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La Dialettica di Hegel


La Dialettica occupa un posto cospicuo nella filosofia di Hegel. Il termine non è una scoperta sua, ma già esisteva nell'antichità, però con un significato diverso. Nella filosofia classica, dialettica significa arte di raggiungere la verità mediante la discussione delle opinioni. Con Kant, poi, la dialettica era stata collegata alla natura stessa della ragione considerata come facoltà delle idee, destinata a rivolgersi in un perenne contrasto; rimaneva ancora limitata una facoltà dell'uomo ma non costituiva affatto una legge della realtà in sé.
La novità della posizione hegeliana sta nel concepire la dialettica non come un procedimento del pensiero esterno alla realtà e al proprio oggetto, ma come una legge interna e necessaria tanto del pensiero quanto della realtà. Per Hegel la verità non esiste in un singolo contenuto, ma nel'intero, poiché in ogni forma  di vita esiste un processo dialettico e filosofico.
La dialettica è in definitiva strettamente connessa alla nozione di sviluppo, ma non di uno sviluppo illimitato all'infinito, bensì di uno sviluppo che tende al concreto mediante il superamento dell'astrattezza insita in ogni opposizione. La dialettica esiste laddove c'è un processo di sviluppo necessario attraverso tesi, antitesi, sintesi.
La logica hegeliana si contrappone alla logica tradizionale fondata sul principio di identità e di non contraddizione accusandola di considerare astrattamente gli opposti come chiusi ciascuno nella sua immediatezza, nel suo isolamento e perciò di non poter giungere alla mediazione ossia a cogliere l'unità degli opposti nella loro sintesi. Così si spiega l'inizio della Scienza della logica delle tesi di Kant.
Uno dei revisori del kantismo fu Reinhold, autore di "Lettere sulla filosofia kantiana". Cerca di scagionare Kant dalle opposte accuse di aver concesso troppo o troppo poco all'esperienza. Accuse mosse anche dai razionalisti e dagli empiristi, gli uni in quanto limitava la conoscenza umana all'esperienza, ponevano Kant accanto a Locke, gli altri in quanto affermava la possibilità della sintesi a priori lo reputavano un leibniziano. Contro gli uni e gli altri Reinhold afferma che il fondamento comune e unitario della sensibilità e dell'intelletto è nell'attività rappresentativa della coscienza; è mediante tale attività, infatti, che la coscienza colloca nelle forme sue a priori il contenuto della rappresentazione, ciò vuol dire anche che le rappresentazioni sono fenomeniche e che le cose stesse come "cose in sé" non sono conoscibili.



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