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Aggressività e violenza, due cose simili negative. Che possibilità ci sono per arginarle?
Per aggressività s’intende un istinto (cioè che viene da dentro) o meglio ancora pulsione, mentre molti Autori sono incerti se attribuire l’aggressività ad un determinato comportamento il quale riceve una frustrazione (da frusta = vano) che comporterebbe tale reazione.
Resta il fatto che l’aggressività sembra esser connaturata nell'esser umano (e anche negli animali) quindi: un arcaico istinto di sopravvivenza. Ora se tale istinto è contenuto entro i livelli di accettazione sociale, è utile alla sopravvivenza come d’altro canto l’ansia e la paura, che al di là d’esser considerate patologiche, come i moderni studi di neurobiologia sembrano accertare, superando così antiquate concezioni.
Non abbiamo, comunque sia, associato a caso questi pulsioni e istinti ma li abbiamo tenuti presenti per fornire, seppur in materia schematica, una spiegazione non semplicistica di tanti di cui no siamo spettatori, vittime oppure attori. Vedremo anche come tanta aggressività è legata alla paura, facendola sfociare in una zona limite, originando violenza.
Paura di che?
Degli altri, di comunicare, di condurre un dialogo aperto, costruttivo o chiarificatore. Sono i suddetti dei motivi scatenanti la violenza, nevvero aggressività portata all’estremo, non controllata ed eccessiva coinvolgente quindi la sfera della razionalità. Se noi vogliamo cercare di comprendere non superficialmente il fenomeno scatenante della violenza, senza cadere in aridi moralismi, bisogna guardare a viso aperto cosa ci circonda e noi medesimi.
In breve: un rapporto di relazione ambiente-uomo. Giustamente l’etologo K. Lorenz ha messo in luce come senza aggressività non si riuscirebbe neppure a raderci, ma lo studioso di comportamento animale non giunge alla conclusione dell’esasperazione della pulsione (così egli definisce l’aggressività) innata negli esseri viventi. Eppure ogni nostra azione perdendo la cognizione dell’autenticità originaria del nostro io, il quale è eminentemente culturale, viene sottoposto quotidianamente ad azioni coattive coerciti dello schiavismo, della tratta degli schiavi o alla copertura del colonialismo ecc.
Un vecchio gioco ormai scoperto che nulla possiede di sapore scientifico. In tal sede non vogliamo ricordare la teoria della razza propugnata da qualche nazista il quale, proponendo una razza pura, dimenticava il fattore storico nevvero la intercomunicabilità tra vari popoli, tra le varie tribù donde l’ibridazione razziale al di là d’ogni presunta purezza.
L’Italia, per ragioni socio-politiche, ha sempre fornito manodopera a Paesi esteri. Ci fu un’ondata di xenofobia (paura dello straniero) nei nostri confronti meglio degli emigranti poveri mentre in certi Paesi dichiaratamente xenofobi, gli stessi italiani di un certo ceto sociale (agiato) venivano (e vengono?) accolti a braccia aperte.
Allora l’opposizione reale è tra il ricco e il povero dove l’uomo ricco fa qualsiasi razza appartenga è sempre assolto da ogni sospetto di inferiorità. La Xenofobia (variante del razzismo) è un problema d’ampia dimensione in quanto la gente del luogo, la gente che ospita l’emigrante non si può dire che odi personalmente lo straniero. (spesso lo stima per le sue doti…), neppure ha idee di convinzioni razzistiche però è facile preda di certa pubblicità nazionalistica che sfrutta atteggiamenti di inquietudine, di protesta, di malessere serpeggiante nonché addita come esempio dell’emigrante non quello che onestamente fa il proprio lavoro ma colui che si dà ad attività illecite.
Il modello che propone la campagna xenofoba è molto distante dalla realtà: nell'emigrante si calcano certe caratteristiche negative, si focalizzano aspetti non edificanti (viene additato come spacciatore di stupefacenti, come dinamitardo, stupratore…).
Il partito xenofobo si presenta come il partito dell’ordine; quale ordine se non l’autoritarismo?
Autoritarismo è etimo ben dissimile da Autorità; lo si ricordi! In certe città europee la situazione della convivenza con gli stranieri diventa spesso allarmante per l’aumento demografico in rapporto alle possibilità d’occupazione. Pertanto esiste una paura per i cittadini originati per una probabile recessione economica e, quindi, disoccupazione.
Tale timore, in parte giustificato, viene accresciuto da coloro che amano lavorare nel torbido, nel malessere.
Aggressività e violenza, due cose simili negative. Che possibilità ci sono per arginarle?
Per aggressività s’intende un istinto (cioè che viene da dentro) o meglio ancora pulsione, mentre molti Autori sono incerti se attribuire l’aggressività ad un determinato comportamento il quale riceve una frustrazione (da frusta = vano) che comporterebbe tale reazione.
Resta il fatto che l’aggressività sembra esser connaturata nell'esser umano (e anche negli animali) quindi: un arcaico istinto di sopravvivenza. Ora se tale istinto è contenuto entro i livelli di accettazione sociale, è utile alla sopravvivenza come d’altro canto l’ansia e la paura, che al di là d’esser considerate patologiche, come i moderni studi di neurobiologia sembrano accertare, superando così antiquate concezioni.
Non abbiamo, comunque sia, associato a caso questi pulsioni e istinti ma li abbiamo tenuti presenti per fornire, seppur in materia schematica, una spiegazione non semplicistica di tanti di cui no siamo spettatori, vittime oppure attori. Vedremo anche come tanta aggressività è legata alla paura, facendola sfociare in una zona limite, originando violenza.
Paura di che?
Degli altri, di comunicare, di condurre un dialogo aperto, costruttivo o chiarificatore. Sono i suddetti dei motivi scatenanti la violenza, nevvero aggressività portata all’estremo, non controllata ed eccessiva coinvolgente quindi la sfera della razionalità. Se noi vogliamo cercare di comprendere non superficialmente il fenomeno scatenante della violenza, senza cadere in aridi moralismi, bisogna guardare a viso aperto cosa ci circonda e noi medesimi.
In breve: un rapporto di relazione ambiente-uomo. Giustamente l’etologo K. Lorenz ha messo in luce come senza aggressività non si riuscirebbe neppure a raderci, ma lo studioso di comportamento animale non giunge alla conclusione dell’esasperazione della pulsione (così egli definisce l’aggressività) innata negli esseri viventi. Eppure ogni nostra azione perdendo la cognizione dell’autenticità originaria del nostro io, il quale è eminentemente culturale, viene sottoposto quotidianamente ad azioni coattive coerciti dello schiavismo, della tratta degli schiavi o alla copertura del colonialismo ecc.
Un vecchio gioco ormai scoperto che nulla possiede di sapore scientifico. In tal sede non vogliamo ricordare la teoria della razza propugnata da qualche nazista il quale, proponendo una razza pura, dimenticava il fattore storico nevvero la intercomunicabilità tra vari popoli, tra le varie tribù donde l’ibridazione razziale al di là d’ogni presunta purezza.
L’Italia, per ragioni socio-politiche, ha sempre fornito manodopera a Paesi esteri. Ci fu un’ondata di xenofobia (paura dello straniero) nei nostri confronti meglio degli emigranti poveri mentre in certi Paesi dichiaratamente xenofobi, gli stessi italiani di un certo ceto sociale (agiato) venivano (e vengono?) accolti a braccia aperte.
Allora l’opposizione reale è tra il ricco e il povero dove l’uomo ricco fa qualsiasi razza appartenga è sempre assolto da ogni sospetto di inferiorità. La Xenofobia (variante del razzismo) è un problema d’ampia dimensione in quanto la gente del luogo, la gente che ospita l’emigrante non si può dire che odi personalmente lo straniero. (spesso lo stima per le sue doti…), neppure ha idee di convinzioni razzistiche però è facile preda di certa pubblicità nazionalistica che sfrutta atteggiamenti di inquietudine, di protesta, di malessere serpeggiante nonché addita come esempio dell’emigrante non quello che onestamente fa il proprio lavoro ma colui che si dà ad attività illecite.
Il modello che propone la campagna xenofoba è molto distante dalla realtà: nell'emigrante si calcano certe caratteristiche negative, si focalizzano aspetti non edificanti (viene additato come spacciatore di stupefacenti, come dinamitardo, stupratore…).
Il partito xenofobo si presenta come il partito dell’ordine; quale ordine se non l’autoritarismo?
Autoritarismo è etimo ben dissimile da Autorità; lo si ricordi! In certe città europee la situazione della convivenza con gli stranieri diventa spesso allarmante per l’aumento demografico in rapporto alle possibilità d’occupazione. Pertanto esiste una paura per i cittadini originati per una probabile recessione economica e, quindi, disoccupazione.
Tale timore, in parte giustificato, viene accresciuto da coloro che amano lavorare nel torbido, nel malessere.