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Capitolo 16 de I Promessi Sposi - Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del sedicesimo capitolo (cap. XVI) del celebre romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Renzo domanda alla vecchia ostessa la strada per Bergamo


Struttura

C'è un'evidente continuità narrativa tra l'incipit di questo capitolo e la conclusione del precedente, anzi la scena è la medesima, non più vista però nell'ottica del notaio, ma attraverso quella della gente e di Renzo. Ormai, l'avventura milanese del giovane si è conclusa: incomincia la fuga verso l'Adda. Si può dire che il racconto sia diviso in due parti: la prima, che descrive il cammino di Renzo mentre cerca di allontanarsi dalla città e da eventuali inseguitori, ha un carattere dinamico, perché segue gli spostamenti del protagonista. La seconda invece, costituita dalla sosta all'osteria di Gorgonzola, dove Renzo ascolta la propria storia dalla bocca del mercante, è più statica. Soltanto la conclusione, con la ripresa del viaggio, prepara un'altra sequenza di movimento. Con riferimento al linguaggio musicale, potremmo dire che la prima parte è un allegro, la seconda un adagio.



I personaggi e le tecniche narrative


Renzo
Renzo, miracolosamente sfuggito all'arresto, si dà a una fuga precipitosa, senza sapere da quale parte dirigersi. Una cosa è certa: il più possibile lontano da Milano e dagli sbirri; infine, decide per un paese del territorio di Bergamo, dove vive il cugino Bortolo. Il cammina, cammina, che apre la sequenza delle peregrinazioni di Renzo può richiamarci a un'atmosfera di racconti infantili. Tuttavia, l'argomento della narrazione è quello, profondamente serio e drammatico, della perdita di sé, dello smarrimento e del successivo recupero della lucidità e della coscienza.
Il tema della fuga è trattato su un duplice livello: reale e simbolico. Renzo cerca di sottrarsi alla giustizia che lo perseguita ingiustamente e, nello stesso tempo, di risollevarsi da quella perdita di razionalità culminata nell'ubriacatura all'osteria della Luna Piena.
La situazione sembra avviarsi ad uno scioglimento positivo, perché il montanaro non è più ingenuo come prima, ha fatto esperienza del mondo e dell'inganno che spesso si nasconde anche dietro i rapporti umani più cordiali. Così, è più attento e astuto, più abile nel valutare persone e situazioni, come dimostra l'incontro con la vecchia, curiosa di avere qualche notizia.
Ottiene infatti informazioni che gli consentono di disegnare con una certa precisione la mappa del percorso e di incamminarsi con maggior tranquillità in direzione dell'Adda.
La necessità di rifocillarsi obbliga Renzo a fermarsi all'osteria di Gorgonzola che presenta tratti in comune con quelle precedentemente incontrate nel romanzo. Le persone oneste vi si recano soltanto per necessità e i clienti abituali sono sfaccendati, disoccupati o semplicemente chiacchieroni. L'osteria rimane un luogo ambiguo, in cui la trappola può scattare quando meno la si aspetta. La sosta costituisce, per il giovane, una sorta di prova d'appello: egli dovrà dimostrare di aver messo a frutto l'esperienza acquisita. Infatti, il suo comportamento appare prudente e controllato: chiese un boccone, e una mezzetta di vino. Proprio quest'ultimo era stato la causa di tanti imprevisti e Renzo, pur non rinunciando a dissetarsi, lo fa con misura. È il primo segnale del recupero di un comportamento normale che evita l'esagerazione e mantiene la calma, nonostante quell'odio così estremo e fanatico che il nostro protagonista ancora nutriva nella prima osteria fuori Milano.
Mentre all'osteria della Luna Piena aveva fatto di tutto per mettersi in mostra, in quella di Gorgonzola evita di dare nell'occhio. Anche il rapporto con gli avventuri è diverso: alla Luna Piena, Renzo aveva comunicato il suo stato d'animo e le sue convinzioni, attirando l'attenzione di tutti; nell'altra, invece, cerca di non prolungare la conversazione e di riflettere accuratamente sulle risposte da dare.
La conclusione dell'episodio rivela la nuova condizione di Renzo: se, dalla Luna Piena esce accompagnato dal notaio criminale e dagli sbirri, dall'osteria di Gorgonzola si allontana solo, ma con la guida della Provvidenza. Il rinnovamento si è compiuto e il giovane, fiducioso nelle proprie capacità , può affrontare il proseguimento del viaggio.


L'oste
Curioso, indagatore, pieno di malizia, l'oste di Gorgonzola non si allontana molto dai precedenti, sebbene la figura più complessa dal punto di vista psicologico rimanga quella del proprietario della Luna Piena. Il giudizio di Renzo investe tutta la categoria, presentata da utilitaristi, impegnati nella difesa dei propri interessi.


II mercante
È il tipico rappresentante di una borghesia commerciale tenacemente legata ai propri traffici (in questo, non è solo un rappresentante del suo secolo, ma anche e soprattutto di quello manzoniano, l'Ottocento borghese) che peraltro, come sappiamo, non è stata in pericolo e non ha subito danni.
Già dalle prime battute, scopriamo che il mercante è un uomo preciso, abitudinario. Questa tendenza del carattere si riflette nelle sue concezioni politiche: egli prova un autentico orrore per coloro che disturbano l'ordine costituito e che, ai suoi occhi, appaiono come canaglie; addirittura, la sua immaginazione accesa li colora di tinte demoniache. Date queste premesse, egli è portato ad esaltare chi rappresenta lo stato, la legalità: da un lato, i magistrati, come il vicario di provvisione, che egli apprezza non per le sue doti morali o per le qualità politiche, ma perché salda con puntualità i suoi debiti; dall'altro, il clero, simbolo del più perfetto ordine sociale. La sua religione postula una provvidenza che elimini i disturbatori, i responsabili del disordine.
I nobili sono l'altro polo di questo mondo ordinato; senza di loro, non ci sarebbe vita economica e le botteghe non potrebbero prosperare. Dal discorso del mercante, emerge con chiarezza la visione gerarchica di una società strutturata in classi, in cui ciascuno rispetta il ruolo che egli è stato assegnato. Per contrasto, l'esaltazione dell'ordine e del potere costituito mette in evidenza le colpe del popolo-birbone, del popolo-canaglia, di quegli esaltati che egli, con un paragone significativo, accosta ad un mucchio di spazzatura. I ribelli hanno un capo, catturato dalla giustizia in un'osteria. Proprio quando le parole del mercante descrivono le vicende di Renzo, la tecnica narrativa del dialogo raggiunge, come mai finora, un livello altissimo. Se il narratore affida al discorso indiretto la funzione di riportare lo stato d'animo del giovane e il suo punto di vista su quell'oratore improvvisato e così poco informato, il dialogo riproduce il punto di vista del mercante, dopo che, nei capitoli precedenti, il lettore è già venuto a conoscenza di altri giudizi sul tumulto (quello del narratore, di Renzo, della folla, del vicario e del capitano di giustizia).
Il racconto è indirizzato a un pubblico di curiosi, pronti a passare da eccessi rivoluzionari a progetti di assoluta tranquillità .
Anche Renzo fa parte del pubblico, insieme al lettore che, come lui, sa come sono andate effettivamente le cose.
Alla base del discorso del mercante vi è una procedura di straniamento, per cui si presenta un ritratto completamente rovesciato del giovane e della sua partecipazione al tumulto, dietro la quale starebbero oscure trame. Ancora una volta, quando si parla di potere e di politica, appare il contrasto tra la realtà e l'apparenza, tra la verità e la menzogna. La parola si presta al gioco degli inganni, delle mistificazioni, tanto che il mondo si presenta davvero alla rovescia. Nell'ottica deformata del mercante, il mondo si divide in due categorie — i birboni e i cavalieri — dove le colpe dei primi e i meriti dei secondi vengono esagerati al massimo grado.



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