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Primo Levi: Se questo è un uomo, sintesi completa

Già leggendo i primi versi della poesia che si trova nell'introduzione del romanzo di Levi, si viene coinvolti dall'autore e si capisce che il messaggio da lui trasmesso riveste una grande importanza. Si percepisce poi che è fondamentale il ruolo che ogni lettore assume per far si che la storia venga ricordata e che eventi atroci e disumani, come lo sterminio nazista non vengano dimenticati. "Se questo è un uomo" è un romanzo scritto da un sopravvissuto dello sterminio razziale di Hitler, che ha passato un anno nel lager di Auschwitz. Primo Levi era solo un giovane di poco più di vent'anni quando, insieme agli ebrei della sua amata Torino, nel 1944 venne fatto salire su un treno, che lo portò nel campo di concentramento. Già durante il viaggio durato diversi giorni, gli ebrei acquistavano consapevolezza del fatto che il loro destino non sarebbe stato molto roseo. Infatti questi venivano trasportati come animali accatastati in vagoni merci, senza cibo né acqua e senza le minime condizioni igieniche necessarie. Dopo questo disastroso viaggio, l'arrivo ad Auschwitz accoglieva tutti con un clima gelido ed una scritta altrettanto fredda "Il lavoro rende liberi". Quegli uomini che tutto sentivano di essere tranne liberi, si sentirono gridare diversi ordini in tedesco, che non capivano ed esitavano ad eseguire. Tuttavia venivano spinti a spogliarsi dei loro abiti, delle scarpe e perfino della loro dignità. Si vedevano rasare i capelli e nudi, peggio di bestie, venivano sottoposti ad una selezione. Ma la vergogna più grande era quella di venire degradati a numeri, con un tatuaggio sul braccio, che identificava ciascuno di loro. Privati di ogni legame con il mondo esterno, della loro personalità e persino del proprio nome, pochi avevano la forza necessaria a resistere a delle condizioni di vita improponibili. Molti erano quelli che morivano nei primi giorni dal loro arrivo. Se non si veniva direttamente mandati alle camere a gas o ai crematori, dopo poco morivano perché non resistevano. Gli ebrei venivano malnutriti, non avevano neanche accesso all'acqua. Dormivano in 2 in una cuccetta e venivano stipati come bestiame negli enormi dormitori. Lavoravano tutto il giorno e i momenti di pausa erano davvero pochi. La cosa che sorprendeva tutti e anche lo stesso protagonista era l'ordine continuamente applicato dai tedeschi, in mezzo a così grandi torture. I prigionieri del lager erano infatti richiamati all'appello ogni giorno, dovevano rifarsi il letto in maniera rigorosa e dovevano portare in estremo ordine i malandati abiti che avevano, come se fossero delle uniformi. E le torture non finivano qui. Il lavoro era duro, ma non ci si poteva fermare, altrimenti si veniva ripagati con pesanti punizioni corporali. Quest'ultime erano usate in continuazione, senza un preciso criterio logico, in parte per il sadismo dei comandanti. Ogni ebreo, e di questo Levi si rese ben presto conto,era svantaggiato rispetto agli altri prigionieri del lager, come ad esempio i prigionieri politici tedeschi. Egli doveva imparare a sopravvivere perché quello era il fine di tutte le giornate passate nel campo. Ma per fare ciò la maggior parte doveva rinunciare alla propria umanità. Levi ci racconta che le persone oneste e pie, spesso morivano nei primi giorni perché nel campo vigeva la legge del più forte. Bisognava essere furbi, forti fisicamente e psicologicamente, essere ladri all'occorrenza, ingegnosi e soprattutto senza scrupoli. Non mancarono certo casi di umanità, ma erano davvero rari. Il protagonista strinse amicizia con qualcuno, come Jean o qualche connazionale, ma non rivide queste persone al ritorno in patria. Egli passò poco più di un anno ad Auschwitz, osservando ogni giorno la morte sul volto di decine di persone, affrontò le difficoltà del freddo inverno polacco e al momento della liberazione, quando la speranza aveva sostituito l'apatia quotidiana, Primo si trovava nell'infermeria a causa di una malattia infettiva. Vide abbandonare il campo da tutti i prigionieri, tra cui c'era il suo connazionale Alberto, mentre i malati venivano abbandonati a se stessi. Quindi anche quando ormai avevano ottenuto la libertà, a causa delle malattie, gli ebrei rimasero nel campo, cercando di sopravvivere con le poche risorse alimentari abbandonate, mentre un secondo inverno stava iniziando.
Ma dopo alcune settimane gli infermi ancora vivi riuscirono a spostarsi e a salire su un treno, con cui iniziavano il lungo percorso, che li avrebbe condotti in patria.

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