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Tema: Giustizia e Democrazia

Relazione: ambito politico giuridico
L'amministrazione della giustizia e l'esercito della stessa in modo efficace ed equo sono tra le prerogative di uno Stato democratico. Si relazioni sul nesso esistente fra giustizia e democrazia, ripercorrendo le più importanti fasi della formazione del moderno Stato di diritto e soffermandosi su quelle condizioni dell'esercizio della giustizia che, anche nel caso nostro Paese, sono considerate inderogabili in uno Stato democratico.

Giustizia e democrazia
Tra i compiti di uno Stato democratico c'è quello di emanare leggi che siano effettivamente uguali per tutti i cittadini, i quali, nessuno escluso, sono tenuti a rispettarle se non vogliono incorrere in eventuali sanzioni.
La funzione dello Stato rivolta, oltre che a far rispettare le leggi, anche a comminare pene a coloro che le violano, è la giustizia. Essa è il presupposto della libertà dei cittadini che devono sentirsi tutelati da un esercizio efficace dalla stessa e, nel contempo, sicuri che le decisioni dei magistrati abbiano le medesime conseguenze per tutti. Un moderno Stato democratico deve quindi amministrare la giustizia in modo equo ed efficace, in modo da garantire ai propri cittadini la loro effettiva uguaglianza davanti alle leggi, nel rispetto dei loro diritti, così come dei doveri a cui sono chiamati in quanto facenti parte di una società civile.

L'amministrazione della giustizia in uno Stato moderno
Come detto, l'amministrazione della giustizia è una componente fondamentale di uno uno Stato moderno e democratico. Ma, nelle società del passato, l'esercizio della giustizia non apparteneva allo Stato, bensì al singolo: così, nell'età feudale, quando non esisteva alcuna organizzazione statale al di sopra degli individui, era facoltà del feudatario decidere provvedimenti e giudicare coloro che non li rispettavano.
Lo Stato moderno è sorto proprio nel momento in cui l'esercizio della giustizia fu sottratto all'arbitrio feudatario, durante il periodo dello Stato nazionale retto dalla monarchia assoluta, e, successivamente, in quelle di magistrati indipendenti, quando l'ascesa politica della sovranità popolare.
In nome del popolo, lo Stato moderno esercita quindi la giustizia affidandone l'amministrazione alla Magistratura, organo indipendente dagli altri poteri dello Stato, avente il compito di giudicare i cittadini che hanno violato la legge, basandosi sull'impersonalità della stessa, sulla garanzia dei diritti individuali e sulla separazione dei poteri. Questi sono elementi che caratterizzano un moderno Stato di diritto, già teorizzati dall'illuminista Montesquieu nel Settecento nel suo Esprit des Lois.

Le condizioni per un servizio efficace ed equo della giustizia
L'uniformità del giudizio, consistente nell'emettere le medesime sentenze per tutti coloro che si sono macchiati della stessa pena, senza favori o parzialità; la rapidità dei procedimenti giudiziari, in modo da evitare che degli imputati restino privati della libertà per molto tempo in attesa di essere giudicati; la concessione all'imputato della facoltà di difendersi; il rispetto del diritto dell'individuo, che dovesse risultare colpevole, di trascorrere il periodo di detenzione in ambienti carcerari dotati delle più elementari norme di sicurezza e d'igiene; la salvaguardia della dignità del recluso, il quale non va maltrattato, umiliato o torturato, ma rieducato e, dopo avere scontato la pena, aiutato a reinserirsi nella società; l'imparzialità delle sentenze, che non devono mai essere frutto dell'emotività e la responsabilità dei giudici: sono queste le condizioni di un esercizio efficace ed equo della giustizia dell'ambito di un moderno Stato di diritto, fondato cioè sulla sovranità della legge.

La Magistratura italiana e le disfunzioni della giustizia nel nostro Paese
Non sempre le suddette norme sono rispettate. Prendiamo il caso del nostro paese dove, di recente, l'operato dei magistrati si è distinto nelle inchieste di Tangentopoli e nella battaglia contro la corruzione politica.
Nonostante tali successi, la giustizia italiana continua a presentare delle disfunzioni: i tempi dei processi sono troppo lunghi e, a causa della legge sulla custodia cautelare, costringono alla detenzione tanti cittadini imputati di reati prima che venga emessa una sentenza di colpevolezza; le carceri si presentano spesso in condizioni fatiscenti, affollate di detenuti sovente costretti a vivere in modo disumano; in molti casi, diventa impossibile attuare degli autentici programmi di recupero reclusi, come pur contemplato dalla Costituzione.
Consideriamo, ad esempio, i miglioramenti apportati alle condizioni dei detenuti dalla "legge Gozzini", che prevede la concessione di permessi premio o della semi-libertà per detenuti particolarmente meritevoli, alcuni dei quali possono anche essere affidati ai servizi sociali: ebbene, molti di questi benefici sono stati vanificati dalla massiccia presenza di mafiosi e camorristi all'interno delle celle, che ha costretto lo Stato ad accantonare, pur senza mai abrogarla, alcuni aspetti della legge suddetta.
Certo, non sempre viene riconosciuto il diritto del detenuto, sancito addirittura nel lontano XVIII secolo da Cesare Beccaria nel suo famoso libro Dei delitti e delle pene, a non essere umiliato nella sua dignità di essere umano durante la forzata permanenza in prigione.
E' necessario, infine, mettere i magistrati nelle condizioni di svolgere bene il loro lavoro, dotandoli dei mezzi e dell'organico adatti e, soprattutto, tutelando loro e le rispettive famiglia dalle eventuali azioni di ritorsione delle grandi organizzazioni criminali, in particolare della mafia e della camorra.



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