di Marcel Proust
Un caso di memoria involontaria
Il passo, tratto dalle pagine iniziali di Dalla parte di Swann, il primo volume della Ricerca, è uno dei più famosi dell'opera di Proust. L'io narrante descrive la qualità complessa e ambivalente dei ricordi: racconta infatti come da una casuale sensazione, provata nell'assaggiare un piccolo dolce inzuppato nel té, egli abbia potuto recuperare un momento della sua vita, sepolto fino ad allora nell'inconsapevolezza.
Temi: l'effimera sensazione di un istante, il magico riaffiorare di un ricordo dell'infanzia, il passato che rivive nel presente.
Anno: 1913.
Analisi del testo:
Il testo comincia con un ricordo volontario: la casa di Combray, dove l'io narrante ha trascorso la propria infanzia. Ma si tratta di un mondo in buona parte cancellato, sprofondato nel buio. Un giorno però la madre del protagonista gli propone di bere una tazza di té accompagnata da una madeleine. Il profumo e il sapore di quel dolce intinto nel té risveglia una sensazione dolcissima, ineffabile, che però l'io narrante non riesce a collegare ad alcun ricordo preciso. Da dove proviene? Non basta bere altro té per capirlo...
Cercare l'origine di quella sensazione è il tema della parte centrale del brano. Il ricordo sembra provenire da una cavità sconosciuta, da un'enorme distanza; si fa largo con fatica, ma infine sgorga. L'io narrante ricorda di quando, bambino, nella casa di Combray, la zia Leonie gli offriva un pezzetto di quello stesso dolce intimo nel té.
Quel ricordo ha il potere di rischiarare nella memoria la vecchia casa grigia: essa si fa incontro al protagonista, insieme alla città e alla vita di quegli anni infantili. Tutto ciò, dice Proust, è uscito, città e giardini, dalla mia tazza di té.
Significato del testo
E' vano, dice Proust, cercare di ricostruire il passato attraverso la memoria volontaria, quella che risponde alle leggi della razionalità e della logica. Si può invece raggiungere la verità del passato attraverso la memoria involontaria: i ricordi più veri e lontani, cioè, possono riaffiorare non grazie a reminiscenze e collegamenti razionali di idee, ma abbandonandosi alla sensazione di un istante. Da qui, con una serie di associazioni che sembrano casuali, si può ritornare a un tempo che si era ormai dimenticato e quindi perduto. Le memorie così riemerse portano con sé sensazioni positive o negative e quindi influenzano il nostro stato d'animo attuale.
La distinzione proustiana tra memoria volontaria e memoria involontaria appartiene al clima culturale di primo Novecento, nel quale si era da poco diffuso il nuovo sapere della psicoanalisi. Era Freud, nelle sue opere pubblicate proprio in quegli anni, a dimostrare che una gran parte dei ricordi restano immagazzinati nella nostra memoria senza uscirne più, a meno che qualcosa (sogni, associazioni d'idee, battute spiritose, immagini, sensazioni) non li ridesti, ma sempre in modo casuale e imprevisto.
Accanto a Freud, Proust conobbe le teorie del filosofo francese Henri Bergson, che sottolineava la natura del tutto soggettiva della conoscenza: essa si svolge nel tempo ed è affidata alla memoria.
Un caso di memoria involontaria
Il passo, tratto dalle pagine iniziali di Dalla parte di Swann, il primo volume della Ricerca, è uno dei più famosi dell'opera di Proust. L'io narrante descrive la qualità complessa e ambivalente dei ricordi: racconta infatti come da una casuale sensazione, provata nell'assaggiare un piccolo dolce inzuppato nel té, egli abbia potuto recuperare un momento della sua vita, sepolto fino ad allora nell'inconsapevolezza.
Temi: l'effimera sensazione di un istante, il magico riaffiorare di un ricordo dell'infanzia, il passato che rivive nel presente.
Anno: 1913.
Analisi del testo:
Il testo comincia con un ricordo volontario: la casa di Combray, dove l'io narrante ha trascorso la propria infanzia. Ma si tratta di un mondo in buona parte cancellato, sprofondato nel buio. Un giorno però la madre del protagonista gli propone di bere una tazza di té accompagnata da una madeleine. Il profumo e il sapore di quel dolce intinto nel té risveglia una sensazione dolcissima, ineffabile, che però l'io narrante non riesce a collegare ad alcun ricordo preciso. Da dove proviene? Non basta bere altro té per capirlo...
Cercare l'origine di quella sensazione è il tema della parte centrale del brano. Il ricordo sembra provenire da una cavità sconosciuta, da un'enorme distanza; si fa largo con fatica, ma infine sgorga. L'io narrante ricorda di quando, bambino, nella casa di Combray, la zia Leonie gli offriva un pezzetto di quello stesso dolce intimo nel té.
Quel ricordo ha il potere di rischiarare nella memoria la vecchia casa grigia: essa si fa incontro al protagonista, insieme alla città e alla vita di quegli anni infantili. Tutto ciò, dice Proust, è uscito, città e giardini, dalla mia tazza di té.
Significato del testo
E' vano, dice Proust, cercare di ricostruire il passato attraverso la memoria volontaria, quella che risponde alle leggi della razionalità e della logica. Si può invece raggiungere la verità del passato attraverso la memoria involontaria: i ricordi più veri e lontani, cioè, possono riaffiorare non grazie a reminiscenze e collegamenti razionali di idee, ma abbandonandosi alla sensazione di un istante. Da qui, con una serie di associazioni che sembrano casuali, si può ritornare a un tempo che si era ormai dimenticato e quindi perduto. Le memorie così riemerse portano con sé sensazioni positive o negative e quindi influenzano il nostro stato d'animo attuale.
La distinzione proustiana tra memoria volontaria e memoria involontaria appartiene al clima culturale di primo Novecento, nel quale si era da poco diffuso il nuovo sapere della psicoanalisi. Era Freud, nelle sue opere pubblicate proprio in quegli anni, a dimostrare che una gran parte dei ricordi restano immagazzinati nella nostra memoria senza uscirne più, a meno che qualcosa (sogni, associazioni d'idee, battute spiritose, immagini, sensazioni) non li ridesti, ma sempre in modo casuale e imprevisto.
Accanto a Freud, Proust conobbe le teorie del filosofo francese Henri Bergson, che sottolineava la natura del tutto soggettiva della conoscenza: essa si svolge nel tempo ed è affidata alla memoria.