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Tema: Morti sul Lavoro

Temi Svolti: Affronta l'argomento delle morti bianche in Italia, perché succedono con così elevata frequenza e come potrebbero essere risolti o quanto meno diminuite.

Ogni giorno in Italia tanti lavoratori perdono la vita lavorando, queste morti prendono il nome di morti bianche. Con l’espressione “omicidi bianchi” si definiscono solitamente le morti avvenute sul lavoro. Un fenomeno che purtroppo si manifesta spesso, anche se fa notizia solo quando l’incidente si trasforma in tragedia. Si tratta di episodi che restano nella mente perché riportati, sulle prima pagine dei quotidiani e dai notiziari radio-televisivi; ma, se ogni giorno si sfogliano le pagine interne di cronaca cittadina di un qualsiasi giornale, si possono leggere notizie di lavoratori morti che, per il momento, suscitano meno scalpore soltanto per il numero limitato di persone coinvolte.
Un dato preoccupante è quello che vede l’Italia ai primi posti per numero di omicidi bianchi, almeno tra i Paesi più industrializzati: addirittura si calcolano quattro morti sul lavoro al giorno, il doppio che nella Germania. Un primato che davvero non ci fa onore, visto che quei decessi non si possono imputare solo alla fatalità, all’errore umano o al destino: a determinarli ci sono cause ben reali, quale inadempienze delle imprese pubbliche e private, la scarsa sicurezza dei luoghi di lavoro e dei materiali utilizzati, l’insufficiente opera di prevenzione degli incidenti. Ecco quindi che il termine fin qui usato di omicidio comincia a trovare un senso: esiste una responsabilità delle istituzioni e delle aziende che devono rendere conto, alle famiglia dei lavoratori morti, del perché il loro marito o padre o fratello è uscito per andare a compiere il suo dovere quotidiano e non ha fatto ritorno! Morti sul lavoro avvengono in tutti i settori: dall'agricoltura all'industria ed all'edilizia. Nelle fabbriche, nelle officine, nei campi, nei cantieri edili.
Le cause di morte più frequenti sono dovute ai mezzi di trasporto ed alle macchine: in agricoltura più della metà dei decessi avviene per ribaltamento dei trattori e, anche negli altri comparti economici, sono i mezzi di trasporto e di sollevamento a falciare più vite umane. Nel settore dell’industria rischiano tutti coloro che vi lavorano, indipendentemente dalla qualifica: il muratore come l’autista, il manovale addetto alla catena di montaggio come l’impiegato, l’elettricista come il carpentiere, il magazziniere come l’idraulico. In molti casi, se si ha la fortuna di rimanere vivi, si può restare comunque segnati per sempre da malattie ed inconvenienti fisici: timpani rotti, avvelenamenti del sangue, mani tagliate, artrosi, ulcere, ustioni, dermatiti, paralisi definite, malattie dei polmoni ecc.
Fortunatamente la situazione è migliorata rispetto al passato, quando, oltre ad essere carente la sicurezza, mancava ai lavoratori una coscienza dei rischi a cui potevano andare incontro: come il caso degli operai in Lombardia che continuarono a lavorare senza rendersi conto della gravità della situazione nonostante nella loro fabbrica chimica si era sprigionata una nube tossica.
Come già detto la situazione adesso è migliorata ma l’Italia rimane ugualmente il paese con il più alto tasso di morti bianche soprattutto nel meridione dove spesso non vengono rispettate le norme vigenti in materia di assistenza sanitaria e di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, né fanno ricorso all'uso di materiali, strumenti ed indumenti adatti a prevenire ogni forma d’incidente.
Purtroppo anche per via della crisi economica e per via della mafia non tutte le aziende possono permettersi il lusso, e sottilineo lusso, di garantire la sicurezza sui posti di lavoro, anche a costo di rischiare penalmente perché non hanno i soldi sufficienti. Resta comunque l’amarezza che in Italia sono ancora tanti, troppi, coloro che perdono la vita nell'esercizio di un sacrosanto diritto dovere sancito solennemente dalla Costituzione, quello del lavoro.



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