Alle prime luci del giorno di San Giovanni un incendio allarma tutta Vizzini, il paese dove ha luogo la narrazione. Si tratta di una delle ville della famiglia Trao, in particolare, quella dei fratelli Don Ferdinando, Don Diego e Bianca. Essi sono di famiglia nobile, tuttavia la loro fortuna è andata persa a causa dell’ozio e il loro unico tentativo arricchirsi si basa su alcuni documenti di un litigio. Queste carte ora sono in pericolo a causa del fuoco che sta devastando l’ultima fortuna dei fratelli Trao e per cui Don Diego suona la campana più volte per chieder aiuto. Accorre Mastro Gesualdo, protagonista del romanzo, il vicino di casa il quale per paura che l’incendio coinvolga anche l’edificio in cui abita pattuglia un gruppo di uomini giunti lì per soccorrere.
Qualcuno grida di veder un ladro scappare dalla stanza di Bianca Trao per cui Don Diego si affretta verso la stanza. Aperta la porta, Bianca si trova accanto ad un altro uomo: il cugino – di secondo grado – Don Ninì con cui ha passato una notte di passione. Giunge la Giustizia in casa Trao composta di alcuni uomini attirati da degli spari. Infatti alcuni spararono due colpi perché pensavano di aver visto un ladro, ma questi altro non era che Don Ninì.
Saputa la verità Don Diego chiede consiglio ai parenti, le zie consigliano di affrontare la cosa direttamente con la madre di Ninì, la baronessa Rubieri. Costei è un personaggio dalla personalità risoluta, orgogliosa, determinata in ogni azione che intraprende e proprio per questo tutti sono come intimoriti alla sua presenza: il cugino Don Diego non sembra fare eccezione.
Egli si reca presso la cugina Rubiera per parlare di Bianca; poiché la donna è stata disonorata, ingravidata e poiché non dispone di una dote, è costretta a maritarsi con il cugino Ninì. Don Diego spiega tale situazione alla cugina Rubiera presso la villa della baronessa ma ella, inizialmente infuriata, rifiuta possibili nozze tra il figlio e cugina Bianca. Ciò è dovuto alla differenza di denaro tra le due famiglie: i Trao sono nella miseria mentre i Rubiera sono più che benestanti. Don Diego, alla risposta secca della cugina, si allontana con aria mortificata quasi esanime. La baronessa, vedendo il familiare in tali condizioni e pensando alla cugina in cinta, viene mossa a compassione e promette al cugino che lei stessa provvederà a maritare Bianca a un gentiluomo, cioè a una persona che possiede discreti liquidi.
La scelta ricade su Mastro Don Gesualdo Motta, un uomo dalle umili origini che ha fatto fortuna in poco tempo. Questi punta alle terre comunali che sono messe all’asta, quelle terre che sono tramandate di padre in figlio all’interno della famiglia Zacco. Non gli è tuttavia possibile possedere le terre se prima non fa parte dell’élite del paese: tutti i nobili si opporrebbero a lui per cui egli ha bisogno di acquisire un cognome nobile per possedere lo “status” di nobile.
Nel frattempo il canonico Lupi, amico di Gesualdo e compagno d’affari della baronessa Rubiera, intende combinare il matrimonio tra Bianca e Motta stesso. Egli si reca dalla baronessa Marianna Sganci, zia dei Trao e solita a collaborare alla giornata dedicato al santo patrono con donazioni. Come ogni anno, la baronessa Sganci ospita in casa tutti i nobili del paese durante la processione per San Giovanni e il canonico Lupi le propone di invitare anche Mastro Don Gesualdo Motta per il bene delle nipoti Bianca e Rubiera. Con le mani legate, la baronessa Sganci non può far altro che accettare.
La sera di San Giovanni, Gesualdo entra nella villa Sganci sotto gli occhi increduli di tutta la nobiltà. Egli arrossito viene condotto al posto riservato a lui cioè al balcone vicino a Bianca Trao. Giunge al palazzo anche il barone Ninì Rubiera senza la madre ed egli viene accolto benevolmente dalla zia Marianna. Anche per lui c’è una donna che i parenti hanno preparato per lui: è Donna Fifì e anche lei fa parte della nobiltà. I due giovani amoreggiano, ma vengono interrotti da Bianca, giunta vicino a loro perché desiderosa di incontrare Ninì. Il giovane barone afferma che non l’ha dimenticata ma è la madre di lui a non accettare la relazione.
I pettegolezzi sulle nuove coppie si diffondono a velocità spedita e così la famiglia Trao viene giudicata come infame poiché Mastro Don Gesualdo è agli occhi di tutti un approfittatore che vuole comandare il paese. Effettivamente se Motta riuscisse ad acquistare le terre comunali il suo potere sarebbe al di sopra di ogni altro nobile della località.
Don Gesualdo è indeciso se imparentarsi con i Trao o meno, anche perché nel suo cuore c’è già un’altra donna: Diodata, serva fedele e anch’essa innamorata di lui. Tornando a casa egli parla della situazione a Diodata, esprimendosi quasi con dei sensi di colpa, e le dice quanto questa opportunità di entrar a far parte della nobiltà sia un compenso a tutta la sua fatica. Dalla risposta della serva si scopre che Don Gesualdo ha avuto dall’amata due figli mandati in orfanotrofio. L’uomo promette alla serva che continuerà a mantenerla anche dopo sposatosi.
Alcuni dì dopo il fiume è in piena a causa di una forte tempesta: ciò causa danni considerevoli al ponte in costruzione la cui cauzione è stata pagata da Gesualdo. Il padre di questi, Mastro Nunzio, era stato incaricato alla costruzione del ponte, tuttavia, per risparmiare, egli non predispose l’edificazione ad eventuali piene del fiume. Molti materiali sono andati persi, la cittadina incolpa Mastro Don Gesualdo e quest’ultimo teme di perdere la cauzione. A salvarlo da questa situazione fu il canonico Lupi il quale negozia direttamente con l’amministrazione. Questo aiuto non è gratuito: Lupi si fa promettere che Don Gesualdo si sarebbe sposato con Bianca per avere l’appoggio della Baronessa Rubiera, dopo di che avrebbe acquistato le terre comunali in società con il canonico stesso.
Dalla negoziazione di Lupi con l’amministrazione Don Gesualdo comprende che imparentarsi con una nobile famiglia gli avrebbe spianato la strada per molteplici azioni finanziarie.
Il canonico intanto convince Bianca a sposare Gesualdo, non essendoci alternative migliori. Ella ne rimane persuasa ma trova l’attrito dei suoi due fratelli Don Ferdinando e Diego. Il fratello minore non riesce proprio ad accettare il matrimonio perché Gesualdo Motta non è un nobile, e nonostante sia malato e senza soldi per permettersi cure, non vuole i soldi dei Motta. Giunge la zia baronessa Sganci per spiegare al nipote che il matrimonio con Gesualdo è una fortuna incredibile che può risollevare l’intera famiglia. Don Diego anche resistente chiede a quattrocchi cosa vorrebbe la sorella e questa si dice con le mani legate. Anche la famiglia Motta è contraria al matrimonio e all’annuncio fatto da Gesualdo, tutti i parenti imprecano ferocemente.
Le nozze sono state dunque fissate e al matrimonio si presentano solamente uno zio ed una zia. La lunga tavola imbandita per tutti i parenti è completamente vuota. Lo scenario mette a disagio i novelli sposi. Vengono a rallegrare le nozze i servi di Don Gesualdo, le cui rozze maniere non risollevano l’animo di Donna Bianca, ma anzi la deprimono ancor di più. Una volta maritatosi è pronto per la conquista delle terre comunali e, infatti, si presenta all’asta per l’acquisto. A questo evento è presente pure il barone Ninì, Don Zacco e altri nobili del paese. Il barone Rubiera si sente offeso nel non riuscire a competere con una persona che è visto come un approfittatore dalla nobiltà, per cui si lancia nella folle impresa di acquistare le terre comunali nonostante la cifra incredibilmente alta. Ninì, preso dall’ira, offre sei lonze – cifra incredibilmente alta – e a quel punto Don Gesualdo offre sei lonze e quindici. L’offerta di Don Gesualdo contro il barone Rubiera mette tutta la nobiltà contr di lui così che l’amministrazione del comune – la quale favoreggia per il barone – dichiara che l’asta è rimandata poiché non c’è più concorrenza, ovvero che la cifra indicata da Motta non è garantita.
Nel frattempo Ciolla, un personaggio che invidia Gesualdo nei massimi limiti, approfitta di una rivolta a Palermo per scaldare gli animi dei compaesani e per esortarli a combattere i nobili. Egli accusa Gesualdo come causa della povertà della cittadina dunque la città s’infuoca contro di lui. Egli però decide di unirsi alla rivolta e partecipa a diverse riunioni in segreto, in modo che quando i moti rivoluzionari avranno la meglio pure lui ci ha da guadagnare, anche se questo significa fare lo sgambetto ai nobili del paese. Dopo aver partecipato ad una riunione con dei rivoluzionari, egli scappa a causa della presenza delle pattuglie borboniche. Si rifugia nella casa di Diodata, la quale l’ha fatta maritare a Nanni l’Orbo. Entrato in casa la donna teme che il marito torni a casa e fraintenda la situazione: infatti accade esattamente quanto temuto. Nanni se la prende con Don Gesualdo perché il servo ha dovuto riprendere in casa i figli illegittimi del padrone e della moglie. Per calmare la collera del servo Don Gesualdo promette a Nanni alcune terre molto redditizie.
Intanto giunge a Bianca la notizia della morte del fratello Don Diego e quando assiste al cadavere, ella sviene. Dopo il ricovero ella partorisce una figlia: è nata Isabella. Tutti i parenti di parte Trao vengono a trovare la neonata il giorno del battesimo, compresa la baronessa Rubiera. Ma essa è venuta anche con un altro scopo: accertarsi se è vero che il figlio ha degli enormi debiti con Mastro Don Gesualdo. Egli fa il misterioso, ma fa intendere che è tutto vero: il figlio della baronessa Ninì Rubiera, innamoratosi di una povera attrice, pur di conquistare il cuore dell’amata, fece i più costosi regali possibili, così che dovette chiedere prestiti di ingenti somme. Gesualdo accettò subito poiché in tal modo riusciva a risolvere il difficile rapporto con casa Rubiera, causato a sua volta dall’asta delle terre comuni, a danno della Baronessa stessa. Accertatasi dell’atto folle del figlio, essa litigò con il figlio in modo furioso fino a diventare muta: il figlio aveva addirittura ipotecato la casa a Gesualdo.
Passano gli anni e Don Gesualdo, con l’adesione ai moti rivoluzionari dei carbonari, si è fatto ancora più potente. Isabella nel frattempo è cresciuta, essa finalmente può tornare a casa dopo aver trascorso un lungo tempo in collegio. Il padre, infatti, ha voluto che tornasse a casa essendosi diffusa nella regione un’epidemia di colera. L’intera famiglia si trasferisce nella casa in campagna per proteggersi dall’epidemia e lì vengono caldamente accolti dai servi di Don Gesualdo. Il rapporto tra la figlia e il padre tuttavia non è dei migliori, mentre alla vista della madre, Isabella si rallegra fino al profondo del suo cuor.
Nella casa in campagna si presenta Nanni l’Orbo, questa volta portando i due figli di Gesualdo, Nunzio e Gesualdo, ormai cresciuti. Nanni chiede ulteriori terre per mantenere i figli e Gesualdo accetta alla vista dei due garzoni.
Nella casa di campagna sono ospiti anche la zia Sarina Cimerna, colei che era presente al matrimonio, e il nipote Corrado la Gurna. Questi, giovane ragazzo, s’innamora di Isabella e con lei trascorre piacevoli giornate nella campagna, tra letture e racconti. Ma Don Gesualdo, di origine umile, non riesce a comprendere le finezze della letteratura o dell’animo sognante adolescenziale: durante una cena Gesualdo afferma rivolgendosi al giovane Corrado, che la poesia è un’inutile perdita di tempo peraltro infruttuosa. La zia Cimerna tenta di impartire una lezione sul romanticismo ma Don Gesualdo scaraventa il libro sul piatto della donna e in modo rozzo le chiede se di cultura si possa vivere. L’atto rude del padre suscita l’indignazione della figlia che disprezza ancor più il padre vergognandosi di lui. Per questo motivo la convivenza tra padre e figlia diventa impossibile quando il Gesualdo decide di ostacolare la relazione tra Corrado e Isabella, ormai in cinta di lui. Il cugino Corrada viene fatto arrestare dal padre e mandato in esilio, mentre la ragazza è momentaneamente spedita in un monastero. La madre vorrebbe vedere la figlia ma non può, lo stress causato dalla separazione e la sua salute cagionevole fanno ammalare Bianca.
Mastro Don Gesualdo intanto procura un matrimonio di riparazione alla figlia: attirato dalla ricca dote, dà in sposa Isabella al Duca di Leya. La figlia non è d’accordo ma dopo varie pressioni del padre anch’essa cede. Questo matrimonio risulta invece una scelta fallimentare poiché il genero sperpera tutto il denaro di Don Gesualdo e non ama affatto la moglie. La figlia minaccia di suicidarsi perché infelice e la madre Bianca vorrebbe vedere la figlia. La situazione di Bianca peggiora e in fin di vita si fa promettere dal marito che essi non si sarebbe risposato. Viene a mancare Bianca. Ora Don Gesualdo è solo e abbandonato da tutti, persino dai servi.
Don Gesualdo ha lancinanti dolori allo stomaco e per cui ha bisogno di un medico che diagnostichi la malattia. Viene prima ospitato dal marchese Limoli poi da Don Ferdinando. Il genero, che tanto disprezza il suocero, vuole accaparrarsi l’eredità perciò obbliga Gesualdo a trasferirsi a Palermo nel suo palazzo promettendogli le migliori cure. Gli viene diagnosticato un cancro allo stomaco e per cui per Mastro Don Gesualdo non ci sono più speranze di vita. Egli non riesce ancora a farsi accettare dalla figlia e in fin di vita ripercorre alcuni momenti della sua vita come il momento in cui spedì la figlia in collegio: già all’epoca aveva notato quanto la figlia assomigliasse alla madre ed era per niente compatibile a lui. Muore assistito solamente da un servo il quale si sbeffeggia di lui e ritiene il compito affidatogli indegno persino per lui.
Qualcuno grida di veder un ladro scappare dalla stanza di Bianca Trao per cui Don Diego si affretta verso la stanza. Aperta la porta, Bianca si trova accanto ad un altro uomo: il cugino – di secondo grado – Don Ninì con cui ha passato una notte di passione. Giunge la Giustizia in casa Trao composta di alcuni uomini attirati da degli spari. Infatti alcuni spararono due colpi perché pensavano di aver visto un ladro, ma questi altro non era che Don Ninì.
Saputa la verità Don Diego chiede consiglio ai parenti, le zie consigliano di affrontare la cosa direttamente con la madre di Ninì, la baronessa Rubieri. Costei è un personaggio dalla personalità risoluta, orgogliosa, determinata in ogni azione che intraprende e proprio per questo tutti sono come intimoriti alla sua presenza: il cugino Don Diego non sembra fare eccezione.
Egli si reca presso la cugina Rubiera per parlare di Bianca; poiché la donna è stata disonorata, ingravidata e poiché non dispone di una dote, è costretta a maritarsi con il cugino Ninì. Don Diego spiega tale situazione alla cugina Rubiera presso la villa della baronessa ma ella, inizialmente infuriata, rifiuta possibili nozze tra il figlio e cugina Bianca. Ciò è dovuto alla differenza di denaro tra le due famiglie: i Trao sono nella miseria mentre i Rubiera sono più che benestanti. Don Diego, alla risposta secca della cugina, si allontana con aria mortificata quasi esanime. La baronessa, vedendo il familiare in tali condizioni e pensando alla cugina in cinta, viene mossa a compassione e promette al cugino che lei stessa provvederà a maritare Bianca a un gentiluomo, cioè a una persona che possiede discreti liquidi.
La scelta ricade su Mastro Don Gesualdo Motta, un uomo dalle umili origini che ha fatto fortuna in poco tempo. Questi punta alle terre comunali che sono messe all’asta, quelle terre che sono tramandate di padre in figlio all’interno della famiglia Zacco. Non gli è tuttavia possibile possedere le terre se prima non fa parte dell’élite del paese: tutti i nobili si opporrebbero a lui per cui egli ha bisogno di acquisire un cognome nobile per possedere lo “status” di nobile.
Nel frattempo il canonico Lupi, amico di Gesualdo e compagno d’affari della baronessa Rubiera, intende combinare il matrimonio tra Bianca e Motta stesso. Egli si reca dalla baronessa Marianna Sganci, zia dei Trao e solita a collaborare alla giornata dedicato al santo patrono con donazioni. Come ogni anno, la baronessa Sganci ospita in casa tutti i nobili del paese durante la processione per San Giovanni e il canonico Lupi le propone di invitare anche Mastro Don Gesualdo Motta per il bene delle nipoti Bianca e Rubiera. Con le mani legate, la baronessa Sganci non può far altro che accettare.
La sera di San Giovanni, Gesualdo entra nella villa Sganci sotto gli occhi increduli di tutta la nobiltà. Egli arrossito viene condotto al posto riservato a lui cioè al balcone vicino a Bianca Trao. Giunge al palazzo anche il barone Ninì Rubiera senza la madre ed egli viene accolto benevolmente dalla zia Marianna. Anche per lui c’è una donna che i parenti hanno preparato per lui: è Donna Fifì e anche lei fa parte della nobiltà. I due giovani amoreggiano, ma vengono interrotti da Bianca, giunta vicino a loro perché desiderosa di incontrare Ninì. Il giovane barone afferma che non l’ha dimenticata ma è la madre di lui a non accettare la relazione.
I pettegolezzi sulle nuove coppie si diffondono a velocità spedita e così la famiglia Trao viene giudicata come infame poiché Mastro Don Gesualdo è agli occhi di tutti un approfittatore che vuole comandare il paese. Effettivamente se Motta riuscisse ad acquistare le terre comunali il suo potere sarebbe al di sopra di ogni altro nobile della località.
Don Gesualdo è indeciso se imparentarsi con i Trao o meno, anche perché nel suo cuore c’è già un’altra donna: Diodata, serva fedele e anch’essa innamorata di lui. Tornando a casa egli parla della situazione a Diodata, esprimendosi quasi con dei sensi di colpa, e le dice quanto questa opportunità di entrar a far parte della nobiltà sia un compenso a tutta la sua fatica. Dalla risposta della serva si scopre che Don Gesualdo ha avuto dall’amata due figli mandati in orfanotrofio. L’uomo promette alla serva che continuerà a mantenerla anche dopo sposatosi.
Alcuni dì dopo il fiume è in piena a causa di una forte tempesta: ciò causa danni considerevoli al ponte in costruzione la cui cauzione è stata pagata da Gesualdo. Il padre di questi, Mastro Nunzio, era stato incaricato alla costruzione del ponte, tuttavia, per risparmiare, egli non predispose l’edificazione ad eventuali piene del fiume. Molti materiali sono andati persi, la cittadina incolpa Mastro Don Gesualdo e quest’ultimo teme di perdere la cauzione. A salvarlo da questa situazione fu il canonico Lupi il quale negozia direttamente con l’amministrazione. Questo aiuto non è gratuito: Lupi si fa promettere che Don Gesualdo si sarebbe sposato con Bianca per avere l’appoggio della Baronessa Rubiera, dopo di che avrebbe acquistato le terre comunali in società con il canonico stesso.
Dalla negoziazione di Lupi con l’amministrazione Don Gesualdo comprende che imparentarsi con una nobile famiglia gli avrebbe spianato la strada per molteplici azioni finanziarie.
Il canonico intanto convince Bianca a sposare Gesualdo, non essendoci alternative migliori. Ella ne rimane persuasa ma trova l’attrito dei suoi due fratelli Don Ferdinando e Diego. Il fratello minore non riesce proprio ad accettare il matrimonio perché Gesualdo Motta non è un nobile, e nonostante sia malato e senza soldi per permettersi cure, non vuole i soldi dei Motta. Giunge la zia baronessa Sganci per spiegare al nipote che il matrimonio con Gesualdo è una fortuna incredibile che può risollevare l’intera famiglia. Don Diego anche resistente chiede a quattrocchi cosa vorrebbe la sorella e questa si dice con le mani legate. Anche la famiglia Motta è contraria al matrimonio e all’annuncio fatto da Gesualdo, tutti i parenti imprecano ferocemente.
Le nozze sono state dunque fissate e al matrimonio si presentano solamente uno zio ed una zia. La lunga tavola imbandita per tutti i parenti è completamente vuota. Lo scenario mette a disagio i novelli sposi. Vengono a rallegrare le nozze i servi di Don Gesualdo, le cui rozze maniere non risollevano l’animo di Donna Bianca, ma anzi la deprimono ancor di più. Una volta maritatosi è pronto per la conquista delle terre comunali e, infatti, si presenta all’asta per l’acquisto. A questo evento è presente pure il barone Ninì, Don Zacco e altri nobili del paese. Il barone Rubiera si sente offeso nel non riuscire a competere con una persona che è visto come un approfittatore dalla nobiltà, per cui si lancia nella folle impresa di acquistare le terre comunali nonostante la cifra incredibilmente alta. Ninì, preso dall’ira, offre sei lonze – cifra incredibilmente alta – e a quel punto Don Gesualdo offre sei lonze e quindici. L’offerta di Don Gesualdo contro il barone Rubiera mette tutta la nobiltà contr di lui così che l’amministrazione del comune – la quale favoreggia per il barone – dichiara che l’asta è rimandata poiché non c’è più concorrenza, ovvero che la cifra indicata da Motta non è garantita.
Nel frattempo Ciolla, un personaggio che invidia Gesualdo nei massimi limiti, approfitta di una rivolta a Palermo per scaldare gli animi dei compaesani e per esortarli a combattere i nobili. Egli accusa Gesualdo come causa della povertà della cittadina dunque la città s’infuoca contro di lui. Egli però decide di unirsi alla rivolta e partecipa a diverse riunioni in segreto, in modo che quando i moti rivoluzionari avranno la meglio pure lui ci ha da guadagnare, anche se questo significa fare lo sgambetto ai nobili del paese. Dopo aver partecipato ad una riunione con dei rivoluzionari, egli scappa a causa della presenza delle pattuglie borboniche. Si rifugia nella casa di Diodata, la quale l’ha fatta maritare a Nanni l’Orbo. Entrato in casa la donna teme che il marito torni a casa e fraintenda la situazione: infatti accade esattamente quanto temuto. Nanni se la prende con Don Gesualdo perché il servo ha dovuto riprendere in casa i figli illegittimi del padrone e della moglie. Per calmare la collera del servo Don Gesualdo promette a Nanni alcune terre molto redditizie.
Intanto giunge a Bianca la notizia della morte del fratello Don Diego e quando assiste al cadavere, ella sviene. Dopo il ricovero ella partorisce una figlia: è nata Isabella. Tutti i parenti di parte Trao vengono a trovare la neonata il giorno del battesimo, compresa la baronessa Rubiera. Ma essa è venuta anche con un altro scopo: accertarsi se è vero che il figlio ha degli enormi debiti con Mastro Don Gesualdo. Egli fa il misterioso, ma fa intendere che è tutto vero: il figlio della baronessa Ninì Rubiera, innamoratosi di una povera attrice, pur di conquistare il cuore dell’amata, fece i più costosi regali possibili, così che dovette chiedere prestiti di ingenti somme. Gesualdo accettò subito poiché in tal modo riusciva a risolvere il difficile rapporto con casa Rubiera, causato a sua volta dall’asta delle terre comuni, a danno della Baronessa stessa. Accertatasi dell’atto folle del figlio, essa litigò con il figlio in modo furioso fino a diventare muta: il figlio aveva addirittura ipotecato la casa a Gesualdo.
Passano gli anni e Don Gesualdo, con l’adesione ai moti rivoluzionari dei carbonari, si è fatto ancora più potente. Isabella nel frattempo è cresciuta, essa finalmente può tornare a casa dopo aver trascorso un lungo tempo in collegio. Il padre, infatti, ha voluto che tornasse a casa essendosi diffusa nella regione un’epidemia di colera. L’intera famiglia si trasferisce nella casa in campagna per proteggersi dall’epidemia e lì vengono caldamente accolti dai servi di Don Gesualdo. Il rapporto tra la figlia e il padre tuttavia non è dei migliori, mentre alla vista della madre, Isabella si rallegra fino al profondo del suo cuor.
Nella casa in campagna si presenta Nanni l’Orbo, questa volta portando i due figli di Gesualdo, Nunzio e Gesualdo, ormai cresciuti. Nanni chiede ulteriori terre per mantenere i figli e Gesualdo accetta alla vista dei due garzoni.
Nella casa di campagna sono ospiti anche la zia Sarina Cimerna, colei che era presente al matrimonio, e il nipote Corrado la Gurna. Questi, giovane ragazzo, s’innamora di Isabella e con lei trascorre piacevoli giornate nella campagna, tra letture e racconti. Ma Don Gesualdo, di origine umile, non riesce a comprendere le finezze della letteratura o dell’animo sognante adolescenziale: durante una cena Gesualdo afferma rivolgendosi al giovane Corrado, che la poesia è un’inutile perdita di tempo peraltro infruttuosa. La zia Cimerna tenta di impartire una lezione sul romanticismo ma Don Gesualdo scaraventa il libro sul piatto della donna e in modo rozzo le chiede se di cultura si possa vivere. L’atto rude del padre suscita l’indignazione della figlia che disprezza ancor più il padre vergognandosi di lui. Per questo motivo la convivenza tra padre e figlia diventa impossibile quando il Gesualdo decide di ostacolare la relazione tra Corrado e Isabella, ormai in cinta di lui. Il cugino Corrada viene fatto arrestare dal padre e mandato in esilio, mentre la ragazza è momentaneamente spedita in un monastero. La madre vorrebbe vedere la figlia ma non può, lo stress causato dalla separazione e la sua salute cagionevole fanno ammalare Bianca.
Mastro Don Gesualdo intanto procura un matrimonio di riparazione alla figlia: attirato dalla ricca dote, dà in sposa Isabella al Duca di Leya. La figlia non è d’accordo ma dopo varie pressioni del padre anch’essa cede. Questo matrimonio risulta invece una scelta fallimentare poiché il genero sperpera tutto il denaro di Don Gesualdo e non ama affatto la moglie. La figlia minaccia di suicidarsi perché infelice e la madre Bianca vorrebbe vedere la figlia. La situazione di Bianca peggiora e in fin di vita si fa promettere dal marito che essi non si sarebbe risposato. Viene a mancare Bianca. Ora Don Gesualdo è solo e abbandonato da tutti, persino dai servi.
Don Gesualdo ha lancinanti dolori allo stomaco e per cui ha bisogno di un medico che diagnostichi la malattia. Viene prima ospitato dal marchese Limoli poi da Don Ferdinando. Il genero, che tanto disprezza il suocero, vuole accaparrarsi l’eredità perciò obbliga Gesualdo a trasferirsi a Palermo nel suo palazzo promettendogli le migliori cure. Gli viene diagnosticato un cancro allo stomaco e per cui per Mastro Don Gesualdo non ci sono più speranze di vita. Egli non riesce ancora a farsi accettare dalla figlia e in fin di vita ripercorre alcuni momenti della sua vita come il momento in cui spedì la figlia in collegio: già all’epoca aveva notato quanto la figlia assomigliasse alla madre ed era per niente compatibile a lui. Muore assistito solamente da un servo il quale si sbeffeggia di lui e ritiene il compito affidatogli indegno persino per lui.