Temi Svolti: La disoccupazione rappresenta delle questioni più gravi della società odierna
La cosa più grave è la disoccupazione. Quando un uomo, che vive esclusivamente dei proventi del lavoro, vuole lavorare e non trova nessuna occupazione, la sua esistenza diventa drammatica, perché egli minaccia di morire per fare ma anche per avvilimento morale.
La disoccupazione è un flagello gravissimo sociale e personale, e resta una delle questioni più gravi della società umana, tanto delle società industrializzate per le ricorrenti crisi economiche, quanto per le società agricole per la stagionalità dei lavori.
Spesso l’emigrazione, i dissidi familiari, la delinquenza, la corruzione femminile, la depravazione e in definitiva gli aspetti brutti e bruti della società hanno origine dalla disoccupazione; solo più di rado dalla insoddisfazione del proprio lavoro; molto più di rado dalla perversa natura fisiologica dell’individuo tarato; e malgrado l’importanza della sicurezza dell’occupazione sia accettata da economisti e governanti, molti stati, e comunque tutti gli stati capitalistici, sono ancora molto lontani non dico dal realizzare una economia sociale capace di dare sempre e con sicurezza lavoro a tutti, ma addirittura dall'accettare il concetto di diritto del lavoro dei cittadini.
Il quale poi è ben altra coda dal dare effettivo lavoro ai disoccupati, come per esempio in Italia sanno bene molti, operai, molti intellettuali, molti maestri la cui situazione resta a tutt'oggi drammatica.
E’ vero d’altro canto che talvolta una persona disoccupata non accetta un lavoro adeguato alla sua dignità e alla sua personalità.
Tuttavia a parte il fatto che parecchi diplomati sono bidelli di scuole o infermieri, e laureati sono bigliettai o vigili urbani, forse che avere una dignità non fa parte dei valori della personalità, ed è uno stato personale umanamente negativo?
Ciascun uomo, infatti, quando ancora è fanciullo, si prepara, mediante un’attività educativa apposita, a una certa via lavorativa sociale e in questa direzione egli si fa un ideale di vita, di lavoro, di aspettazione, di affermazione del suo essere; tutta la sua personalità volge attorno alla sua preparazione spirituale e tecnica.
E’ dunque giusta la sua reazione non solo se non trova lavoro, ma anche se trova un lavoro che non è quello per il quale si era preparato, se è remunerato meno, è meno considerato socialmente, poiché tutto ciò è per la sua personalità avvilente e indegno.
Sono dunque da accettare queste reazioni come espressione di una certa fermezza morale, e in quanto tali da considerare come positive.
Tutto questo del resto si fonda su un fatto reale: la diversità di valore delle varie occupazioni, dei vari tipi di lavoro. Non c’è dubbio che i vari tipi di lavoro differiscono sia per l’importanza sociale che dei loro effetti, sia per la loro novità creativa, sia per la difficoltà e l’impegno di preparazione e di sacrifici personali che quest’ultima ha comportato.
Così per esempio, il lavoro del netturbino comporta poco impegno dell’intelligenza, quasi nessun impegno creativo, nessuna preparazione specifica, nessun sacrificio per detta preparazione; il lavoro dell’elettromeccanico comporta una buona preparazione professionale con parecchi sacrifici, una certa inventiva, quasi nessuna creazione.
Il lavoro dello scienziato comporta tutte le stesse cose con molto sacrificio, molto impegno creativo. Inoltre il tono ed il valore dei tre tipi di lavoro sono diversi ed ascendenti; perciò hanno giustamente una diversa considerazione sociale e un diverso compenso economico.
Per questo è impossibile una eguaglianza di remunerazione, poiché questa sarebbe ingiustificato e non naturale.
La cosa più grave è la disoccupazione. Quando un uomo, che vive esclusivamente dei proventi del lavoro, vuole lavorare e non trova nessuna occupazione, la sua esistenza diventa drammatica, perché egli minaccia di morire per fare ma anche per avvilimento morale.
La disoccupazione è un flagello gravissimo sociale e personale, e resta una delle questioni più gravi della società umana, tanto delle società industrializzate per le ricorrenti crisi economiche, quanto per le società agricole per la stagionalità dei lavori.
Spesso l’emigrazione, i dissidi familiari, la delinquenza, la corruzione femminile, la depravazione e in definitiva gli aspetti brutti e bruti della società hanno origine dalla disoccupazione; solo più di rado dalla insoddisfazione del proprio lavoro; molto più di rado dalla perversa natura fisiologica dell’individuo tarato; e malgrado l’importanza della sicurezza dell’occupazione sia accettata da economisti e governanti, molti stati, e comunque tutti gli stati capitalistici, sono ancora molto lontani non dico dal realizzare una economia sociale capace di dare sempre e con sicurezza lavoro a tutti, ma addirittura dall'accettare il concetto di diritto del lavoro dei cittadini.
Il quale poi è ben altra coda dal dare effettivo lavoro ai disoccupati, come per esempio in Italia sanno bene molti, operai, molti intellettuali, molti maestri la cui situazione resta a tutt'oggi drammatica.
E’ vero d’altro canto che talvolta una persona disoccupata non accetta un lavoro adeguato alla sua dignità e alla sua personalità.
Tuttavia a parte il fatto che parecchi diplomati sono bidelli di scuole o infermieri, e laureati sono bigliettai o vigili urbani, forse che avere una dignità non fa parte dei valori della personalità, ed è uno stato personale umanamente negativo?
Ciascun uomo, infatti, quando ancora è fanciullo, si prepara, mediante un’attività educativa apposita, a una certa via lavorativa sociale e in questa direzione egli si fa un ideale di vita, di lavoro, di aspettazione, di affermazione del suo essere; tutta la sua personalità volge attorno alla sua preparazione spirituale e tecnica.
E’ dunque giusta la sua reazione non solo se non trova lavoro, ma anche se trova un lavoro che non è quello per il quale si era preparato, se è remunerato meno, è meno considerato socialmente, poiché tutto ciò è per la sua personalità avvilente e indegno.
Sono dunque da accettare queste reazioni come espressione di una certa fermezza morale, e in quanto tali da considerare come positive.
Tutto questo del resto si fonda su un fatto reale: la diversità di valore delle varie occupazioni, dei vari tipi di lavoro. Non c’è dubbio che i vari tipi di lavoro differiscono sia per l’importanza sociale che dei loro effetti, sia per la loro novità creativa, sia per la difficoltà e l’impegno di preparazione e di sacrifici personali che quest’ultima ha comportato.
Così per esempio, il lavoro del netturbino comporta poco impegno dell’intelligenza, quasi nessun impegno creativo, nessuna preparazione specifica, nessun sacrificio per detta preparazione; il lavoro dell’elettromeccanico comporta una buona preparazione professionale con parecchi sacrifici, una certa inventiva, quasi nessuna creazione.
Il lavoro dello scienziato comporta tutte le stesse cose con molto sacrificio, molto impegno creativo. Inoltre il tono ed il valore dei tre tipi di lavoro sono diversi ed ascendenti; perciò hanno giustamente una diversa considerazione sociale e un diverso compenso economico.
Per questo è impossibile una eguaglianza di remunerazione, poiché questa sarebbe ingiustificato e non naturale.