in apertura è significativo lo scenario di Cartagine, anch'essa coinvolta dall'insania di Didone, tanto che le opere intraprese languono; nella terza parte, quando ormai la vicenda precipita, lo scenario diventa fisso: l'epilogo è inevitabile e perciò focalizzato in un unico spazio che sembra assumere le caratteristiche di uno spazio sacrificale, quello in cui Didone si ucciderà.



Il tempo

Enea giunge in Africa verso l'autunno e riparte quando la stagione è favorevole alla navigazione (v. 430): perciò la permanenza a Cartagine dura alcuni mesi; tuttavia il poeta rappresenta solo una parte minima di quel tempo. Dal giorno dell'arrivo, protratto a lungo dalla narrazione di Enea, al giorno della caccia, trascorrono presumibilmente alcuni mesi; mentre è più veloce il passaggio dalle nozze furtive al diffondersi
della notizia e al precipitare degli eventi.


L'ordine della narrazione
Dopo la fine del racconto di Enea, la narrazione procede in modo lineare, solo interrotta da alcune anticipazione (prolessi) che assumono valore profetico: la prima (v. 219 e seguenti ), attraverso le parole di Giove, ribadisce il piano ineluttabile del Fato; la seconda, nelle parole fiere di Didone morente, preannuncia che un vendicatore sorgerà dalle sue ceneri, alludendo ad Annibale (v.625 e seguenti).



I personaggi

La prima parte del libro è dominata dalla figura di Anna, personaggio minore, che tuttavia condivide il destino di Didone: essa infatti la aiuta inconsapevolmente nel piano che tragicamente la porterà alla morte e il suo personaggio — analogo a quello della nutrice nelle tragedie greche — è schiacciato dalla disperata sorte di Didone. Anche Anna è uno strumento degli dei, oltre che una figura intensa, partecipe e affettuosa,
l'unica che spezza la solitudine di Didone. Proprio la solitudine, oltre alla follia amorosa, contraddistingue Didone: sola nel suo potere regale, sola nella scelta di vedovanza, sola nella passione, sola nel momento del suicidio, oggetto di un inganno divino cui non può opporsi e che non può comprendere né vincere. Nel rappresentare il personaggio — fragile nella passione e forte nell'eroica decisione del suicidio, nello stesso tempo irruente e tenero con Enea — il poeta dispiega tutta la sua umana comprensione e lascia ancora aperto l'angoscioso enigma sul volere degli dei, la cui volontà travolge un personaggio già tanto segnato dalla sorte, generoso e ospitale. Per questo motivo Didone è tanto differente dalle "donne abbandonate" di Omero: Calipso e Circe sono divinità in cui il dolore sembra momentaneo e superficiale, legate come sono a una situazione di beatitudine e una condizione di immortalità; per Didone invece la disgrazia è una dimensione totale, che comporta la sua messa in discussione come personaggio pubblico, come regina e come donna, e la morte è l'unica via d'uscita della sua storia umana. D'altra parte il poeta analizza con profonda umanità i diversi stati d'animo della donna, che passa dalla dolorosa incredulità, al disprezzo per l'inganno subito, all'umiltà, alla disperazione e alla maledizione, cui segue la calma riconquistata nelle ultime parole, quando ormai il distacco dalla vita è voluto e deciso.


Gli dei
Ancora una volta entra in scena Giove, a garantire la realizzazione del piano del Fato, e ad ostacolare il tentativo di Giunone, che tende invece a opporsi ad esso: queste divinità assolvono di norma a queste due funzioni ricorrenti; nel libro anche Venere ha una funzione significativa, negativa e funesta; l'intervento di Mercurio, messaggero di Giove, mediatore fra uomini e dei, è simmetrico a quello di Hermes che richiama Odisseo dall'isola di Calipso (Libro V Odissea).



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