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Tema Svolto: La Disoccupazione e il Posto Fisso

E' sempre più difficile trovare un posto fisso che duri a vita, sarebbe il caso di adottare il modello statunitense?

Tema Svolto:
Viviamo in una società dove tutto cambia velocemente come cambiano altrettanto velocemente, professioni, impieghi, mestieri, tanto che le prospettive per chiunque di trovarsi senza lavoro deve essere presa in considerazione in modo sempre più rilevante. L'emergenza occupazione ha infatti assunto negli ultimi decenni un grave peso sulla scena economica e sociale, specialmente i paesi industrializzati in cui le importanti scoperte tecnologiche, il progresso nei vari settori economici e produttivi hanno permesso di ridurre gli addetti con conseguente aumento della disoccupazione che si aggiunge a quella dei giovani in cerca della prima attività. Di fronte a questa realtà il mito del posto fisso sembra sfatarsi per lasciare il posto alla flessibilità degli statunitensi dato che hanno fatto della propria mobilità un proprio modello di vita che esplica non solo nel trasferimento della sede, dal frequente cambiamento di occupazione, nell'adattamento al pendolarismo di vasto raggio, permettendo loro di utilizzare spirito d'iniziativa in un sistema molto articolato e di grande potenzialità. Questo modello sembra essere il più adeguato a quello di un mondo in continua evoluzione, contrapposto totalmente alla concezione statica attuale e passata di vedere il lavoro, infatti il venir meno di ciò che è stabilizzato è vissuto dall'uomo con ansia, paura, nevrosi, non soltanto da chi riesce ad accettare i cambiamenti ma anche per chi pur volendosi adattare incontra delle difficoltà oggettive, per esempio un adulto dopo tanti anni di lavoro, non ha la capacità di ricominciare tutto da capo, affrontando disagi di ogni tipo.
Attualmente per entrare nel mondo del lavoro bisogna essere flessibili, occorre aver attitudini e valori su cui costruire un progetto di vita tenendo conto della realtà economica e produttiva che permette di realizzarlo, occorre tenersi informati sulle novità del proprio settore, per evitare di essere messi da parte dato che ormai il posto fisso che dura per tutta la vita, sicuro e garantito è diventato sempre più raro, per cui bisogna sviluppare capacità creative, trovare soluzioni nuove e aver spirito d'iniziativa. Tutto ciò sarebbe l'ideale per costruire una società nuova che vede la prospettiva che ha davanti con occhio diverso, e se per gli adulti non è facile assorbire questi modelli e farli propri non è totalmente colpa dei singoli e tutto un insieme che la condizione a cui contribuisce in modo negativo, la legislazione e la mentalità radicata. Una soluzione per le generazioni future deve essere affrontare la realtà con minor timore e perplessità e quella di realizzare programmi educativi per preparare i ragazzi in maniera cosciente al lavoro flessibile; prospettiva che le istituzioni scolastiche non sono riuscite a raggiungere.
Il fatto principale delle scuole italiane risiede nello scarso coordinamento che esse hanno saputo stabilire con il mercato del lavoro. In questa grande responsabilità anche il mondo economico si è mostrato generalmente poco interessato alle sorti dell'istruzione. La scuola italiana è rimasta congelata nelle sue forme tradizionali mentre nel resto d'Europa la trasformazione del sistema produttivo e di quello informativo sono precedetu di pari passo. L'evoluzione del rapporto tra sistema e mercato del lavoro emerge in modo ricorrente e paradossale, attenzioni del ceto politico e più in generale dell'opinione pubblica per gli effetti del funzionamento del primo sulle logiche e sull'operare del 2°, mentre al contrario il mondo economico appare scarsamente preoccupato per il funzionamento del sistema formativo. Alto costo del lavoro, le aziende devono sopportare un grosso carico di contributi sociali, alte pensioni, indennità di disoccupazioni, congedi per malattia ecc.
In conseguenza di ciò le imprese non possono assumere facilmente perché non potrebbero licenziare con la stessa facilità in caso di momenti difficili. Questo avvantaggia ancora di più chi conduce un'azienda familiare perché può lasciare il futuro nelle mani dei figli mentre allontana ancora di più dal mercato del lavoro i disoccupati. La contrazione dei salari sarebbe dominata dagli interessi degli occupati, disoccupati non avrebbero nessun potere per fare scendere il salario al di sotto di quel limite che permetterebbe loro l'accesso al mondo del lavoro. L'unica soluzione a ciò sarebbe il blocco dei salari generalizzato, che avvantaggerebbe le grandi imprese, ma provocherebbe svantaggi sociali che si ripercuoterebbero sullo stesso lavoratore.
Migliorare la capacità produttiva, posti maggiormente retribuiti, la formazione deve essere invece la parola d'ordine all'insegna della battaglia per ridurre la disoccupazione e la crisi. Una transizione effettiva dalla scuola al posto di lavoro per poter realmente godere dei vantaggi e dei progressi della tecnologia a cui dovrebbe affiancarsi la volontà per le grandi imprese di creare posti di lavoro per persone con buona qualificazione professionale.



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